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OCSE, Olli e Letta arretrano per prendere la rincorsa

L'euro verso la "soluzione finale"

di Quarantotto

Fresco di giornata questo articolo di Reuters intestato all'OCSE che, in realtà, riporta le ultime dichiarazioni di Padoan sulla situazione economica italiana e le politiche del nuovo governo.

Il suo contenuto è importante per capire come il PUD€ intenda mantenere la sua presa facendo le concessioni minime indispensabili per lasciare intatto il suo disegno: cioè l'euro, lo smantellamento "emergenziale" dello Stato sociale, la deflazione salariale.

Le "concessioni" saranno chiaramente il fulcro dei "buoni risultati", nel senso di un ingannevole "cambiamento di rotta" che sarà sbandierato dai media in modo da concedere il tempo al nuovo governo per rimuovere l'ostacolo più grande: la Costituzione.

Questa con la sua impalcatura di diritti fondamentali incentrati sulla tutela del lavoro, vede il pareggio di bilancio al suo interno come un corpo spurio incompatibile, inoculato come un virus distruttivo dalla logica dei trattati e dei suoi corollari, cioè il fiscal compact. Per ora.

Quindi nei prossimi mesi assisteremo al massimo sforzo congiunto della grancassa mediatica PUD€ per raccontarci: a) che la crisi è superabile e che l'euro è in sè, sostenibile, utilizzando con ragionevolezza...le regole disfunzionali e ideologicamente connotate che lo caratterizzano; b) che nel frattempo, la Costituzione deve comunque essere cambiata, perchè il paese ha bisogno di "ammodernamento" e nuovi principi istituzionali devono essere introdotti come indispensabili.


Il risultato sarà quello di adeguare definitivamente la Costituzione all'ideologia von Hayek, modulando le istituzioni costituzionali sull'idea che l'intervento dello Stato nell'economia sia da limitare in nome dell'efficienza del settore privato.

La filosofia del mutamento costituzionale, per compiere il quale è appunto indispensabile prendere tempo, sarà quella di spostare, come sempre, l'attenzione sulla ingegneria istituzionale, in nome della riduzione del numero dei parlamentari, dei "costi della politica" e dell'adeguamento di fondamentali istituti che sarà proposto, come un'apparente coerente conseguenza; anzi come rafforzamento della "tutela" di posizioni sociali, ma in realtà volto alla mera cosmesi, che dissimula la sua disattivazione, autonomamente derivante dai meccanismi di Maastricht di per sè.

Ma - e come vedrete Padoan conferma clamorosamente questa invariabile posizione- a che serve ammettere che le tasse sul lavoro e le imprese sono "eccessive" se non si ammette che l'euro causa un problema strutturale e irrisolto di debito privato, determinato da squilibri commerciali e crescenti asimmetrie di liquidità-debito-credito, cioè di competitività da differenziali di inflazione consolidati e inaggirabili senza trasferimenti?

Se la causa della crisi era il debito pubblico, a che servirà, nella loro stessa testolina, allentare i vincoli di bilancio se non ad aumentare i deficit e quindi, sempre secondo "loro", la pressione dei mercati?

E se questa è venuta meno senza che gli obiettivi di deficit siano stati raggiunti da alcuno dei paesi UEM (tranne guarda un pò la Germania), perchè continuare a predicare la riduzione dei deficit solo rallentata, se, secondo "loro", il problema nasce, fin da Maastricht e non dalla crisi del 2008, dal mancato rispetto di tali vincoli e parametri (ricordandosi del problema del debito solo dopo che i saldi target2 erano arrivati a pericolo di insolvenza)?

Perchè dopo che l'euro ha creato outputgap e stagnazione nei paesi con inflazione più alta, rendendoli disprezzati debitori, il semplice attenuamento delle stesse identiche politiche dovrebbe funzionare?

Perchè se l'euro implica geneticamente una politica economica che, a regime, peggiora la sostenibilità dei conti pubblici per minor base imponibile e compressione della domanda interna a carico dei salari, - solo facendolo in modo diseguale nei vari paesi, per tempi non coordinati, come invece imponevano i trattati -, un pò di spesa pubblica o di minor tassazione, in misura assolutamente insufficiente, dovrebbe attenuare questi effetti originari e strutturali di interdipendenza inevitabile delle economie nell'area UEM?


Padoan, senza alcun timore di smentire le sue precedenti prese di posizione (formalmente perchè nella sostanza le linee ideologiche di politica economica rimangono nel stesse), ci dice infatti:

L'Italia è adesso nella posizione di chiedere all'UE di allentare il target di deficit del paese. Con i tagli al bilancio accusati della recessione registrata per il secondo anno consecutivo nell'eurozona, anche il responsabile massimo dell'economia UE ha indicato che occorra più flessibilità sugli impervi obiettivi economici stabiliti.

Il nostro paese è vicino ad ottenere l'importante obiettivo della fine della procedura per deficiti eccessivo attivata al picco della crisi (quella in relazione al deficit 2011! ndr.). L'Italia è ora nella posizione di aggiungersi a quei paesi che possono ottenere un margine (di ritardo) riguardo ai limiti deficit/PIL.


Riferendosi alle politiche di Monti, come avvertite di essere responsabili di un rigore eccessivo che "avrebbe, secondo alcuni economisti" (!), acuito la recessione", Padoan ha detto, prosegue Reuters, che

"l'OCSE, da molto tempo un tifoso delle politiche economiche che hanno dettato la risposta di forte austerità dell'UE alla crisi del debito (!), sta chiedendo a Bruxelles di consentire all'eurozona un periodo di rinvio agli obiettivi di deficit per tenere conto della prolungata crisi...i targets devono essere rivisti al netto degli effetti della recessione e calcolati in termini strutturali. Ciò significa che l'Italia è attesa avere un deficit strutturale vicino all'equilibrio nel 2013".


A queste dichiarazioni di Padoan, Reuters fa seguire la chiosa:

(il primo ministro incaricato) "Letta ha detto mercoledì che l'UE è stata troppo focalizzata sull'austerità e ha fatto appello al parlamento italiano affinchè sostenga i suoi sforzi di riforma, incluso lo sforzo di convincere l'UE a cambiare la direzione della policy attuale."


Decisamente, c'è da aggiungere, la nouvelle vague in procinto di governo è in ottimi e tradizionali rapporti con l'OCSE.
 


La dichiarazione e i ragionamenti su Reuters ve li ho ampiamente riassunti, ma rimangono, anche in questa versione, un'ossessiva serie di parafrasi incentrate sullo stesso evidente concetto: prendere tempo senza rinunciare a una virgola dell'impostazione economica dei trattati.

Il fiscal compact, infarcito di regole contraddittorie e draconiane al tempo stesso, finisce in soffitta, rimosso per la sua evidente impraticabilità ma senza l'ammissione della incompetenza mostrata per averlo solo concepito.

Colpito da "desuetudo de facto", ovvero da "eccessiva onerosità sopravvenuta", ammessa ma non dichiarata formalmente, secondo la clausola di risoluzione dei trattati internazionali che si adegua al principio "rebus sic stantibus" (cfr; link citato paragrafo 4, sull'art.61 Convenzione di Vienna).


Si cambia strategia: prendere tempo, per adeguare le Costituzioni, in Italia, big player della situazione (anche se non piace ammetterlo, agli autodenigratori dal livore auto-diretto), ma non solo, mostrare che si fa una gigantesca ammujna riformistica, completamente irrilevante rispetto alla disfunzionalità della moneta unica, e infine assestare lo "stato delle cose", completando il disegno dell'Italia ridotta a "fabbrica cacciavite", a proprietà estera.


La inversione di marcia significa null'altro che il creditore deve essere più paziente e che si può ricominciare a seguire, come se niente fosse, il trend precedente alla crisi: i paesi debitori potranno solo avere più tempo per restituire il debito accumulato, ma ne accumuleranno presto dell'altro, inevitabilmente, per via del fatto che  i paesi "creditori" conservano il vantaggio dei tassi di cambio reale. Perchè non è pensabile che con una tale mera attenuazione degli obiettivi fiscali i "debitori" potranno perseguire una correzione della mancata crescita tutta a carico, via esportazioni, del "resto del mondo": che non è rimasto inerte a guardare e rilancia la crescita reflazionando e svalutando.

Insomma si torna alle politiche di "stillicidio" anteriori al 2011.

Solo che, accumulatosi il debito privato commerciale, sarà così più facile procedere alla svendita degli assets nazionali, in un clima più favorevole.

Il messaggio dei prossimi mesi sarà: vi stiamo risanando con la crescita (cioè la mera fine della recessione...nel 2014)  e l'occupazione (cioè la mera attenuazione dell'enorme numero dei disoccupati, "forse" nel 2014). E dunque, se questa è la logica - che verrà amplificata dai media come "ripresa"-, in essa risulterà "riforma" indispensabile, nel "vostro" interesse, procedere alle dismissioni e alle ulteriori privatizzazioni, magari in favore di "investitori esteri" che, bontà loro, fermeranno la deindustrializzaizione del paese.

Insomma il creditore, rinuncia realisticamente a ritenere che attraverso la leva fiscale, il debitore possa rimborsare mediante il suo flusso di reddito, e agisce smoothly per attaccare il suo patrimonio. Molto più semplice e pragmatico. E sempre senza incontrare resistenza.


Per compiere la colonizzazione talvolta bisogna arretrare: ma per prendere la rincorsa e fare un balzo in avanti ancora più grande.

Ps. In questo scenario, di preordinato e prolungato asservimento del paese a interessi stranieri, per come si sta puntualmente svelando, mi pare persino superfluo dolersi dello svuotamento di ogni senso della celebrazione del 25 aprile.

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