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Perché sulla Bolivia è calato il silenzio

di Gennaro Carotenuto

0005472F eva copaIl golpe in Bolivia, con l’appoggio del sistema mediatico, ha abbattuto una dittatura che esisteva solo nelle fake news, ed è stato costruito per rappresentarsi come istituzionale e democratico, anche se “golpe democratico”, tanto più con i morti in strada e l’UNHCR che accoglie i rifugiati, è un ossimoro irricevibile.

Riassumiamo molto sinteticamente. La prima parte è stata costruita a partire dalla stigmatizzazione, distruzione dell’immagine, demonizzazione di Evo Morales, trasformato (qui la sua character assassination) in una specie di mostro for export, l’autocrate, il narcoindio (se non è razzista l’espressione “narcoindio”…). Rappresentato Evo Morales come il nuovo male assoluto, il secondo passaggio è stato far passare un governo legittimo come illegale (i presunti brogli che, nella sua preveggenza, la OEA ha denunciato da prima che accadessero e smentiti da fonti ben più autorevoli) e liberarsene con la violenza. Era il golpe che non c’è, almeno per i grandi media.

Ora siamo alla terza fase, quella della normalizzazione che implica la rappresentazione dell’ex-opposizione, trasformatasi in “governo di fatto”, come espressione pulcra e senza ombre di quella liberaldemocrazia occidentale così incapace di autocritica, quanto capace di gettare la croce addosso a chiunque le faccia ombra, come è accaduto in Bolivia e in America latina nel XXI secolo. Finora è andata loro bene. Hanno convinto tutti o quasi che non fosse un golpe e che tutte le responsabilità fossero esclusivamente dell’indio disubbidiente. Parliamoci chiaro: si sono allineati più o meno tutti. A parte Bernie Sanders, a quale politico conviene nel 2019 sprecare un tweet per difendere gli indigeni boliviani?

Ma la realtà può essere travisata solo fino a un certo punto. Il problema è che la loro “rivoluzione colorata”, quella per giustificare la quale la quale la OEA aveva messo nero su bianco che vi fossero imprecisati brogli gravissimi senza neanche aspettare metà scrutinio, si sia ben presto trasformata in un incubo di ex abrupto.

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lamericalatina

Bolivia: anatomia di un colpo di Stato

di Alessandro Peregalli

manifestacion paz partidarios evo morales 1573757003407 1200x640La Bolivia è sprofondata in una crisi devastante lo scorso 20 ottobre, data delle elezioni presidenziali e legislative. Si è chiuso così il periodo di maggior stabilità politica della sua intera storia indipendente; le mobilitazioni e proteste in tutto il paese mostrano uno scenario ancora aperto che ha portato, il 10 novembre, alle dimissioni e del presidente Evo Morales e del vice-presidente Álvaro García Linera, e al loro esilio in Messico. Immediatamente, due narrative opposte si sono affermate per leggere gli eventi, tanto in Bolivia come a livello internazionale: da un lato, la sinistra, legata al “primo presidente indio” Morales, o riconducibile ai suoi alleati internazionali (di sinistra o meno, dal Messico al presidente in pectore argentino Alberto Fernández, dalla Cina alla Russia), ha affermato che si sia trattato di un classico golpe de Estado, che ha fatto fuori un presidente legittimo e legalmente rieletto e che è stato orchestrato dal Dipartimento di Stato americano, dalla CIA e dall’oligarchia boliviana. Dall’altra, la destra, tanto interna come internazionale (da Trump a Bolsonaro, e con la complicità dei “sinceri democratici” dell’Unione Europea e del partito democratico americano, con l’eccezione di Bernie Sanders), hanno sostenuto che si sia trattato della rimozione legittima di un “dittatore” che aveva falsato le ultime elezioni per farsi rieleggere.

In realtà, ciò che ha reso più complicato questo tipo di polarizzazione è stato l’emergere, nella sinistra libertaria e di matrice autonomista, di uno spettro di posizioni critiche allo stesso tempo tanto del governo di Evo come delle pulsioni classiste, misogine e coloniali emerse all’interno del movimento di protesta contro di lui.

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osservatorioglobalizzazione

Trump contro tutti: la lunga marcia verso le presidenziali

Intervista a Stefano Graziosi

Donald Trump meets with Mohammed bin Salman bin Abdulaziz Al Saud March 2017La corsa alle presidenziali statunitensi del prossimo anno deve ancora entrare nella sua parte più calda ma è già duramente combattuta tra il fronte democratico in cerca di una sintesi tra le sue diverse anime e quello repubblicano oramai completamente identificato col Presidente Donald J. Trump. Quali sono le principali dinamiche da tenere in considerazione nella marcia di avvicinamento al 2020 elettorale americano? Ne abbiamo parlato con un attento osservatore degli States, Stefano Graziosi. Nato a Roma nel 1990 Graziosi si è formato studiando Filosofia tra Pisa e l’Università Cattolica di Milano e collabora con diverse testate tra cui Lettera 43, Panorama e La Verità. Nel 2018 ha pubblicato con le Edizioni Ares il saggio Apocalypse Trump, con prefazione dell’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli.

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Ciao Stefano e grazie della tua disponibilità. Il 2020 non è ancora iniziato ma la corsa alle presidenziali statunitensi è già aperta. Rispetto al 2016, Donald Trump parte con ben altri pronostici, forte della presenza alla Casa Bianca. I tre predecessori di Trump sono stati rieletti, è possibile per lui confermarsi? In prospettiva, ritieni che i trend politici riescano a far presagire dei temi elettorali che saranno dominanti nel 2020? Trump non rischia un contraccolpo nel caso in cui i successi economici degli Usa, suo principale cavallo di battaglia, calassero vistosamente nei prossimi mesi?

Grazie a voi. La storia americana insegna che, fermandoci almeno agli ultimi quarant’anni, i presidenti che non vengono riconfermati sono quelli che riscontrano seri problemi in termini di politica economica.

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sinistra

La crisi capitalistica e la voliera della Sinistra

Commento a un articolo di Contropiano sul colpo di stato in Bolivia

di Michele Castaldo

tmp485052888461082624In un momento di grandi sconvolgimenti degli assetti capitalistici mondiali la Sinistra somiglia a una voliera dove molte specie di volatili danno vita a un coro polifonico in cui è difficile distinguere i vari cinguettii. Segno dei tempi e delle nostre difficoltà. Una di queste voci che prendiamo a esaminare, separandola dal contesto della voliera, è quella di , una rivista e una organizzazione che fino ad oggi ha difeso strenuamente i governi di sinistra di alcuni paesi dell’America latina. Onore al merito, ci sentiamo di aggiungere.

Dopo il colpo di stato ordito dalle potenze occidentali, in primis dagli Usa, e le dimissioni forzate di Morales in Bolivia, c’è una novità in quello che scrive Luciano Vasapollo, conoscitore dei paesi latino americani e dirigente storico di quella rivista. Citiamo alcuni passaggi di un articolo comparso in rete muovendo alcune osservazioni di merito in quello che viene espresso.

Scrive Vasapollo:

«E’ assolutamente evidente che gli Stati Uniti, in ritirata in altre zone del mondo, stanno cercando di riprendersi il “cortile di casa” eliminando le esperienze alternative, dal Venezuela al Nicaragua, dal Brasile all’Ecuador e ora in Bolivia»

«E’ […questa la conseguenza di] un errore abbastanza comune, quello di credere che la conquista del governo politico coincida con la conquista del potere reale. Ma se non si mette mano alla modifica sostanziale del sistema economico, ossia se non si fa prevalere l’autodeterminazione sul come e cosa produrre e ci si limita soltanto alle politiche di redistribuzione sociale, non si modificano le modalità di riproduzione delle parti reazionarie e benestanti della società».

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mondocane

Bolivia, chi, come, perchè

Internazionale fascista e Quarto Potere

di Fulvio Grimaldi

Quelli che gridano “al lupo fasciorazzista” e non lo vedono quando c’è

boll.jpg 1718483346“Una stampa cinica, mercenaria, demagogica produrrà nel corso del tempo una società altrettanto spregevole”. (Joseph Pulitzer)

Coloro che sono contro il fascismo senza essere contro il capitalismo, sono come quelli che vorrebbero mangiare vitello senza uccidere il vitello” (Berthold Brecht)

Lo strabismo autoindotto dei media

La manipolazione-mistificazione-falsificazione dei media di regime, che ciarlano, a proposito di Bolivia, di un paese rivoltatosi in nome della democrazia contro il caudillo che non vuole mollare il potere, è scontata. Come lo è la demagogia e retorica progressisto-cerchiobottista che celebra la Bolivia di Evo Morales, ma con la riserva che era estrattivista e lui si ostinava a fare il presidente a vita. Sono gli stessi sedicenti progressisti che rimpiangono gli Usa multilateralisti di Obama e Hillary. Che poi sarebbero i due protagonisti delle sette guerre di sterminio, dei colpi di Stato in Honduras, Paraguay e Ucraina e di varie rivoluzioni colorate. Tra l’altro utilizzando le stesse manovalanze: terroristi islamici o pseudo-islamici in Oriente, ancora quelli, più lo squadrismo neonazista, in Europa, squadristi fascisti in America Latina dove islamisti non ce ne sono. Con la particolarità asiatica degli squadristi neocolonialisti, fascioteppisti quanto altri mai, sotto le bandiere britannica e statunitense a Hong Kong. E dunque amati dal “manifesto”.

Di queste manovalanze il nostro paese sa tutto, sulla base di dati processuali e d’inchiesta, fin da De Lorenzo, paragolpe Borghese, Piazza Fontana, terrorismo mafiostatale. Sa anche tutto, ma alla Pasolini, sui relativi mandanti, interni ed esteri.

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tempofertile

Lenin, “L’imperialismo fase suprema del capitalismo”

di Alessandro Visalli

22ee7bfb8f47b154e694b905d472e20fIl libro di Lenin fu scritto tra la fine del 1915 e l’inizio del 1916 e pubblicato nel 1917. Siamo esattamente sull’orlo degli eventi che cambieranno il mondo. Da Berna, dove Lenin era in esilio in quell’anno straordinario assistette alla prima rivoluzione di febbraio[1], seguita il 7 novembre dalla rivoluzione di ottobre[2], che rovesciò il governo Kerenski.

Siamo dunque un anno prima di questi eventi.

Ma, come detto si era al secondo anno di una guerra terribile[3] seguita ad anni di scontri economici, commerciali, finanziari e coloniali tra le grandi potenze europee. Lo scopo del libro è quindi di mettere ordine alle idee circa la sostanza economica dell’imperialismo, causa ultima della guerra in corso. Inoltre di combattere la battaglia ideologica con la componente riformista della socialdemocrazia europea (e russa), rappresentata dalle posizioni di Kautsky e di Martov, ma anche, in parte dello stesso Hilferding.

Le due fonti sono Hilferdinfg[4] e Hobson[5], ma rispetto a questi Lenin ritiene con più coerenza del primo, che è marxista, che il fenomeno dipenda dal funzionamento essenziale del meccanismo di accumulazione. E che non dipenda da qualcosa di esterno a questo (come nella ipotesi coeva della Rosa Luxemburg[6]). Il meccanismo cui risale la spiegazione è la semplice tendenza del capitale all’autovalorizzazione unitamente al suo carattere plurale. Oltre a questo semplice modello, ma potente, viene sottolineato che la tendenza all’autovalorizzazione ed alla concentrazione[7] porta al monopolio e questo alla fusione del capitale finanziario con quello industriale. È questa fusione quella dalla quale scaturisce l’immane livello della competizione intercapitalista e quindi l’imperialismo. Alla fine si ha la guerra.

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voxpopuli

Il golpe boliviano

di Collettivo “Le Gauche”

Fra la transizione mancata al socialismo e l'imperialismo americano

polizia bolivia protesteIl golpe che è avvenuto in Bolivia ci consente di fare molte riflessioni sull’America Latina e l’esperienza del socialismo del XXI secolo.

Stiamo assistendo alla reazione rabbiosa degli yankee all’erosione della propria egemonia nel vecchio cortile di casa. Le proteste in Cile ed Ecuador, la vittoria dei peronisti di sinistra in Argentina, la liberazione di Lula in Brasile, l’eroica resistenza del Venezuela, di Cuba e del Nicaragua stanno creando non pochi problemi all’Impero.

Dato che il modello neoliberista non ha alcun tipo di fascino ideologico per le masse, se escludiamo il calcolo egoista come esaltato da Ayn Rand, premessa di una società talmente infernale che speriamo non possa mai realizzarsi su questo pianeta, può essere imposto solo con la forza.

Gli USA oggi sono un gigantesco cumulo di muscoli e bombe che può solamente con azioni terroristiche tenere in piedi l’ordine mondiale costruito nel secolo scorso ma nulla potrà realmente fare contro l’avanzata di questa fase policentrica del sistema-mondo capitalista.

La Bolivia di Morales ha tentato di sviluppare il paese usando le proprie risorse naturali, in primis il gas naturale ed il litio, sottoscrivendo accordi non solo con i paesi dell’ALBA ma soprattutto con Cina, Russia, Iran e Turchia, tutte nazioni che picconano ogni giorno il dominio del dollaro e di conseguenza degli USA nel mondo.

Chiaramente questo golpe ha una duplice valenza: scacciare la Cina e la Russia da un paese dell’America Latina e ostacolare questo processo di dedollarizzazione che incalza sempre più il dominio americano.

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sinistra

Golpe in Bolivia!

 

blogmicromega

Di golpe in golpe. La controffensiva neoliberista in America latina

di Carlo Formenti

Il “giro a l’izquierda”, la svolta a sinistra innescata dalle grandi mobilitazioni delle etnie andine (in larga maggioranza contadini) fra la fine dei Novanta e i primi anni del Duemila; dall’insurrezione argentina del 2001; dalla rivoluzione venezuelana guidata da Chavez e da una serie di altri movimenti nel subcontinente latinoamericano, sembrava avere avviato un grande esperimento di trasformazione sociale, politica e culturale in quella importante regione del mondo, immensamente ricca di risorse...

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voxpopuli

Il golpe boliviano

di Collettivo “Le Gauche”

Fra la transizione mancata al socialismo e l'imperialismo americano

polizia bolivia protesteIl golpe che è avvenuto in Bolivia ci consente di fare molte riflessioni sull’America Latina e l’esperienza del socialismo del XXI secolo.

Stiamo assistendo alla reazione rabbiosa degli yankee all’erosione della propria egemonia nel vecchio cortile di casa. Le proteste in Cile ed Ecuador, la vittoria dei peronisti di sinistra in Argentina, la liberazione di Lula in Brasile, l’eroica resistenza del Venezuela, di Cuba e del Nicaragua stanno creando non pochi problemi all’Impero.

Dato che il modello neoliberista non ha alcun tipo di fascino ideologico per le masse, se escludiamo il calcolo egoista come esaltato da Ayn Rand, premessa di una società talmente infernale...

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contropiano2

Cosa ci insegna la Bolivia

di Sergio Cararo

h kfbjbfvkfbjbrhjnalrLe pessime notizie che arrivano dalla Bolivia ci mettono di fronte alla brutale realtà della lotta di classe, dei suoi risultati e delle sue contraddizioni.

Cominciamo dagli ultimi fatti. Stiamo assistendo ad una feroce caccia all’uomo contro i dirigenti e i militanti del Movimento Al Socialismo e gli esponenti del governo di Evo Morales. Nell’”opposizione” boliviana hanno prevalso sin da subito non i “moderati” di Garcia Meza, ma i falangisti di Camacho e di “quelli di Santa Cruz”.

Si tratta di brutta, bruttissima gente. Molto spesso eredi di ex nazisti fuggiti in Bolivia, che erano abituati a dominare – anche con...

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pressenza

Ore di rabbia e tristezza per il golpe in Bolivia

di Javier Tolcachier

xsede mas 720x404.jpg.pagespeed.ic.k4VOLaP6aELa cronologia dirà che il 10 novembre 2019, Evo Morales Ayma, presidente costituzionale della Bolivia, ha rassegnato le dimissioni.

La storia raccontata dagli apparati di destra di fabbricazione del buon senso comune, i media privati dominanti, non insisterà sul fatto che Evo ha dovuto lasciare la presidenza per cercare di fermare il massacro che le orde fasciste stavano eseguendo contro funzionari governativi e loro parenti, militanti di partito e donne in abito andino.

Il falso racconto ometterà il fatto che, in realtà, il primo presidente indigeno della Bolivia è stato rovesciato da un colpo di stato...

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lantidiplomatico

Golpe in Bolivia, lo spartiacque per l'antifascismo oggi

di Redazione

d63c24b743d84da96f26185cb740e5a4Appena ieri nelle convulse ore quando il golpe prendeva forza, l’esercito boliviano attraverso un ambiguo comunicato aveva informato che non sarebbe intervenuto contro la popolazione. In realtà il messaggio era un altro: luce verde per i golpisti liberi così di compiere le violenze più indicibili.

Saccheggiare e devastare la casa di Evo Morales, così come quelle di svariati dirigenti del MAS, il fratello del presidente della Camera preso in ostaggio per costringerlo alle dimissioni in modo da non farlo subentrare a Evo Morales dopo la sua rinuncia; prendere d’assalto la sede della tv e della radio pubblica, con i dipendenti...

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carotenuto2

Golpe in Bolivia

di Gennaro Carotenuto

EvoIl GOLPE è consumato. Evo Morales rinuncia alla presidenza in Bolivia per evitare una guerra civile voluta dai bianchi e dai ricchi e da quei poteri internazionali che male hanno digerito che la Bolivia, per la prima volta nella sua storia sia stata in grado di prendere in mano il proprio destino.

Ancora una volta nella Storia “coloro che hanno la forza ma non la ragione”, impongono la loro volontà. Evo deve piegarsi ai diktat dei militari golpisti d’accordo con la OEA. Ma neanche questa ha mai messo in dubbio che Evo abbia stravinto le elezioni per la quarta volta consecutiva.

A questo punto è chiaro che il conteggio dei voti, se Evo avesse vinto di poche migliaia di voti del margine per da evitare il ballottaggio contro Mesa...

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contropiano2

Cosa ci insegna la Bolivia

di Sergio Cararo

h kfbjbfvkfbjbrhjnalrLe pessime notizie che arrivano dalla Bolivia ci mettono di fronte alla brutale realtà della lotta di classe, dei suoi risultati e delle sue contraddizioni.

Cominciamo dagli ultimi fatti. Stiamo assistendo ad una feroce caccia all’uomo contro i dirigenti e i militanti del Movimento Al Socialismo e gli esponenti del governo di Evo Morales. Nell’”opposizione” boliviana hanno prevalso sin da subito non i “moderati” di Garcia Meza, ma i falangisti di Camacho e di “quelli di Santa Cruz”.

Si tratta di brutta, bruttissima gente. Molto spesso eredi di ex nazisti fuggiti in Bolivia, che erano abituati a dominare – anche con sistemi semi-schiavisti – latifondi, miniere e pozzi petroliferi e dal 2006, con il governo di Evo Morales, hanno dovuto ingoiare amaro. Latifondi espropriati e consegnati agli indios che li lavoravano, nazionalizzazione delle risorse naturali, maggiore distribuzione della ricchezza del paese che ha consentito l’aumento del benessere della popolazione (teorizzato con il progetto del “bien vivir”), crescita dell’economia nel suo complesso.

Un dato, questo, riconosciuto da tutti.

E’ dal 2009 che nelle oligarchie di Santa Cruz incubavano i tentativi di rovesciamento di Evo Morales. Si era parlato addirittura di una secessione della Media Luna (l’area bianca, mestiza e più ricca del paese). E poi nel 2011 tra gli ambienti di Santa Cruz viene ordito il tentativo di assassinio (sventato) dello stesso Evo Morales.

Erano poi emerse contraddizioni e scontri nelle zone minerarie. “I minatori insorgono contro Morales”, provarono a descrivere quello che invece era uno scontro tra differenti figure di minatori: da una parte i padroncini delle cooperative di minatori e dall’altra i lavoratori salariati nelle miniere.

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pressenza

Ore di rabbia e tristezza per il golpe in Bolivia

di Javier Tolcachier

xsede mas 720x404.jpg.pagespeed.ic.k4VOLaP6aELa cronologia dirà che il 10 novembre 2019, Evo Morales Ayma, presidente costituzionale della Bolivia, ha rassegnato le dimissioni.

La storia raccontata dagli apparati di destra di fabbricazione del buon senso comune, i media privati dominanti, non insisterà sul fatto che Evo ha dovuto lasciare la presidenza per cercare di fermare il massacro che le orde fasciste stavano eseguendo contro funzionari governativi e loro parenti, militanti di partito e donne in abito andino.

Il falso racconto ometterà il fatto che, in realtà, il primo presidente indigeno della Bolivia è stato rovesciato da un colpo di stato. Un presidente che ha realizzato progressi sociali impressionanti, che ha permesso agli oppressi della Bolivia, per la prima volta nella loro lunga storia, di avere la dignità di cittadini con pari diritti. Un colpo di stato che non solo si rivolge a un solo leader ma a un intero movimento sociale, nel migliore stile repressivo delle dittature del secolo scorso.

La storia distorta non dirà che Evo è un vero rappresentante delle organizzazioni contadine, un uomo che ha lavorato instancabilmente ogni giorno fin dalle prime ore del mattino, un leader al quale non si poteva attribuire la corruzione o l’arricchimento personale. I giornalisti mercenari, invece, racconteranno che voleva “stare eternamente al potere”.

Questi tiranni della comunicazione daranno voce a coloro che definiscono la “fine della tirannia” un colpo di stato consumato contro un governo istituzionale. Nelle loro storie avvelenate glorificheranno i vandali che hanno bruciato urne, tribunali, sedi di partito, che hanno attaccato donne indifese a causa del loro aspetto e della loro identità.

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lantidiplomatico

Golpe in Bolivia, lo spartiacque per l'antifascismo oggi

di Redazione

d63c24b743d84da96f26185cb740e5a4Appena ieri nelle convulse ore quando il golpe prendeva forza, l’esercito boliviano attraverso un ambiguo comunicato aveva informato che non sarebbe intervenuto contro la popolazione. In realtà il messaggio era un altro: luce verde per i golpisti liberi così di compiere le violenze più indicibili.

Saccheggiare e devastare la casa di Evo Morales, così come quelle di svariati dirigenti del MAS, il fratello del presidente della Camera preso in ostaggio per costringerlo alle dimissioni in modo da non farlo subentrare a Evo Morales dopo la sua rinuncia; prendere d’assalto la sede della tv e della radio pubblica, con i dipendenti linciati e minacciati e il direttore di Bolivia Tv finito legato ad un albero; prendere d’assalto allo stesso modo sedi di istituzioni pubbliche.

La prova che l’esercito e la polizia non sarebbero intervenuti, ma solo contro i golpisti e non contro il popolo, l’abbiamo avuta nella giornata di oggi. I boliviani scesi in piazza per difendere la democrazia e la legittima vittoria di Evo Morales si sono trovati a fronteggiare le forze di sicurezza boliviane oltre che le squadre d’assalto fasciste dei golpisti.

A El Alto, la polizia boliviana ha sparato contro i manifestanti come mostrano queste immagini diffuse da Alba Tv.

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Golpe in Bolivia

di Gennaro Carotenuto

EvoIl GOLPE è consumato. Evo Morales rinuncia alla presidenza in Bolivia per evitare una guerra civile voluta dai bianchi e dai ricchi e da quei poteri internazionali che male hanno digerito che la Bolivia, per la prima volta nella sua storia sia stata in grado di prendere in mano il proprio destino.

Ancora una volta nella Storia “coloro che hanno la forza ma non la ragione”, impongono la loro volontà. Evo deve piegarsi ai diktat dei militari golpisti d’accordo con la OEA. Ma neanche questa ha mai messo in dubbio che Evo abbia stravinto le elezioni per la quarta volta consecutiva.

A questo punto è chiaro che il conteggio dei voti, se Evo avesse vinto di poche migliaia di voti del margine per da evitare il ballottaggio contro Mesa o meno, sia sempre stato un mero PRETESTO. Evo non si dimette per i presunti brogli, Evo si dimette per un colpo di stato che doveva comunque arrivare e per il quale si attendeva solo una scusa, come in Cile dal 29 giugno all’11 settembre 1973.

La colpa di Evo? La colpa di Evo è quella di avere reso la Bolivia un paese produttivo, un paese in crescita economica, con una moneta stabile, di aver ridotto indigenza e povertà e fatto entrare milioni di boliviane e boliviani nelle classi medie. Ciò secondo qualunque fonte. La colpa di Evo è stata avere bene utilizzato i soldi della nazionalizzazione degli idrocarburi. Nel 2019, secondo l’FMI, la Bolivia crescerà del 4%. Secondo la Banca Mondiale, dal 2006 a oggi il PIL del paese è passato da 11 a 38 miliardi di dollari e la povertà è passata dal 60 al 36%. Di cosa si accusa Evo Morales?

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Golpe in Bolivia. Forza e debolezze delle alternative sociali al neoliberismo

di Redazione Contropiano - Luciano Vasapollo

nb mn xc nbxjc mxz Il golpe in Bolivia ha rovesciato una democrazia che era stata appena confermata il libere elezioni, in cui nemmeno gli osservatori stranieri meno benevoli erano riusciti a vedere irregolarità nel voto.

E’ assolutamente evidente che gli Stati Uniti, in ritirata in altre zone del mondo, stanno cercando di riprendersi il “cortile di casa” eliminando le esperienze alternative, dal Venezuela al Nicaragua, dal Brasile all’Ecuador e ora in Bolivia.

Un tentativo prepotente, che ottiene risultati alterni (le elezioni in Argentina hanno certo “deluso” Washington, e la liberazione di Lula può diventare la premessa per la caduta di Bolsonaro), ma va avanti perché non vede altre possibilità di mantenere l’egemonia almeno sul continente americano.

A noi sembra evidente, che questo attacco a tutto campo, condotto senza rispettare nessuno dei “valori” strombazzati tramite media, coglie i punti di debolezza dei vari tentativi di sottrarsi alla morsa yankee con metodi democratici.

La reazione imperialista organizza in modo militare quei settori sociali che sono stati democraticamente espulsi dalla gestione del potere politico ma hanno mantenuto pressoché intatto il proprio ruolo economico.E mobilita tutte le funzioni chiave che aveva provveduto a “istruire” ai tempi del dominio assoluto (dalle forze militari ai “giudici” catechizzati al ritmo di “mani pulite”, come l’attuale ministro di Bolsonaro, Sergio Moro).

E’ questa la conseguenza di un errore abbastanza comune, quello di credere che la conquista del governo politico coincida con la conquista del potere reale. Ma se non si mette mano alla modifica sostanziale del sistema economico, ossia se non si fa prevalere l’autodeterminazione sul come e cosa produrre e ci si limita soltanto alle politiche di redistribuzione sociale, non si modificano le modalità di riproduzione delle parti reazionarie e benestanti della società.

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mondocane

Beirut, Baghdad, Cairo, Hong Kong, Quito, Santiago, La Paz

Masse autodeterminate, masse eterodirette

di Fulvio Grimaldi

beirut fichi 2“Credo che tutta questa operazione sia un trucco. Baghdadi verrà ricreato con un nome diverso, un diverso individuo, e l’Isis, nella sua interezza, potrà essere riprodotto con un altro nome, ma con lo stesso pensiero e gli stessi scopi. Il direttore di tutta la commedia è lo stesso, gli americani”. (Bashar al Assad)

E, alla luce di Storia e cronaca, mi fido più di Assad che di qualsiasi fonte occidentale.

Il video del Pentagono su uccisione di Al Baghdadi, un bombardamento sul presunto bunker. Punto.

 

Sesta morte di Al Baghdadi

Per prima cosa dobbiamo smettere di sghignazzare- peraltro rabbiosamente – sull’ennesima eliminazione del turpe socio del noto fu senatore McCain, Al Baghdadi, che piagnucola e si fa scoppiare senza che nessuno lo possa riprendere, dato che tutto quello che gli Usa hanno fatto con i Chinook è polverizzare un presunto bunker, mettere al confronto qualche lembo di qualcuno con le mutande che un presunto curdo avrebbe sottratto a un presunto califfo e disperdere ogni presunta prova scientifica e inoppugnabile in mare. Copia poco fantasiosa di quanto questi illusionisti da baraccone dello Stato Profondo avevano fatto con Osama bin Laden, o a Pearl Harbor, o nel Golfo del Tonchino, o l’11 settembre, o con John e Robert Kennedy quando volevano smetterla in Vietnam, o con Nixon, quando strinse la mano a Mao. Quanto, ma quanto ci hanno fatto ridere. Con tanto di smorfia.

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ilpungolorosso

La straordinaria sollevazione cilena ha un significato internazionale

di Il Cuneo rosso

Dopo aver raccontato delle lotte in Libano e dell’Algeria, pubblichiamo un’altra breve nota sul Cile, per sottolineare l’importanza internazionale della grandissima sollevazione tuttora in pieno corso in questo paese, e la necessità di dare ad essa la nostra solidarietà di classe nelle forme possibili. Vuol essere un invito ad alzare lo sguardo e ad osservare come là dove la crisi e il meccanismo stritolatore del capitalismo globale colpiscono più duro (Sud-America, Centro-America, Medio Oriente), lì le risposte di lotta delle classi sfruttate si stanno facendo sempre più imponenti.

protesta santiago cile 2La magnifica sollevazione di massa in Cile è ancora a metà del guado – sia Pinera che i militari torturatori sono ancora lì! -, ma ha già assunto un valore mondiale. Perché proprio in Cile ha preso avvìo 46 anni fa il lungo ciclo “neo-liberista” globale, l’ininterrotta offensiva con cui la classe capitalistica ha aggredito il proletariato industriale e via via in progress l’intero campo delle classi non sfruttatrici. Nel 1973 l’avvento della dittatura militare stroncò nel sangue l’esperienza riformista di Allende e spianò la strada alle controriforme “neo-liberiste” del diritto del lavoro, delle pensioni, dei servizi sociali, della scuola, dei trasporti, dell’energia, dell’acqua, della sanità. In totale: una brutale svalorizzazione della forza-lavoro, la sua torchiatura all’estremo, lo smantellamento dei diritti e delle organizzazioni operaie. Per questa via il Cile è diventato, prima con Pinochet, poi con i suoi successori di centro-sinistra (Alwin, Frei, Lagos, Bachelet) e di centro-destra (Piñera) uno dei paesi-vetrina dei miracoli del modello di sviluppo “neo-liberista” – per i suoi tassi di sviluppo (di sviluppo dei profitti), per i bassi indici di disoccupazione, per la riduzione della povertà e altre frodi statistiche del genere. Il risultato sociale di questo prodigio è ora sotto gli occhi del mondo intero. Prima la rivolta dei giovani contro il ventesimo aumento del biglietto del metro in 12 anni; poi una montante mobilitazione di massa contro lo stato di guerra decretato da Piñera; infine due giorni di sciopero generale con manifestazioni oceaniche a Santiago e in tutte le principali città cilene, al grido di “Fuera Piñera y fuera los milicos”, “Abajo el estado de emergencia”.