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orizzonte48

Thatcher's touch: ma cosa manca ancora da realizzare?

Non basta (e avanza) l'euro?

Quarantotto

thatcher-reagan 2530415bOgni tanto qualche politico italiano, e anche qualche giornalista, in vena di "rinnovamenti" e proposte "vincenti", menziona la Thachter come modello per le politiche da adottare in Italia; naturalmente, per uscire dalla crisi.

Ad altri, l'accusa di thatcherismo viene invece mossa e cerca di negare, per la verità senza offrire spiegazioni sostanziali, di alcun tipo, rispetto alle accuse.

E' allora utile vedere un po' di dati relativi alla fantastica performance della lady di ferro.

Rammentiamo che ella fu primo ministro dal 1979 al 1990.

Vediamo come andò la crescita dl PIL:

 

thatcher-growth

Una perfomance non eccezionale, considerato il biennio iniziale di recessione e circa un paio d'anni per tornare ai livelli anteriori all'inizio delle sue politiche economiche.

Segue poi una certa crescita e, se vogliamo, un lascito recessivo conseguito alle vicende dello SME, cui il Regno Unito aveva improvvidamente aderito, finendo nel calderone della speculazione monetaria non meno dell'Italia. E ci finì, quindi, nonostante la flessibilità del lavoro e le privatizzazioni, che oggi ci vengono sbandierate come riforme strutturali, senza alternative, per uscire da una crisi a innesco monetario, cioè dovuta a squilibri commerciali (indebitamento privato, da correggere) connessi all'adozione della moneta unica.

La gran mossa della Thachter fu quella di distruggere il settore manifatturiero per spiazzare sui servizi l'occupazione desindacalizzata e, ovviamente, precarizzata

"Manufacturing jobs lost, but more service jobs created. A net of 1.6 million jobs were created under Thatcher. The manufacturing industry lost 1.9 million, while the services sector grew by 3.6 million"

thatcher-jobs

La disoccupazione complessiva fu opportunamente mantenuta  a un livello  tra l'enormemente e il rimarchevolmente più alto che nel periodo precedente (all'era Thatcher),  anche di fronte a periodi di relativa ripresa degli impieghi.

I livelli di disoccupazione non tornarono mai, in epoca Thatcher, a quelli antecedenti al suo irrompere al governo: tutt'al più si accontentò di "lasciare" quando tale tasso era ben al di sopra persino del dato sulla disoccupazione rilevabile negli anni della recessione (espansiva?), che si curò di provocare come prima "mossa" politico-economica. 

Notare, (v. grafico sotto), che in termini di disoccupazione, rispetto ai picchi anni '80, persino la crisi finanziaria post 2007 deve essere parsa agli inglesi un problema "minore".

Tra l'altro, per i nostri politici che volessero imitarla, "per risolvere la crisi", si può notare che già lo stanno facendo benissimo, visto che perdita di posti nel manifatturiero e livelli di disoccupazione al picco sono attualmente, grosso modo, coincidenti. Ma in Italia, il picco è stato non solo superato ma anche mantenuto ben più a lungo. Naturalmente, in nome dell'€uropa e della competitvità (mica possono fare tutto da soli!).

thatcher-unemployment

Inutile dire che l'ineguaglianza, - seguendo le politiche di privatizzazione, liberalizzazione e precarizzazione del lavoro-, crebbe in modo esponenziale. Una performance di "Gini" che rimane fondamentalmente la migliore tra quelle realizzate da Margaret:

thatcher-gini

Il bello è che disse che non si curava della distribuzione purchè, comunque, "ognuno stesse meglio di prima". Ma neppure questo corrispose alla realtà, che, more solito, fu nascosta dalla "doppia verità". Come oggi in Italia, riguardo alla Thatcher...come pure su tutto il resto. Una volta pagato l'affitto il povero, nel corso degli anni '80, era certamente più povero e la sua condizione non migliorò affatto (e non è che l'era Blair abbia poi migliorato le cose. Ma non può sorprendere):

thatcher-income

Ovviamente questi meravigliosi risultati di: a) crescita (spettacolare, no?); b) livelli (dis)occupazionali; c) distribuzione del reddito, si unirono al Grande Obiettivo, alla Missione Suprema che invocano praticamente tutti i partiti italiani: il taglio della spesa pubblica (in rapporto al PIL...e tralasciamo come e perchè questa non ebbe, com'è evidente, più alcun effetto redistributivo, e quindi di sostegno alla crescita: questo è un concetto troppo sofisticato da comprendere dai nostri propugnatori della spending-(cut)-review).

Notare che nel periodo iniziale di recessione la spesa su PIL aumenta (subito dopo un immancabile taglio iniziale!), sia perchè non cresce, anzi diminuisce, il PIL (ovvietà che sfugge ai nostri urlatori sulla "spesa pubblica mostruosa!"), sia perchè qualcosa bisognava pur fare per non far morire per strada i disoccupati, quasi triplicati in soli tre anni:

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Infine arriviamo all'inflazione

Se qualcuno avesse dei dubbi su come il calo dell'inflazione, - e i conseguenti tassi reali positivi che fanno tanto "stabilità finanziaria"...a carico pubblico-, siano legati a politiche che perseguano deliberatamente alta disoccupazione e tagli salariali, nonchè la riduzione della spesa pubblica, qui ne abbiamo un attestato inequivocabile:

thatcher-inflation

Certo nel finale, si è un pochino persa, ma ormai era un paese di servizi e il manifatturiero sventrato costringeva alla importazione, mentre il dollaro era piuttosto in ascesa...

A proposito, anche in Italia il prodotto del manifatturiero cala, - più che proporzionalmente che nel resto d'Europa!-, da quando c'è l'€uro, e salgono i servizi non-tradable deflazionati (elaborazione Commissione UE su dati Eurostat):

10000000000003700000023d781501af

 Increasing share of services in manufacturing sectors

10000201000003fd000002824fc21e17

 

10000000000003d100000196c71581a6

 

Sarà la Cina? Naaah, in effetti, se guardate bene, il manifatturiero tedesco ci ha guadagnato; e pure la Romania, se per questo. Chissà com'è...(Se può consolarvi, la Finlandia di Olli ha fatto peggio di noi).

Ma questo è un altro discorso. 

Quello che vorremmo capire è: ma tutti questi "nuovi e vecchi" leader, cosa esattamente vorrebbero realizzare di quanto fatto dalla Thatcher che non sia stato già ampiamente attuato?

Lasciatemi indovinare: tagliare la spesa pubblica e privatizzare.

Ma a tagliare la prima in recessione non ci riuscì neppure Margaret, come abbiamo visto, mentre quanto a privatizzazioni, non risulta che siamo secondi a nessuno.

TREMONTI: PRIVATIZZAZIONI, NEI MIEI 3 ANNI ITALIA DA RECORD

Però rammentiamo che: 

"...Alla luce di questi risultati e soprattutto della nostra pressione fiscale da record ci chiediamo che benefici abbiano portato le privatizzazioni della grande impresa pubblica.

La riduzione della presenza dello Stato nel sistema produttivo avrebbe dovuto rendere il Paese più efficiente e competitivo, arginare la spesa, migliorare i servizi, creare uno Stato che costasse di meno e ridurre il debito pubblico. Dal 1992 al 1999 le privatizzazioni hanno portato nelle casse dello stato 178.000 miliardi di lire (ai prezzi del 1992), ma vantaggi sulla nostra vita e su quella del Paese non si sono visti.

Il sistema produttivo e finanziario pubblico è passato ai privati. 

Lo Stato ha rinunciato al controllo sul settore bancario – assicurativo, su quello delle telecomunicazioni, dell’energia, della siderurgia, dell’editoria e su quello alimentare (vai QUI per maggiori dettagli), ma la nostra economia non ha ottenuto i miglioramenti sperati. La pressione fiscale che nel 1985 era il 33,6% del Pil nel 2000, raggiungeva il 42,2%. Non è aumentata né la produttività, né l’efficienza, né la competitività, e il debito pubblico ha continuato la sua corsa..."

 

ADDENDUM. Più sotto nei commenti, Bargazzino e Flavio sollevano e analizzano il profilo del legame tra crescita e boom del Brent scoperto nel Mare del Nord.

Per capire però gli effetti di una "terziarizzazione finanziaria deflattiva", con riduzione della spesa pubblica di sostegno all'economia "reale", dobbiamo sempre ricorrere alla verifica degli effetti sulle partite correnti del paese interessato

Dati dai quali si conferma che il valore aggiunto riviene sempre dal mantenimento di un nucleo manifatturiero la cui proprietà e la cui capacità di innovazione siano legate al "territorio" (inteso come controllo del processo interno alla comunità politica interessata).

L'articolo dice cose standard ma interessanti, evidenziando come solo recessioni e deprezzamenti della sterlina, con un certo prevedibile lag, hanno consentito sporadici saldi positivi, o un qualche miglioramento del deficit, in una società che cresce sui soli consumi. Insomma, il consumismo senza senso evidenziato da Rawls non paga neppure...

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