Il neocolonialismo francese in Costa d'Avorio
di Enzo Brandi
La defenestrazione e l’arresto del Presidente della Costa d’Avorio Laurent Gbagbo nel settembre del 2011 ad opera dell’esercito francese si configura – secondo il giudizio di tutte le fonti indipendenti riportate più sotto in appendice – come un vero colpo di stato – ammantato di false motivazioni “umanitarie” – attuato per difendere gli interessi neo-coloniali della Francia.
Questa vicenda si iscrive in un quadro di innumerevoli interventi simili (anch’essi riportati sinteticamente in appendice) con cui la Francia, massima potenza coloniale dell’Africa settentrionale ed occidentale, dopo essere stata costretta a concedere l’indipendenza ad una serie di sue ex-colonie, ha cercato di mantenerne l’effettivo controllo economico e politico. Anche l’attacco ad un paese indipendente come la Libia attuata dal Presidente Sarkozy, che pure non era stata una colonia francese, si iscrive in questo quadro.
Sarà utile quindi ricordare per sommi capi la storia della Costa d’Avorio (il vero gioiello dell’ex-impero coloniale francese in quanto paese più ricco dell’Africa occidentale) a partire dal conseguimento dell’indipendenza ottenuta nel 1960.
Dopo questa data, per oltre 30 anni, dal 1960 al 1993, il paese è stato controllato dal Presidente-padrone Felix Houphouet-Boigny, stretto alleato e garante degli interessi dell’ex potenza coloniale, la Francia, che tuttora continua a controllare tutta l’economia della Costa d’Avorio, ed in particolare la produzione e l’esportazione del cacao, di cui il paese è il massimo produttore mondiale. Le compagnie monopolistiche francesi ne ricavano circa 2,5 miliardi di Euro l’anno.
La gestione autoritaria ed asservita alla Francia di Houphouet-Boigny fece sorgere movimenti anticolonialisti e di opposizione. Uno di questi è il Fronte Popolare Ivoriano (FPI), di tendenze socialiste, fondato nel 1982 da un professore di storia dell’università di Abidjan, Laurent Gbagbo, divenuto poi Presidente con le elezioni del 2000 come vedremo più avanti.
Gbagbo, più volte arrestato in C. d’Avorio, fu poi costretto all’esilio in Francia dal 1982 al 1988, dove godeva di una certa protezione da parte del Presidente socialista Mitterand (ultimo Presidente francese a mantenere almeno una patina di “sinistra”) e dove strinse amicizia con vari esponenti socialisti come Labertit ed Emanuelli. Il Fronte Popolare Ivoriano aderì infatti all’Internazionale Socialista, da cui verrà espulso solo molti anni dopo quando i poteri forti francesi ed internazionali avranno già deciso la defenestrazione di Gbagbo.
Nel 1990, in seguito ad una grave crisi economica dovuta alla caduta del prezzo del cacao, Houphouet –Boigny nomina come Primo Ministro l’economista Alassan Quattarà, vice-direttore del Fondo Monetario Internazionale, e già vice-direttore della Banca Centrale degli Stati Africani dell’Ovest (BCEAO). Quattarà (che diverrà in seguito l’implacabile nemico di Laurent Gbagbo), convinto monetarista e liberista (ha studiato all’Università di Pennsylvania negli USA) e uomo di fiducia della grande finanza internazionale , attua una durissima politica di austerità e promuove numerose privatizzazioni che favoriscono le grandi compagnie francesi.
Tra i beneficiari della politica di Quattarà ricordiamo France-Telecom che guadagna il monopolio delle telecomunicazioni, la soc. Bouygues che guadagna il monopolio dell’acqua e dell’energia idroelettrica di cui la C. d’Avorio è ricca, e la soc. monopolista del cacao e del cioccolato, la Barry-Collebaut.
Quattarà ha fondato il partito Repubblicani della C. d’Avorio (RDR) forte tra le tribù musulmane del Nord al confine con il Burkina-Faso (dove il noto Presidente progressista ed anti-colonialista Thomas Sankara è stato assassinato già nel 1987) e tra i numerosi immigrati dallo stesso Burkina-Faso. Il Sud del paese, dove si trova la città più importante di Abidjan, è invece cristiano.
Alla morte di H.-Boigny, Quattarà viene escluso dal potere – a causa di una lotta intestina – dal delfino del vecchio presidente, Debiè, che assume la presidenza all’insegna della cosiddetta “Ivorità” che esclude dal voto i cittadini di origine straniera (circa il 25% della popolazione), ma nel 1999 Debiè è cacciato da un colpo di stato militare diretto dal generale Guei.
Nel 2000 Guei e Laurent Gbagbo si confrontano in elezioni contestate e caratterizzate da disordini. Alla fine prevale Gbagbo che diviene Presidente grazie soprattutto all’appoggio delle etnie del Sud e della popolazione di Abidjan. Il programma socialisteggiante di Gbagbo prevede la promozione di un sistema di istruzione pubblico gratuito e di un servizio sanitario nazionale. Gbagbo inoltre rivendica una maggiore autonomia ed indipendenza economica del paese ed offende il Presidente francese Chirac rifiutandosi di recarsi a rendergli omaggio a Parigi.
I Francesi assumono Quattarà come loro uomo di fiducia. Nella notte tra il 18 ed il 19 settembre 2002 mercenari di vari paesi (Liberia, Burkina Faso, Sierra Leone) addestrati ed armati dai Francesi invadono alcune regioni del Nord della C. d’Avorio in nome di Quattarà, dove trovano appoggio tra le tribù locali, dando origine ad una guerra civile che – tra alti e bassi – durerà fino all’11 settembre del 2011, data della caduta di Gbagbo.
Già nel corso del 2002 i ribelli stanno per essere sopraffatti dall’esercito ivoriano, ma i Francesi (le cui truppe non hanno mai lasciato la C.d’Avorio sin dal giorno dell’indipendenza), con la scusa di interporsi, li aiutano a superare la crisi bloccando le truppe fedeli a Gbagbo e facendo affluire su autocarri dell’esercito francese armi e rinforzi per i ribelli dai paesi limitrofi. L’operazione delle truppe francesi è definita “Operazione Licorne”.
Nel gennaio del 2003, su pressioni della Francia, si raggiunge un accordo tra le parti (accordi di Linas-Marcoussis) e viene nominato un governo di riconciliazione nazionale guidato dal Primo Ministro Seydou Diarra, ma gli accordi falliscono essenzialmente per il rifiuto dei ribelli di disarmarsi e la guerra riprende. Intanto è creata il 13 maggio 2003 una missione “di pace” dell’ONU (MINUCI) costituita essenzialmente da soldati francesi, già autorizzati ad intervenire a partire dal 4 febbraio, e con la partecipazione di truppe africane francofone (CEDEAO).
Nel 2004, in seguito ad uno strano “incidente” da molti considerata una provocazione deliberata, aerei governativi bombardano per “errore” un accampamento francese uccidendo 9 soldati. La rappresaglia francese distrugge completamente l’aviazione governativa indebolendo il governo.
Nel 2005 e 2006 Gbagbo riceve dall’ONU e dall’Unione Africana l’autorizzazione a continuare a governare, anche dopo la fine del mandato, in attesa di stabilizzare la situazione.
Nel 2007 viene tentato un nuovo accordo. Il portavoce dei ribelli Guillaume Soro, uomo di fiducia di Quattarà e dei Francesi, è nominato Primo Ministro e nel governo entrano vari esponenti dei fronti armati ribelli ( MPCI, MPIGO, MJP). Si affronta il problema di assicurare piena cittadinanza agli immigrati presenti specie al Nord, come richiesto dall’opposizione. Ma i ribelli non disarmano e successivamente la guerra riprende.
Nel 2008 è scoperto nel golfo di Abidjan un enorme giacimento petrolifero che si aggiunge alle ricchezze di cui il paese abbonda (gas, ferro, cobalto, oro, diamanti, manganese, bauxite, rame, cacao, caffè, frutta tropicale, mais, zucchero, cotone, gomma, energia idroelettrica, ecc.). Gbagbo fa capire che la francese Total non ha il diritto di gestire il giacimento, ma che deve mettersi in concorrenza con compagnie russe, cinesi ed indiane, che offrono condizioni migliori. Gbagbo dichiara anche che i grandi lavori pubblici non sono appannaggio automatico di aziende francesi, ma che saranno oggetto di gare d’appalto cui possono partecipare anche Cinesi o Giapponesi, o altri. Vengono inoltre alzati i dazi sull’esportazione del cacao, fatto che danneggia le compagnie francesi esportatrici
Nel 2010 si raggiunge un nuovo accordo e vengono indette nuove elezioni in cui il 31 ottobre Gbagbo risulta in testa al primo turno con il 38% contro il 32% di Quattarà. Nel ballottaggio del 28 novembre la “Commissione Elettorale Indipendente” (dove i sostenitori di Quattarà sono in maggioranza) dichiara vincitore Quattarà con il 54,1% contro il 46,9% di Gbagbo. La Corte Costituzionale, fedele a Gbagbo, però annulla i risultati in molti collegi del Nord controllati militarmente dai ribelli dove sarebbero avvenuti gravissimi brogli e dove i voti plebiscitari per Quattarà sono in numero superiore agli stessi votanti iscritti negli elenchi. E’ segnalato il caso di un collegio elettorale in cui si sono avuti 160.000 voti (tutti per Quattarà) contro un numero di aventi diritto di appena 5000. La Corte dichiara vincitore Gbagbo, mentre il Presidente francese Sarkozy, la UE, la Sig.ra Ashton, Ban Ki-Moon, Barak Obama, ecc. dichiarano di riconoscere la vittoria di Quattarà . I’ex-Presidente del Sud-Africa Thabo Mbeki prende invece posizione a favore di Gbagbo.
La guerra riprende con intervento diretto della Francia che ha avuto un mandato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU per l’eliminazione delle “armi pesanti” (Risoluzione 1975). L’esercito francese (come farà anche nel caso della Risoluzione per una “No Fly Zone” in Libia) interpreta questo mandato a modo suo bombardando solo le truppe fedeli a Gbagbo, colpendo lo stesso palazzo presidenziale ad Abidjan ed infine dando l’assalto al bunker dove si trova Gbagbo. Il Presidente viene catturato dai Francesi e poi consegnato agli uomini di Quattarà insieme alla moglie Simone. Molti suoi sostenitori sono uccisi o torturati. Durante l’avanzata dei ribelli, favorita dalle truppe francesi, le popolazioni delle etnie fedeli a Gbagbo (Betè e Guerè) subiscono massacri come quello di Duekouè, dove 800 civili sono uccisi, molte volte bruciati vivi, le donne violentate e i loro bambini sgozzati.
Ma sono Gbagbo e la moglie a finire davanti alla Corte Internazionale dell’Aja, quella Corte nota per perseguitare senza remissione tutti i nemici della NATO (come Serbi e simili), ma nota anche per dichiarasi “incompetente” se ad essere denunciati sono militari della NATO (come quelli che uccisero deliberatamente 15 giornalisti della TV Jugoslava).
Senza voler considerare Gbagbo un santo, quanto sopra scritto mostra chiaramente per quali motivi e da chi l’ex-Presidente ivoriano è stato defenestrato. Tutta la vicenda getta un’ombra livida su tutto l’operato del Neo-Colonialismo francese, già attivo in Libia, Siria, Mali e molti altri paesi, come riportato più sotto in appendice.
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