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Riflessioni sui noti fatti parigini

Sebastiano Isaia

picture0311Il mondo islamico non ha conosciuto la rivoluzione borghese di tipo occidentale (dalla rivoluzione olandese a quella inglese, da quella americana a quella francese, dal Risorgimento tedesco a quello italiano), ed è precisamente questo il suo più radicale e cattivo vizio d’origine che tocca ogni aspetto della vita sociale dei Paesi che ne fanno parte. L’Islam, al contrario del cristianesimo, non è stato attraversato dalla Ragione, e questo punto Benedetto XVI, il Papa teologo tanto bistrattato e incompreso dal progressismo mondiale, lo aveva colto bene, ad esempio nella famigerata Lezione Magistrale tenuta all’Università di Ratisbona il 12 settembre 2006. Quel mondo non baciato dai Lumi sta ancora facendo i conti con questo cattivo retaggio storico e culturale, e anche l’Occidente ne paga le conseguenze, perché non solo esso non ha saputo o voluto favorire lo sviluppo della modernità nelle terre di Allah e di Maometto, ma ha fatto di tutto per renderle facili prede del fondamentalismo più retrivo e violento.

È, questa, una tesi che nei salotti buoni della cultura europea ha riscosso molto successo in questi tormentati e luttuosi giorni di dibattito intorno ai cosiddetti “valori repubblicani” e alla Civiltà Occidentale.  Se posta nei termini corretti, vale a dire storico-dialettici, la tesi sopra esposta può anche offrire interessanti spunti di riflessione. Rimane da capire fino a che punto ha senso, al di là della strumentalità politico-ideologica certamente non posta al servizio della verità, continuare a parlare in modo astratto e astorico di Occidente, di Civiltà Occidentale.

Qui però non intendo entrare nel merito di queste importanti e scottanti ”problematiche”, e la citazione che segue vale solo a fissare una traccia magari da riprendere e seguire in un altro post: «La dottrina economica dell’Islam espressa nel Corano e nella Sonna, mostra come essa non condannasse in linea di principio e non ostacolasse in pratica lo sviluppo di quello che in queste pagine è stato chiamato settore capitalistico dell’economia […] Weber ritiene che l’Europa abbia generato il capitalismo moderno in quanto provvista, più di ogni altra area di civiltà, di spirito razionalistico. Ma gli esempi che fornisce di tale razionalismo europeo sono per lo più posteriori all’età del decisivo impegno dell’Europa sulla via del capitalismo moderno […] Il Corano è un libro sacro in cui la razionalità occupa un posto notevole, importante» (M. Rodinson, Islam e capitalismo,  pp. 98-100, Einaudi, 1968 ). Questo anche per ribadire il concetto secondo cui la religione, da sola, presa in sé, per così dire, non spiega praticamente nulla del mondo che a essa dice – e pensa, il più delle volte in ottima fede – di ispirarsi.

Lucia Annunziata, ospite qualche giorno fa in un salotto televisivo, su questo punto non avrebbe potuto essere più chiara: «Siamo di fronte a un conflitto che coinvolge soprattutto Arabia Saudita e i suoi alleati, da una parte, e l’Iran e i suoi alleati dall’altra. Questi Paesi si contendono la supremazia in Medio Oriente. La religione non c’entra niente. Io sono laica e non intendo mischiarmi in questioni che riguardano la religione». La religione non spiega il conflitto ma è messa al servizio del conflitto, ossia al servizio di interessi economici, politici e geopolitici ben precisi. Dire, ad esempio, che l’Iran sciita e l’Arabia Saudita sunnita si combattono a causa della loro differente interpretazione del Corano e della Sonna significa non capire nulla di storia, di politica e di geopolitica. La stessa cosa vale se volgiamo lo sguardo alla Libia, alla Nigeria, al Mali, all’Algeria e via di seguito: ovunque Allah e il suo Profeta preferito vengono messi al servizio di interessi di vario genere. Interessi tutti rigorosamente ostili a ogni cosa che odori di umano. Se Maometto potesse parlare, probabilmente direbbe: «Io non sono maomettano». Cosa che deluderebbe alquanto Giuliano Ferrara e gli altri teorici dello scontro tra le civiltà.  «Nel 2011 ho dichiarato che l’Islam è la religione più stupida del mondo. Ho riletto con attenzione il Corano, e una sua lettura onesta non ne conclude affatto che bisogna andare ad ammazzare i bambini ebrei. Proprio per niente»: è quanto dichiara oggi Michel Houellebecq, celebrato autore di Sottomissione – arrendersi a Dio, darsi interamente a Lui: da questa idea ha origine la parola islām. Insomma, c’è sempre tempo per studiare con onestà intellettuale, se non proprio con spirito critico, la millenaria prassi sociale umana attraverso i documenti e le testimonianze di vario genere sedimentatisi nel corso del tempo.

A proposito di interessi capitalistici e di strategia geopolitica con “caratteristiche islamiche”, non sottovalutiamo l’attivismo della Turchia di Erdogan, la quale sta recitando molte parti in commedia, suscitando crescenti perplessità e timori negli Stati Uniti, in Europa e in Israele. Ma ritorniamo alla tesi illuminista.

Ora, a me pare che di una religione attraversata dalla Ragione gli arrabbiati (non importa adesso stabilire se essi sono pochi o molti) che vivono nelle periferie del mondo e che intendono reagire a un assetto sociale che avvertono come ostile, non sanno che farsene. Essi cercano un’idea che entri in sintonia con il loro disagio esistenziale e che li confermi nel loro odio. Sballottati (come tutti, a partire da chi scrive, beninteso) nel grande e micidiale frullatore del processo sociale, essi sono alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che dia una certa risposta alle domande radicate nel loro malessere. Come reagire alla nausea esistenziale, come trasformare la disperazione in qualcosa di comprensibile e gestibile? C’è chi grida: «Fermate il frullatore, mi vien da vomitare!». Ma dal frullatore non si può scendere, almeno da vivi. Questa è la semplice e dura verità, la quale si accanisce soprattutto contro chi la nega. Tutti noi ogni giorno facciamo i conti con questa disumana condizione, il più delle volte senza averne la minima contezza, tanta è la nostra abitudine al disagio. E la soglia del dolore generato da questo disagio non smette di alzarsi, né la sua fenomenologia di moltiplicarsi. Ecco perché personalmente non mi sorprendo mai dinanzi agli episodi di «inaudita violenza» che hanno come protagonisti mariti, fidanzati, mogli, figli, ex integerrimi cittadini, disumanità varia pronta ad arruolarsi in qualsiasi causa che le offra l’opportunità di “fare qualcosa di concreto” contro il meccanismo che tutto e tutti stritola. Come disse una volta Max Horkheimer, «Sotto il dominio totalitario del male gli uomini possono mantenere solo per caso non solo la loro vita, ma anche il loro io». Su questo aspetto del problema rimando al post Sbadigliare, vomitare o mozzare teste?

Se, per ipotesi, i Misericordiosi di Allah di seconda o terza generazione pronti, qui e ora, alla Jihad in Occidente scoprissero improvvisamente, per una sorta di miracolo illuminista, che il Corano afferma esattamente il contrario di quanto essi pensano, predicano e vogliono, molti di essi sicuramente se ne sbarazzerebbero subito, e andrebbero alla ricerca di uno strumento ideologico adeguato alla bisogna. Questo per dire, in modo abbastanza sbrigativo, ne sono cosciente, che il problema del cosiddetto radicalismo islamico non sta in una lettura errata del Corano, quanto piuttosto nelle cause sociali (leggi pure esistenziali) che mettono in moto certi meccanismi reattivi.

Gli intellettuali progressisti si stupiscono nell’osservare che anche dopo la strage del 7 gennaio molti giovani delle banlieue non intendono affatto solidarizzare con i tanto decantati  «valori repubblicani» né prendere chiaramente le distanze da una «falsa [sic!] religione»: «Perché tanta ottusità?». Gli “illuministi” attivi nel XXI secolo non riescono a capire perché questi giovani vanno alla ricerca di una pistola, di un bastone, di un qualsiasi corpo contundente (anche ideale), e non della “verità”. E poi, signori, di quale “verità” stiamo parlando? È presto detto: della verità borghese fatta passare, oggi come ieri e come sempre, in guisa di valore universale. Dopo la tragedia (o dialettica) dell’Illuminismo nell’epoca rivoluzionaria della borghesia, eccoci apparecchiata dagli amici di Voltaire, nonché sostenitori dei sacri valori del 1789, la farsa di un universalismo chiamato a celare la realtà del dominio di classe, per sovramercato a partire da eventi che si sono prodotti in una delle storiche metropoli del capitalismo, del colonialismo e dell’imperialismo. Cianciare di liberté, égalité, fraternité e di diritti inalienabili dell’uomo nell’epoca del dominio totalitario e mondiale del Capitale sulla natura e sugli uomini si configura ai miei occhi come una tragica farsa, la quale illumina a giorno una vecchia tesi marxiana, il cui radicale significato continua a essere sottovalutato anche da molti cosiddetti epigoni (soprattutto da quelli che da mattina a sera cianciano di “pensiero unico neoliberale” dal pulpito a loro gentilmente offerto dai massmedia mainstream): l’ideologia dominante in una data epoca storica è quella delle classi dominanti. Ecco perché, a differenza di Toni Negri, il cui ottimismo della rivoluzione è davvero inesauribile, non sono così sicuro che l’oceanica manifestazione parigina dell’11 gennaio rappresenti un passo avanti in termini di maturazione di un pensiero, non dico anticapitalista, ma appena appena critico dello status quo sociale vigente.

Né mi conquista la tesi di Slavoj Žižek (La Repubblica, 9 gennaio 2015) secondo cui il liberalismo, che genera sempre di nuovo il fondamentalismo (come «reazione falsa e mistificatrice, naturalmente»), «necessita dell’aiuto fraterno della sinistra radicale», se vuole continuare a sopravvivere come una «tradizione fondamentale». Infatti, la «sinistra radicale» di cui parla l’intellettuale sloveno è parte organica del vigente ordine sociale, il quale si configurerebbe come capitalistico (con annesse contraddizioni sociali che assumono, nei momenti di più acuta crisi sociale, la forma del razzismo, dell’antisemitismo, del nazionalismo, ecc.) anche nel caso in cui quella costellazione politica andasse al governo: vedi Syriza in Grecia e Podemos in Spagna, movimenti politici non a caso sponsorizzati (“tatticamente”, si capisce) anche da Toni Negri. Nel XXI secolo il liberalismo andrebbe sottoposto a una spietata critica teorica e pratica da parte delle classi dominate (altro che «aiuto fraterno!»), le quali purtroppo continuano a simpatizzare per le ideologie poste al servizio della conservazione sociale: non importa se a partire da una prospettiva di “destra” o di “sinistra”, laica o religiosa, populista  o “responsabile”. Ce n’è per tutti i gusti e per tutte le situazioni.

Ma ritorniamo, per concludere, agli arrabbiati delle periferie del mondo – qui detto anche come metafora. Quale ideologia in grado di soddisfare il loro impellente bisogno di fare i conti con una società che li ha profondamente delusi (non tutti possono diventare ricchi e famosi come i campioni del football e le celebrità del mondo dello spettacolo, rapper e fotomodelli su tutti), e che li tiene confinati ai livelli più bassi della gerarchia sociale trovano essi sulla loro strada? Purtroppo la «coscienza di classe», nell’accezione marxiana del concetto, non è cosa che sorga spontaneamente dalle condizioni di vita dei dominati e degli offesi, e questo è un fatto, confermato molte volte dal processo storico (vedi alla voce fascismo, nazismo, populismo rooseveltiano, ecc.), che interroga in modo pressante l’autentico militante anticapitalista. E ciò è tanto più vero, da quando lo stalinismo internazionale ha squalificato agli occhi dei nullatenenti l’idea stessa di una reale alternativa alla società capitalistica: «Se questo è il famoso socialismo, meglio allora tenersi il capitalismo». Battersi per far comprendere a quante più persone possibile che il «famoso socialismo» non aveva nulla a che fare con il socialismo, finora non ha prodotto effetti visibili, né a onor del vero l’impresa è mai apparsa di facile momento a chi ha voluto tentarla ormai diversi lustri fa.

Qualche giorno fa dalla televisione Carlo Freccero se la prendeva con il maledetto (non per chi scrive!) 1989: «Prima della caduta del Muro quei giovani potevano rivolgersi ai partiti di sinistra: dopo hanno trovato il vuoto, il nulla». E siccome la politica e l’ideologia hanno orrore del vuoto, ecco che l’Islam radicale è diventato per molti giovani immigrati di seconda generazione la sola risposta possibile al loro disagio sociale, alla loro domanda di senso e di speranza. Giusto! E difatti nel post pubblicato l’8 gennaio a proposito della strage che si è consumata nella redazione parigina del giornale satirico Charlie Hebdo scrivevo appunto, come ricordavo sopra, che «la religione non spiega un bel nulla». L’alternativa sembra dunque porsi nei termini che seguono: o il giovane ribelle di seconda e terza generazione (vale sempre la metafora di cui sopra) mangia la minestra del liberalismo, magari attraversato dai valori difesi dalla «sinistra radicale» (e qui già sento il Profeta di Treviri gridare come un ossesso: «Io non sono marxista!»), oppure abbraccia il Corano e, già che c’è, il fucile a pompa di ultima generazione. Cercasi “terza via”, disperatamente!

***

Appendice

Versetti marxiani

A proposito di religione, valori repubblicani e Civiltà Occidentale

La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi.

Cristiana è la democrazia politica, in quanto in essa l’uomo – non un uomo ma ogni uomo – vale come un essere sovrano, altissimo; ma l’uomo nella sua esistenza incivile, anti-sociale, è l’uomo nella sua esistenza accidentale, l’uomo qual è, l’uomo com’è guastato, come si è perduto, sformato attraverso tutta l’organizzazione della nostra società; come si è ridotto sotto l’impero di rapporti ed elementi non umani: in una parola, l’uomo che non è ancora un essere umano.

La forma repubblicana del dominio borghese aveva rivelato che in paesi di vecchia civiltà e con una avanzata struttura di classe, con condizioni di produzione moderne e una coscienza spirituale in cui tutte le idee tradizionali sono state dissolte da un lavoro secolare, la repubblica borghese significa dispotismo assoluto di una classe su altre classi.

La repubblica costituzionale è la forma più solida e più completa del dominio di classe borghese.

La loro repubblica aveva un solo merito, quello di essere la serra della rivoluzione per l’abolizione delle differenze di classe in generale, di tutti i rapporti di produzione su cui esse riposano, per l’abolizione di tutte le relazioni sociali che corrispondono a questi rapporti di produzione, per il sovvertimento di tutte le idee che germogliano da queste relazioni sociali.

La civiltà e la giustizia dell’ordine borghese si mostrano nella loro luce sinistra ogni volta che gli schiavi e gli sfruttati di quest’ordine insorgono contro i loro padroni. Allora questa civiltà e questa giustizia si svelano come nuda barbarie e vendetta ex lege.

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