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Donald Trump alla Casa Bianca: e ora?

di Moreno Pasquinelli

tsunami TrumpL'onda lunga che ha portato alla Brexit ha sospinto, con la potenza di uno tsunami, Donald Trump alla Casa Bianca. Un buon auspicio in vista del 4 dicembre. 

E' la sanzione, per certi versi spettacolare, che siamo ad un giro di boa della situazione mondiale.

Proprio dal centro dell'impero arriva il de profundis del ciclo della globalizzazione neoliberista. Arriva, questo de profundis, proprio dal luogo da dove esso, con Reagan, iniziò e s'irradiò per tutto il mondo, spazzando via l'Unione Sovietica, concimando la restaurazione del capitalismo in Cina, schiacciando i movimenti politici e sindacali dei lavoratori salariati.

E' già la fine della globalizzazione? E' già la sepoltura del neoliberismo? No, non lo è ancora, contrariamente a certe sentenze frettolose e superficiali che, a sinistra, già leggiamo questa mattina. 

Le potentissime forze oligarchiche che hanno tenuto in pugno le sorti del mondo per quattro decenni sono ancora tutte ai loro posti di comando: controllano le borse e le banche sistemiche, sono alla testa dei conglomerai finanziari e dei consigli di amministrazione delle più potenti multinazionali, tirano i fili delle università e dei think tank, spadroneggiano nel mondo della cultura e dell'informazione, hanno infiltrato gli Stati ed i loro apparati coercitivi.

Non abbandoneranno il campo e, ben al contrario, reagiranno con ogni mezzo per non essere spazzati via. La lotta intestina in seno ai dominanti diventa conclamata, e sarà prolungata, senza esclusione di colpi. Il countdown è solo iniziato.

Che in seno alle classi dominanti si apra questa battaglia è meglio o no per le forze popolari, democratiche, rivoluzionarie? Sì, è meglio, a patto che non commettano l'errore speculare di quello compiuto dalle sinistre occidentali e di mezzo mondo davanti all'avanzata neoliberista: l'errore, poi diventato un crimine storico, di essersi prima accodate e poi  candidate a rappresentare loro politicamente la modernizzazione globalizzatrice antipopolare.

Le élite mondialiste dominanti, per mezzo della loro schiera di giornalisti e intellettuali a loro libro paga, non nascondono costernazione e collera per la vittoria di Trump. Si deve provare ad immaginare quale sconquasso interiore le travolge. Queste élite inneggiavano sì al cosmopolitismo multinazionalista, ma hanno sempre considerato gli Stati Uniti la loro propria vera patria elettiva. Come dimenticare i loro inni salmodianti per la vittoria di Obama? In preda al panico ora questa intellighentia (vera e propria nomenklatura dei dignitari del pensiero), dopo la fase degli eleganti anatemi contro i "populismi", sta già passando all'artiglieria pesante, paventa e allude ai "rigurgiti fascisti dell'America profonda". Stendiamo un pietoso velo su certa estrema sinistra che accoglie la narrazione dei puritani del neoliberismo.

Che la fase globalista sia al suo travagliato tramonto, che questa tenda oggettivamente a riconsegnare agli stati nazionali il centro della scena, per noi non è una sorpresa. Controcorrente lo diciamo da anni. Che poi questa palingenesi avanzi politicamente nella forma dei populismi, anche questo lo avevamo detto e ripetuto. Noi siamo stati tra i pochi, invece che fare gli esorcismi, ad affermare che la partita politica del futuro si sarebbe giocata proprio nel contesto della rinascita degli stati nazione, del risveglio dei nazionalismi, più esattamente nel campo dei populismi.

In questo campo si vanno ammassando le classi popolari e proletarie falcidiate dalla crisi sistemica del capitalismo, le quali cercano disperatamente una via d'uscita. E' il nostro campo quindi. E' qui che si gioca la partita di domani, la partita della de-globalizzazione, dell'egemonia sul blocco sociale anti-oligarchico e anti-liberista: tra destre nazionaliste risorgenti, con tutte le loro pulsioni reazionarie e le loro fisime xenofobe, e nuove sinistre che faranno del patriottismo democratico, egualitario e antimperialista la loro bandiera.

Vedremo se sarà proprio negli Stati Uniti che assisteremo ai primi round di questa partita dove, a bene vedere, si avvertono già le doglie di una guerra di classe strisciante. O se invece sarà l'Europa, con l'inevitabile collasso dell'Unione, il luogo della grande battaglia. 

Ps
E' troppo presto per capire quale sarà la politica estera della Casa Bianca con Donald Trump. Seguirà, dopo il fiasco del neo-wilsonismo clintoniano, la scia di Bush, ovvero del rilancio di un imperialismo bellicoso in difesa del dominio monopolare a stelle e strisce? Oppure Trump incarna davvero la rinascita della tendenza all'isolazionismo americano, mix di protezionismo e interventismo militare mirato? 

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