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orizzonte48

La "sorpresina" (di Angela): TTIP e accordi di cambio vincolanti

Dalla Grecia all'Argentina

di Quarantotto

59e0f98e11ce2f78e2073a15e2a373f02-300x1501. Avrei dovuto parlarne in chiusura del mio intervento alla London School of economics, ma non c'è stato il tempo. Mi riferisco al prevedibile destino della nostra c.d. "sovranità monetaria", ANCHE in caso di euro-break, ma nella futura e, sempre più probabile, prospettiva del TTIP, cioè del trattato free-trade tra Unione Europea e Stati Uniti (presumibilmente allargato a tutta l'area NAFTA, inclusiva di Messico e Canada).

Come abbiamo già visto in questo post, il "rilancio liberoscambista" può portarci fuori dall'euro ma, nella sostanza, farci naturalmente permanere nello stesso quadro di vincoli escludenti le politiche economiche sovrane previste dalla Costituzione, in vista della "stabilità dei prezzi" indispensabile nel quadro di competizione tra Stati connesso al free-trade, e dell'adozione di  un modello di mercato del lavoro strettamente funzionale a tale stabilità dei prezzi.

 

2. Il motivo per cui mi pare di scottante attualità parlare di questo argomento, sta in una recentissima dichiarazione della Merkel, che risulta altamente significativa circa le "intenzioni" dell'establishment UE relativo alla accelerazione nella direzione del TTIP. Cosa ha detto la Merkel, ieri 26 novembre 2014?

In sintesi (dalla altrettanto significativa fonte "Diario Las Americas):

"La cancelliera tedesca Angela Merkel, ha chiesto oggi all'Europa di sostenere le proprie economie, appoggiando i negoziati dell'UE per sottoscrivere un trattato di libero commercio transatlantico (noto come TTIP) per non ritrovarsi indietro a livello internazionale nella competitività."

 

3. Per farvi comprendere la cornice in cui i trattati inseriscono il TTIP e quello che ne conseguirà- e di cui parleremo in aggiunta a quanto detto a Londra-, mi dovrete perdonare ma dovrò riportarvi le norme del trattato

Queste risultano, come poche altre, piuttosto complicate (secondo la logica intrinseca del "non far capire", rammentataci da Amato), ma lo sforzo di lettura "guidata" è, in questo caso, più che mai utile (e se lo farete potrete anche scorgervi ulteriori aspetti che mi siano eventualmente sfuggiti).

La prima norma in rilievo è l'art.216 del trattato sul funzionamento dell'Unione (TFUE).

Ve lo riproduco ponendo in neretto le parti "autoesplicative".

"1. L'Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell'ambito delle politiche dell'Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell'Unione, oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la portata.

2. Gli accordi conclusi dall'Unione vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri."

 

4. Vediamo quale norma del trattato possa prevedere il TTIP e quindi la conclusione "autonoma" di un trattato da parte degli organi UE, direttamente vincolante per gli Stati (senza ulteriore intervento di ratifica ed esecuzione dei singoli parlamenti statali). 

Questa è l'art.207 TFUE, il cui tenore risulta direttamente applicabile al caso. 

Le parti in neretto ve lo faranno comprendere con immediatezza (ho pure sottolineato quello che, a mio parere, è l'oggetto probabilmente più incisivo in termini di modifica dei modelli costituzionali):

"1. La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi‚ in particolare per quanto concerne le modificazioni tariffarie‚ la conclusione di accordi tariffari e commerciali relativi agli scambi di merci e servizi, e gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale‚ gli investimenti esteri diretti, l'uniformazione delle misure di liberalizzazione‚ la politica di esportazione e le misure di protezione commerciale‚ tra cui quelle da adottarsi nei casi di dumping e di sovvenzioni. La politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione.

2. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure che definiscono il quadro di attuazione della politica commerciale comune.

3. Qualora si debbano negoziare e concludere accordi con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali, si applica l'articolo 218, fatte salve le disposizioni particolari del presente articolo.

La Commissione presenta raccomandazioni al Consiglio, che l'autorizza ad avviare i negoziati necessari. Spetta al Consiglio e alla Commissione adoperarsi affinché gli accordi negoziati siano compatibili con le politiche e norme interne dell'Unione.

Tali negoziati sono condotti dalla Commissione, in consultazione con un comitato speciale designato dal Consiglio per assisterla in questo compito e nel quadro delle direttive che il Consiglio può impartirle. La Commissione riferisce periodicamente al comitato speciale e al Parlamento europeo sui progressi dei negoziati.

4. Per la negoziazione e la conclusione degli accordi di cui al paragrafo 3, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

Per la negoziazione e la conclusione di accordi nei settori degli scambi di servizi, degli aspetti commerciali della proprietà intellettuale e degli investimenti esteri diretti, il Consiglio delibera all'unanimità qualora tali accordi contengano disposizioni per le quali è richiesta l'unanimità per l'adozione di norme interne.

Il Consiglio delibera all'unanimità anche per la negoziazione e la conclusione di accordi:

a) nel settore degli scambi di servizi culturali e audiovisivi, qualora tali accordi rischino di arrecare pregiudizio alla diversità culturale e linguistica dell'Unione;

b) nel settore degli scambi di servizi nell'ambito sociale, dell'istruzione e della sanità, qualora tali accordi rischino di perturbare seriamente l'organizzazione nazionale di tali servizi e di arrecare pregiudizio alla competenza degli Stati membri riguardo alla loro prestazione.

5. La negoziazione e la conclusione di accordi internazionali nel settore dei trasporti sono soggette al titolo VI della parte terza e all'articolo 218.

6. L'esercizio delle competenze attribuite dal presente articolo nel settore della politica commerciale comune non pregiudica la ripartizione delle competenze tra l'Unione e gli Stati membri e non comporta un'armonizzazione delle disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri, se i trattati escludono tale armonizzazione."

 

5. L'art.218, a sua volta, delinea una procedura che l'art.207 consente, come abbiamo visto di derogare, ma che in ultima analisi:

a)  include una "approvazione" del Parlamento europeo (che in effetti risulterebbe già nel caso  coinvolto, ancorchè l'art.207 parrebbe derogare a tale onere procedurale) (art.218, par.6);

b) consente al singolo Stato di opporsi alla conclusione del trattato (e della sua diretta vincolatività per gli Stati) facendo mancare l'unanimità e sottoponendo alla Corte di giustizia UE la questione della compatibilità del nuovo trattato commerciale con il quadro degli stessi trattati europei (art.218, parr.8 e 11). Esclusa dunque ogni eccezione relativa alla incompatibilità del nuovo trattato "commerciale" con le norme fondamentali delle rispettive Costituzioni.


Diciamo che il TTIP, con la sua importanza in termini di "quadro istituzionale specifico" che verrebbe a creare e per le sue "ripercussioni finanziarie", in specie legate alla "uniformazione delle misure di liberalizzazione" dovrebbe essere soggetto ad approvazione, e non mera consultazione, del Parlamento europeo e, presumibilmente - non è possibile dirlo a priori se non si conoscono gli esatti contenuti negoziati- ad una deliberazione all'unanimità.

Ma entrambe queste modalità approvative non paiono essere ostacoli "politicamente" insuperabili, data la confluenza di preventivo gradimento al TTIP, praticamente "a scatola chiusa", che già mostrano i nostri esponenti governativi e, come abbiamo visto, la stessa Merkel (il che non è poco...).

 

6. E' a questo punto che si colloca l'altro potere di conclusione di accordo "connesso" e, in un certo quadro, attuativo del TTIP stesso. Cioè la "sorpresina" di un assetto, questa volta monetario, già prevista dal Trattato e che, come vedremo, si può instaurare, con vincolo diretto a carico dei singoli Stati, indipendentemente dalla sopravvivenza dell'euro

Il punto è dunque importantissimo.

E lo troviamo regolato all'art.219 del TFUE:

"1. In deroga all'articolo 218 il Consiglio, su raccomandazione della Banca centrale europea o su raccomandazione della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea, nell'intento di pervenire a un consenso compatibile con l'obiettivo della stabilità dei prezzi, può concludere accordi formali su un sistema di tassi di cambio dell'euro nei confronti delle valute di Stati terzi. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo e secondo la procedura di cui al paragrafo 3.

Il Consiglio, su raccomandazione della Banca centrale europea o su raccomandazione della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea, nell'intento di pervenire ad un consenso coerente con l'obiettivo della stabilità dei prezzi, può adottare, adeguare o abbandonare i tassi centrali dell'euro all'interno del sistema dei tassi di cambio. Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo dell'adozione, dell'adeguamento o dell'abbandono dei tassi centrali dell'euro.

2. In mancanza di un sistema di tassi di cambio rispetto ad una o più valute di Stati terzi, come indicato al paragrafo 1, il Consiglio, su raccomandazione della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea, o su raccomandazione della Banca centrale europea, può formulare gli orientamenti generali di politica del cambio nei confronti di dette valute. Questi orientamenti generali non pregiudicano l'obiettivo prioritario del SEBC di mantenere la stabilità dei prezzi.

3. In deroga all'articolo 218, qualora accordi in materia di regime monetario o valutario debbano essere negoziati dall'Unione con uno o più Stati terzi o organizzazioni internazionali, il Consiglio, su raccomandazione della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea, decide le modalità per la negoziazione e la conclusione di detti accordi. Tali modalità devono assicurare che l'Unione esprima una posizione unica. La Commissione è associata a pieno titolo ai negoziati.

4. Senza pregiudizio della competenza dell'Unione e degli accordi dell'Unione relativi all'Unione economica e monetaria, gli Stati membri possono condurre negoziati nelle istanze internazionali e concludere accordi internazionali."

 

7. Allora, sempre "in deroga all'art.218, cioè con procedura semplificata (nei termini di cui al par.3), il Consiglio dei ministri UE:

a) può concludere accordi di cambio relativi all'euro - evidentemente, nel caso ciò sia necessario, ad es; per attuare un trattato commerciale con "terzi" che coinvolga solo l'area UEM; ovvero, -in base all'estensione che la norma implica per suo contenuto naturale-, anche nel caso che l'euro non sia più esistente come valuta comune (!), ma permanga una regolazione dell'area ex-UEM sostitutiva della moneta unica, in "successione" alla stessa

b) ovvero comunque può concludere "accordi in materia di regime monetario o valutario" con "uno o più Stati terzi o organizzazioni internazionali", anche al di fuori dell'area UEM e, in assunto, estesa a tutta l'UE.

Insomma, il TTIP ha già il suo complemento di (potere dell'UE di concludere un) accordo, DIRETTAMENTE VINCOLANTE PER I SINGOLI STATI UE (O UEM), avente ad oggetto i cambi con Stati terzi o organizzazioni internazionali (quale potrebbe configurarsi il TTIP). 

E ciò, va ribadito, sia che tale regime, monetario o valutario, risulti comune a più monete diverse che fossero riemettibili dai singoli Stati-membri UE dopo un'euro-break, sia che ciò riguardi una UE in cui, nel trattato TTIP, risultassero coinvolti sia paesi UEM e sia l'area UE non-UEM.

 

8. La cornice di tutto questo sta evidentemente nel mantenimento della "stabilità dei prezzi", priorità comunque assoluta e giustificante i contenuti di tale accordo di cambio con Stati terzi o organizzazioni; ne derivano tutti i ben noti corollari che ormai la vicenda dell'euro e del suo target inflattivo al 2%, ci hanno tangibilmente mostrato.

Ed infatti, il target inflattivo al 2%, è stato chiaramente voluto come asimmetrico, e quindi dotando la BCE di poteri per ridurre l'inflazione - mediante politiche monetarie restrittive di alti tassi, ma non anche di poteri per poterla riportare in su, in caso di deflazione (o inflazione sotto target), poteri che non possono consistere nella mera fissazione dei tassi. 

E ciò abbiamo imparato a capirlo negli ultimi anni, essendosi posto lo stesso problema che evidenziava Keynes riguardo alla crisi del '29, quando usava la metafora per cui di un sacchetto si può restringere l'apertura tirandone il filo, ma non si può ri-allargare la stessa spingendo tale filo...per un fatto fisico elementare.

In estrema sintesi, una volta che l'euro, - coi suoi enormi effetti di deindustrializzazione e di correzione di tipo "gold standard", cioè tesa a parificare i tassi di inflazione e gli squilibri commerciali agendo sul solo costo del lavoro-, ci ha posto nella condizione di "paese periferico"e strutturalmente indebolito, producendo gran parte dell'effetto Grecia di nostra rispettiva spettanza (a ognuno il suo, ma sempre con uno spettacolare rimodellamento verso il basso della forza economica e della coesione sociale), ci attende un quadro TTIP che, attuato in via di connesso accordo sui cambi, ci porrà in un peg col dollaro, ma sempre senza prevedere i famosi trasferimenti fiscali "federali" a correzione degli squilibri commerciali. 

Il tutto, evidentemente, e dovremmo averlo ormai imparato, significa prosecuzione del mercato del lavoro deflazionista interno e precarizzato o, in alternativa...l'Argentina.

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