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Lo Stupro di Timor Est: ”Sembra Divertente”

di John Pilger

mappa indonesiaAlcuni documenti segreti saltati fuori dagli Archivi Nazionali Australiani ci danno la possibilita’ di dare un’occhiata al come uno dei piu’ grandi crimini del Xxmo secolo fu eseguito e tenuto nascosto. I documenti ci permettono anche di capire come e per chi il mondo funziona.

I documenti si riferiscono a Est Timor, al giorno d’oggi chiamata anche Timor-Leste, e furono scritti da diplomatici dell’ambasciata Australiana di Giacarta. La data era Novembre 1976, meno di un anno dopo che il dittatore Indonesiano Generale Suharto si era impossessato di quella che allora era una colonia Portoghese nell’isola di Timor.

It terrore che ne segui’ ha pochi paralleli: neanche Pol Pot riusci’ a assassinare, proporzionalmente, cosi’ tanti Cambogiani quanti ne uccisero Suharto e i suoi colleghi generali a Est Timor. Massacrarono quasi un terzo della popolazione che allora contava quasi un milione di persone.

Questo fu il secondo olocausto di cui Suharto si rese responsabile. Un decennio prima, nel 1965, Suharto si impadroni’ del potere in Indonesia in un bagno di sangue che porto’ alla morte di piu’ di un milione di vite umane. La CIA riporto’:” In termini di numero degli uccisi, i massacri costituiscono uno dei peggiori assassinii di massa del XXmo secolo”.

Questo venne salutato sulla stampa Occidentale come “un raggio di luce in Asia” (Time). Il corrispondente della BBC nel Sud-Est Asiatico, Roland Challis, descrisse piu’ tardi l’occultamento dei massacri come un trionfo della complicita’ dei mass media e del silenzio; la “linea ufficiale” era che Suharto aveva “salvato” l’Indonesia dal sopravvento comunista.

“Certo, le mie fonti Britanniche conoscevano il piano Americano”, mi disse, “C’erano cadaveri che galleggiavano e venivano spinti sui prati del consolato Britannico a Surabaya, e le navi da guerra Britanniche scortarono una nave piena di truppe Indonesiane, che andavano a prender parte in questo terribile olocausto. Fu solo molto piu’ tardi che apprendemmo che l’ambasciata Americana forniva (a Suharto) le liste dei nomi delle persone, spuntandoli quando venivano massacrati. Vedete, c’era un accordo. Il Fondo Monetario Internazionale (dominato dagli USA) e la Banca Mondiale furono parte del processo mentre instauravano il regime di Suharto. Questo era l’accordo”.

Io ho intervistato molti sopravvissuti del 1965, incluso il famoso scrittore Pramoedya Ananta Toer, che fu testimone della sofferenza epica e “dimenticata” in Occidente perche’ Suharto era il “nostro uomo”. Un secondo olocausto a Est Timor, ricca di risorse, una colonia indifesa, era quasi inevitabile.

Nel 1994 io filmai clandestinamente a Est Timor occupata; trovai una terra di croci e un dolore indescrivibile. Nel mio film, Death of a Nation (Morte di una Nazione Ndt), c’e’ una sequenza girata a bordo in un aereo Australiano che volava sopra il Mare di Timor. C’era una festicciola in corso. Due uomini con vestito e cravatta stanno brindando con champagne. “Questo è davvero un momento storico”, farfuglia uno dei due, “è davvero, unicamente storico”.

Era il ministro degli esteri Australiano, Gareth Evans. L’altro uomo è Ali Alatas, il portavoce principale di Suharto. Siamo nel 1989 e queste persone stanno facendo un volo simbolico per celebrare l’accordo piratesco che essi chiamarono “trattato”. Il trattato diede la possibilita’ all’Australia, alla dittatura di Suharto e alle compagnie petrolifere internazionali di dividersi il bottino delle risorse petrolifere e del gas naturale di Est Timor.

Grazie a Evans, l’allora primo ministro dell’Australia, Paul Keating - che considerava Suharto come una figura paterna - e un gruppo di criminali che allora guidava la politica estera Australiana, portarono l’Australia a distinguersi come l’unica nazione occidentale che riconobbe la conquista genocida di Suharto. Il premio, disse Evans, fu “ziliardi” di dollari.

Alcuni membri di questa gang malavitosa sono riapparsi qualche giorno fa in documenti trovati negli Archivi Nazionali da due ricercatori dell’Universita’ di Monash a Melbourne, Sarah Niner e Kim McGrath. Con i loro manoscritti, i rappresentanti ufficiali del Dipartimento degli Esteri deridono i rapporti di stupro, tortura e le esecuzioni degli Est Timoresi da parte delle truppe Indonesiane. In note scribacchiate su un memorandum che si riferisce alle atrocita’ in un campo di concentramento, un diplomatico scrisse: “sembra divertente”. Un altro scrisse: “sembra che la popolazione sia in visibilio”.

Un altro diplomatico, riferendosi a un rapporto della resistenza Indonesiana, il Fretilin, che descrive l’Indonesia come un invasore “impotente”, sogghigno’ :”Se il nemico e’ impotente, come descritto, com’e’ che stanno struprando la popolazione giorno dopo giorno? O e’ il primo il risultato del secondo?”

I documenti, dice Sarah Niner, sono “un’evidenza vivida della totale mancanza di empatia e preoccupazione per gli abusi dei diritti umani a Est Timor” nel Dipartimento degli Esteri. Gli archivi rivelano che questa cultura di copertura e’ strettamente legata alla necessita’ da parte del Dipartmento degli Esteri di riconoscere la sovranita’ Indonesiana su Est Timor per poter iniziare i negoziati sul petrolio nel Mare di Est Timor.

Questa era una cospirazione per rubare il petriolio e il gas di Est Timor. Nell’Agosto 1975, in rapporti diplomatici fatti filtrare al pubblico, l’Ambasciatore Australiano a Giacarta, Richard Woolcott, scrisse a Canberra:” Mi sembra che il Dipartimento [dei Minerali e dell’Energia] potrebbere essere interessato a chiudere la spaccatura nel confine marino concordato e questo potrebbe essere negoziato molto piu’ facilmente con l’Indonesia…che con il Portogallo o il Timor Portoghese indipendente”. Woolcott rivelo’ che egli era stato informato dei piani segreti Indonesiani per un’invasione. Egli mando’ un telegramma a Canberra chiedendo che il governo [Australiano] avrebbe dovuto “aiutare l’opinione pubblica in Australia a capire” per neutralizzare le “critiche dell’Indonesia”.

Nel 1993 io intervistai C. Philip Liechty, un ex ufficiale operativo senior della CIA nell’ambasciata a Giacarta durante l’invasione di Est Timor. Egli mi disse:

”Suharto ricevette il segnale verde [dagli USA] per fare cio’ che fece. Noi gli facemmo avere tutto cio’ di cui aveva bisogno [dai] fucili M16 [al] supporto logistico militare … forse 200.00 persone, quasi tutti non combattenti, morirono. Quando le atrocita’ cominciarono a venire a galla nei rapporti della CIA, noi li coprimmo fino a quando fu possibile; e quando non poterono piu’ essere occultati, allora furono riportati annacquati, in modo molto generico, cosi’ che anche le nostre fonti furono sabotate”.

Chiesi a Liechty che cosa sarebbe successo se qualcuno avesso parlato.” La sua carriera sarebbe finita,” mi rispose. Egli disse che la sua intervista con me era un modo per togliersi il peso sullo stomaco per “quanto sto male”.

La gang dell’ambasciata Australiana a Giacarta sembra non aver sofferto di questa angoscia. Uno degli scribacchini dei documenti, Cavan Hogue, disse al Sydney Morning Heral: ”Sembra la mia calligrafia. Se feci un commento come quello, dato che sono un cinico bastardo, lo avrei fatto certamente con uno spirito di ironia e sarcasmo. Si tratta del comunicato stampa [del Fretilin], non dei Timoresi”. “Hogue disse che ci furono atrocita’ da tutte e due le parti”.

Come uno che riporto’ e filmo’ l’evidenza del genocidio, trovo quest’ultima affermazione particolarmente profana. La “propaganda” del Fretilin che egli deride, era accurata. Il rapporto delle Nazioni Unite che fu scritto piu’ tardi su Est Timor descrisse migliaia di casi di esecuzione summaria e violenza contro le donne da parte delle forze speciali Kopassus di Suharto, molti dei quali erano stati addestrati in Australia. “Stupro, schiavismo sessuale e violenza sessuale erano gli strumenti usati e parte della campagna intesa a infliggere un’esperienza durissima di terrore, sentimenti di impotenza e di assenza di speranza in coloro che supportavano l’indipendenza”, dissero le Nazioni Unite.

Cavan Hogue, il clown e “cinico bastardo”, fu promosso all’incarico di ambasciatore senior e eventualmente ando’ in pensione con una pensione molto generosa. Richard Woolcott fu promosso a capo del Dipartimento degli Esteri a Canberra e, mentre in pensione, continuo’ a tenere conferenze come un “intellettuale diplomatico di grande rispetto”.

I giornalisti furono trattati molto bene all’ambasciata di Giacarta, in particolare i dipendenti di Ruper Murdoch, che controlla quasi il 70 per cento della stampa della capitale Australiana. Il corrispondente di Murdoch in Indonesia era Patrick Walters, che descrisse come “grandiose” le “vittorie economiche” di Giacarta riportate a Est Timor, come pure lo sviluppo “ generoso” del territorio impregnato di sangue operato da Giacarta. Per quanto riguarda la resistenza Est Timorese, si trattava di una resistenza “senza leaders” e gia’ vinta. A ogni modo, “nessuno fu mai arrestato senza le procedure legali opportune”.

Nel Dicembre 1993, uno dei servitori veterani di Murdoch, Paul Kelly, allora capo editore del The Australian, fu nominato dal Ministro degli Esteri Evans all’Istituto Australia-Indonesia, un’agenzia fondata dal governo Australiano per promuovere gli “interessi comuni” di Canberra e della dittatura di Suharto. Kelly porto’ un gruppo di editori di quotidiani Australiani a Giacarta per un’udienza con l’assassino di massa. C’e’ una fotografia che mostra uno di questi personaggi che si inchina.

Est Timor ottenne la sua indipendenza nel 1999 con il sangue e il coraggio della sua gente. Questa democrazia piccolissima, fragile fu immediatamente soggetta a una campagna di bullismo senza interruzione da parte del governo Australiano che cerco’ di manovrare i proventi del petrolio e del gas marino di Est Timor al di fuori della sua proprieta’ legale. Per forzare la questione, l’Australia si rifiuto’ di riconoscere la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia e della Legge del Mare e cambio’ in maniera unilaterale i confini marittimi a suo favore.

Nel 2006 si raggiunse finalmente un accordo, firmato in stile mafioso, basato in larga parte sui termini dettati dall’Australia. Appena dopo, il Primo Ministro Mari Alkitiri, un nazionalista che si era opposto a Canberra, fu deposto in quello che venne descritto come un “tentato golpe” da parte di “gente di fuori”. I militari Australiani, che mantenevano truppe per “la pace” a Est Timor, avevano addestrato i nemici di Alkitiri.

Nei 17 anni da quando Est Timor ha ottenuto l’indipendenza, il governo Australiano si e’ preso circa 5 miliardi di dollari derivanti dai guadagni dal petrolio e dal gas - soldi che appartengono al suo vicino poverissimo.

L’Australia e’ stata definita “il vice sceriffo” degli Usa nel Pacifico del Sud. Un uomo con la stella e’ Gareth Evans, il ministro degli esteri che fu filmato mentre alzava la sua coppa di champagne per un brindisi per il saccheggio delle risorse naturali di Est Timor. Oggi Evans e’ uno zelota che trotta per il mondo per promuovere un nuovo tipo di commercializzazione della guerra, conosciuto come “RTP” o “Responsabilita’ di Proteggere”. In qualita’ di co-direttore di un “Centro Globale” basato a New York, egli dirige un gruppo di lobby, spalleggiato dagli USA, che spinge la “comunita’ internazionale” ad attaccare nazioni dove “il Consiglio di Sicurezza rifiuta una proposta o non si impegna a metterla in pratica in un tempo ragionevole”. L’uomo giusto per l’incarico giusto, come i Timoresi dell’Est potrebbero dire.

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