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orizzonte48

Ucraina e Grecia: la violazione "internazionalista" del principio di non ingerenza e la religione guerrafondaia del Free-Trade

di Quarantotto

ukraine-wrecking-crew-nazisOggi tutto il mondo è (o dice di essere) col "fiato sospeso", di fronte alle preoccupazioni per la guerra civile in Ucraina, date le sue potenziali implicazioni di coinvolgimento, diretto e militare, della Russia da un lato e degli USA, (più o meno uniti alla UE), in un non ben chiaro quadro NATO.

 

1. La questione ucraina va ripercorsa dal suo inizio. 

E lo faremo riassumendo i passaggi fondamentali del noto post di Riccardo Seremedi "Ucraina Dies Irae" (che in effetti è un quasi-trattato sulla materia, data l'enorme ed esauriente mole di notizie, links e connessioni che vi sono contenute). 

E dunque:

a) La crisi ucraina – come si ricorderà - è iniziata con il rifiuto del presidente Yanukovich di aderire all'Accordo di Libero Scambio (DCFTA) di fine novembre 2013 a Vilnius; sono seguite giornate convulse nelle quali la cosidetta “Euromaidan” si è popolata magicamente di persone, spesso reclutate per pochi dollari l'ora, con migliaia di vessilli UE nuovi di zecca spuntati da chissà dove...

b) Ma "a  rovinare gli €uro-piani è arrivato Putin – proprio lui – il Mostro, che si è permesso di negare un “radioso e prospero avvenire” al nobile popolo ucraino; è successo che, verso la metà del dicembre scorso (2013), il presidente russo ha staccato un assegno da 15 miliardi di dollari per consentire al Paese di salvarsi dalla bancarotta ed ha ridotto il prezzo del gas da 400 a 268,5 dollari per metri cubi, surrogando con i fatti le biascicate promesse di aiuto finanziario dell'Unione Europea, sempre subordinate, va da sé, alle famose “riforme strutturali”.

c) Oltre al prestito e allo sconto sul gas, Putin ha anche firmato 14 accordi che stabiliscono il quadro giuridico per progetti nell'hi-tech (spazio, aeronautica, energia nucleare) e un nuovo porto multimodale sullo Stretto di Kerch; per tutta risposta il Ministro degli Esteri svedese Carl Bildt ha dichiarato che “i prestiti di emergenza russi rischiano di ritardare ulteriormente le urgenti riforme economiche e la necessaria modernizzazione dell'Ucraina nell'UE. Il declino potrebbe continuare”.

 

2. Una prima notazione: fin dall'inizio, quindi, si trattava di estendere all'Ucraina, - lo volesse o meno con decisione del suo governo (al tempo) democraticamente eletto-, un'area di libero scambio, esplicitamente definita come tale dall'€uropa, e di promuovere il fantastico "efficientamento" che deriva dall'adozione delle indispensabili RIFORME STRUTTURALI..e, immancabilmente, "liberali". Le vedremo poi in particolare, secondo la concezione che ci fornisce lo stesso FMI.

"La più accentuata importanza del ruolo di quest'ultimo, nel caso Ucraina, ci rende conto del perchè, più che proprio dell'Unione Europea – segnatamente della Germania –, l'interesse occidentale nella querelle ucraina tenda a confondersi con quello degli Stati Uniti, in prospettiva NATO.

Nel suo libro “La Grande Scacchiera” (1997), il politologo polacco-statunitense Zbigniew Brzezinski scrive: Senza l'Ucraina, la Russia non è altro che una grande potenza asiatica. Se la Russia riprende il controllo dell'Ucraina, dei suoi 52 milioni di abitanti, delle ricchezze del sottosuolo e del suo accesso al Mar Nero, essa ritornerà ad essere una grande potenza che si estende su Europa e Asia...

 

3. Questo quadro geo-politico ci consente di capire i successivi eventi alla luce di questo fondamentale meccanismo: la supremazia del paradigma USA-FMI-UE-UEM, non è la tensione all'affermazione della democrazia contrapposta a "luoghi" dove si vìolino (necessariamente) i diritti umani fondamentali, ma è piuttosto quella all'affermazione dell' "ordine mondiale dei mercati" come bene supremo, che non ammette deviazioni e resistenze. 

E' una questione di "nuovo" (o fin troppo vecchio) ordine mondiale che non si cura del benessere dei popoli, ma della "efficienza" dei mercati, cioè del controllo sovranazionale integrale dei processi sociali, di ogni possibile zona della Terra, da parte delle poche decine di persone che finiscono per coincidere coi "mercati" (come evidenziò Galbraith, non certo un marxista-antiglobalista). 

Questi "mercati", rapportati all'intera umanità, sono un fatto sociale, cioè necessariamente un gruppo umano che, usando la doppia verità della formula astratta (la crescita promossa attraverso una libera competizione economica senza confini), nasconde l'aspirazione al dominio accentrato di questo numero limitato di soggetti oligarchici, che proiettano il loro sconfinato potere attraverso la facciata di istituzioni internazionali che ne perseguono fedelmente e pedissequamente gli obiettivi.

Questo meccanismo di "doppia verità" spiega l'esatta formulazione degli slogan che vengono costantemente riportati (come valutazioni del pensiero unico!) dalle nostre TV e giornali, originati da questi maestri del pensiero "strategico", puntualmente conforme alle aspirazioni del "nuovo ordine mondiale dei mercati":  McCain: A tutti gli ucraini, l'America è con voi. Il mondo libero è con voi, io sono con voi. L'Ucraina farà un'Europa migliore e l'Europa farà un'Ucraina migliore

...l’Ucraina “è un Paese che vuole essere europeo, non russo” e che il popolo ucraino “grida il nostro aiuto“.

In pratica questa "attenzione" Euro-UE alla "democrazia" Ucraina, si è concretizzata nel fatto che "dalla dissoluzione dell'URSS nel dicembre del 1991, gli USA hanno “investito” oltre 5 miliardi di dollari per l'assistenza all'Ucraina.

La stessa amministrazione Obama, dal 2009 ha elargito 184 milioni di dollari per programmi presumibilmente destinati a società civile, diritti umani et similia; è lecito chiedersi se tutti questi soldi destinati a generiche “opere pie” siano investiti in “Euromaidan”: un enorme palco con illuminazione e impianto acustico, pasti caldi, internet ad alta velocità e chi ne ha più ne metta, sono un rilevante impegno finanziario per quella che si suole definire “protesta popolare”..."

 

4. Sappiamo poi, nonostante le contromisure negoziali ed economico-finanziarie adottate da Putin e sopra illustrate, come sia andata a finire in Ucraina. Il governo eletto democraticamente è stato abbattuto e un nuovo esercizio elettorale di tipo "idraulico" - cioè a effetto preconfenzionato dalla immissione di elementi rigidamente condizionanti la scontata scarsa comprensione dell'elettorato-,  ha portato all'attuale governo filo-UE-USA-FMI (al cui interno si ritrovano soggetti di estrazione a dir poco dubbia...)

Date queste premesse e questi esiti, cosa mai era chiamato a fare il neo-governo ucraino, della luminosa democrazia stile-UEM-FMI?

Le riforme!

E quali riforme?

Lo apprendiamo da quello che gli ucraini-ucraini avevano cercato di far presente quando denunciavano, - non certo in funzione filo-russa, ma soltanto per i timori del proprio benessere minimo di comunità sociale-, i rischi dell'accordo liberoscambista del novembre 2013 in una lettera aperta al Segretario dell'ONU e ai leader dell'Unione Europea e degli USA:  

“Le informazioni deliberatamente distorte dai media occidentali”, si sottolineava, paventando che “la firma dell'Accordo di Associazione con l'Unione Europea avrebbe portato al totale annichilimento delle proprietà statali […] e avrebbe cancellato la sovranità nazionale dell'Ucraina […] trascinando il Paese nel Joint Security and Defence Policy (l'integrazione dei sistemi di difesa europei), un progetto anti-russo che prevede l'espulsione della Flotta del Mar Nero della Federazione russa da Sebastopoli e dalla Crimea, portando l'Ucraina nel blocco militare della NATO[...]”.

 

5. Per chi nutrisse dei dubbi, rammentiamo le "belle" parole di Victoria Nuland, "diplomatica statunitense di origine ebraica, che ricopre la funzione di Assistant Secretary of State for European and Eurasian Affairs presso il Dipartimento di Stato degli Stati Unit"; (quella del "fuck the UE").  

Ed infatti, senza nascondere nulla - che non fosse facilmente accessibile ai nostri "giornalisti e commentatori"-, il 13 dicembre 2013, Victoria Nuland ha tenuto un discorso al National Press Club - sponsorizzato da US-Ukraine Foundation, Chevron e Ukraine-in-Washington Lobby Group -  nel quale ella si compiaceva del fatto che Washington avesse speso speso quei già citati 5 miliardi di dollari per fomentare l’agitazione e per trascinare l’Ucraina nell’UE: una volta preda dell’UE, l’Ucraina sarebbe “aiutata” dall’occidente attraverso il FMI – presentato come il provvido soccorritore - che spremerebbe il Paese come un limone.   

 

6. E infatti, il FMI ha aiutato l'Ucraina, esattamente come, insieme alla trojka, ha "aiutato" la Grecia.

Vediamo qualche applicazione del sistema, tratta da fonte statunitense:  

Ad Aprile del 2014, fresco sia dei disordini di piazza Maidan che del “colpo di stato” del 22 Febbraio, meno di un mese prima della strage di Odessa (2 Maggio), il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha approvato un prestito di 17 miliardi di dollari alla “giunta” dell’Ucraina.

La prassi normalmente seguita dal FMI è di non concedere prestiti ad un paese (nel corso di un singolo anno) per un importo superiore a due volte la “quota” che gli è stata assegnata (per saperne di più: http://www.imf.org/external/np/exr/facts/quotas.htm, ndt).  

Ebbene l’importo del prestito concesso all’Ucraina è stato di ben otto volte superiore.

Mentre Kiev cominciava ad intravedere il fallimento del tentativo di pulizia etnica portato avanti nella regione del Donbass, il FMI elargiva il primo prestito mai concesso ad un paese impegnato in una guerra civile (per non parlare della fuga dei capitali e del collasso della bilancia dei pagamenti), sulla base di proiezioni fittizie sulle sue capacità di restituzione.

Tutto questo dimostra fino a che punto il FMI sia niente più che un mero componente della Guerra Fredda statunitense. 

Kiev ha utilizzato questo prestito per equipaggiare il suo esercito e per attaccare le province orientali, ma soprattutto per sostenere la valuta ucraina abbastanza a lungo da consentire agli oligarchi di spostare i loro soldi nei paesi occidentali. 

Nel frattempo le condizioni poste dal FMI stanno imponendo all’Ucraina, come al solito, una dura austerità di bilancio, come se questa fosse in grado di stabilizzare le finanze del paese.

Quasi niente sarà ricevuto dall’est devastato dalla guerra, dove sono stati distrutti gli ospedali e le infrastrutture di base per l’energia e per l’acqua, ma anche le aree residenziali che hanno dovuto sopportare il peso dell’attacco. Quasi un milione di civili sono fuggiti in Russia, ma il FMI ha dichiarato che: “elogiamo l’impegno posto dal governo per attuare le riforme economiche, nonostante il conflitto in corso”.

Un quarto delle esportazioni ucraine sono effettuate normalmente dalle province orientali, e sono destinate più che altro alla Russia. Nonostante questo, Kiev ha bombardato le industrie del Donbas, ed ha lasciato le miniere di carbone senza energia elettrica.

Questo prestito è destinato a creare ancor più dissensi, tra gli economisti del FMI, di quelli che già scoppiarono in occasione del disastroso prestito di 47 miliardi concesso alla Grecia (a quel tempo il più grande prestito mai concesso dal FMI), stante il documento interno di 50 pagine lasciato trapelare al Wall Street Journal, in cui si sosteneva che il FMI aveva “gravemente sottovalutato il danno che l’austerità avrebbero causato all’economia della Grecia”.

Gli economisti puntarono il dito contro le pressioni ricevute da alcuni paesi dell’Eurozona, che volevano proteggere le proprie banche, detentrici di una notevole quantità del debito pubblico greco. Il FMI aveva previsto che la Grecia, tra il 2009 ed il 2012, avrebbe perso il 5,5% del suo PIL, ma questo Paese ha invece perso ben il 17% in termini reali. Il piano prevedeva un tasso di disoccupazione del 15%, ma nel 2012 esso è stato del 25%.(cfr; “IMF Admits Mistakes on Greece Bailout”, Wall Street Journal, 5 Giugno 2013).

L’accordo costitutivo del FMI vieta espressamente la possibilità di concedere prestiti a quei paesi che, chiaramente, non possono restituirli. Tutto ciò ha spinto i suoi economisti a far pesantemente notare, in occasione della riunione annuale dell’Ottobre del 2013 a Washington, che la loro istituzione stava violando le regole, concedendo prestiti “a paesi incapaci di rimborsare i debiti”.

In pratica il FMI sta semplicemente sostenendo che, se un governo deve salvare le sue banche ed i suoi obbligazionisti, l’austerità non peggiora, bensì migliora, la sua capacità di restituzione.  

Quella ucraina sembra una replica della situazione greca, ma con un punto esclamativo!

Un funzionario del FMI, lo scorso anno, ha definito la sostenibilità del debito ucraino “uno scherzo”, mentre un funzionario della Commissione Europea l’ha descritta come “una favola da raccontare ai bambini, prima di metterli a dormire”, ed un funzionario del Ministero delle Finanze greco ha detto che  era “scientificamente ridicola”.

John Helmer, nel suo “Dances With Bears” (http://johnhelmer.net/, ndt) calcola che “dei 3,2 miliardi di dollari (dei 17 totali, ndt) erogati dal FMI al tesoro ucraino all’inizio di Maggio, a metà Agosto ben 3,1 miliardi erano già scomparsi”.

Ciò solleva la questione se il prestito del FMI debba essere giuridicamente considerato come un “odious debt” (http://www.investopedia.com/terms/o/odious-debt.asp, ndt), essendo stato concesso ad una giunta militare, e poi rubato dagli “addetti ai lavori” di quel governo.

Il FMI ha riconosciuto che la “Banca Centrale Ucraina” (NBU) ha semplicemente girato il denaro ai cleptocrati che gestiscono le banche del paese come se fossero parte delle loro conglomerate

E’ successa la stessa cosa per il finanziamento dell’attacco militare alle regioni orientali, effettuato (dalla NBU) per conto dei principali cleptocrati che erano dietro al “colpo di stato” di piazza  Maidan.

“La percentuale delle assicurazioni e dei crediti concessi alle banche private dallo Stato Ucraino è fortemente aumentata: dal 28% del patrimonio complessivo della NBU di fine 2010, al 56% di fine Aprile 2014″. La situazione finanziaria è così brutta che, per scongiurare l’insolvenza, le più grandi banche ucraine hanno bisogno di ulteriori 5 miliardi di dollari, oltre ai 17 miliardi già concessi dal FMI.

Per le elezioni generali previste ad Ottobre (le province orientali non saranno in condizione di poter votare), la giunta ha vietato il Partito Comunista, così come gli articoli dei giornali ed i servizi televisivi ritenuti sgraditi (essenzialmente quelli in lingua russa).

Nei sondaggi effettuati ad inizio Settembre, i principali Partiti favorevoli alla guerra sono (erano..ndr.) ad un livello molto basso anche nella parte occidentale dell’Ucraina, la qual cosa comporta la possibilità di un “colpo di stato” effettuato dalla “destra nazionalista” insieme ai suoi alleati neo-nazisti, guidati dall’oligarca Igor Kolomoyskyy (che può schierare un suo esercito privato)."

 

7. A fronte di questa situazione tre interrogativi:

a) che senso ha parlare di elezioni democratiche a ottobre del 2014 (come abbiamo detto)?

b) vista la destinazione dei "fondi" del FMI (operazioni militari..e welfare bancario pro-creditori esteri e oligarchi "amici"), che senso ha che gli USA "facciano la parte" di dover ancora decidere se e quanto finanziare l'ulteriore riarmo degli ucraini filo-Nato

E questo, ammesso che questi ultimi, abbiano una qualche autonoma capacità decisionale, cioè una qualche forma di "SOVRANITA'", in queste circostanze: come insegna la stessa vicenda greca che, proprio per reazione ai governi commissariali filo-esteri - nel caso filo-tedesco(francesi) ha portato all'attuale reazione politico-elettorale (che bontà loro è stata "consentita", ma non si sa fino a che punto...);

c) ma soprattutto: che senso, ancora larvale, ha parlare di FMI nella sua connessione con l'ONU, visto il totale scollamento dell'azione del primo dalla mission connessa al perseguimento dei fini della Carta dell'ONU che dovrebbe caratterizzare il collegamento tra FMI e le stesse NU?

 

8. E' evidente che siamo di fronte ad una clamorosa quanto dimenticata (perchè scomoda) verità: il FALLIMENTO, DEFINITIVO E IRREVERSIBILE, NON SOLO DEL QUADRO DI "AZIONE ECONOMICA" DELL'ONU, MA DELLA SUA STESSA GENERALE RAGION D'ESSERE.

Ed è questo un punto clamorosamente sotto gli occhi di tutti, ma del pari ignorato senza alcuna riflessione razionale.

Avevamo a lungo illustrato questo punto:

"Se si vuole la globalizzazione non si può utilizzarla ipocritamente per affermare una legittimità formale (solo) di chi se ne avvantaggia. O meglio delle elites transnazionali, ma radicate in Occidente, che se ne avvantaggiano: magari scaricandone i costi, come al solito, sulle comunità sociali di propria origine, di cui non si ha nessuna "cura" e considerazione.

Tale legittimità, separata da ogni considerazione dei fatti complessivi che denunciano gli effetti della nuova religione del  free-trade e del passato coloniale, è affermata dalla governance paesi dominanti che a tale globalizzazione sono interessati per il proprio vantaggio economico e politico.

Sono forse i singoli cittadini "comuni" dei paesi occidentali a volere lo stato di non-democrazia e di asservimento a oligarchie locali, ben sostenute dai poteri economici "transnazionali", che caratterizza l'ingiustizia e il risentimento dei disperati che vivono nei paesi islamici?

La globalizzazione opera attraverso la cornice politica, normativa e finanziaria di istituzioni (il cui eventuale legame con l'ONU è poco più che in biglietto da visita retaggio in un passato...mai nato) che, secondo l'unanime considerazione degli studiosi di diritto e di politica internazionale,  sono la diretta espressione delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale.  Siamo di fronte, oggi più che mai, a quello che Lordon chiama il diritto internazionale privatizzato (cioè, poi, come evidenzia Chang, non certo a vantaggio delle comunità sociali, ma rispondente agli interessi degli eletti, i"Bad Samaritans", professanti il free-trade da invariabili posizioni di forza).

Anzi tale sistema "istituzionalizzato" risponde, più esattamente, alle potenze vincitrici "occidentali" (problema che ha prima reso scarsamente efficace lo stesso ruolo dellONU e che poi lo ha quasi del tutto reso inutile). 

Tali potenze hanno esercitato e tutt'ora cercano di esercitare, secondo la loro convenienza politico-economica, il controllo (governance) su WTO, OCSE, WB, e, più che mai, sul FMI.  Quest'ultimo è ormai irreversibilmente trasformato in un organismo che nulla più ha a che fare, semmai in passato l'abbia avuto, con i principi della Carta della Nazioni Unite, cioè con gli scopi fondamentali di queste ultime

Tant'è che nessuno penserebbe di rivolgersi con qualche speranza di essere ascoltato, all'Assembea o altro organo arbitrale delle NU, - divenute ormai troppo "deboli" se non inutili-, per dedurre l'illegittimità provocata dalla inosservanza dell'accordo (di mera forma, ai sensi degli artt.57 e 63 della Carta ONU) concluso dal FMI con le NU, violazione concretizzatasi nella imposizione di una "lettera di Intenti". Queste "lettere di intenti" sono normalmente impositive, allo Stato indebitato con l'estero, di pesanti "condizionalità" in cambio dell'accesso, mediato attraverso i c.d. "diritti speciali di prelievo", alla valuta di riserva occorrente nelle transazioni internazionali (quella valuta che i paesi del c.d. "terzo mondo" prima, e poi, grazie alla asimmetria strutturale dell'euro, i paesi "periferici" dell'UEM, non vantano più come "riserva", essendo impediti, grazie al funzionamento dei mercati "liberalizzati"di capitali e di merci, a procurarsela mediante dei fisiologici attivi della bilancia dei pagamenti, resi impossibili dal funzionamento del free-trade).

Ma non risulta che tali "condizionalità" imposte dal FMI siano mai state oggetto di censura, mediante raccomandazioni (art.63 della Cartta), di organi dell'ONU, ovvero di lamentela da parte degli Stati per aver violato ciò che l'accordo che "dovrebbe" legare il FMI all'ONU sarebbe teso a garantire: cioè che il FMI (in quanto istituto specializzato delle NU) debba operare nel quadro dei fini indicati come prioritari dall'art.55 della Carta.  E cioè:

"...per creare le condizioni di stabilità e di benessere che sono necessarie per avere rapporti pacifici ed amichevoli fra le nazioni, basate sul rispetto del principio dell’uguaglianza dei diritti o dell’autodecisione dei popoli, le Nazioni Unite promuoveranno:
a) un più elevato tenore di vita, il pieno impiego della mano d’opera, e condizioni di progresso e di sviluppo economico e sociale;
b) la soluzione dei problemi internazionali economici, sociali, sanitari e simili, e la collaborazione internazionale culturale ed educativa;
c) il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione.
"

La violazione dell'accordo di collegamento con le NU, stipulato per garantire l'osservanza dei principi economici della Carta, è un'ipotesi meramente astratta e ormai circondata dalla più forte delle condizioni "di fatto" che caratterizzano il diritto internazionale: la consuetudine contraria, che è poi sostanziale abrogazione per "desuetudine". 

Gli esiti delle "cure" propinate ai vari paesi dalle condizionalità imposte dal FMI non possono certamente ricondursi, neppure nelle più sfrenate fantasie, a tali finalità ed obiettivi. E le Nazioni Unite, prescegliendo, attraverso il proprio Consiglio economico e sociale, di tralasciare la verifica sostanziale del rispetto dell'art.55 da parte dei suoi istituti o "agenzie" specializzati, hanno lasciato mano libera al FMI per instaurare una precisa concezione del ruolo della moneta e dei modi di correzione degli squilibri nei pagamenti internazionali che ha finito per negare, anzichè tutelare, diritti umani e piena occupazione, elevazione culturale e autodecisione dei popoli. Si è, anzi, così semmai instaurato quel mondo di risentimento e povertà diffusa inflitto, senza alcuna speranza, a sterminate maggioranze di popolazione alle quali ogni umano progresso appare per sempre precluso.   Ad attestarlo sono gli "indici di Gini" in diffusa crescita e la concentrazione della ricchezza sempre più accentuata che caratterizza l'insieme degli Stati assoggettati alla governance finanziaria degli alfieri del free-trade, della financial deregulation, delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni totali del mercato del lavoro."

 

9. Le vicende ucraina e greca ce ne danno una tragica conferma in termini di inconcepibili sofferenze inflitte alle popolazioni nel cuore dell'Europa. 

Ogni parvenza di legalità, non dico alla luce della Carta ONU, ma dello stesso Statuto FMI (!) appare messa da parte

Nessuno, poi, è più in grado di spiegare (se non ricorrendo a ridicoli arroccamenti su formule sempre più prive di connessione alla tragica realtà) quale "direzione", eticamente accettabile in termini umanitari, stia prendendo la "costruzione €uropea"!

E ciò proprio in contrappunto confermativo della grottesca e sempre più ipocrita idea che l'Unione Europea avesse qualcosa a che fare coi fini di pace che, - a rigore dell'art.11 Cost.-, dovrebbero semmai da sempre incriversi nella mission generale delle NU

Mentre invece l'UE costituisce ormai solo il braccio secolare (continentale) della religione mondiale del free-trade sovranazionale che NEGA, PER IL PROFITTO DI POCHI "DOMINATORI", la sovranità in senso moderno: che è perseguimento istituzionale dei diritti fondamentali di ciascun popolo.

La verità è che il governo mondiale dei mercati, - l'internazionalismo "pacifista" propugnato a Ventotene e alla base della costruzione €uropea-, mostra sempre più il suo volto feroce e insensibile, in un esercizio di cinismo ostentato che sta portando l'Europa, e probabilmente l'intero pianeta, ad una catastrofe di immani proporzioni.

 

10. L'unica soluzione generale sarebbe di tornare, con effettività ai principi della Carta ONU, ma i rapporti di forza non paiono consentirlo.

L'unica soluzione (semi)normativa è probabilmente che la forza correttiva de facto di questo (ormai insolubile) fallimento, porti alla riaffermazione del "principio di non ingerenza", nella sua originaria accezione, quale ancora "formalmente" affermata in un recente passato dalle stesse Nazioni Unite. 

Quell'accezione che vieta sì l'ingerenza, (inclusa dunque un'azione come quella che, in astratto,  avrebbe posto in essere la Russia nelle circostanze attuali), ma vietando una escalation di ingerenze "in ritorsione" che dimenticano la PRIMA FONDAMENTALE INGERENZA, GENETICA dei conflitti attuali: quella di chi si ritiene legittimato dalla volontà di realizzare, a qualsiasi costo, l'internazionalismo libero-scambista, come paradigma unico. 

Un paradigma sempre più cupamente unico, perchè  politicamente, culturalmente, e ormai, soprattuttto, mediaticamente, rivendica il diritto (l'unico diritto ammesso dai "forti") a calpestare, storpiare e ignorare le sovranità democratiche dei diritti fondamentali, affermati nelle Costituzioni sociali.

 

11. Come abbiamo visto, il divieto o principio di "non ingerenza", rispettoso delle sovranità autonome dei vari Stati anche più "deboli", si è invece "andato trasformando, proprio a seguito della spinta verso la "globalizzazione", in un diritto di "ingerenza umanitaria", con pericolosi e contraddittori esiti; se non altro inanellando, proprio sotto il profilo "umanitario", una serie di risultati fallimentari esattamente opposti alle intenzioni dichiarate di chi ha voluto imporre questa prassi."

Ora siamo al punto che ai pochi controllori del dominio mondiale, e ai loro zelanti mandatari (divenuti "funzionari della morte annunciata", fisica e morale, dei popoli), non rimane altro che questa soluzione, quella del ritorno al principio negativo della "non ingerenza", smettendo ogni insopportabile veste umanitaria e democratica: l'alternativa è quella del loro stesso fallimento.

Gli "odiatori dell'umanità" scoprirebbero che la loro incapacità non li pone al riparo dalla sconfitta. Infantilmente abituati al moralistico prevalere dei prepotenti, non potrebbero reggere ESSI stessi allo shock di una sconfitta che si compendia nella formula: L'IMPOSSIBILITA' DI VINCERE

E, comunque, di vincere senza sopportare perdite superiori ai presunti vantaggi immaginati dalla loro stessa avidità

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