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la citta futura

Ttip e Tppa: accerchiare la Cina. II parte

Verso un processo di “concentrazione” imperialistica?

di Maurizio Brignoli

L’obiettivo statunitense nella formazione del Ttip e del Ttp è quello di realizzare una concentrazione imperialistica capace di imporre le sue norme a livello mondiale e di accerchiare il principale concorrente cinese. Qui la prima parte

a111f23c16ea3f29e72a482eced3b5eb LLa crisi ha offerto il destro al capitale Usa per indebolire il concorrente europeo, utilizzando abilmente l’arma della speculazione per colpire gli anelli deboli dell’Ue e la vicenda ucraina per danneggiare i rapporti Ue-Russia isolando il concorrente russo, e per spostare risorse nello scontro principale contro la Cina.

Nelle trattative per il Ttip rimangono pur sempre degli ostacoli dettati dalla realtà dello scontro fra imperialismi rivali. In questa specie di “Nato economica” l’Ue rischia di ritrovarsi subordinata agli Usa esattamente come nella Nato militare. Inoltre, non si tratterebbe di un effettivo rapporto bilaterale visto che l’Ue non è uno stato unitario o federale e gli Usa potrebbero sempre puntare sulla divisione europea e su rapporti coi singoli stati. L’Ue ha la forza di essere il mercato più importante per popolazione e per ricchezza prodotta ma ha scarse risorse energetiche e non ha una forza militare paragonabile a quella degli altri attori dello scontro interimperialistico.

I principali esponenti del capitale a base Ue hanno ben presente il rischio di sottomissione agli Usa. A settembre Matthias Fekl, Segretario di Stato al commercio estero francese, ha lamentato che, di fronte a continue concessioni da parte europea, gli Usa non abbiano offerto contropartite serie, in particolare per quel che riguarda i servizi e gli Isds, e ha aggiunto che, andando i negoziati in una direzione sbagliata, la Francia si ritiene libera di considerare tutte le alternative, compresa l’interruzione degli stessi.

Il vice primo ministro tedesco Sigmar Gabriel, ha protestato per il fatto che gli Usa non riconoscano i principi dell’Ilo e che non abbiano ratificato la Convenzione di Stoccolma (2001) sugli inquinanti organici. Tutto ciò ovviamente non perché il capitale a base Ue abbia a cuore i diritti dei lavoratori o sia dotato di potente afflato ecologistico, ma perché ha ben chiaro che le trattative, condotte in condizioni di difficoltà da parte dell’Ue, rischiano di trasformarsi in una sconfitta per l’imperialismo europeo.

Fra l’altro, l’Ue non ha nessuna intenzione di rinunciare ai rapporti con la Cina (e più in generale coi brics), come dimostra la partecipazione di importanti Paesi europei (fra gli altri, Francia, Germania, Italia, Regno Unito) alla Banca per gli Investimenti Infrastrutturali Asiatica, seguita da un’irata reazione statunitense. Il capitale cinese è interessato a investire le sue riserve in Europa; ha infatti aderito al Piano Juncker destinato agli investimenti infrastrutturali e alla Banca Europea di Ricostruzione e Sviluppo (Bers), mentre ha ridotto al contempo la sua esposizione in titoli del Tesoro statunitensi.

La vicenda ucraina ha portato la Russia, per superare l’isolamento cui era stata relegata, nella braccia della Cina e nel maggio 2014 è stato firmato, alle condizioni cinesi, il prezioso accordo sulle forniture di gas e petrolio. Questo avvicinamento rafforzerà l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Ocs), organismo che la Cina ha creato nel 2001 per rafforzare la sua espansione nelle zone strategiche dell’Asia centrale e del Medioriente. L’Ocs è formata da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan e ha come osservatori (quindi come candidati potenziali a diventare membri effettivi) India, Iran, Mongolia, Pakistan e Afghanistan. In questo modo si potrebbe delineare un nuovo “macropolo” imperialistico, a dominanza cinese, che avrebbe la possibilità di basarsi sulla forza produttiva e le riserve valutarie cinesi, la forza energetica (primo produttore mondiale di petrolio e gas) e militare russa, l’alta specializzazione della forza-lavoro indiana e le riserve energetiche iraniane (quarto produttore mondiale di petrolio e secondo di gas). A livello sovranazionale il Tppa si pone in evidente opposizione con l’Ocs che annovera molti degli stati che, nonostante la crisi, hanno avuto negli ultimi anni tassi di crescita elevati del pil.

La firma del Tppa non ha di sicuro risolto lo scontro nell’area asiatico-pacifica: va infatti considerato l’importante vertice dell’Asia-Pacific economic cooperation (Apec, 21 Paesi sulle due sponde dell’Oceano Pacifico il cui interscambio è pari al 48% del commercio mondiale) del novembre 2014. Il fatto che siano compresenti tre attori principali dello scontro interimperialistico in atto (Cina, Russia e Usa) fa sì che ognuno dei tre cerchi di realizzare il proprio interesse a scapito degli altri. Qui si sono infatti scontrate le trattative per la realizzazione del Tppa e quelle relative alla realizzazione del Free trade area of the Asia-Pacific (Ftaap), sostenuto dalla Cina (principale partner commerciale della maggior parte dei Paesi sudamericani), con l’impegno da parte dei membri dell’Apec di avviare una “iniziativa di studio”, della durata di due anni che finirebbe per vanificare gli intenti strategici statunitensi perseguiti con il Tppa.

Il grande scontro si basa, poi, sulla fondamentale questione delle aree valutarie. Gli Usa cercano di sostenere la propria economia stampando dollari, ma perché la cosa funzioni è necessario che questi dollari vengano riconosciuti come valuta internazionale per lo scambio delle merci principali. Per quello che riguarda il Ttip vi è la questione fondamentale relativa a quale moneta dovrebbe essere utilizzata e, se si dovessero usare sia euro che dollaro, con quale cambio dovrebbero avvenire queste transazioni. Ma su un piano addirittura più decisivo il grande pericolo è che l’Ocs si doti di un sistema monetario unico. La Russia potrebbe reagire alle sanzioni abbandonando il dollaro per le sue vendite di gas e petrolio. La Cina da tempo chiede di adottare per le transazioni una “unità di conto” diversa e cinesi e russi hanno iniziato a delineare la possibilità di usare per gli scambi fra i due Paesi esclusivamente rublo e renminbi.

Questa intesa va inserita all’interno di un ben più ambizioso progetto di moneta unica da usare negli scambi in Asia. Nel 2011 i brics hanno siglato un accordo che prevede di aprire linee di credito nelle valute nazionali per ridurre la dipendenza dal dollaro. A questo punto Usa e Ue, se realizzassero il Ttip, potrebbero convergere nell’adozione di una moneta comune per fronteggiare il nemico principale costituito dalla Cina e dalla sua area economica. La “concentrazione imperialistica” verrebbe così a semplificarsi con uno scontro a due: Cina (+ Ocs) contro Usa (+ Ue), con tutte le contraddizioni e ostilità che permarrebbero sempre nel rapporto capitalistico fra “fratelli nemici” considerato anche il ruolo subalterno che spetterebbe a Ue e Russia.

Ma lo scenario non è privo di sbocchi alternativi. I miliardi di euro in avanzo, frutto delle politiche deflazionistiche dell’Ue, possono essere indirizzati o verso gli Usa (la Federal Bank ha alzato i tassi di interesse) per finanziare il debito statunitense, o accogliere il richiamo delle sirene cinesi in investimenti produttivi volti a realizzare i collegamenti marittimi e terrestri della nuova “via della seta”, senza dimenticare poi che anche la Russia ha in previsione investimenti infrastrutturali per una cifra di oltre 900 miliardi di dollari (più o meno tripla rispetto a quella prevista dal piano Juncker). L’Europa, quindi, come campo di battaglia fra le due grandi concorrenti Usa e Cina.

Riferimenti bibliografici. Utili elementi di analisi sono rintracciabili in articoli apparsi nelle seguenti riviste e relativi siti: http://www.contraddizione.it/; https://rivistacontraddizione.wordpress.com/; http://contropiano.org/; http://www.resistenze.org/; http://www.marx21.it/; per quanto riguarda le convenzioni Ilo cfr. http://www.ilo.org/rome/risorse-informative/servizio-informazione/norme-del-lavoro-e-documenti/lang--it/index.htm; per una posizione favorevole al Ttip cfr. www.parlamento.it/.../file/.../83_IAI_Partenariato_transatlantico.pdf

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Roberto
Saturday, 16 January 2016 12:08
Ottima analisi
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