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Grecia: cronaca di un default preannunciato

di John Weeks


In un qualche momento di questa prossima estate europea, alla fine, il governo greco si dichiarerà inadempiente per i suoi debiti in euro e cercherà di gestire una fuoriuscita dalla moneta unica. Questo non accadrà perché la gente lo vuole (anche se qualcuno lo vuole), né perché è la politica più saggia (non lo è). Fallimento e uscita accadranno perché non possono essere impediti.

C'è voluto più di un decennio per arrivare a questo risultato. Dopo una performance irregolare negli anni ’90, la crescita economica della Germania riunificata ha cominciato a calare durante i primi 5 anni del governo Schroder (Figura 1). In risposta a questo calo, il governo socialdemocratico si è imbarcato in una strategia di crescita basata sulle esportazioni. Questa strategia si appoggiava su un accordo con i sindacati per una restrizione dei salari reali, una riduzione della tutela dei lavoratori in modo da permettere salari più bassi in un mercato del lavoro segmentato, e dei sussidi de facto alle esportazioni attraverso incentivi fiscali.

Il tasso di crescita riprese a salire, con tre quarti della ripresa dovuta alla crescita delle esportazioni (Figura 2). La principale determinante di questa crescita delle esportazioni, anche questa volta influente per un tre quarti della variazione, era il costo di lavoro unitario, che è calato o è cresciuto poco (Figura 4). Una semplice moltiplicazione suggerisce che possiamo attribuire un quarto della performance di crescita della Germania alla politica di taglio dei salari reali (0.75 x 0.75 x 0.5 = 0.28 o 28%).

Un effetto collaterale, pianificato o no, del taglio dei salari è stato una bassa crescita delle importazioni in Germania, il che implica un crescente avanzo nella bilancia commerciale.


Figura 1: Crescita del PIL in Germania, 1009-2001


Figura 2: Variazione percentuale della crescita di esportazioni reali e crescita del PIL in Germania


Figura 3: Variazione percentuale della crescita di esportazioni reali e di costo di lavoro unitario nominale in Germania, 1999-2011


Figura 4: Variazione percentuale del costo di lavoro unitario nominale e del salario nominale in Germania, 1992-2011

Poiché la maggior parte delle esportazioni tedesche erano destinate ad altri membri dell'Unione Europea, una strategia basata sulle esportazioni in Germania implicava un aumento delle importazioni negli altri paesi. Nel 2000 la Germania aveva il saldo commerciale in attivo di 6 miliardi di dollari, e gli altri paesi dell'euro zona avevano, complessivamente, un avanzo commerciale di 33 miliardi di dollari (Figura 5). Due anni dopo entrambi gli avanzi commerciali erano cresciuti, a 92 e 77 miliardi rispettivamente. Poi è cominciata la strategia di crescita tedesca basata sulle esportazioni. All'inizio della crisi finanziaria, nel 2008, il saldo commerciale tedesco era salito a 227 miliardi, mentre quello degli altri era crollato a meno 95 miliardi (Figura 6). La politica impoverisci-il-tuo-vicino (“beg-thy-neighbor”) aveva fatto il suo corso artificioso.

La strategia di crescita del governo socialdemocratico, continuata con zelo dalla coalizione di Angela Merkel, non rappresentava altro che l'inizio di una crisi dell'euro. La crescente differenza tra le bilance commerciali passò da essere un problema a un disastro con lo scoppio della crisi finanziaria. Alla fine del decennio l'unica domanda era quale paese sarebbe stato colpito per primo. Sarebbe stata la Grecia, poiché era l'unico membro europeo ad avere sia un grande disavanzo commerciale che un grande disavanzo fiscale (quest'ultimo pari a più o meno il 7% del PIL nel 2007, salito al 10% nel 2008 e al 16% nel 2009).

A questo punto il successivo disastro europeo era in arrivo, anche se pochi lo riconobbero all'inizio. Come Cassandra non furono ascoltati. L'unica incertezza sul possibile esito sarebbe era determinare quando la Grecia sarebbe finita in default e uscita dall'euro.

Quando su verificò l'inevitabile insolvenza Greca nella prima metà del 2010, la naturale soluzione di breve periodo era di sospendere o emendare la carta della Banca Centrale Europea e fare acquistare a quest'ultima l'intero debito greco. Questo avrebbe evitato il disastro limitando il compito greco di aggiustamento della competitività commerciale. La triade composta dal governo tedesco, la BCE e l'FMI hanno scelto invece di imporre una politica di austerità che nessun governo avrebbe potuto implementare e, se implementata, avrebbe reso impossibile la gestione finanziaria del debito. Il default greco e l'uscita dall'euro erano ormai solo una questione di tempo.

Avendo mandato agli speculatori finanziari il chiaro segnale che non avrebbero garantito i titoli greci, il governo tedesco e la BCE, apparentemente non l'FMI, sono apparsi sorpresi dalla trasmissione della crisi a Italia, Spagna e Portogallo (generando l'acronimo “PIGS”). Ben lontano dal suggerire una riconsiderazione delle politiche adottate, questo cosiddetto contagio avrebbe portato ad una linea sempre più dura da parte di Berlino e Bruxelles (sostenute da seguaci minori e secondari come Austria, Francia, Olanda e Finlandia)

Quando il governo greco regolarmente eletto non fu in grado di implementare con successo l'impossibile, venne sostituito da uno non eletto, un evento senza precedenti nell'europa occidentale dalla seconda guerra mondiale. Il premio al governo greco per due anni di diligente tentativo di implementazione di un'austerità impossibile sarebbe stato il collasso economico e un debito pubblico oltre ogni possibilità di gestione (figura 7). Un debito pubblico che durante il periodo 2000-08 era stato di media il 115% del PIL sarebbe salito al 133% nel 2009, al 150% nel 2010, e al 165% entro la fine del 2011.


Figure 5: Saldo commerciale di beni e servizi, Germania e altri paesi europei, 2000-2011 (miliardi di dollari statunitensi)


Figura 6: Saldo commerciale di beni e servizi,dei PIGS, 2000-2011 (miliardi di dollari statunitensi)


Figura 7: Crescita del PIL e Debito Pubblico come percentuale del PIL, Grecia, 1996-2011

L'elemento finale per completare il disastro è arrivato in occasione dell'incontro del G8 e poi delle nazioni europee la settimana scorsa. La cancelliera tedesca ha riaffermato il suo rifiuto di considerare l'unica possibilità di evitare il default greco, l'immediata riduzione del debito attraverso “la cancellazione” o una rinegoziazione radicale delle scadenze. Avendo anticipato da lungo tempo questo rifiuto, le maggiori banche europee e specialmente quelle tedesche si sono preparate, principalmente aumentando la loro base di attività con del credito a basso costo dalla BCE. Una delle ironie del futuro default greco sarà che la creazione di credito da parte della BCE, apparentemente inteso per aiutare ad impedire il default, lo avrà in realtà facilitato.

Il 17 di Giugno ci saranno le elezioni in Grecia. Il successivo governo, se sarà possibile formarne uno, andrà in default (se i creditori non lo forzeranno prima delle elezioni). Se lasinistra forma un governo cercherà di gestire il default in maniera razionale. È possibile che leader stranieri come David Cameron insieme alla stampa finanziaria indurrà abbastanza paura nell'elettorato greco da riportare al governo i soliti sospetti. Se così fosse, il default sarà caotico in quanto la stessa combriccola continuerà la farsa della riduzione del debito pubblico sotto gli occhi attenti di Berlino E Bruxelles.

Una risposta sensibile all'insolvenza greca nel maggio del 2010 avrebbe potuto evitare il default; in effetti la possibilità non si sarebbe mai presentata. L'introduzione di euro bond comuni prima al massimo della metà del 2001 avrebbe posto fine alla crisi dell'euro e semplificato il problema greco di aggiustamento della bilancia dei pagamenti (sebbene sarebbe stato comunque necessario un aggiustamento minore). La settimana scorsa Angela Merkel avrebbe potuto aprire la riunione del G8 annunciando drammaticamente che il suo governo avrebbe immediatamente garantito il debito greco, supportato un euro bond comune, e riunito un meeting dei capi di stato europei per intraprendere una politica fiscale espansiva.

Nulla di tutto ciò è successo. Non c'era ragione per aspettarsi che venisse intrapreso nessuno di questi passi razionali. Il default greco e la sua uscita dall'euro sono disastri preannunciati, e su cosa succederà dopo si possono fare soltanto congetture.

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