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sinistra

Integraciòn o muerte! Venceremos?

L'America Latina nel suo labirinto

Daniele Benzi

IV. Lo sbarco cinese e altre spinte disgregatrici [Qui e qui le parti precedenti]

32i98uhy7jòvkàgLa presenza del gigante asiatico nelle dinamiche economiche della regione è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi quindici anni. Per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti e i crediti concessi l’incremento è stato enorme dopo l’inizio della crisi mondiale. Diversi autori hanno osservato che l’impatto è tale da avere ri-orientato in poco tempo le politiche commerciali e di sviluppo di vari Paesi, influenzando anche in alcuni casi decisioni strategiche relative agli allineamenti geopolitici nello scenario internazionale. Eppure, per quanto a eccezione del Paraguay lo sbarco cinese sia per il momento molto più accentuato nel Cono Sud, tutti i governi dell’area, a prescindere dagli orientamenti politici o di altra indole, considerano oggi come una priorità l’intensificazione degli scambi commerciali e l’apertura senza riserve agli investimenti asiatici. Questa è d’altronde la principale differenza tra l’avvicinamento della Cina e quello di altre potenze extra-regionali come per esempio la Russia, l’India, o l’Iran: la dimensione e l’estensione di interscambi e interventi assolutamente allettanti che, senza escluderle, hanno mantenuto sinora in secondo piano e basso profilo considerazioni esplicite di ordine geopolitico e militare. D’altra parte, sembrerebbe che al contrario dei suoi predecessori, l’attuale presidente Xi Jinping voglia dare alle relazioni con la regione un chiaro significato e orizzonte politico. Ma è ancora troppo presto per fare speculazioni al riguardo.

In questo modo, anche in questa parte del globo si è cominciato a parlare di un «Consenso di Pechino» che, per l’America Latina, consisterebbe soprattutto «nell’adesione all’idea che lo sviluppo della regione passi inevitabilmente per il rafforzamento delle relazioni con la Repubblica Popolare Cinese»1. Per questa ragione, come si è visto nei paragrafi precedenti, anche l’integrazione «ha dovuto incorporare una variabile o «vettore» asiatico che sta alterando il corso del processo producendo nuovi allineamenti, fratture e tensioni»2.

Integración o muerteultima parte html m2d2cff1dNon diversamente dalle più note e, almeno in un’ottica sociologica, finora più studiate relazioni tra la Cina e il continente africano, in sintonia con il discorso ufficiale di Pechino si afferma spesso che l’avvicinamento del gigante asiatico stia avvenendo nello «spirito di Bandung», della condivisione cioè di una identità e di interessi comuni fra Paesi del Terzo mondo e in via di sviluppo, e quindi fondato sulla cooperazione Sud-Sud e il mutuo beneficio. Benché sia scomparsa dalla retorica cinese la componente antimperialista e anticapitalista dell’epoca maoista, sostituita adesso dall’idea dell’«ascesa» e dello «sviluppo pacifico», diversi intellettuali militanti della sinistra latinoamericana aderiscono a questa linea di interpretazione riflettendo una delle posizioni del dibattito in corso nell’accademia critica sia occidentale che asiatica e africana. Si moltiplicano però anche le letture di segno diverso che, più realisticamente forse, insistono sul fatto che la politica del gigante asiatico consista fondamentalmente in una diplomazia economica pragmatica e moderata, alla ricerca della stabilità e preoccupata di non irritare Washington, nella quale la solidarietà terzomondista figura solamente come un espediente marginale o meramente discorsivo.

Le relazioni della Cina con l’America Latina, in effetti, si inseriscono in una sorta di triangolo nel quale un vertice è occupato dagli Stati Uniti. Però mentre gli Usa e la Cina sono due attori unitari e indipendenti, «l’America Latina è un mosaico di Paesi il cui comportamento nell’ambito internazionale possiede diversi gradi di autonomia relativa»3. L’asimmetria dei rapporti con il gigante asiatico è accentuata inoltre dal fatto che, sebbene si sia creato recentemente un Foro China-Celac sul modello di quello adottato con le nazioni africane, la strategia cinese è stata finora basata su negoziati bilaterali Paese per Paese. A dispetto del fatto che le esportazioni latinoamericane verso l’Asia si siano quadruplicate nel periodo 2000-2012, mentre le importazioni siano addirittura decuplicate, l’America Latina non presenta una posizione unica e voce congiunta nei rapporti Asia-Pacifico4.

Integración o muerteultima parte html m4a650e6La maggior parte degli analisti concorda sul fatto che oggi, e prevedibilmente nel medio termine, il principale interesse della Cina nei riguardi del subcontinente si possa riassumere in due parole: risorse naturali e mercati. Le informazioni disponibili sui flussi commerciali, gli investimenti diretti, la creazione di joint venture, le linee di credito aperte e gli aiuti allo sviluppo confermano pienamente questa ampia convergenza. Ciò vale anche per Paesi come Brasile, Argentina o Cile. Lo sbarco cinese è per questo accompagnato dallo «stigma neocoloniale»: rafforza l’estrazione di materie prime non rinnovabili e la produzione con scarso o nullo valore aggiunto senza incidere peraltro positivamente nella creazione di posti di lavoro, mentre rifornisce i limitati mercati locali con prodotti manifatturati e adesso anche beni tecnologici. Per questa ragione, oltre che con gli Stati Uniti e l’Unione Europea, entra in concorrenza anche con i più deboli gruppi economici e industriali autoctoni: brasiliani, messicani e argentini principalmente. Inoltre, come ben evidenziato in un recente studio, agli investimenti cinesi è imputabile buona parte del deterioramento ambientale dell’area, una vera e propria devastazione, e della crescita dei conflitti sociali a esso associati5.

Tuttavia, come si è accennato, non sono pochi coloro i quali anche a sinistra ritengono che la regione non si trovi ad affrontare una minaccia bensì sia sulla soglia di una «opportunità storica», almeno se saprà approfittare di questa relazione per dare valore aggiunto alle proprie materie prime e riprendere la strada dell’industrializzazione e della innovazione tecnologica. Il come, però, quando si mettono da parte le illusioni tecnocratiche e modernizzanti, rimane avvolto in una fitta coltre di ombre e mistero.

Integración o muerteultima parte html m5fda1533Sebbene con i dati disponibili tale visione susciti in effetti più perplessità che certezze, l’integrazione potrebbe certamente favorirla. Come hanno sottolineato alcuni autori, esiste nei confronti della Cina, e in senso più ampio della regione Asia-Pacifico, una agenda di temi che spazia dalle infrastrutture all’inserimento nelle catene globali e la regolazione delle attività estrattive su cui si potrebbero creare numerose sinergie. Ma se da un lato i Paesi asiatici non sembrano per il momento interessati a stimolare questa opzione, dall’altro le linee di frattura che attraversano gli schemi di integrazione esistenti rappresentano un importante limite che si traduce in una perdita di autonomia nei confronti dell’Asia e in particolare della Cina.

Appare chiaro che nel breve periodo la «fame» importatrice del gigante asiatico ha prodotto dividendi elevati e garantito l’equilibrio di bilancio e l’accumulazione di ingenti riserve. Anzi, ha letteralmente salvato la regione dalla crisi, almeno fino a ieri, facendo sembrare quasi che non ci fosse. L’espansione e la diversificazione dei mercati e degli investimenti hanno offerto maggiori margini di manovra sia economici che politici. Infine, si è trattato finora di relazioni certamente più equilibrate e rispettose della sovranità nazionale. Affidare però ad esse il futuro economico della regione potrebbe rivelarsi fatalmente un gioco di specchi o un biglietto di sola andata per far rivivere ai popoli latinoamericani del XXI secolo altri cent’anni di solitudine.

La caduta del prezzo delle materie prime, la crescita del debito e il rafforzamento del dollaro rispetto alle monete locali sono segnali inequivocabili di come il sogno seducente di questa luna di miele asiatica potrebbe trasformarsi, dalla sera alla mattina, in un abbaglio o forse anche in un incubo, non così dissimile, forse, dalla trappola del debito degli anni Ottanta.

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La versione completa dell’articolo uscirà nel prossimo numero di Visioni Latinoamericane, Rivista elettronica semestrale del Centro Studi per l’America Latina, Università degli Studi di Trieste.

http://www2.units.it/csal/home.html/

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Note
1 Slipak A.M., “América Latina y China: ¿cooperación Sur-Sur o «Consenso de Beijing?”, «Nueva Sociedad», 250, 2014, p. 113.

 

2 Turzi M., “Asia y la ¿(des)integración latinoamericana?”, «Nueva Sociedad», 250, 2014, pp.79.

 

3 Tokatlian J.G., “Una mirada desde América Latina”, in Paz G., Roett R. (eds.), La presencia de China en el hemisferio occidental. Consecuencias para Ámerica Latina y Estados Unidos, Libros del Zorzal, Buenos Aires, 2009, p. 83.

 

Turzi M., op. cit., p. 84.

5 Ray R. et al., China in Latin America: Lessons for South-South Cooperation and

 

 

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