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Il New York Times invia giornalisti in Ucraina e “ritratta” la versione ufficiale

di Robert Parry

Il New York Times ha mandato dei giornalisti tra gli insorti dell’Ucraina dell’est  e ha dovuto scoprire che la propaganda mandata viralmente da tutti i media  secondo il “pensiero unico” ufficiale di Washington non risulta confermata: niente russi a sostenere o dirigere le operazioni, solo ucraini preoccupati del loro futuro. (Purtroppo l’effetto sull’opinione pubblica non ne risente, perché  le notizie dissonanti rispetto ad un frame ripetuto in maniera martellante tendono ad essere automaticamente cancellate. Ma noi insistiamo.). Via Smirkingchimp.com

2015 02 06T170211Z 1372214760 GM1EB2702SE01 RTRMADP 3 UKRAINE CRISIS kfuF Ux8kdUJtkeE1iB0 700x394LaStampa.itIl New York Times, che ha affermato per settimane che dietro i disordini nell’Ucraina dell’est c’era il governo russo, alla fine, ha inviato alcuni giornalisti nella regione per trovare le prove, ma tutto quel che hanno trovato sono stati degli ucraini orientali sconvolti dal regime golpista di Kiev che ha destituito il presidente Viktor Yanukovich.

The Times, che è stato un promotore impenitente della rivolta “pro-democrazia” che ha spodestato il presidente democraticamente eletto attraverso violenti mezzi extra-costituzionali, aveva recentemente promosso l’ “argomento” che gli ucraini sarebbero soddisfatti del loro nuovo governo non eletto se solo i russi non “continuassero a destabilizzare l’Ucraina orientale.”

Due settimane fa i redattori del Times pensavano di avere trovato uno scoop da prima pagina, delle fotografie che sembrava dimostrassero la presenza di truppe delle forze speciali russe. Secondo il Times, le foto mostravano “chiaramente” le forze speciali russe in Russia, e poi gli stessi soldati nell’Ucraina orientale.

Tuttavia, solo due giorni dopo, lo scoop è andato a monte quando si è scoperto che la foto chiave – che doveva mostrare un gruppo di soldati prima in territorio russo e poi in seguito nell’Ucraina orientale – era stata effettivamente scattata in Ucraina, distruggendo così la premessa dell’intera storia.

Così, il Times alla fine ha inviato i giornalisti CJ Chivers e Noah Sneider a Slovyansk nell’Ucraina orientale, per parlare con i militanti che si oppongono al regime golpista di Kiev. A loro credito, i due giornalisti sembrano avere effettivamente riferito quanto hanno scoperto, anche se continuano a mostrare alcuni pregiudizi anti-russi, ormai così profondamente radicati nella narrativa dei media occidentali.

Osservando che secondo Mosca i militanti ucraini non fanno parte delle forze armate russe, mentre “i funzionari occidentali e il governo ucraino insistono sul fatto che i russi hanno portato, organizzato e attrezzato i combattenti“, i giornalisti scrivono:

“Uno sguardo più approfondito alla 12 ° Compagnia [della Milizia popolare] – in un periodo di oltre una settimana di visite ai suoi posti di blocco, di interviste ai suoi combattenti e di osservazione durante l’azione contro un’avanzata militare ucraina nel giorno di venerdì – mostra che in questo  caso nessuno dei report coglie la vera storia.

“I ribelli della 12ma compagnia sembrano essere ucraini, ma, come molti nella regione, hanno profondi legami e affinità con la Russia. Sono veterani delle armate sovietiche, ucraine o russe, e alcuni hanno la famiglia dall’altra parte del confine. Il loro è un groviglio inestricabile di identità e senso di lealtà.

“A complicare ulteriormente il quadro, mentre i combattenti condividono un senso di fortissima sfiducia nel governo dell’Ucraina e nelle potenze occidentali che lo sostengono,  essi sono in disaccordo tra loro sugli obiettivi finali. E’ infatti oggetto di discussione se l’Ucraina dovrebbe distribuire il potere attraverso una forma di federalismo o se la regione debba essere direttamente annessa alla Russia, e nutrono diversi punti di vista su quale parte del paese potrebbe rivendicare Kiev, la capitale, e anche su dove potrebbe passare il confine di una Ucraina divisa.”

 

Ridendo di Kiev

I giornalisti del Times riportano di un capo dell’unità di nome Yuri che ride delle affermazioni da parte di funzionari di Kiev e occidentali che le sue operazioni siano dirette da ufficiali dei servizi segreti militari russi. Non vi è alcun padrone russo, ha detto. ‘Non abbiamo moscoviti qui. Io ho un’esperienza sufficiente.’ Questa esperienza, a dir suo e dei suoi combattenti, comprende quattro anni come comandante di una piccola unità sovietica in Kandahar, Afghanistan, negli anni ’80.

“I 119 combattenti sotto il suo comando, che sembrano avere un età tra i 20 e i 50 anni, dicono tutti di aver precedentemente prestato servizio nella fanteria sovietica o ucraina, nell’aviazione, nelle forze speciali o nelle unità di difesa aerea.”

I giornalisti hanno scoperto anche molte armi vecchie e usurate, non le apparecchiature più recenti e più sofisticate che sono a disposizione delle forze russe.

Durante i combattimenti di venerdì, due dei combattenti imbracciavano dei fucili da caccia, e l’arma più pesante era solo una granata con propulsione a razzo” hanno scritto Chivers e Sneider. “Gran parte del loro magazzino era identico alle armi viste nelle mani dei soldati ucraini e delle truppe delle forze speciali del ministero dell’Interno al di fuori della città. Comprendevano delle pistole Makarov 9 millimetri, fucili d’assalto Kalashnikov e alcuni fucili da cecchino Dragunov, mitragliatrici leggere RPK e razzi anticarro portatili, tra cui alcuni con timbri di produzione che andavano dagli anni ’80 sino all’inizio degli anni ’90”.

Altri giornalisti occidentali, che si sono presi la briga di fare dei reportage direttamente dall’Ucraina orientale, invece che semplicemente accontentarsi dei dispacci dell’ambasciata americana a Kiev o del Dipartimento di Stato a Washington, hanno scoperto una realtà simile.

Ad esempio, il 17 aprile, il corrispondente del Washington Post Anthony Faiola ha fatto un reportage da Donetsk in cui molti degli ucraini orientali da lui intervistati hanno detto che l’agitazione nella loro regione è stata spinta dalla paura delle “difficoltà economiche” e del piano di austerità del FMI che renderà la loro vita ancora più difficile.

Nel momento più pericoloso e delicato, proprio mentre combatte con Mosca per conquistare il favore dell’opinione pubblica di tutto l’est, il governo filo-occidentale è pronto ad avviare una terapia di shock economy per soddisfare le condizioni di un piano di salvataggio di emergenza da parte del Fondo Monetario Internazionale ” ha riportato Faiola.

Ma la realtà concreta di queste preoccupazioni legittime e comprensibili da parte degli ucraini dell’est è completamente ignorata dal fuoco di sbarramento della propaganda degli Stati Uniti, che ha travolto la stampa mainstream in maniera totale, come già durante la simile campagna di PR durante il periodo precedente la guerra in Iraq, se non ancora peggio. Il “pensiero unico” ufficiale di Washington ora è tutto compatto a incolpare il presidente russo Vladimir Putin per la crisi Ucraina.

Una delle teorie più assurde che ho sentito dai sapientoni funzionari di Washington è che Putin ha organizzato il caos in Ucraina come parte di un piano per rivendicare i territori perduti dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Anche se questa idea di Putin come l’aggressore che trama per riaffermare l’imperialismo russo è diventata una sorta di “saggezza convenzionale”, tuttavia è completamente smentita dai fatti.

Per credere che Putin abbia provocato la crisi Ucraina, si dovrebbe anche credere che Putin abbia organizzato le proteste di piazza Maidan, che abbia messo su le milizie neonaziste che hanno guidato il colpo di stato del 22 febbraio, e che abbia rovesciato intenzionalmente il suo alleato, Yanukovich, mentre sembrava che stesse cercando di salvarlo. Anche se questa teoria del complotto è ridicola, è ormai la versione ufficiale di Washington.

 

Preso alla sprovvista

La realtà è che Putin è stato colto alla sprovvista dagli eventi in Ucraina, in parte perché era preoccupato per le Olimpiadi Invernali di Sochi e la minaccia che i giochi avrebbero potuto essere oggetto di un grave attentato terroristico. Putin ha trascorso molto tempo a Sochi per supervisionare personalmente lo stato di sicurezza del luogo.

Nel frattempo, a Kiev è successa la rivolta di Maidan, acclamata dal vice Segretario di Stato per gli affari europei Victoria Nuland e in parte finanziata da enti americani, come il National Endowment for Democracy finanziato dagli Stati Uniti, il cui presidente da lunga data Carl Gershman, in un editoriale sul Washington Post pubblicato a fine settembre, aveva ritenuto che l’Ucraina fosse “il miglior premio”, mesi prima che la crisi attuale scoppiasse.

Anche se molti dei manifestanti dell’Ucraina occidentale avevano effettivamente delle legittime rimostranze per la corruzione dilagante nella politica ucraina e la potenza eccessiva di un pugno di oligarchi facoltosi, il violento colpo di stato finale è stato effettuato da milizie neonaziste ben addestrate, organizzate in brigate da centro uomini, note come le “centinaia”.

Dopo il putsch del 22 febbraio, quando Yanukovich e molti dei suoi funzionari sono stati costretti a fuggire per salvarsi la vita, Putin ha cominciato a reagire a questo deterioramento della situazione sul confine della Russia. Quello che stava facendo era una “gestione delle crisi”, non l’attuazione di un progetto machiavellico preparato da tanto tempo.

Ma la demonizzazione di Putin nei media occidentali è stata così totale che chiunque osi mettere in discussione le interpretazioni più estreme del suo comportamento è denunciato come un “apologeta di Putin.” In realtà, ogni tentativo di presentare una interpretazione più sfumata di quanto è successo in Ucraina è liquidato come sostenitore dell’imperialismo russo o propagandista in favore della Russia.

Questo opprimente “pensiero unico“, a sua volta, ha reso politicamente impossibile nella Washington Ufficiale formulare una qualsiasi linea politica razionale verso la Russia e l’Ucraina.

In questo contesto, in cui ci si chiede quale sia la vera propaganda, vale la pena di guardare indietro a un’altra storia di prima pagina del New York Times di metà aprile, scritta da David M. Herszenhorn, in cui il giornalista accusava il governo russo di impegnarsi in una guerra di propaganda.

Nell’articolo intitolato “La Russia si Affretta a Distorcere la Verità sull’Ucraina“, Herszenhorn derideva il primo ministro russo Dmitri Medvedev per aver pubblicato un post su Facebook “tetro e pieno di terrore”, in cui si diceva che “di nuovo il sangue è stato versato in Ucraina” e aggiungeva che “incombe la minaccia di una guerra civile“.

L’articolo del Times continuava: “Egli [Medvedev] ha supplicato gli ucraini di decidere del proprio futuro ‘senza usurpatori, nazionalisti e banditi, senza carri armati o veicoli corazzati – e senza visite segrete dei registi della CIA. E così è cominciato un altro giorno di spacconate e iperboli, di disinformazione, esagerazioni, di teorie della cospirazione, di una retorica accesa costellata da patentate falsità sulla crisi politica in Ucraina, che provengono dalle più alte sfere del Cremlino e si riflettono poi sulla televisione di stato russa, ora dopo ora, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana“.

Questo articolo polemico è uscito in prima pagina e poi è stato ripreso nella metà superiore di una pagina interna, ma Herszenhorn non è mai tornato a dire che non c’era nulla di falso in quello che Medvedev aveva scritto. In effetti, aumentando lo spargimento di sangue e manifestandosi sempre di più una vera guerra civile, si potrebbe dire che Medvedev era stato tragicamente preveggente.

È stata anche la tanto vituperata stampa russa ad aver per prima riportato la visita segreta del direttore della CIA John Brennan a Kiev. Anche se la Casa Bianca poi ha confermato quel reportage russo, Herszenhorn ha citato il riferimento di Medvedev a questa visita come un esempio di “disinformazione” e “teoria del complotto”. In nessuna parte di quel lungo articolo il Times ha mai informato i suoi lettori che, sì, il direttore della CIA aveva fatto una visita segreta in Ucraina.

Forse, la storia di Chivers-Sneider sui combattenti della Milizia popolare dell’Ucraina orientale – che appare come una sorta di “ritrattazione” del New York Times delle sue precedenti affermazioni  – farà fare una pausa alla fuga precipitosa della propaganda degli Stati Uniti verso un’altra guerra inutile. [Per maggiori dettagli, vedere su Consortiumnews.com Ukraine, Though the US ‘Looking Glass.’]

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