- Details
- Hits: 1040
Istantanee per le anime afflitte e per quelle esaltate
di Il Rovescio
Pubblichiamo anche qui l’editoriale del numero 14 (Luglio 2022) della rivista anarchica “i giorni e le notti”. Il titolo è nostro
1. Excusatio non petita. È passato un anno dall’ultimo numero della rivista. E che anno. Neanche il tempo di analizzare come l’Emergenza Covid-19 stesse affondando i propri artigli nelle relazioni sociali, nei sentimenti e nei corpi, che ci troviamo ai bordi della Terza Guerra mondiale. Mentre la spirale si fa sempre più veloce nei moti e sempre più imprevedibile negli effetti, non possiamo certo far rientrare – per forza e per pigrizia – l’inedito del presente storico dentro il già-visto. Il ritardo con cui usciamo è dovuto senz’altro a una serie di cause oggettive: il sequestro poliziesco-giudiziaro di materiali preparatòri e di articoli già pronti, gli impedimenti dovuti alle varie misure repressive, gli sforzi per mantenere comunque una presenza nelle strade. Ma le ragioni sono anche e soprattutto soggettive. L’assenza negli ultimi quattro anni di una riunione redazionale – nel senso umano e non tecnologico del termine: stare nello stesso luogo e discutere ad agio e a lungo – ha avuto un effetto sullo slancio, sulla qualità e sulla puntualità delle nostre riflessioni teoriche. Siamo di fronte a un passaggio epocale che non può essere affrontato da cervelli isolati che assemblano i rispettivi contributi. Soprattutto se non si vogliono evitare le domande scomode e difficili. Soprattutto se dalle risposte si fanno discendere i necessari orientamenti etico-pratici.
Ecco spiegati la composizione e i limiti del numero che avete tra le mani. Nonché la maggiore aperiodicità che la rivista avrà in futuro.
2. «Origine è la meta». Queste parole di Karl Kraus, che ritroviamo anche nelle tesi Sul concetto di storia di Walter Benjamin, vanno oggi applicate letteralmente alle dinamiche statali. Nelle Emergenze, il dominio ricapitola la violenza della propria origine storica, che la quotidianità capitalistica e la finzione democratica riescono in buona parte, almeno alle nostre latitudini, a nascondere.
- Details
- Hits: 16814
COVID. I vaccinati si ammalano più degli altri: cosa cambia con la “scoperta” dell’ISS
di Mariano Bizzarri
Variante Omicron 5, reiterazione dei vaccini, efficacia di quelli a mRna, eventi avversi: gli ultimi studi sul Covid stanno smontando molte tesi ideologiche
È quantomeno curioso che nessuno in Italia – né enti istituzionali, né l’Accademia e tantomeno i politici – avvertano l’esigenza di promuovere un momento di riflessione pubblica su quanto è successo in Italia con la comparsa del Covid dai primi del 2020 in poi.
Eppure, tanti sono gli interrogativi sospesi – da come è iniziata l’epidemia alla tempestività e appropriatezza delle misure predisposte – e che oggi tornano ad incombere a fronte dell’incertezza delle prospettive che si profilano al nostro orizzonte. Ci sarà una recrudescenza della pandemia? Quali vaccini dovremo utilizzare? Non dovremmo sviluppare una strategia diversificata? È pronto il nostro sistema sanitario a farvi fronte?
Non sono questioni di scarsa irrilevanza ed è scandaloso che l’informazione debba limitarsi a riportare le esternazioni – spesso strampalate, quando non addirittura ispirate ad una visione catastrofista priva di qualunque fondamento – di un manipolo di esperti, invero conosciuti ormai più per le loro intemerate televisive che per le ricerche che realmente conducono in laboratorio o nei reparti.
Proviamo noi a formulare – quantomeno – le domande fondamentali.
Punto primo: è cambiato non solo il profilo epidemiologico ma anche il quadro clinico, dato che l’attore prevalente è ormai Omicron, parente alla lontana del Sars-CoV-2 che– con le sue varianti principali Alpha e Delta – ha alimentato i primi due anni di epidemia. Omicron – a prescindere dall’efficacia dei vaccini – ha considerevolmente ridotto l’impatto sul sistema sanitario perché, anche se più contagioso, si accompagna ad un ridotto tasso di occupazione dei reparti di medicina e di terapia intensiva.
- Details
- Hits: 1406
La società automatica secondo Bernard Stiegler: lo stato della mutazione
di Igor Pelgreffi
Il nostro corpo sta mutando, anche qui, ora, mentre scriviamo o leggiamo, per effetto degli automatismi, per esempio del nostro essere ora esposti a uno schermo, o all’esserlo stati così a lungo negli ultimi mesi, o anni… Che sia una sorta di mutazione antropologica – legata al digitale, ai processi generali di automatizzazione della società e ai dispositivi connessi a tali processi – dal sapore neo-pasoliniano? Forse. Vero è che anche Stiegler, come Pasolini, fa una critica alla società dei consumi dove, però, il consumo è oggi digitale, reticolato, quindi meno evidente, ma non per questo immateriale: il punto fermo è che il consumo algoritmico investe la psiche umana, dunque i corpi. I quali, appunto, si consumano in rete. Non si tratta più di un soggetto che consuma un oggetto (la merce). E non si tratta neppure di un soggetto egli stesso merce di consumo. Nella società automatica, quel che si attua è il processo definitivo e storico di auto-consumazione dei corpi, processo che paradossalmente, in definitiva, consuma la materia vivente su cui esso si sostiene.
Sarà allora la psicosomaticità diffusa, di cui ampiamente argomenta Stiegler, quella zona intermediale, cioè di inter-mediazione tra i differenti livelli del problema, la leva teorica maggiore in una riflessione sul pharmakon. Perché, indubbiamente, quel che occorre oggi è una nuova, inedita, forma di mediazione, che possa configurarsi, almeno, come rimedio minimo. Questo significa però anche che, per Stiegler, l’innesco possibile di una critica alla società automatica non potrà che transitare dal piano psico-corporeo, unica sede in cui possa aver luogo la triangolazione tra a) il tema ecologico e il “problema della natura”, b) il tema dell’automatizzazione post-industriale e c) il tema antropologico.
- Details
- Hits: 1279
Tra antirazzismo di maniera e razzismo di fatto
di Michele Castaldo
Massimo Giannini, il precoce giornalista partito giovanissimo da Repubblica e approdato a dirigere La Stampa del padrone per eccellenza, la famiglia Agnelli, in un accorato editoriale rivolge un appello a tutti i partiti ad andare al funerale, svoltisi sabato 6 agosto, del povero Alika ucciso dal bianco italiano Ferlazzo, un dissociato. Epperò la cosa suona un poco sospetta per una ragione molto semplice, perché il Giannini paragona l’uccisione del povero Alika di fine luglio 2022 a Civitanova Marche a quella di G. Floid negli Usa il 25 maggio del 2020 ad opera di un poliziotto bianco che premette per alcuni minuti il ginocchio sul collo soffocandolo nonostante che gli urlasse che non riusciva a respirare.
L’uso strumentale che ne voleva fare Massimo Giannini e tutta la stampa democratica italiana giunge piuttosto sospetta. C’è un allarme che va spiegato.
I giornali e tutti i mezzi di informazione sanno perfettamente che gli immigrati di colore vengono trattati peggio delle bestie nei lavori più umili nel nostro paese. Nei confronti delle persone di colore viene fatta un’unica distinzione che riguarda i fuoriclasse dello sport e dello spettacolo, strumenti di arricchimento di holding finanziarie e personaggi collegati a società che sfruttano la fame circense del popolo per scaricare le proprie frustrazioni.
Giochiamo allora a carte scoperte: ma a chi si vorrebbe dar da bere la frottola che gli immigrati arrivano come disperati sulle nostre coste e verrebbero salvati dalla buona volontà di volontari capitati per caso in mezzo al mare? Va bene la propaganda, ma c’è un limite a tutto.
- Details
- Hits: 1569
Chi salvò il liberalismo da se stesso
Una lettura di Ordoliberalismo di Adelino Zanini
di Lauso Zagato
Ordoliberalismo ed economia sociale di mercato sono concetti politici ed economici che tendono a essere sovrapposti, oppure relegati a una fase specifica del Novecento. In realtà, come ci spiega Adelino Zanini nel suo Ordoliberalismo. Costituzione e critica dei concetti (1933-1973) (Il Mulino, 2022), si tratta di sviluppi teorici e pratici distinti che arrivano fino alla crisi degli anni Settanta e continuano a essere importanti per comprendere e dunque poter analizzare criticamente – anche ponendo nella giusta luce taluni passaggi politico/giuridici rilevanti – quel processo di costruzione europea, avviluppato oggi in una crisi profonda. In questa attenta e approfondita lettura del volume, Lauso Zagato ci consente di analizzare genealogia e attualità di questi concetti, prima di Foucault e oltre Foucault.
* * * *
La nuova avventura scientifica di Adelino Zanini, cui l’Autore lavorava da tempo, pone prima facie problemi di non facile soluzione al lettore, quand’anche di formazione operaista, che non risulti sufficientemente qualificato sotto il profilo disciplinare di riferimento (la teoria economica). Forse, cresciuto nel solco dell’incontro/scontro con Keynes, egli avrà ignorato l’esistenza di un neoliberismo diverso da quello classico; ciò, almeno, fino al drammatico impatto con l’anarco-liberismo americano trionfante degli ultimi decenni. Esempio tra i tanti, chi scrive è tra costoro, e confessa di aver letto la parola ordoliberalismo per la prima volta in relazione alla formazione teorica (seconda formazione, provenendo l’interessata dalla ex Germania dell’Est e quindi essendosi inizialmente formata nel delirio del diamat) della allora cancelliera Merkel. Il riferimento costituiva una apparente giustificazione della riluttanza di costei nell’assumersi i compiti «interventisti» in materia economica che la crisi del 2008 richiedeva alla Ue e in primis al suo Stato-guida.
- Details
- Hits: 2102
La guerra sporca che si combatte intorno a Zaporizhzhia
di Giorgio Ferrari
Notizie sempre più allarmanti giungono in questi giorni dalla centrale nucleare ukraina di Zaporizhzhia dove, secondo fonti ukraine (le uniche prese in considerazione), i russi starebbero letteralmente minando le attrezzature della centrale.
Non c’è dubbio che la sorte degli impianti nucleari ukraini, data la guerra in corso, è cosa che desta serie preoccupazioni nell’opinione pubblica mondiale, ma soprattutto europea che certamente non può dimenticare i giorni terribili vissuti nel 1986 quando la nube di Chernobil investì buona parte dell’Europa centro orientale, ma anche della Bielorussia e del territorio russo confinante.
Perciò, quando i russi all’inizio della guerra occuparono militarmente il sito di Chernobil (febbraio 2022) l’incubo di quella catastrofe si ripropose in tutta la sua gravità, con l’aggravante che ai primi di marzo paracadutisti russi circondarono la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che annovera sei reattori nucleari ed è la più grande concentrazione nucleare di tutta l’Europa.
Perché compiere una mossa così azzardata, sapendo che avrebbe oltremodo alimentato le critiche all’operato della Russia già condannata unanimemente per aver invaso uno stato sovrano?
La ridda di ipotesi che fin dall’inizio furono sviluppate dai mezzi di informazione europei convergeva, con qualche sfumatura, nell’attribuire ai russi l’intenzione di minacciare l’intera Europa attraverso una forma di deterrenza terroristica avente per oggetto la distruzione o il danneggiamento di siti nucleari. A nessuno venne in mente di prendere in considerazione l’ipotesi che l’occupazione di Chernobil e Zaporizhzhia avesse uno scopo non distruttivo, ma protettivo, forse per la consumata abitudine, tutta occidentale, di considerare i russi gente spietata e senza scrupoli.
- Details
- Hits: 1376
C’era una volta la FIAT di Bocchigliero
Dagli operai idraulico-forestali ai tirocinanti
di Eugenio Donnici
"Era na vota e mo' chest'è 'a realtà” - cantano i 99 Poss - per sottolineare che il tempo andato non torna più, non sarà più come prima, il tempo non può essere fermato e gli avvenimenti si succedono con un ritmo che ricorda il pulsare della vita. Ciò che resta nelle nostre menti e nei nostri corpi sono gli odori che si associano alle emozioni, le espressioni visive di teste parlanti, la dimensione onirica di soggetti che si muovono e interagiscono in un determinato spazio fisico, le tracce mnestiche della memoria semantica e ovviamente i segni e i simboli del linguaggio scritto.
Ed è proprio su questo sentiero che mi appresto a indagare ciò che è accaduto, il divenire dei contrasti dialettici in un determinato contesto
La dimensione diacronica del racconto, della narrazione, mette in evidenza che una serie di relazioni e interazioni reciproche non esistono più. Esse sono state trasformate, hanno subito una modifica, una variazione che ha imposto un cambiamento nella gerarchia dei valori sui quali si fonda la base riproduttiva di una determinata comunità.
Qualcosa del genere è accaduto in un piccolo Comune della Sila, ma il suo raggio d’azione ha riguardato l’intera Calabria ed è collegato a variabili esogene così come alle caratteristiche peculiari di quest’area regionale.
A cavallo tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, nel piccolo Comune dell’Altopiano silano, le cose non potevano andare diversamente: si seguiva il flusso delle lotte e delle rivendicazioni del movimento operaio, il quale era riuscito a spostare l’ago della bilancia a favore dei lavoratori.
- Details
- Hits: 1577
Dodici anni di distruzione economica per convincere la BCE a fare la Banca Centrale
di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Nonostante l'abbassamento del nostro rating da parte di Moody's, un debito che sale ed una campagna elettorale dagli esiti incerti, lo spread scende. A favorirne la discesa, sarebbe la BCE, lo dimostrano i numeri degli ultimi due mesi
Diciamolo chiaramente, per ben dodici lunghissimi anni, la paura per i tanto paventanti mantra dello “spread” e dei “mercati”, ci ha accompagnato a pranzo e cena, fino a non farci dormire nella notte.
Non passava giorno, senza che i vari e “così detti” economisti di regime di casa nostra – rappresentati in prima linea da Marattin, Brunetta ed il banchiere fiorentino Bini-Smaghi con moglie a seguito (l’economista Veronica De Romanis) – ci ricordassero attraverso i loro social o nelle loro ospitate televisive quotidiane, quanto il destino del nostro debito pubblico, fosse in mano ai mercati finanziari.
I più fervidi credenti, ha sentire tale e ripetuta predica, nelle loro preghiere serali, sono arrivati addirittura ad affiancare a Nostro Signore il “Dio dei mercati”. Sì, avete capito bene, oggi, quando parliamo con qualcuno, in particolare con chi opera nel mondo finanziario, si ha la netta percezione che molti, ancora considerino i mercati alla stregua di una divinità degna delle opere di Omero.
Il “mercato” sopra tutto e tutti e che nessuno più comandare e distruggere, insomma la paura assoluta da infondere nel genere umano e da sbandierare ogniqualvolta sia necessario per l’élite imporre qualcosa al popolo ignaro.
Dire, oggi ancora una volta: “Noi ve lo avevamo detto, che i mercati non contano niente di fronte alla potenza di fuoco di una banca centrale….!!!” – non serve a niente e fa apparire “Megas” e tutti gli studiosi della Modern Monetary Theory, antipatici e perfino narcisisti. Vi assicuro che non è così!
- Details
- Hits: 1456
Scienza e dibattito sui virus
Non abbiamo titoli per entrare nei dibattiti scientifici. Tuttavia, normalmente dotati di buon senso, interessati alla ricerca della corretta informazione, stanchi di esaltazioni e demonizzazioni, crediamo giusto evidenziare le voci che si levano dal mondo scientifico nell’intento di andare alla radice di un problema: la definizione di virus in questo caso – una cosa non da poco, visto quanto accaduto negli ultimi due anni, ma tranquillamente potremmo dire negli ultimi decenni.
La scienza, come la storia, devono almeno ogni tanto avere il coraggio di mettere in discussione le proprie verità date per scontate, rivedendo se del caso le opinioni correnti: la scienza, quella vera, è sempre progredita così facendo. Il dibattito, a questo scopo, è essenziale. Drammaticamente pericoloso accusare di revisionismo quelli che la pensano diversamente: rivedere le opinioni correnti non può e non deve essere considerata una colpa. Altrimenti il principio della libertà di pensiero si dissolve.
Una delle opinione date per scontate è appunto che i virus siano entità indipendenti, dotate di proprie caratteristiche specifiche. Essi sono concepiti, dagli scienziati che hanno maggiore audience 1, come dei potenziali aggressori del corpo umano, come tali da combattere come può esserlo un nemico che invade uno Stato sovrano.
Una visione bellicista della medicina che è alla base anche delle strategie vaccinali di questi anni: tant’è che alla fine in Italia la loro messa in opera è stata affidata ad un alto ufficiale delle Forze Armate!
Ci sembra giusto dare quindi ampio spazio ad un punto di vista diverso: che ha il pregio tuttavia di non mettere solo in discussione la vulgata corrente, ma di suggerire una sperimentazione scientifica indipendente che la possa verificare, secondo l’impostazione galileiana (di cui troppo spesso la scienza si dimentica), coerente anche con i criteri a suo tempo enunciati da Robert Koch (anch’essi forse troppo spesso accantonati).
- Details
- Hits: 1984
Disagio psichico e democrazia
di Antonio Martone
Il disagio psichico ha raggiunto vette record nel mondo occidentale. Già negli Stati Uniti, punta di diamante del capitalismo consumistico globale e patria del consumismo, è considerata un’ “emergenza”, benché tutto sommato “normalizzata”, l’overdose da pain killer (farmaci antidolorifici su base oppioide). A questo, si aggiunge l’iperconsumo di psicofarmaci. Probabilmente, il fenomeno ancora più rilevante non si è ancora del tutto manifestato: riguarderà le dipendenze tecnologiche, la cui gravità sono le meno misurabili e anche le più sistemiche e, in quanto tale, difficili da affrontare.
Le cause sono tante e quelle politiche, sociali ed economiche sono ovviamente fondamentali. La ECity (città elettronica) globale è costantemente attiva nell’erodere lo spessore delle identità e potenziare la dimensione del precario e del contingente. I processi di sradicamento globali procedono senza sosta nella direzione di un iper-individualismo nel quale i vincenti sono pochi e i perdenti masse sterminate e, a volte, interi paesi. Non credo occorra sottolineare in quale misura la dimensione del precario e del contingente (o dell’eccezione elevata ormai a norma), e la logica della competizione neoliberista, possano incidere sulla coscienza dell’uomo e sui processi di formazione della personalità.
Peraltro, e rimanendo all’interno dei paesi occidentali, sembra che la situazione sia fuori controllo anche per professionisti e benestanti. Non è certo che le persone si rendano conto dello sforzo psicofisico necessario per correre verso standard professionali che permettano di stare sul mercato. La verità è che questa nuova schiavitù sta producendo dei veri e propri disastri psichici.
- Details
- Hits: 1387
«I figli della crisi». Studenti e scuola al tempo della guerra
di Gigi Roggero
Il filo rosso che abbiamo seguito, il punto di vista che abbiamo voluto costruire.
Con la prima presentazione che abbiamo organizzato, (Transizione ecologica e territorio: quale futuro per Modena?, 11 dicembre 2021) volevamo capire come sarebbe cambiato, dopo la pandemia, l’uso capitalistico del nostro territorio, Modena e l’Emilia, attraverso il Pnrr, il piano di investimenti europeo che grossomodo è stato presentato come un nuovo New Deal. Non ci siamo limitati a statistiche sull’occupazione, ma abbiamo cercato di anticipare delle traiettorie, per esempio guardando a quello che gravita intorno alla “transizione ecologica”, vale a dire il passaggio, la ristrutturazione, verso un certo tipo di produzione e ai suoi effetti per il nostro territorio: è da poco l’approvazione di una direttiva dell’Unione Europea che fissa nel 2035 la data dell’ultimo anno in cui verranno prodotti motori a combustione interna, e immaginate cosa può voler dire per una zona come la nostra, denominata Motor Valley, in cui si costruiscono automobili, veicoli e soprattutto componentistica. Ecco, quel sabato avevamo provato a ipotizzare come potrebbe cambiare il nostro territorio soprattutto per chi lo abita, chi ci lavora, chi ci vive.
Con il secondo incontro (Dentro e contro il «modello Emilia», 5 marzo 2022) siamo passati invece dal presente alla storia del “modello emiliano”, delineando quali sono stati i processi che hanno portato Modena e l’Emilia a quello che sono oggi. Nel ripercorrere i punti nodali dal dopoguerra, passando ovviamente per gli anni Sessanta e Settanta, abbiamo riletto quelle traiettorie alla luce delle lotte operaie e studentesche, in particolare quelle impulsate dall’operaismo e dagli operaisti locali poi divenuti Potere Operaio, che hanno interessato la nostra città e tutta la provincia in un modo inedito.
- Details
- Hits: 1494
Rivoluzione e Partito comunista
di Renato Caputo (Collettivo La Città Futura)
Perché non si può realizzare il fine senza il mezzo indispensabile alla sua realizzazione, né il mezzo è effettivamente tale senza il fine al quale è necessario
Come è nota la scienza politica moderna si fonda sul pensiero di Machiavelli, al centro del quale vi è la radicata convinzione che un grande obiettivo divenga praticabile – non rimanendo una mera utopia – solo nel momento in cui si individuano e si mettano a frutto i mezzi indispensabili alla realizzazione di tale grande ideale. Nella nostra epoca quest’ultimo, naturalmente, non consiste più nella fondazione di un moderno e unitario Stato nazionale – grande obiettivo e ideale storico dell’epoca di Machiavelli – ma nella realizzazione di uno Stato socialista quale necessaria e indispensabile fase storica di transizione da una società capitalista e/o imperialista a una società comunista. Per poter seriamente e conseguentemente operate in funzione di questo grande ideale e renderlo praticabile necessariamente abbiamo oggi bisogno – come peraltro ci insegna già Gramsci – di un mezzo indispensabile, cioè di quello che il più significativo marxista e comunista italiano definiva il “moderno principe”. In effetti, come argomenta già Gramsci, suffragando la propria tesi con una grande raccolta di dati e di esempi storici, nella nostra epoca il soggetto rivoluzionario non può più essere un grande personaggio storico universale, come il Principe, ma un soggetto collettivo, cioè il partito politico effettivamente rivoluzionario, il partito comunista.
Non a caso la prima grande battaglia politica condotta da Marx e da Engels è stata volta a trasformare la Lega dei giusti nella Lega dei comunisti e la loro prima grande opera teorica della maturità ha portato alla realizzazione di un efficacissimo strumento, indispensabile al passaggio dal socialismo utopistico al socialismo scientifico, cioè la realizzazione di un grande Manifesto del partito comunista.
- Details
- Hits: 1280
La crisi, la finanza creativa e le leggi della fisica
di Noi non abbiamo patria
È sempre una questione di fisica e di strumenti di misura. Se poi lo strumento della misura, un elemento prodotto dall’uomo, che deve cercare di perfezionare per necessità, si distingue tra i popoli in diverse unità di misura, non muta la sostanza e non muta il rapporto con le leggi della fisica: lo strumento della misura deve poter rappresentare grandezze che esistono in natura secondo il suo ordine di spazio e di tempo. Tanto più l’azione dell’uomo lo costringe a comparare lo spazio ed il tempo in estensione, lo strumento di misura deve affinarsi, puó entrare in crisi, ma non puó sovvertire le leggi della fisica. Semmai l’uomo è costretto a specializzare le operazioni di calcolo attraverso sistemi numerici più complessi, ma sempre essi stessi sono rappresentativi della fisica come essenza della natura in termini di spazio e di tempo.
Oro, moneta e denaro, Bretton Woods, parità oro dollaro, sganciamento del dollaro dall’oro, e ora deglobalizzazione, dedollarizzazione dell’economia non sono nient’altro un momento della crisi tra quantità fisiche da comparare e lo strumento della misura. A tirare le fila della deglobalizzazione e dedollarizzazione dell’Economia, come ho sempre sostenuto, non sono i paesi nemici e concorrenti del dollaro, bensì gli Stati Uniti d’America stessi, rimettendo al centro il possesso delle materie prime sopra il dollaro, l’imperialismo neocoloniale milatare e della finanza sopra l’imperialismo basato solo sulla finanza e il monopolio.
“L’eredità dell’America come potenza dominante mondiale nell’industria dei semiconduttori è incisa nel nome del suo hub tecnologico più famoso, la Silicon Valley. Nel corso dei decenni, tuttavia, l’arte di realizzare microchip con wafer di silicio è diventata un’impresa davvero globale.
- Details
- Hits: 1348
Lo spettro del conflitto termonucleare globale durante la Guerra fredda
di Roberto Paura*
Una rassegna storica e tecnica delle previsioni, le strategie e le minacce degli anni in cui l’impensabile è stato pensato
Nel luglio 1985, in risposta a un colpo di stato promosso dai sovietici a Belgrado, le forze americane invadono la Jugoslavia. In Unione Sovietica il Politburo – che vede la sua sfera d’influenza scricchiolare dopo che la Corea del Nord e il Vietnam hanno intrapreso processi di liberalizzazione e i paesi del Patto di Varsavia sono squassati da movimenti di protesta – decide di rispondere mobilitando l’Armata Rossa e invadendo l’Europa attraverso la Germania ovest, la Norvegia e la Turchia. Ben presto, tuttavia, la forza d’invasione convenzionale si scontra con una dura opposizione e i sovietici non riescono a spingersi oltre l’occupazione dei Paesi Bassi. Frustrata dallo stallo, Mosca lancia un attacco nucleare su Birmingham, a cui gli americani rispondono distruggendo Minsk. Poco dopo, un colpo di stato da parte dei nazionalisti ucraini rovescia il governo sovietico e mette fine alla guerra.
Nel 1988 invece, per prevenire il dispiegamento di una rete intelligenti di satelliti anti-missili balistici in orbita da parte degli Stati Uniti, l’Unione Sovietica fa esplodere sei bombe atomiche sopra i cieli americani, mettendone a tappeto le apparecchiature elettroniche. Prima che il suo aereo precipiti, il presidente statunitense riesce a dare l’ordine di una rappresaglia massiccia che distrugge le principali città sovietiche, inclusa Mosca. L’URSS reagisce con un altro lancio di missili balistici che spazza via le principali città della costa est, tra cui Washington e New York. Al termine di questo devastante scambio, durato appena 36 minuti, le vittime si contano in decine di milioni, mentre i paesi europei decidono di dichiarare la neutralità sulla base di un accordo segreto precedentemente siglato da Francia, Regno Unito e Germania ovest: la loro scelta mette fine all’escalation nucleare.
- Details
- Hits: 3955
Proletari e dominio di classe
di Carlo Di Mascio
Nikolai Alexandrovic,
si trova da me il compagno Ivan Afanasevic Cekunov, un contadino assai interessante, che propaganda a modo suo i principi del comunismo. Egli ha perso gli occhiali e ha pagato 15 mila rubli per una porcheria! Non lo si potrebbe aiutare a trovare dei buoni occhiali? Vi prego molto di aiutarlo e di pregare il vostro segretario di comunicarmi se ci siete riuscito.
Lenin, Al compagno Semascko
I
Lenin, in modo estremamente chiaro, affermava che in una società fondata sulla lotta di classe, in cui esistono dominanti e dominati, non può esistere una scienza imparziale, per cui anche la filosofia, che mira a giustificare e a ricucire il vecchio con il nuovo in funzione di un ordine minacciato1, destinata cioè a servire o a sfruttare le pratiche scientifiche, come sottolineava Althusser, non può in definitiva che rappresentare istanze di parte2. Si tratta quindi di schierarsi, di prendere posizione a favore o contro qualcosa o qualcuno, si tratta in buona sostanza di demistificare chi pretende di costruire ideologicamente la realtà per un obiettivo di classe, soprattutto quando questo obiettivo è finalizzato a controllare la conflittualità sociale e ad implementare massivamente il rapporto tra chi sfrutta e chi è sfruttato.
Il dominio di classe, dunque, quando si sente minacciato si difende, e per farlo ricorre ad ogni accorgimento, sapendo che tutto deve in ogni caso svolgersi all’interno dell’organizzazione del capitale che non è altro che organizzazione della società, sicché il suo sistema ideologico, filosofico e burocratico-giudiziario, non rappresenta altro che la condizione essenziale della dialettica dello sviluppo capitalistico-borghese, la quale si dipana violentemente tra imposizione al lavoro e riproduzione sociale del rapporto di sfruttamento.
- Details
- Hits: 1639
Morto un Draghi, se ne farà un altro?
di Vladimiro Merlin
Stiamo parlando, ovviamente, di una morte politica. In questa morte, come per Giulio Cesare, le coltellate sono venute da molte parti e da molti “figliocci” del ex premier.
Da molti suoi seguaci che, fino al giorno prima, lo esaltavano e lo adulavano.
SuperMario era il nuovo “uomo della provvidenza”, l’italiano più “prestigioso” a livello internazionale, l’unico che poteva portare l’Italia fuori dalla crisi sanitaria, economica, ecc. le adulazioni di molti leader politici e di quasi tutti i media erano persino imbarazzanti, non si erano mai viste, in quei termini, nella storia della Repubblica; bisogna tornare agli “imperi” per trovarne di analoghe, da quello del ventennio del ‘900 a quelli più antichi.
Ma appena si è aperto uno spiraglio, una possibilità, è stato subito liquidato.
Più che ironica è ridicola questa situazione se si pensa che poco tempo fa, quando è stato rieletto Presidente della Repubblica Mattarella, quasi contro la sua volontà, nonostante la disponibilità avanzata dallo stesso Draghi, si è sostenuto che non si poteva eleggere Draghi perché era “indispensabile” come Presidente del Consiglio.
Noi non siamo certo tra quelli che si strappano i capelli per la fine prematura di superMario, anzi, ne siamo felici, vista non solo la sua “carriera” precedente ma anche quanto ha fatto, e quanto non ha fatto, da Presidente del Consiglio.
Tra i suoi assassini c’è lo stesso Draghi, quando ha deciso di far scattare un attacco pesante volto alla distruzione del M5S.
- Details
- Hits: 1389
Armi letali / 3: A cercar la bella morte
di Sandro Moiso
Dedicato a tutti i giovani che hanno meravigliosamente animato il festival Alta Felicità a Venaus dal 29 al 31 luglio
«La resa per noi è inaccettabile, non avremmo grandi possibilità di sopravvivere se venissimo catturati. I nemici vogliono distruggere gli ucraini, per noi è chiarissimo. Noi siamo consapevoli che potremmo morire in qualsiasi momento, stiamo provando a vivere con onore. I nostri contatti con il mondo esterno potrebbero essere sempre gli ultimi. Siamo accerchiati, non possiamo andare via, in nessuna direzione. Abbiamo rinunciato alle priorità della difesa personale. Non sprecate i nostri sforzi perché stiamo difendendo il mondo libero a un prezzo molto alto». (capitano Svyatoslav Kalina Palamar, vice comandante del battaglione Azov).
«Scappare è da codardi. Non possiamo fermarci e trattare, il nostro obiettivo è fermare la minaccia russa: stiamo lottando non solo per l’Ucraina ma per il mondo libero… La debole reazione del mondo è uno dei motivi per cui siamo ancora qui. L’Ucraina è lo scudo dell’Europa, lo è stata negli ultimi due secoli. Abbiamo lottato contro le invasioni nei tempi passati, adesso è un’altra storia. Lottiamo da soli da quasi due mesi e mezzo, abbiamo ancora acqua, munizioni e armi. I soldati mangiano una volta al giorno, ma continueremo a lottare». (Denis ‘Radis’ Prokopenko, comandante del battaglione Azov)
“I nostri militari in un certo senso stanno ripetendo quello che ha fatto Gesù Cristo, sacrificando la propria vita per il prossimo, per i figli, per la propria gente e difendendo la loro terra dall’aggressore. Per questo consacro le loro armi, perché le usino per riprendersi la nostra terra benedetta da Dio”. (Mykola Medynskyy, cappellano militare ucraino membro del partito Pravyj Sektor)
La saga di Azovstal è terminata ormai da tempo. Il sacrificio in stile Götterdämmerung (crepuscolo degli dei) auspicato in un primo tempo da Zelensky e dal suo governo non c’è stato (forse anche per le proteste dei famigliari dei combattenti là asserragliati) e i russi sono stati abbastanza saggi da non trucidarne i difensori sotto gli occhi di tutto il mondo.
- Details
- Hits: 1455
Che cosa preannuncia la ripresa dell’inflazione?
di Claudio Gnesutta
Da dove viene il ritorno dell’inflazione e che politiche sono possibili? Un confronto con gli anni Ottanta, sui prezzi delle materie prime, instabilità internazionale, conflitti, ristrutturazione produttiva. E sull’antica questione del contenimento dei salari
Da un po’ di tempo serpeggia sulla stampa quotidiana, non solo su quella economica, l’apprensione per la crescita dei prezzi, dell’inflazione. La possibilità che la pressione inflattiva possa acuirsi e, radicandosi in una spirale prezzi-salari, passare «da un regime di bassa inflazione a un regime di alta inflazione» è esplicitamente considerato nel recente Rapporto annuale della Banca dei Regolamenti internazionali (BIS, No Respite, Annual Economic Report, June 2022, https://www.bis.org/about/areport/areport2022.pdf). Sono considerazioni stimolate dallo shock subito dal prezzo del gas e da quello del grano in seguito alla guerra in Ucraina.
La tendenza all’aumento dei prezzi delle materie prime, soprattutto di quelle legate all’energia, non sembra però dipendere da motivi contingenti; essa è latente nel sistema globale da diversi anni e, oltre a interessare le granaglie (frumento, riso, soia ecc.) come ricordano le ricorrenti crisi alimentari dei paesi più poveri, riguardano molte materie prime (oltre a quelle energetiche, il rame, litio, cobalto, nickel…) la cui domanda, crescente con la crescita della produzione mondiale (e per le necessità della transizione energetica), tende a eccedere un’offerta insufficiente per i colli di bottiglia nella catena globale dell’approvvigionamento, per le sanzioni e correlate restrizioni, per l’accumulo di scorte strategiche da parte dei paesi manifatturieri. L’impatto di un costante aumento di tali prezzi sul costo dei manufatti, assieme al perdurare di una situazione di incertezza produttiva (a causa del Covid e della guerra in Ucraina), sembra consolidare una prospettiva – come ricorda il citato Rapporto – del formarsi di una situazione in cui la stagnazione produttiva convive con un’inflazione monetaria richiama alla mente quella sperimentata a livello globale negli anni Ottanta.
- Details
- Hits: 1514
Marco Gatto, Fredric Jameson
di Roberto Finelli
Marco Gatto, Fredric Jameson, Roma, Futura Editrice, 2022
I. Un modo originale di ripensare la dialettica
Non deve sorprendere il fatto che Marco Gatto, uno dei nostri migliori studiosi di critica letteraria e di teoria della letteratura, abbia sentito la necessità di ritornare con un testo completamente nuovo (Fredric Jameson, munito di una prefazione dello stesso Jameson) sulla figura dell’intellettuale americano, cui aveva già dedicato un volume nel 2008, Fredric Jameson. Neomarximo, dialettica e teoria della letteratura, edito da Rubbettino. Non deve stupire perché, benché già il testo precedente contenesse un’esposizione accurata ed esauriente di un autore assi poco presente nella cultura italiana, Gatto dopo quindici anni deve aver avvertito una maggiore capacità da parte sua di possedere e stringere la tematica assai varia e complessa di un autore che si diffonde nei più vari campi del sapere estetico-letterario e teorico-politico, qual è Jameson. Avvertendo nello stesso tempo la necessità di restituire al lettore con maggiore sistematicità e chiarezza teorica la lunga e multiforme attività di quello che, al di là della produzione ancora in atto, è stato senza dubbio il teorico marxista più influente del secondo Novecento.
Non che un intellettuale dello spessore di David Harvey non possa non essere considerato anch’egli come l’altro teorico di maggiore profondità speculativa e di maggiore sistematicità nell’ambito del marxismo dell’ultimo cinquantennio. Ma la peculiarità tutta propria di Jameson rispetto alla pari grandezza del sociologo e geografo britannico si connota per aver trattato, per tutta la sua vita, non la materialità della struttura e della produzione economica, quanto invece i termini in cui un modo sociale di produzione vive attraverso la produzione della cultura e dell’immaginario, attraverso cioè la diffusione e la generalizzazione del cosiddetto simbolico, con un’attenzione peculiare rivolta essenzialmente, ma non solo, ai manufatti estetici e letterari.
- Details
- Hits: 1680
Scuola, la vera emergenza italiana
di Gaetano Sinatti
In Italia si erogano mediamente in un anno scolastico 990 ore per alunno della scuola dell’obbligo. Il totale di ore lungo tutto il percorso è tra i più alti al mondo. Lo stesso vale per la durata dell’anno scolastico: l’Italia – con 200 giorni di lezioni per le scuole elementari, medie e superiori – è il Paese col maggior numero di giorni di scuola in tutta Europa, alla pari con la Danimarca.
Invece, l’abbandono scolastico in Italia è al 13,1% nel 2020 – vale a dire che in media più di 10 ragazzi su 100 lasciano la scuola. Situazione peggiore in Europa la troviamo solo a Malta (16,7%), in Spagna (16%) e in Romania (15,6%). In termini di business potremmo dire quindi che, a fronte di un servizio labour intensive, la “clientela” della scuola è sempre più disaffezionata.
Quanto agli insegnanti, essi hanno perso il loro residuo prestigio professionale e, invece di educatori e portatori di conoscenza da ascoltare con rispetto, sono sempre più considerati degli impiegati pubblici poco produttivi. Nonostante il fatto che il loro impegno contrattualmente prescritto non si esaurisca nelle 36 ore settimanali: la didattica, per gli insegnanti coscienziosi, non finisce né in classe né a scuola, ma si prolunga a casa e spesso anche nel fine settimana.
Il tutto in un quadro di soffocanti adempimenti burocratici, che mediamente portano sul tavolo di un docente almeno una circolare al giorno: da leggere, interpretare, applicare. Oltre ovviamente alle email con cui oramai si comunica in qualsiasi ambiente di lavoro.
In media ogni insegnante si trova 20,34 alunni per classe, nonostante in termini assoluti gli studenti di tutti gli ordini scolastici siano andati diminuendo dai 7.714.557 dell’anno scolastico 2005-2006 ai 7.507.484 del 2019-2020.
- Details
- Hits: 2389
Sulla determinazione del valore dei beni capitali in un’economia moderna
di Andrea Pannone
Il tema affrontato in questo scritto può sembrare astratto e di appannaggio riservato ai soli specialisti. In realtà, quello della valutazione dei beni capitali è un aspetto estremamente problematico sin dagli inizi della storia del pensiero economico e costituisce, più o meno esplicitamente, un fattore discriminante di tutte le teorie del valore.
Senza la minima pretesa di esaustività, nelle pagine seguenti procederemo come segue:
-
forniremo brevissimi cenni su come le varie scuole economiche abbiano affrontato nel tempo il problema della valutazione dei beni capitali.
-
forniremo gli elementi di un approccio alternativo alla determinazione del valore dei beni di capitale. Tale approccio, oltre a permettere di superare (almeno alcuni de)i principali limiti degli approcci esistenti in letteratura, risulta estremamente coerente con importanti aspetti dell’evoluzione tecnologica e finanziaria delle economie moderne.
La valutazione dei beni capitali lungo la storia del pensiero economico: alcuni cenni
Come ci ricorda Giorgio Gattei (2003), ad esempio, ai fini della validità della ‘legge’ del valore- lavoro – ossia del principio di origine Smithiana secondo cui le merci si scambiano sul mercato in base al rapporto tra le quantità di lavoro necessarie a produrle - è anche implicitamente richiesta l’ipotesi che nei processi produttivi delle due merci non venga impiegato alcun bene capitale. In caso contrario, anche la presenza di un solo bene capitale non consentirebbe più la semplificazione del valore di scambio al rapporto dei lavori contenuti.
- Details
- Hits: 1824
Come l’IPCC contraddice, per viltà, sé stesso
di Il Pungolo Rosso
La prima bozza metteva in guardia rispetto agli “interessi costituiti”. Questo passaggio, che appare nella relazione, è venuto meno nella sintesi finale, vittima di quegli stessi interessi costituiti – gli interessi del capitale
Ci sono due versioni dell’ultimo rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul cambiamento climatico: la prima, una bozza trapelata nell’estate 2021, più radicale, basata sulla realtà dei fatti – che abbiamo a suo tempo presentato; la seconda, quella ufficiale, più edulcorata. E non è tutto: anche nella versione formale, le 2.900 pagine del rapporto hanno un tono molto diverso dalla sintesi ad uso e consumo di Policymarkers e managers, una sintesi negoziata (proprio così) con gli stessi responsabili e dirigenti governativi e del grande capitale. Premettendo alcune considerazioni, riprendiamo da Climate&Capitalism (che ha a sua volta attinto a CTXT – Contexto y Acción) un’analisi accurata, compiuta da alcuni scienziati, del lavoro di censura operato dagli interessi dominanti sul rapporto sintetico IPCC; potete leggerla in traduzione.
Quando la “scienza” è costretta a fare i conti con il modello sociale esistente, qualcosa della realtà inevitabilmente trapela: nel rapporto, ad esempio, si denunciano gli “interessi costituiti” che si oppongono ferocemente alle misure che si dovrebbero adottare per salvare il pianeta o – meglio – la vita così come la conosciamo. Senonché questa denuncia scompare nella sintesi negoziata proprio con gli stessi interessi costituiti che andrebbero attaccati, e che al di fuori delle formule ingessate delle pubblicazioni scientifiche, sono individuabili senza margini di incertezza con le lobby dei fossili, e più in generale con le grandi forze del capitalismo che spingono sull’acceleratore per continuare indisturbate ad accrescere indefinitamente la produzione di merci e servizi, e con essa la produzione di emissioni climalteranti.
- Details
- Hits: 1565
Di caos in caos
di Michele Castaldo
La crisi del governo di “unità nazionale”, diretto dall’uomo della provvidenza, il banchiere Draghi, in piena estate, mostra non il fallimento della politica come vogliono sostenere la gran parte dei commentatori e degli intellettuali. No, è la crisi di un modo di produzione in crisi, ovvero di interessi di più classi in contrasto fra loro e in ognuna di esse, perché si vanno sempre più riducendo i margini del mercato.
All’orizzonte: il costo delle materie prime che determinano addirittura le alleanze storiche internazionali; la necessità di far fronte dando un impulso alle grandi aziende per renderle competitive e le ricadute di questo processo sui settori destinati perciò ad essere falcidiati: i taxisti per la Uber, le 50.000 imprese a rischio di chiusura, la revisione dei contratti dei beni demaniali. Si tratta di interessi economici che stridono fra loro e ne fanno le spese i partiti che si candidano a rappresentarli. Si provi solo a immaginare quale somma occorrerebbe per 50.000 mila imprese sull’orlo del fallimento, che Giuseppe Conte, per un verso, e Salvini per il versante del nord, vorrebbero salvare. E sotto accusa cosa è se non il reddito di cittadinanza?
All’interno dell’attuale caos dei partiti e dei vari raggruppamenti politici si segnala, in controtendenza, una crescita continua del partito di estrema destra della signora Giorgia Meloni, che viene visto come il fumo negli occhi dai democratici e dalla sinistra. E proprio coll’approssimarsi del centenario della Marcia su Roma del 28 ottobre del 1922, il partito Fratelli d’Italia, il partito dei patrioti, come lo definisce la Meloni, potrebbe festeggiare quel centenario con la nomina se non addirittura il giuramento di un nuovo governo della Repubblica Italiana nata dalla Resistenza. Insomma la Storia, quella vera, gioca sempre brutti scherzi agli uomini che pensano di dirigerla.
- Details
- Hits: 1111
Senza partito comunista non c’è rivoluzione
di Alessandro Testa
"Senza un’avanguardia che operi per sostenere la classe nel suo faticoso cammino verso l’acquisizione di una sua coscienza propria e quindi, verso la comprensione dei suoi reali interessi e finalmente verso una lotta senza quartiere contro l’inumano e alienante modo di produzione capitalistico e contro le sue sovrastrutture – Stato, modelli sociali, cultura (o meglio “dis-cultura”) – di quale rivoluzione si potrebbe mai sognare?"
Riprendiamo in queste brevi note alcune delle riflessioni, di grande profondità teorica e importanza pratica, poste dal compagno Valentini, proponendoci di chiosarle con qualche commento che possa, nello spirito di franchezza dialettica propria della discussione ideologica marxista leninista, esaminarne la portata ed eventualmente sottolinearne eventuali criticità o punti meritevoli di approfondimento.
Valentini pone sin dall’inizio una considerazione forte e piuttosto tranchant: a suo avviso più che di comunismo bisognerebbe – in questa fase storica – parlare piuttosto di rivoluzione. Il suo incipit, forte e deciso, è questo:
“Quando sostengo la necessità di un nuovo soggetto politico per l’Italia e per l’Europa non ripropongo la questione comunista, anzi uso raramente la parola comunista e solo in occasione di riferimenti storici. Sono fermamente convinto che non è tramite il rilancio di un movimento comunista che si possa uscire dalla situazione di subalternità al pensiero liberale”.
Come tutti gli intellettuali di vaglia, Valentini supporta la sua idea con dovizia di riflessioni e puntuali citazioni di Marx, Engels e altri giganti del pensiero comunista, citazioni che per non dilungarci non riportiamo qui, rimandandovi alla lettura del saggio integrale del compagno, pubblicato in un precedente numero di Cumpanis.
- Details
- Hits: 1566
Imperialismo e sottoconsumo in Sweezy e Baran
di Bollettino Culturale
Paul Sweezy, un marxista americano di grande importanza nel XX secolo, ha collaborato lungamente con Paul Baran, un marxista nato nell'ex impero russo, con l'obiettivo di evidenziare l'unicità dell'economia mondiale sotto la direzione del capitalismo monopolistico, nonché la centralità della categoria “surplus economico” come spiegazione delle crisi. Sweezy, ancor prima della sua collaborazione con Baran, stava già cercando di approfondire, con maggiore attenzione, il problema del mismatch tra produzione e realizzazione di merci nella sua opera più nota “Theory of Capitalist Development”, pubblicata negli anni ‘40. In questo opuscolo, Sweezy ha sottolineato che Marx non ha dedicato un'analisi del sottoconsumo nella produzione capitalistica, concentrando la sua attenzione sull'ambito della produzione in situ. Il cuore dell'analisi di Sweezy è il processo di circolazione del capitale, secondario ai cambiamenti nella composizione organica del capitale come principale fattore scatenante della crisi.
Sweezy ha evidenziato che il sottoconsumo esercita un'influenza preponderante sulle dinamiche dell'economia mondiale, essendo una dimensione inscindibile del funzionamento del capitalismo che contribuisce a due distinti sviluppi: crisi e stagnazione. La crisi deriverebbe dall'offerta aggiuntiva di beni di consumo al mercato, ovvero dallo squilibrio tra offerta potenziale e domanda di consumo potenziale, determinando una riduzione della capacità produttiva aggiuntiva. La stagnazione deriverebbe dall'incapacità del mercato di assorbire il volume potenziale dei beni di consumo. A proposito di quest'ultimo punto, Sweezy ha affermato che, poiché il capitalismo presenta sempre una capacità produttiva potenziale che viene utilizzata raramente, pena la sofferenza del sottoconsumo, il suo ritmo normale è quello della stagnazione.
Page 75 of 544