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orizzonte48

L'OCSE e l'illusione finanziaria al servizio dell'imminente neo-welfare bancario

(l'ingiustizia sociale, no?)

di Quarantotto

tasi 620x3501. Vi propongo un fresco indizio a pistola fumante:

Da http://www.independent.co.uk

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"I paesi sviluppati con maggiori disparità?? di reddito

Uno studio dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico dimostra come la disparità di reddito ostacoli la crescita economica e rovini il tessuto sociale.

 

Nel rapporto OCSE si vede come la differenza tra ricchi e poveri cresca sia in tempi di prosperità sia in periodi di crisi, e come i grandi gruppi si spartiscano i profitti maggiori lasciando poco o niente alle famiglie.

L’Italia si trova nella parte bassa della classifica, ma non tra i 10 stati peggiori, che sono, nell’ordine: Cile, Messico, Turchia, Stati Uniti, Israele, Regno Unito, Grecia, Estonia, Portogallo e Giappone."

2. E qui incominciano gli "avvertimenti" dell'Ocse.

Straovvia l'assenza di qualunque riferimento all'assetto del mercato del lavoro e alle politiche di contenimento del deficit pubblico, imposte a colpi di condizionalità e di trattati di libero scambio.

Per il Cile e per il Messico, come pure per gli Stati Uniti, abbiamo abbondantemente illustrato. 

Per il Portogallo rinviamo al "solito" grande Riccardo Seremedi e per il Giappone al dettagliato studio di Sofia (rammentiamo la "strana" assonanza tra il rapporto di lavoro "Arbaito" e il modello Walmart...).

Ma abbiamo anche visto come funziona nel Regno Unito sull'inerzia del para-welfare post Thatcher (in salsa iperfinanziaria blairiana). 

Sulla Grecia non c'è bisogno di spiegazioni: l'OCSE, denuncia qualcosa che pare implicare la "consueta" responsabilità delle politiche nazionali, senza alcun segno di pentimento e senso della realtà (a differenza del FMI, che, a sua volta, non ne trae le conseguenze). 

Insomma, la "condizionalità" per l'OCSE è un oscuro fenomeno estemporaneo, come un cambiamento climatico innescato da forze incontrollabili su cui è inutile spendere parole e additare meccanismi causali.

3. Infatti, arrivando sul pianeta giusto adesso, con un volo "last minute", e cercando "sotto il lampione", l'OCSE "constata e invita", come se nulla fosse: in pratica senza memoria alcuna di decenni delle sue prediche precedenti, sulle riforme strutturali, a cui certo non dedica alcun riferimento nè una rinuncia al considerarle la "soluzione":

"In cambio, la disparità influisce negativamente sul PIL: si vede, infatti, come nei 34 stati membri dell’OCSE l’aumento delle disuguaglianze tra gli stipendi dal 1985 al 2005 abbia causato un rallentamento della crescita complessiva, con una media di 4.7 punti percentuali in meno tra il 1990 e il 2010.

I ricercatori hanno messo i cosiddetti “paesi sviluppati” in una tabella in base alla differenza di reddito nella popolazione. L’OCSE sostiene che il rapporto non riguardi solo l’economia, ma anche la politica e il sociale.

L’Organizzazione ha invitato i leader mondiali ad adottare politiche contro la polarizzazione tra ricchi e poveri, contro le differenze di genere e la concentrazione dei grandi patrimoni.

“Introiti più bassi non permettono alle persone di realizzare il loro capitale umano, con ripercussioni negative sull’intera economia”, si legge nel rapporto dell’OCSE."

4. Perciò non si cresce e l'output-gap è spaventosamente evidente; ma per l'OCSE ciò non ha nulla a che fare, parrebbe, nè con le politiche fiscali nè col mercato del lavoro costantemente "consigliati" dall'OCSE medesimo; mentre l'invito a correggere le ingiustizie, si appunta contro i "grandi patrimoni", oltre a un fantastico invito al diritto cosmetico "contro le differenze di genere": di cui proprio non può scorgere la connessione coi tagli al welfare e la denatalità, finendo per caldeggiare "l'esercito industriale di riserva" aggiuntivo delle "in-quanto-donne"; e fingendo di ignorare che, col mercato del lavoro idolatrato dall'OCSE, l'allineamento di genere può solo andare nel senso dell'abbassamento retributivo per tutte/tutti, dato che predica "a tutte le genti", pur sempre, la massima flessibilità del lavoro in base alla sue irrinunciabili classifiche, ad indicatori ben calibrati.

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5. Alla fine della giostra, una volta ritradotto, il senso dell'invito è "tassate i grandi patrimoni": che poi sarebbe a dire, di individuarli, - in una società globalizzata a crescente indebitamento privato!-, in termini di basi imponibili a valori di mercato nazionali; cioè mediante tasse prelevabili solo sui patrimoni radicati nei territori e non debitamente occultati dalla liberalizzazione dei capitali e dallo shadow banking off-shore.

Ragion per cui, un vero ricco, spesso non figura come intestatario di nulla (o quasi, se non è uno sprovveduto), per le autorità fiscali di singoli Stati, "invitate", senza alternative serie e veritiere, a punire i pesci medi, e medio-piccoli; cioè coloro che, nelle neo-statistiche della ricchezza territoriale al ribasso, figureranno come parassiti che affamano il resto della società (pur costituendo in pratica una parte maggioritaria della società...già impoverita).

 

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6. Una tassazione patrimoniale che così pressantemente suggerita, farà accelerare oltretutto lo scoppio delle bolle immobiliari (e, ovviamente, non solo) innescate dal denaro facile riversato nel settore finanziario dalle "banche indipendenti".

Ma si tratta di prendere il malloppo, utilizzando gli Stati (obbedienti all'ordine internazionale dei mercati) e il moralismo dell'ingiustizia sociale (senza indicarne le cause), finchè si è in tempo: cioè, prima che si dissolvano i valori di mercato, comunque destinati al periodico sboom (in tutti i paesi ex avanzati, e assoggettati alle politiche supply-side della competitività, predicate dall'OCSE, dove i salari sostengono i consumi solo perchè "garantiscono" livelli di indebitamento insostenibili nel tempo, per ogni genere di beni: di consumo e patrimoniali veri e propri).

7. Tutto pare quindi tendere ad un obiettivo: trasformare il gettito fiscale relativo alla intensificata caccia ai ricchi...sprovveduti, - individuando soglie opportune di patrimoni "indecenti" (come già avviene sempre più per le "pensioni d'oro")-, in soldini da versare in welfare bancario di soccorso alle banche mutuanti nonchè detentrici dei derivati sui mutui, nell'intreccio "Repo" dalle due parti dell'Atlantico. 

Questi crediti (aggiuntivi alla marea delle sofferenze, dovuta alla mai menzionata crisi da domanda innescata dal mercato del lavoro predicato dall'OCSE), in realtà, sono già a rischio bolla, comunque, anche senza inviti dell'OCSE, ma per la sola inerzia della finanziarizzazione, di scoppiare entro poco tempo.

Insomma, quando il rischio sub-prime (di ogni genere) si fa duro, l'OCSE si rammenta della ingiustizia sociale e torna alla carica per il grande festino del patrimonio delle famiglie.

Tanto per ricordare:

8. Tre uomini in barca (Renzi, Mentana e....Barca)? O tre uomini e una pecora (patrimoniale)?

"Mettendo in gioco l'illusione finanziaria, vorrà dire che le "entrate straordinarie" ce le becchiamo comunque, ma in una forma che verrà fatta apparire come una cosa positiva

Vale a dire: la patrimoniale (una tantum, cioè straordinaria) dovrebbe essere di 400 miliardi, perchè questo è il livello della colpa che avete accumulato vivendo al di sopra delle vostre possibilità e, naturalmente, provocando la disoccupazione giovanile (che è naturalmente colpa di chi, responsabile di un'assurda distribuzione della ricchezza e del reddito, si è comprato casa o ha maturato una pensione o ha comunque risparmiato, provocando il problema, centralissimo, del debito pubblico): ma siccome loro sono buoni, internazionalisti e "di sinistra", e ci tengono all'occupazione giovanile ma anche alla "ricrescita" (il punto non è mai chiarito nei suoi meccanismi causali, ma si tratta di aritmetica ordoliberista, cioè pop di facciata ed "esoterica" nelle sue radici), la faranno per un pò meno oppure in comode rate pagabili in 3-5 anni.

...Interviene a questo punto una correlazione tra risparmio=riserva di liquidità da spendere e livello della domanda aggregata; un fenomeno che tende ad accentuarsi quando la politica fiscale crea univoche e costanti attese di pressione fiscale comunque crescente, facendosi valere, non tanto nella mentalità corrente, quanto nella teoria economica innestata di forza sul corpo sociale, una delle principali "equivalenze ricardiane": cioè si considera che il debito pubblico equivalga, in modo totale o consistente - come in definitiva assume la riduzione predicata dal fiscal compact- alla capitalizzazione di futuri incrementi di imposizione fiscale adottati per ripagarlo (cosa che presuppone come assioma incontestabile la banca centrale indipendente "pura", attualmente sancita dai trattati europei). 

...E il fenomeno in esame ci riporta un effetto diretto della tassazione patrimoniale, del tutto trascurato

 

Cioè quello della "propensione marginale al consumo" connessa al risparmio stesso, quale ci ha segnalato StefanoC., nella misura individuata da Bankitalia, in modo, peraltro alquanto prudente, se non sottostimato: e questo in relazione alle eccezionali condizioni congiunturali, legate proprio alla suddetta  equivalenza ricardiana, che il bench mark USA considerato da Bankitalia non sconta nella stessa misura. Se non altro perchè, come tutti ben sanno, quella realtà non ha affatto una banca centrale indipendente "pura".

Ma anche superando queste non trascurabili obiezioni, che ci indicherebbero una propensione marginale al consumo del nostro risparmio, specialmente monetario-finanziario, ben più alta, l'effetto di una patrimoniale una tantum, - specie in una situazione di auspicata ma improbabile "ricrescita fenice" e di sicura recessione appena vissuta con crescita attuale intorno allo zero (ma solo nell'ultimo e provvisorio trimestre 2013)-, risulterebbe comunque devastante.  Sfefano stesso evidenzia la cosa in questi termini:

"Ho trovato qui sull' "effetto ricchezza":

http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td04/td510_04/td510/sintesi_510.pdf

Per quanto concerne la sola ricchezza finanziaria, la propensione marginale al consumo è simile nei due paesi [USA e ITA], pari a circa 9 centesimi per ogni euro di ricchezza finanziaria. ...

Per quanto concerne la ricchezza reale (essenzialmente abitazioni e altri immobili), la propensione marginale al consumo delle famiglie italiane è pari a circa 2,5 centesimi per ogni euro di ricchezza reale."

Dunque una patrimoniale che innescasse una perdita anche solo del 10% del valore reale degli immobili (via credit crunch o tassa ricorrente) produrrebbe una calo di 12 miliardi in meno in termini di consumi. (5000mld*10%*2.5%=12.5miliardi)."

 

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