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cambiailmondo

La nuova guerra dell'oppio della narco NATO

Afghanistan 2001-2016

di Vittorio Stano

oppio guerraQuando verrà scritta la storia della guerra in Afghanistan, il sordido coinvolgimento di Washington e dei militari della NATO nel traffico di eroina, e la loro alleanza con i signori della droga, sarà uno dei capitoli più vergognosi.

Continua sine die la presenza militare e paramilitare, così come continua la produzione industriale di oppio e di eroina. L’Afghanistan, uno dei paesi più poveri al mondo, aveva subito nel 2001 l´aggressione occidentale per impossessarsi del lucroso business dell’oppio e dell’eroina. Due anni dopo toccò all’Irak, aggredito e devastato per impossessarsi del petrolio. La retorica occidentale mainstream ha continuato negli anni a parlare di guerra umanitaria, peace keeping, state building, esportazione della democrazia, enduring freedom-libertà duratura, sostegno risoluto: tutte chiacchiere.

Dal fondo melmoso emerge in tutta evidenza la connivenza delle forze d’occupazione americane e alleate con il business dell’oppio e dell’eroina, in nome di una cinica scelta di realpolitik. Una spregiudicata strategia, orchestrata dalla CIA secondo una pratica operativa attuata fin dalla sua nascita, che ha provocato il boom della produzione  di oppio afgano e del traffico internazionale di eroina, con il coinvolgimento degli stessi militari alleati, italiani compresi. *(1)

Da “Enduring Freedom”, partita il 7 gennaio 2001 con l’occupazione del paese, siamo arrivati oggi a “Sostegno Risoluto”. Le operazioni sul territorio hanno provocato oltre 170mila morti e 180mila feriti gravi e una spesa ufficiale, solo negli USA, di 830 miliardi di dollari (oltre 40 volte il PIL dell’Afghanistan), piú altre spese non registrate. Se sommiamo i costi afgani a quelli sostenuti in tutte le altre operazioni militari USA dal 2001 al 2016 in Irak, Libia, Siria e altri paesi, la spesa ufficiale zampilla a 3.700miliardi di dollari. Aggiungiamo ancora gli impegni futuri, come l’assistenza ai veterani, la spesa arriva a 4.800 miliardi di dollari.

Una classe dirigente indegna ha preferito fare la guerra e non investire quei soldi nel welfare del proprio paese. Questo ha aumentato la povertà in loco e portato alla disperazione i popoli aggrediti, bombardati, depredati e beffati. L’Europa ha dato la sua adesione alle missioni americane con copertura NATO. Non riesce ancora a chiamare queste col proprio nome: guerre neocoloniali.

In Afghanistan l’Italia partecipa con uno schieramento di militari a Herat e Kabul. Nel quadro della stessa strategia USA/NATO l’Italia è impegnata in 27 missioni in 19 paesi. Le nostre forze armate devono mantenere la capacità di imporre la volontà degli USA a qualsiasi avversario, inclusi stati ed entità non-statali, così da cambiare il regime di uno stato avversario od occupare un territorio straniero finché gli obiettivi strategici statunitensi non siano realizzati. Ecco le ragioni della guerra in Afghanistan!

Il libro inchiesta “Afghanistan 2001-2016 – La nuova guerra dell’oppio” del bravo e coraggioso giornalista Enrico Piovesana, inviato di Peace Reporter, testata giornalistica dell´ONG Emergency, di Gino Strada,  illumina i retroscena di questa guerra crudele e devastante. La produzione di oppio durante il governo talebano era scesa da 3.276 tonnellate del 2000 a 185 tonnellate del 2001. Nel 2002 i signori della guerra/signori della droga “regalano” all’Afghanistan, con la gentile collaborazione dei militari USA/NATO, il monopolio a livello mondiale:  3.400 tonnellate (dati delle Nazioni Unite).

La produzione sale di anno in anno, fino al picco di 7.400 tonnellate nel 2007. Nel 2014 il primato mondiale è saldo nelle mani dei signori della droga afgani con 6.400 tonnellate. Il calo registrato nel 2015 non rappresenta un’inversione di tendenza, ma solo una battuta d’arresto dovuta a una minore produttività delle piantagioni (scesa da 28,7 kg per ettaro nel 2014 a 18,3 kg nel 2015; nel 2009 era di 56 kg) causata da siccità e depauperamento dei terreni dopo anni di sfruttamento intensivo continuativo. Inoltre, l’eccessiva produzione aveva fatto crollare i prezzi a livelli non più convenienti per i produttori. La conseguenza è oggi una nuova epidemia globale di tossicodipendenza che miete silenziosamente centomila vite umane ogni anno, soprattutto in Europa e in Russia.

In Afgahanistan un’epidemia di tossicodipendenza è dilagata nel giro di pochi anni, di pari passo con l’aumento della produzione di oppio. Prima del 2001 l’eroina non veniva raffinata in loco, quindi non era disponibile sul mercato interno. Tra il 2005 e 2009 gli oppiomani sono aumentati del 53% e gli eroinomani del 140%. Se a questi aggiungiamo i tossici non censiti che vivono nei villaggi delle zone rurali, dove risiedono i 3/4 della popolazione afgana, ipotizzando un trend di crescita analogo anche negli anni successivi, il fenomeno assume dimensioni spaventose. Il coinvolgimento delle autorità afgane nella produzione di oppio e nel traffico d’eroina è sempre più pesante. Alcuni fatti eclatanti, ma di vita quotidiana afgana:

– i braccianti delle piantagioni di papavero scioperano per ottenere un giusto salario e chiamano in causa il governatore della loro regione, che interviene per non compromettere il raccolto dell’anno;

– la polizia invece di contrastare la produzione e il traffico di droga, chiede il pizzo per voltarsi dall’altra parte e addirittura smercia e raffina l’oppio sequestrato invece di distruggerlo;

-i governatori delle regioni proteggono gli interessi dei produttori di droga;

– diversi coltivatori di papaveri sono tenutari di terreni in concessione statale;

– la corruzione politica, con relativo arricchimento con i proventi della droga, arriva fino nella famiglia Karzai. Il fratello del presidente è un noto narcotrafficante.

L’Afghanistan è un sistema marcio dalle fondamenta fino ai livelli più alti che sfrutta la povertà dei deboli e si regge sull’impunità dei forti. Se i contadini di questo paese non morissero di fame, non sarebbero costretti a coltivare l’unica pianta che garantisce loro la sopravvivenza. Se i poliziotti non guadagnassero una miseria, non sarebbero spinti a prendere mazzette da coltivatori e trafficanti per tirare avanti. Questa situazione non cambierà finché i governanti afgani coinvolti nel business della droga ne trarranno vantaggio, protetti dai militari occidentali della narco-NATO.

I rapporti annuali prodotti dall’UNODC (agenzia antidroga delle Nazioni Unite) dimostrano che l’Afghanistan sotto occupazione USA/NATO ha raggiunto in pochi anni  quasi il monopolio globale della produzione di oppio e quindi di eroina (oltre il 90% fin dai raccolti del 2006-2007) e confermano che ogni anno, nel mondo, almeno 100mila persone muoiono a causa dell’eroina afgana a basso costo che ha invaso il pianeta, soprattutto in Europa e in Russia.

Solo nell’Europa occidentale i morti sono oltre 20mila all’anno. Tale catastrofico risultato non è il frutto di errori o sviste politiche dell’occidente, ma di una consapevole decisione presa dall’amministrazione Bush e portata avanti, con alcune modifiche, dall’amministrazione Obama. Dal 2001 la produzione è aumentata di oltre 40 volte. Un fatto senza precedenti che meriterebbe un dibattito politico. Come mai l’intervento militare occidentale in questo paese ha coinciso con un così forte aumento della produzione di droga?

Chi trae vantaggio da tutto questo? Sicuramente alcune grandi banche, sopravvissute alla crisi solo grazie ai capitali frutto del riciclaggio di narcodollari. Il 20 ottobre 2008 il quotidiano inglese The Guardian pubblica il resoconto di un incontro dell’Unione Interparlamentare di Ginevra e porta a conoscenza dell’opinione pubblica mondiale che la maggioranza della droga afgana viene trasportata in occidente attraverso tre aeroporti afgani sotto controllo della NATO.

Il 23.12.2007 il canale pubblico russo  Russia 1 accenna anche alla base Nato di Incirlick in Turchia come presunto scalo del traffico di eroina verso l’Europa. Nel febbraio 2008 l’emittente pubblica russa PrimoCanale pone l’accento sulla mafia albanese-kosovara e sulla base USA di Camp Bondstel, attorno alla quale si parla apertamente della droga che arriva dall’Afghanistan a bordo di aerei militari. Nell’agosto 2009, ai microfoni del network televisivo Russia Today, il generale Makhmut Gareyev, ex comandante delle forze armate della Repubblica Democratica dell’Afghanistan, quantifica perfino il guadagno per gli americani derivante dal narcotraffico di eroina: 50 miliardi di dollari l’anno.

Nel 2009 il direttore generale del dipartimento antidroga e anticrimine delle Nazioni Unite, Antonio Maria Costa, dichiarò al settimanale austriaco “Profil”, che il sistema bancario occidentale aveva superato la crisi del 2008 solo grazie alla liquidità derivante dal narcotraffico, stimata in quel momento attorno ai 350 miliardi di dollari. I proventi del narcotraffico sono attualmente l’unico capitale d’investimento liquido disponibile.

Nella seconda metà del 2008, la liquidità è stata ancora una volta il più grande problema del sistema bancario. I prestiti interbancari sono stati finanziati con i soldi originanti dal commercio di droga: ci sono stati segnali che alcune banche sono state salvate in questo modo. Tutti i principali istituti finanziari di Wall Street sono stati coinvolti, prima o poi, in scandali legati al riciclaggio di narcodollari: Bank of America, JP Morgan, Citigroup, Western Union, Wachovia e, sopra tutte, la HSBC (HongKong and Shangai Banking Corporation)*(2). Quest´ultima nel 2012 ammise di aver riciclato quasi un miliardo di narcodollari  e per questo pagò una multa senza alcuna conseguenza penale per i suoi amministratori.

E, non ultimo, l’ISIS che sta facendo del traffico di eroina afgana uno dei suoi principali canali di finanziamento nel contesto di una terza guerra mondiale non dichiarata, combattuta asimmetricamente con ogni mezzo criminale. Il 6.3.2015 il direttore dell’agenzia antidroga russa, Viktor Ivanov, ha denunciato che nel traffico di eroina afgana verso  l’Europa è entrato anche l’ISIS , ricavando profitti che si aggirano intorno al miliardo di dollari l’anno. La scioccante notizia è stata confermata da Tom Keating analista del Royal United Services Institute di Londra. Secondo l’esperto inglese il califfato punta sempre più su questo business per garantirsi un canale di finanziamento parallelo e alternativo a quello petrolifero, messo in crisi dai bombardamenti russi.

É un dato storico: tutte le guerre vengono combattute non per difendere la democrazia e la libertà dei popoli, bensì per tutelare interessi economici e politici di ristrette élite. Ma che tra questi interessi ci siano anche quelli legati al business della droga è inaudito e inconcepibile.


Note
*(1) militari italiani compresi: Quando gli eroi diventarono eroinomani, l’allora ministro della difesa LaRussa stese un velo pietoso sui militari italiani in Afghanistan.  Gli italiani non furono più informati sui piccoli-grandi commerci dei militari italiani con l’eroina afgana. Ma la puzza che lo scandalo emanava è arrivata fino a noi.
*(2): HSBC (Hong Kong and Shangai Banking Corporation). La guerra in Afghanistan può essere vista come una nuova guerra dell’oppio, una riedizione moderna e clandestina delle guerre anglo-cinesi del secolo XIX. Gli studiosi di storia economica sono ormai concordi nel riconoscere che nell’Ottocento l’egemonia economica mondiale dell’Impero britannico, la forza della sterlina e le fortune dei banchieri della City di Londra si basavano sugli enormi guadagni derivanti dal traffico illegale di oppio tra India e Cina. Questo business era gestito dalla potentissima British East India Company, prima multinazionale commerciale della storia, con licenza governativa di amministrare le colonie e di muovere guerra. E guerra fu, quando la Cina imperiale decise di bandire l’importazione di oppio britannico. Dopo aver vinto le due guerre dell’oppio (1839-1842 e 1856-1860), con il sostegno degli Stati Uniti, la Compagnia tornò a scaricare liberamente la sua droga nei porti cinesi, in particolare in quello della nuova colonia di Hong Kong guadagnata dalla guerra, e in quello di Shangai. Da allora in avanti il traffico di oppio, che alla fine del secolo avrà causato in Cina 100 milioni di morti, riprese a pieno ritmo grazie al sostegno finanziario di una banca appositamente fondata, nel 1865, da un consorzio dei principali trafficanti di oppio: la Hong Kong and Shangai Banking Corporation (HSBC). Questa è  oggi la seconda  banca del mondo.
L’uso dell’oppio era stato proibito in Cina fin dal 1729, ma la droga aveva continuato a essere consumata. Fu solo dopo il 1820, in seguito all’intervento occidentale nel mercato clandestino che l’oppio dilagò in Cina. La droga era prodotta nella regione indiana del Bengala dalla Compagnia  delle Indie. Veniva portata in Cina dagli agenti della Compagnia stessa e scambiata con oro, argento, seta e tè. Nel 1838 l’imperatore cinese cercò di far cessare l’importazione di oppio e interrompere così la diffusione della droga in Cina. L’opera di polizia del suo commissario a Canton fu tanto efficace quanto economicamente dannosa per gli inglesi. La reazione dell’Inghilterra al divieto d’importazione dell’oppio fu immediata: dichiarò guerra alla Cina.

Enrico Piovesana, Afghanistan 2001-2016. La nuova guerra dell'oppioArianna Editrice, 2016

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