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orizzonte48

Da Keynes a Gramsci

Il filo della pace impossibile nell'internazionalismo dei mercati

di Quarantotto

Pag. 8 KeynesNozioni elementari, un tempo note e oggi del tutto dimenticate (nell'insegnamento scolastico e specialmente nelle Università):

 

1. C'è un articolo di Keynes assurto ormai a rinnovata fama, almeno nel recente, e non casuale, dibattito attuale legato a globalizzazione e federalismo liberoscambista imperniato sull'euro: "National Self-Sufficiency", originato da una conferenza tenutasi all'Università di Dublino il 19 aprile 1933, e pubblicato in varie riviste economiche anglosassoni e anche italiane (in Italia, nel 1933 e nel 1936, con il titolo "aggiustato" di "Autarchia economica", non si sa se dovuto al traduttore o alla "diplomazia" dello stesso Keynes; cfr; la ripubblicazione dell'articolo stesso nel libro J.M.Keynes "Come uscire dalla crisi", raccolta di scritti a cura di Pierluigi Sabbatini, pagg.93 e seguenti; sul punto del titolo italianizzato, v.nota * alla stessa pag.93). 

L'articolo non risulta disponibile in rete nella sua versione integrale e per la citazione di vari ulteriori brani rinviamo, ex multis, a questa fonte.

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keynesblog

Ancora sull’Helicopter Money

Money Rain o Money in a Bottle? Ovvero, Prince o i Police?

di Amedeo Di Maio e Ugo Marani* 

capire la politica monetariaI richiami alla teoria economica al tempo delle crisi paiono talora imprevedibili e fantasiosi; oggi, tanto per fare un esempio, il superamento di una recessione internazionale che si approssima al decennio di vita viene ipotizzato tramite il varo di misure del tutto radicali, così tanto da superare il pensiero keynesiano e approdare, come per incanto, al suo più tenace oppositore, Milton Friedman.

Paradosso di certo: si scava nel pensiero del più ostinato critico delle politiche keynesiane, anche quando il monetarismo sembra caduto in disgrazia, e si arriva, nel massimo del radicalismo corrente, a resuscitare l’immagine dell’elicottero che, volando sopra di noi, elargisce, per conto della banca centrale, moneta legale ai cittadini di un’economia depressa e afflitta da disoccupazione involontaria.

Supponiamo adesso che un giorno un elicottero sorvoli questa comunità e lanci 1000 dollari dal cielo, che, ovviamente, verrebbero frettolosamente raccolti dai membri della comunità. (Friedman, 1969).

L’intento della provocazione di Friedman in questo passo oggigiorno frequentemente ripreso dalla pubblicistica, specializzata e non, era molteplice:

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federicodezzani

Il sinistro scricchiolio delle banche: ultimo stadio dell’eurocrisi

di Federico Dezzani

crollo dei detriti di simbolo di architettura della banca 29944578La prima metà del 2016 è un lunga e sanguinosa mattanza borsistica per le banche italiane: Intesa SanPaolo -30%, Unicredit -40%, Banco Popolare -40%, Banca MPS -50%. E poi gli strascichi delle quattro banche “salvate” nel dicembre 2015, il clamoroso fallimento della ricapitalizzazione della Banca popolare di Vicenza, il timore del ripetersi di un flop simile per Veneto Banca e, soprattutto, l’incubo che qualche istituto “sistemico” imbarchi ancora un po’ d’acqua e coli a picco. Tutta colpa del “bail in”? Più che la causa, il “bail in” è la conseguenza della debolezza del sistema creditizio italiano: arrivati a questo punto dell’eurocrisi, l’infezione si è propagata dall’economia reale alle finanze pubbliche, sino ad infettare i bilanci delle banche. Berlino non ha nessuna intenzione di sobbarcarsi il costo di un salvataggio bancario e mette l’Italia di fronte alla scelta: scaricare le perdite su correntisti ed obbligazionisti o uscire dall’euro. Scenario, quest’ultimo, sempre più concreto.

* * *

Banche, la sentina dove confluiscono i liquami dell’eurocrisi

Mercoledì 11 maggior, mentre il Parlamento vota la fiducia al governo sul ddl che riconosce le coppie omosessuali (“una pagina storica” secondo Matteo Renzi), si consuma a Piazza Affari una giornata di passione: alla chiusura della borsa la tavolozza di colori è ricca di sfumature di rosso, dal vermiglio di Intesa San Paolo (-1,6%), al rosso porpora del Banco Popolare (-9%), passando per il rosso pompeiano di Unicredit (-3,7%).

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orizzonte48

Draghi e la trappola per scimmie (della Hazard Circular)

di Quarantotto

Monkey Trap1. L'ennesima, ma sempre più giustificata dall'attualità, spiegazione del pantano in cui ci ha ficcato la schiera delirante dei sostenitori della stabilità monetaria e quindi della stabilità deflazionistica dei prezzi, come garanzia della "crescita sostenibile", idea di Hayek e Einaudi, intrecciati tra loro nella costruzione €uropea fin dagli anni '40 del secolo scorso,  -  ce la fornisce il post odierno di Alberto Bagnai. Di cui riporto il passaggio che ci interessa per approfondire il discorso sul piano storico-economico e, naturalmente, istituzionale:

"Ovviamente Draghi così scarica la responsabilità del suo fallimento (da noi annunciato) sui governi che non fanno le "riforme strutturali" (parola per tutte le stagioni). Ma l'unico che governa nell'Eurozona è lui, perché lui tiene i cordoni della borsa. E così, dopo aver per anni fatto il poliziotto cattivo a beneficio del sistema finanziario (sappiamo dove sono finiti i soldi del "salvataggio" della Grecia), ecco che improvvisamente la sua gang si accorge che, ops, purtroppissimo le riforme che lei aveva chiesto abbassano i salari, e quindi riveste i panni del poliziotto buono: fate la deflazione, ma non abbassate i salari!

Ma che bella questa Banca centrale che improvvisamente, ora che la mia spiegazione della crisi dell'Eurozona è diventata mainstream, e ora che mi fanno dire sui media chi è il nemico politico della nostra prosperità e della nostra pace, scopre questa vocazione da Robin Hood: vuole lanciare soldi dagli elicotteri, si preoccupa del calo dei salari...".

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federicodezzani

Derivati di Stato, una rapina con molti basisti

di Federico Dezzani

derivatives businessmanDanno erariale da 3,8 €mld, violazione delle norme di contabilità generale dello Stato e subalternità alle banche d’affari: sono queste le accuse sollevate contro il Ministero del Tesoro dalla Procura regionale della Corte dei Conti del Lazio, nell’indagine sulla ristrutturazione dei derivati finanziari concordata nel 2012 tra Via XX Settembre e Morgan Stanley. Il caso è un edificante esempio della gestione dei derivati: il premier Mario Monti, ex-consulente di Goldman Sachs, ed il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, futuro presidente di JP Morgan per i mercati europei, esborsano, senza consultare l’avvocatura generale di Stato, una cifra miliardaria a Morgan Stanley, la cui filiale italiana è presieduta dall’ex-ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco. Sui derivati vige il massimo riserbo, perché parlarne significa indagare sui contratti capestro con cui l’Italia fu introdotta all’euro e sulle responsabilità di intoccabili come Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi.

* * *

Stipula il derivato e troverai il pozzo di San Patrizio…

C’è uno scabroso segreto sussurrato nei Palazzi romani: di tanto in tanto, come un fiume carsico, esce dalle ovattate stanze del Ministero del Tesoro e della Presidenza del Consiglio, affiora sulla stampa e poi si inabissa di nuovo nel silenzio più omertoso.

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effimera

Un nuovo Quantitative Easing for the people

di Marco Bertorello e Christian Marazzi

Pubblichiamo in anteprima un contributo di Marco Bertorello e Christian Marazzi sulla proposta di Quantitative Easing for the People, che a breve uscirà sulla rivista Alternative per il socialismo n. 40,  maggio-giugno 2016.  Dopo gli articoli di Andrea Fumagalli e di Christian Marazzi, continuiamo così il dibattito sulla politica monetaria europea e sulla possibilità di aprire una via alternativa che consenta di uscire dalle secche dell’austerity e dai vincoli imposti dalle oligarchie finanziarie. Ringraziamo Alfonso Gianni e Alternative per il Socialismo per averci consentito la pubblicazione

CApvdALUUAA9IyxPiaccia o no, le politiche monetarie sono state in questi anni l’unico vero antidoto messo in campo per arginare la crisi. Un vuoto della politica economica su scala internazionale colmato dall’attivismo dei banchieri centrali, a tal punto che la destra tedesca oggi critica l’eccessiva indipendenza della Bce! The Economist del 20 febbraio scorso si è chiesto però se ormai ai loro bazooka siano terminate le munizioni.  L’economia globale prima ha goduto di bassi tassi d’interessi, poi dei quantitative easing inaugurati dalla Fed e, da aprile, sulle orme della Banca centrale giapponese, la Bce ha rincarato la dose, aumentando gli acquisti mensili di titoli pubblici e privati e abbassando ulteriormente i suoi tassi negativi sui depositi bancari.

La scelta di dicembre della Fed di ridurre il proprio protagonismo “espansivo” iniziando ad aumentare i tassi sembra già archiviata a causa del perdurare della crisi economica globale. Il tentativo degli Usa di sottrarsi a questo meccanismo, grazie a una pur modesta crescita nazionale, ha immediatamente rafforzato il dollaro, facendo emergere nuovi segnali di sofferenza per l’economia americana, a partire dal suo manifatturiero. Non a caso a ogni risultato al di sotto delle attese nell’economia reale, Wall Street risaliva e il dollaro si indeboliva, in quanto si allontanava la fine della moneta facile. Decidendo di non dar seguito ad ulteriori aumenti dei suoi tassi d’interesse, almeno nel breve periodo, la Fed ha bloccato qualsiasi disallineamento nelle politiche monetarie, innescando di fatto una competizione tra svalutazioni monetarie per nulla rassicurante.

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sollevazione2

Un rattoppo chiamato Atlante

Leonardo Mazzei

20150217 bancheSpesso la finanza è immaginifica. E a volte ricorre alla mitologia. E' nato così «Atlante», che anziché portare l'intera volta celeste sulle spalle, come nella leggenda, questa volta dovrà occuparsi di mantenere in piedi il sistema bancario italiano. Non è detto che l'impresa si riveli più facile.

Ma che cos'è Atlante? Questa nuova creatura governativo-bancaria altro non è che un Fia (Fondo di investimenti alternativo), di natura teoricamente privata, dotato di una semplice (si fa per dire) mission: garantire la ricapitalizzazione degli istituti di credito in crisi, ripulire i bilanci degli stessi dal peso insopportabile delle sofferenze. In una parola, evitare il crac di buona parte del sistema bancario nazionale.

Insomma, dopo aver rimandato per anni gli interventi necessari, dopo aver subito la disastrosa regola europea del bail in, dopo aver incassato il nein euro-tedesco alla bad bank, la classe dirigente italiana (governo, Bankitalia, maggiori gruppi bancari, eccetera) ha partorito il gracile Atlante. Riuscirà questo fondo a raggiungere gli obiettivi dichiarati? Crederlo non è difficile, è praticamente impossibile.

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losmemorato

Piketty, gli manca solo il loden

di Luca Fantuzzi

mario monti 1Finalmente ho terminato la lettura de "Il Capitale nel XXI secolo" di Thomas Piketty.

Chi non l'ha fatto, comunque, può tranquillamente restare nell'ignoranza.

Il saggio ha mille difetti, il minore dei quali è quello di essere lungo poco meno della Bibbia, peraltro con risultati - si spera - assai meno profondi e duraturi: è tutto incentrato sul capitale, ma non prende mai in considerazione i capitalisti (per cui, sembrerebbe, si dovrebbero tassare allo stesso modo il professionista che si è fatto la villa alle porte di Roma e la casa al Circeo, l'imprenditore che possiede la maggioranza di una media azienda che fattura qualche milione di Euro all'anno, il manager che - giusto alla pensione - investe la liquidazione in strumenti finanziari); sospetta fortemente il debito pubblico - in base, par di capire, ad una concezione un po' aziendalistica dello Stato sociale -, ma non si interessa in alcun modo al debito privato (che è visto, in sostanza, come un "minor capitale"), né valuta in profondità gli effetti delle bilance dei pagamenti (d'altronde, per Piketty l'ottimo sarebbe un unico governo mondiale, anzi galattico); postula tassi di rendimento pressoché stabili nel tempo per il capitale (che, nel retro-pensiero dell'autore, è eminentemente finanziario: azioni, obbligazioni e titoli di Stato), senza però mai porsi il problema della formazione di quei tassi (sono per esempio totalmente assenti le dinamiche salariali, o le scelte normative in materia bancaria); annette importanza, nella riduzione della concentrazione patrimoniale nel secondo dopoguerra, alle sole imposte progressive, senza in alcun mondo considerare la le dinamiche salariali (rispetto alle quali, io guarderei questo); soprattutto, annacqua in affreschi anche di lunghissimo periodo fibrillazioni epocali derivanti da fondamentali eventi sociali, politici, legislativi (con esclusione, bontà sua, delle Guerre Mondiali).

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effimera

Borse e bolle: accumulazione finanziaria e speculazione sulla vita

di Andrea Fumagalli

bolla finanziaria1 274x234Dicono gli esperti di borsa che di solito il mese di gennaio è un mese favorevole per gli indici azionari. Ma si dice anche, secondo la tradizione popolare e le statistiche passate, che i giorni della Merla, gli ultimi tre di gennaio, siano i giorni più freddi dell’anno.

Beh, il mese di gennaio 2016 ha sicuramente rappresentato un’eccezione. Ma si tratta veramente di un’eccezione o invece sta avvenendo qualcosa, sia a livello economico che a livello meteorologico, che induce a pensare che siamo di fronte ad un fatto strutturale, alla conferma di un nuovo ciclo?

Sul piano meteorologico e ambientale, sono oramai tanti i segnali che ci indicano che la struttura ecologica si stia modificando in tempi relativamente brevi sotto l’influsso dell’avvento dell’antropocene.

Sul piano dell’analisi economica, nonostante i vari campanelli d’allarme, sono ancora molti gli economisti (quelli della scuola neoclassica, secondo la quale il sistema economico è rappresentato da un equilibrio economico generale, perfettamente razionale e quindi immutabile, o, di converso, quelli della scuola marxista più ortodossa secondo la quale i rapporti di sfruttamento tra le classi di oggi avvengono ancora con le modalità di quelli dell’Ottocento) che, nonostante il periodo di turbolenza e di crisi, credono che in fin dei conti nulla sia cambiato nelle leggi economiche e nei fondamentali.

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senzasoste

"Tanto non accade nulla"

Vertigine del potere della moneta, Unicredit banca europea più a rischio ed altre vicende

nique la police

"Voi banchieri siete un covo di vipere e ladri. Con l'aiuto di Dio, vi sconfiggerò" 
(Andrew Jackson, settimo presidente Usa, 1815)

"La verità è che la finanza è proprietaria del governo fin dai giorni di Andrew Jackson“
(F.D. Roosevelt, 1933)

klimt1201.

Nella ritualità dell'opposizione politica, qualunque veste questa assuma, la questione bancaria ricopre tre ruoli: quello dell'indifferenza, verso un fatto "tecnico", comunque risolvibile quando emergerà un qualche tavolo di trattativa sul problema; quello della protesta che cerca di evidenziare l'uso sacrificale dei risparmiatori nella crisi ma non indica verso quale sistema bancario si debba andare; quello del calcolo superficiale, quello del "tanto non accade nulla" perchè, in qualche modo, le banche sistemeranno il problema tra di loro appena sfiorando la politica.

Ognuno di questi ruoli è contenuto nel rituale di metabolizzazione della crisi bancaria da parte di ogni sorta di opposizione politica. Rituale che deve condurre, come tutti i riti, alla metabolizzazione ma non alla risoluzione del problema. Si parla di una opposizione che, qualsiasi sia l'atteggiamento o la colorazione che la caratterizza, conta su due elementi di fiducia: quello che vuole che l'allargamento della platea dei partecipanti alla democrazia deliberativa non sia un metodo ma una soluzione (di tutto, anche della crisi bancaria), quello che vuole la propria base sociale, o il settore di opinione pubblica di riferimento, magari in difficoltà oggi ma con un sicuro avvenire. Una volta allargata la platea dei partecipanti alle decisioni democratiche, s’intende.

E qui il problema non sta nello scoprirsi antidemocratici ma di indicare le attuali retoriche sulla democrazia taumaturgica come un atteggiamento di cui non si sa se è più fuori dal tempo o dallo spazio.

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blackblog

Dallo ZIRP al NIRP: l'ultimo lancio di dadi

La “saggezza” della banca centrale

di Michael Roberts

nirp5Il recente annuncio della Banca del Giappone (BoJ), che introdurrà un tasso di interesse negativo (NIRP) per le banche commerciali in possesso di riserve di contanti, è l'ammissione finale che la politica monetaria supportata dagli economisti ufficiali ed implementata a livello globale dalle banche centrali ha fallito.

Le principali armi di politica economica, usate a partire dal crac finanziario globale e della conseguente Grande Recessione al fine di evitare un'altra Grande Depressione come quella del 1930, erano state prima il tasso di interesse a zero (ZIRP), poi le 'non-convenzionali' misure monetarie del 'quantitative easing (QE)' (che incrementava la quantità di denaro con cui vengono rifornite le banche), che un anno fa o giù di lì avevano fissato al 2% l'obiettivo dell'inflazione. Si supponeva che lo ZIRP e una fornitura di denaro virtualmente illimitata (QE) avrebbero rilanciato l'economia globale, in modo che eventualmente il capitalismo e le forze del mercato avrebbero prevalso e avrebbero portato ad una 'normale' e duratura crescita economica e ad una più piena occupazione.

Ma QE e ZIRP hanno fallito nel raggiungimento del loro obiettivi di inflazione (e crescita).

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marxxxi

Italia 2016: la speculazione sulla fame

di Pasquale Cicalese

Ecofin banche«Vogliamo essere certi che il fondo abbia un fondamento stabile. Non siamo contrari, in linea di principio, ma è importante che si rispetti ogni passaggio per arrivarci. In primo luogo bisogna far convergere i diversi quadri legislativi dei Paesi, che influenzano enormemente sulla solvibilità di una banca e la solidità di un sistema bancario. Abbiamo bisogno di un diritto fallimentare unico. Inoltre dobbiamo rendere più solide le banche al livello nazionale, dunque adeguare il capitale delle banche alla presenza di bond sovrani». (Dombrert, Ecco le condizioni per il fondo europeo salva-risparmio. Intervista a Alfred Dombrert, Vice Presidente Bundesbank, Vice Presidente Vigilanza Bce, La Stampa 23 gennaio 2016).

“Di fondamentale rilievo la modifica al codice civile, nel quale, dopo l'art. 2929 è inserita la Sezione I-bis riguardante l'espropriazione di beni oggetto di vincoli d'indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito. In proposito, l'art. 2929-bis c.c. introduce una tutela rafforzata per il creditore in caso di pignoramento, grazie alla revocatoria semplificata. L'istituto introdotto dal d.l. in esame fa sì che il creditore ove si ritenga pregiudicato da una donazione, da un fondo patrimoniale, da un trust ovvero da un vincolo di destinazione in genere, possa iniziare l'esecuzione forzata indipendentemente dall'ottenimento di una sentenza dichiarativa d'inefficacia del trasferimento (cd. revocatoria)”. (www.altalex.com)

“Ma non dimentichiamo gli interventi importanti già fatti dal Governo per accelerare il recupero del credito. Perché alla fine il salto di qualità è proprio questo. Il recupero svelto è la condizione necessaria per lo smaltimento dei credit non performing, un veicolo ad hoc in grado di fare incontrare domanda e offerta sarebbe la classica ciliegina sulla torta”. (Giù le mani dalle banche italiane, Intervista a Carlo Messina, Amministratore delegato Intesa SanPaolo, MilanoFinanza 23 gennaio 2016).

***

Di questi tempi ti accorgi che ci vorrebbe Sbancor. Lui, che dall’ufficio studi della fu Capitalia seguiva i movimenti di capitale e scriveva note sugli indici borsistici. Peccato, sarebbe stato di fondamentale utilità di questi tempi.

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espresso

Derivati, nel 2016 il Tesoro perderà altri 5 miliardi

di Luca Piana

Il ministro Padoan risponde a un'interrogazione dei 5 Stelle. E si scopre che le perdite dello Stato sui prodotti ad alto rischio crescono sempre più. Vanificando gli effetti positivi sui conti del "quantitative easing" della Bce

image18Come se non ci fosse Mario Draghi. Come se la Banca centrale europea (Bce) non avesse mai lanciato il  “quantitative easing”, la massiccia manovra di sostegno all’economia dei Paesi dell’Eurozona. Come se i tassi d’interesse sul debito pubblico non fossero da tempo crollati in prossimità dello zero. È questo l’effetto paradossale che il Tesoro è costretto ad affrontare negli ultimi mesi a causa dei cosiddetti derivati sottoscritti negli anni passati con le banche internazionali, i cui contratti sono tenuti sotto stretto riserbo. In poche parole: mentre il debito pubblico costa allo Stato sempre meno in termini d’interessi, grazie agli interventi effettuati dalla Bce di Draghi, i derivati si stanno mangiando per intero o quasi i risparmi che ne dovrebbero venire, costringendo il Tesoro a un esborso crescente.

L’amara verità emerge dalla risposta che il ministero dell’Economia ha fornito il 22 dicembre a un’interrogazione presentata dal Movimento 5 Stelle. Nel documento gli uffici di Pier Carlo Padoan hanno messo per la prima volta nero su bianco alcune cifre destinate a far discutere. Hanno reso noto che nel 2015 i derivati sono costati al Tesoro un flusso negativo in termini di interessi di 3,6 miliardi. E hanno aggiunto che nel 2016 la spesa è prevista salire a 4,1 miliardi.

Quello appena iniziato, dunque, rischia di essere un anno durissimo su questo fronte della spesa pubblica. In una precedente interrogazione, Padoan aveva infatti rivelato che, su uno dei vari derivati, esistono clausole che entro il prossimo marzo daranno alla banca che l’ha sottoscritto la possibilità di chiuderlo, facendosi liquidare dal Tesoro una cifra stimabile oggi in 849 milioni.

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effimera

E’ possibile usare il capitale contro il capitale stesso?

Per un dibattito su finanza alternativa e moneta del comune

di Carlo Vercellone*

Fotolia 83646331 Subscription Monthly MIl potere della moneta e quello della finanza sono all’origine del capitalismo e in un certo senso ne esprimono l’essenza. Prima della rivoluzione industriale, i meccanismi d’accumulazione fondati sul potere della moneta e della finanza sono stati gli strumenti chiave alla base della cosiddetta accumulazione primitiva e del capitalismo mercantilista che si sviluppa tra il XVI e il XVIII secolo. Poi, con lo sviluppo del capitalismo industriale e della sussunzione reale, in particolare all’epoca fordista, il potere del capitale è parso cambiare di forma. Esso è sembrato poggiare principalmente sullo sviluppo delle forze produttive e sul controllo monopolistico della conoscenza detenuta dalla tecnocrazia manageriale delle grandi imprese.

In seguito alla crisi sociale del modello fordista e allo sviluppo di un’intellettualità diffusa, i rapporti di sapere e potere tra capitale e lavoro a livello dell’organizzazione sociale della produzione si sono rovesciati. Nel capitalismo cognitivo, la violenza della moneta e della finanza si presentano così nuovamente come la forma suprema del potere del capitale.

È su di esse (e non su un’egemonia fondata sul controllo della conoscenza e della tecnologia) che poggia la capacità del capitale di sottomettere la società del general intellect e di operare la cattura del valore creato dal lavoro a partire da una posizione di esteriorità rispetto all’organizzazione sociale della produzione. Al tempo stesso, perlomeno nei paesi a capitalismo avanzato, la logica della valorizzazione del capitale si fonda sempre meno sulla crescita delle forze produttive, ma piuttosto sulla creazione di una scarsità artificiale di risorse.

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marxxxi

La guerra valutaria nel nuovo ordine mondiale

di Filippo Violi e Pasquale Cicalese

o.140158“Non si deve essere confusi dai discorsi di istituzioni straniere: se loro dicono che lo yuan calerà non significa certo che debba accadere. Ci può essere chi cerca di realizzare profitti diffondendo una visione bearish sulla valuta per indurre le società domestiche e il pubblico verso il panico. Ma la Cina ha la determinazione e la capacità di difendere lo yuan dalla speculazione” Guan Tao, Capo Dipartimento Pagamenti Internazionali SAFE (State Administration of Foreign Exchange), citato da Stefano Carrer, E la Banca Centrale compra renminbi, Il Sole 24 Ore 12.01.2016.

“Alcune forze speculative stanno cercando di guadagnare giocando con il renmimbi ma tali attività di trading non hanno nulla a che fare con l’economia reale della Cina e hanno provocato fluttuazioni anomale”. Dichiarazione Ufficiale PBOC(People’s Bank of China) 7.01.2016, fonte www.advfn.com.

***

Lunedì 4 gennaio ore 06.00 in Italia. Le agenzie di stampa occidentali battono la prima notizia di giornata: grosso scossone in Cina nella prima seduta borsistica dell’anno. L’indice Composite di Shanghai (SEEC) crolla del 7%, lo yuan non fa più gola (come si dirà più tardi), e l’economia, rispetto alle previsioni di fine anno, rallenta, creando un forte terremoto finanziario. La divisa cinese perde d’improvviso il suo fascino, da moneta di traino dell’economia occidentale (scambi commerciali e investimenti produttivi in asset strategici), nuova di look per l’entrata nel paniere delle valute di riserva del FMI, diventa d’un tratto vulnerabile, debole, floscia, priva di slancio.