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Sulla creazione politica, critica filosofica e rivoluzione

Un saggio di Emanuele Profumi

di Guido Grassadonio*

klimt111Il volume Sulla Creazione Politica, critica filosofica e rivoluzione, di Emanuele Profumi, edito da Editori Internazionali Riuniti (EIR), si colloca in perfetta continuità con i precedenti lavori dell’autore. Da un lato l’interesse per la filosofia di Cornelius Castoriadis richiama la monografia dedicata al filosofo greco edita da Mimesis nel 2010 (E. Profumi, L’autonomia possibile. Introduzione a Castoriadis, Mimesis, Milano 2010) dall’altro l’interesse per le vicende politiche dell’America Latina ed il Brasile in particolare continua quanto iniziato con Il Passo del gigante. Viaggio per comprendere il Brasile di Lula, edito da Aracne nel 2012.

Essendo, sin dal titolo, un volume manifestamente filosofico, il legame più forte è forse proprio col saggio del 2010. Con una differenza non da poco: Profumi prova ora a staccarsi da Castoriadis. Non nel senso di un’abiura delle tesi del maestro, quanto piuttosto in quello di una elaborazione originale di una propria filosofia politica. Filosofia politica che si radichi sì all’interno del post-marxismo castoriadisiano – con una ripresa evidente di alcune tematiche marxiane e la critica ad altre – sapendo però allo stesso tempo ri-orientare il proprio centro di interesse verso alcuni orizzonti – in particolare l’idea di creazione politica – che muovono oltre Castoriadis.

Un Castoriadis oltre Castoriadis se volessimo risolvere la descrizione con una battuta rievocativa, che sicuramente spiacerà all’autore, non esattamente affine filosoficamente ad Antonio Negri.

I propositi di Profumi sono fin da subito ambiziosi, forse anche troppo. L’idea è quella, come detto, di sviluppare un pensiero proprio, con una sua originalità filosofica ed un legame col dibattito attuale; interessante, in questo senso, che l’ultima parte del volume si proponga di dialogare criticamente con tre autori contemporanei di prima importanza all’interno delle proposte filosofiche legate a politiche emancipatorie, in qualche modo marxiste o post-marxiste: Slavoj Žižek, Alain Badiou e Jacques Rancière. Ma Profumi punta anche a realizzare un testo che sia pienamente accademico. Nel presentare le proprie posizioni, non dimentica di contestualizzarle all’interno del dibattito recente attorno all’opera di Castoriadis. Molte pagine sono dedicate a precisare come alcune letture siano fuorvianti o meno. Così come nella costruzione della propria posizione filosofica, vengono tributati di attenzione anche altri autori, fra cui citiamo soprattutto Francesco Alberoni e Aldo Capitini (la rivalutazione dell’esperienza teorico-pratica del movimento nonviolento italiano è sicuramente uno dei meriti principali del percorso intellettuale di Profumi).

Va detto subito che l’idea di presentare un libro che sia e accademico, e entri all’interno di un dibattito che prova ad andare oltre la mera accademia è lodevole, ma l’obiettivo non del tutto raggiunto. Questo soprattutto a un livello meramente stilistico e non tanto contenutistico. Questo ondeggiare fra due scritture ed orientamenti diversi, a volte disorienta il lettore specialistico e potrebbe scoraggiare quello non specialistico. Ma, ribadiamo, si tratta di una critica al vestito dell’opera non al suo contenuto.

Il volume si caratterizza per una distinzione radicale in tre parti. La prima teorica, dove Profumi ricostruisce l’ontologia sociale castoriadisiana e mette in chiaro cosa sia effettivamente la categoria della creazione politica, all’interno di una filosofia ben precisa – che appunto parte da Castoriadis ma va oltre. La seconda parte prova a mostrare come questa categoria possa essere uno strumento epistemologico fondamentale sia all’interno di una ricerca sociologica, sia all’interno di un’analisi politica del reale concreta e dell’elaborazione di progetti emancipatori. La storia del Brasile viene ri-raccontata, allora, alla luce di tutto l’armamentario filosofico-sociologico di Castoriadis, o meglio, del Castoriadis secondo la lettura di Profumi. La scelta del Brasile, come detto, è in perfetta continuità con il percorso intellettuale dell’autore. Ciononostante, temiamo possa in qualche modo spiazzare un lettore italiano, dato che racconta fatti non così conosciuti nel nostro Paese. In molti casi, risulta difficile esprimere una valutazione sulla pertinenza di una ricostruzione di eventi che di per sé non si conoscono così bene (ricordiamo che si sta parlando di un testo di filosofia).

La terza parte, come è stato già accennato, si occupa di mostrare come la prospettiva aperta da Profumi sia (o sarebbe) da preferire a quella di tre filosofi di indubbio successo ed influenza: i già citati, Žižek, Badiou e Rancière.

È impossibile nello spazio della recensione dare conto di tutta la complessità della filosofia politica castoriadisiana, così come proposta e corretta da Profumi. Cerchiamo allora di capirne almeno la portata e suggerire qualche possibile limite.

La nozione di creazione politica trova, come abbiamo visto, nella filosofia di Castoriadis la sua fonte filosofica più coerente e completa, a patto di correggere e approfondire qualche punto. Potrà sembrare, a prima vista, che sia un concetto pensato in rottura con Marx. In effetti, quest’affermazione è tanto vera, quanto falsa. Secondo Profumi, Castoriadis proprio nell’urgenza di ricostruire un pensiero dell’emancipazione umana dopo aver distrutto – nella prima parte de L’IIS – la concezione materialistica marxiana e i suoi nodi deterministi, riscopre il Marx pensatore dell’autonomia. Per Profumi, Marx è sempre vissuto nell’ambiguità fra una teoria «che si vuole spiegazione della razionalità interna alla storia» e la «praxis storico creativa». L’ambiguità non sarebbe stata sciolta che nei lavori della Scuola di Francoforte e, soprattutto, del gruppo che girava attorno alla rivista Socialisme ou barbarie, da cui proviene lo stesso Castoriadis.

Per chi scrive questa lettura di Marx, per quanto corrispondente all’interpretazione castoriadisiana, non fa giustizia alla complessità del rapporto theoriapraxis nel pensiero marxiano, né al dibattito sul tema, che ha di molto superato (e preceduto) il confine del dualismo Francoforte-SoB. Si veda, innanzi tutto il testo di E. Balibar La filosofia di Marx (ManifestoLibri), dove è suggerito come in Marx vi sia un’interessante coincidenza dei concetti di praxis, poiesis e theoria. Si tratta di un testo che sappiamo essere noto a Profumi, ma che inspiegabilmente non viene preso qui in considerazione. Sul non-determinismo di Marx, un’altra opera abbastanza recente, per quanto non recentissima, è Marx l’intempestivo di D. Bensaid (Edizione Alegre), altro autore che dovrebbe in qualche modo essere nella sfera di quelli “frequentati” da Profumi. Ad essere scavalcato, sul tema è poi tutta la scuola hegelo-marxista, che non può essere ridotta ad Adorno, Marcuse e Horkheimer. In particolare, visto i nostri interessi, ci preme ricordare la teoria di derivazione lukàcsiana proposta a partire dagli anni ’50 da L. Goldmann, di una coincidenza (in senso hegeliano) parziale fra soggetto-oggetto come momento teorico d’incontro fra la teoria e la pratica, che si realizza in una scommessa pragmatica-teorica affine a quella proposta ne I pensieri da B. Pascal (Cfr. L. Goldmann, Il Dio nascosto. Studio sulla visione tragica nei “Pensieri” di Pascal e nel teatro di Racine, Laterza, Bari 1971 e L. Goldmann, Marxismo e scienze umane, Newton Compton, Roma 1973). Il marxismo come scommessa di una rivoluzione possibile è fra l’altro una teoria cara a E. Morin, altro autore caro a Profumi (si veda l’intervista di A. Cingolani a E. Morin, sul Corriere della Sera del 31 dicembre 1998. Disponibile anche online all’indirizzo http://goo.gl/o1CQCX).

L’impressione è che quest’ultimo segua Castoriadis nella pars destruens del proprio discorso, senza rendersi conto che essa mira più al Marx conosciuto in ambienti trotzkisti, che a quello filosoficamente discusso anche negli stessi anni. Se il filosofo greco aveva innanzi tutto il bisogno di prendere distanze dalle proprie vecchie posizioni, noi possiamo tranquillamente riconoscere che nella creazione di un’ontologia sociale totalmente immanentista e calata in una storicizzazione al tempo stesso fondante, ma costantemente aperta lo scarto fra Castoriadis e Marx resta minimo. Certo, a partire da questo nodo comune i due autori divergono scegliendo come motore una forza dialettica diversa. Marx guarda alla lotta di classe e il suo fondarsi/fondare un sistema di produzione, Castoriadis al rapporto costante fra società istituente e società istituita (Riteniamo che anche in questa sede, una volta compresa la nozione di produzione in Marx e di totalità sociale, si vedrà che lo scarto teorico è comunque molto minore di quanto non si possa pensare ad una prima lettura).

Tenendo fermo all’idea di una società costruita sopra la dialettica (non hegeliana) fra istituente e istituito, Profumi ricava l’idea della democrazia come momento in cui si mette in discussione l’istituito, facendo leva sui principi della creazione politica e dell’autonomia. Posto tutto ciò, l’autore dà sostanza a questa teoria, non risparmiandosi in un’analisi dei suoi punti più critici e dando un ampio spazio sia alle critiche recenti presentate contro il progetto castoriadisiano, sia mostrando la sua fertilità nell’incontro con altre posizioni, come quelle dei già citati Capitini e Alberoni. Decisamente interessante risulta la spiegazione di come la creazione politica possa essere considerata ex nihilo, senza cadere in un evidente irrazionalismo. In breve, sfuggendo al lessico castoriadisiano, di cui qui non avremmo lo spazio per darne conto nella sua complessità, si tratta di dire che le istituzioni hanno un loro fondamento immanente, dovuto al riconoscimento che gli uomini concedono loro. Ma sotto il riconoscimento e il perpetuarsi delle pratiche non vi è nulla, se non vuoto. Questo apre alla possibilità di una critica radicale e di un’esperienza mistica della “niente” dell’esistenza sociale, di un nichilismo come momento esistenziale parziale ma fondamentale di ogni progetto di autonomia. È possibile criticare le istituzioni esistenti, perché esse di fatto sono (anche) niente. Il niente non è da intendersi come vuoto assoluto, come mancanza di materia. Ma è nell’istituirsi che gli oggetti ed i concetti prendono forma e determinazione. Prima della creazione c’è qualcosa, ma diventa davvero qualcosa solo nel momento in cui si istituisce come tale. In questo senso, la creazione castoriadisiana sfugge a qualsiasi determinismo possibile.

Ad ogni modo sarebbe stato, a nostro parere, decisamente interessante un paragone su questo modo di intendere l’ontologia sociale ed altre proposte, magari contemporanee o quasi a quella castoriadisiana. Ad esempio tutto il lavoro di Lukàcs nelle sue opere sull’ontologia dell’essere sociale, volti ad individuare il momento dell’autonomia umana non come legata alle sue possibilità “creative”, ma a quelle di «rispondere» ad una data situazione.

Lo sforzo di Profumi prova a trovare una sua concretezza nel secondo capitolo. Come detto, si tratta qui di vedere in azione la nozione di creazione politica e di autonomia in un’agile ricostruzione della politica brasiliana. La ricostruzione è come detto agile, ma spazia decisamente molto, passando dal primo Novecento ad una critica della Presidenza Lula. A partire dal dopo guerra e soprattutto negli anni ’70, l’autore vede svilupparsi un momento di creatività politica importante, votato ad aumentare le pratiche di autonomia e di liberazione dell’uomo da stesso in seno alla società. Anche se la ricostruzione sembra funzionare, si resta però un attimo spiazzati. Secondo una concezione immediata, ogni creazione prevederebbe sempre un soggetto di tale creazione. Nella ricostruzione profumiana, al contrario, si ha quasi l’impressione che tale tendenze all’autonomia emergano ad un certo punto per costellazione, spesso con nessi fra le varie esperienze non evidenti o non decisivi. Dunque chi è il soggetto della creazione politica? In questo senso, i capitoli dedicati alle esperienze particolari del Movimento dei senza terra e di quello politico-locale di Porto Alegre. All’interno di questa prospettiva più ristretta, pur se si sfugge ad una nozione “classica” di soggetto, appare decisamente più facile comprendere almeno di che soggettività si stia parlando. Di fatto, rappresentano i due capitoli più convincenti della sezione.

In realtà, la mancanza di chiarezza sul tema della soggettività ha un suo fondamento. In particolare si radica nella teoria castoriadisiana del sociale-storico. Teoria che, di fatto, inconsapevolmente ribadisce le basi teoriche dell’ontologia sociale marxiana (su questo punto l’autore non sarà d’accordo, ma è qui evidente come Castoriadis non fa che riattivare le teorie espresse nelle Tesi su Feuerbach, moncando la propria argomentazione di ogni teoria sulla soggettivazione collettiva e, di fatto, depotenziando tutto il complesso dispositivo epistemologico marxiano), eliminando però ogni teoria del soggetto transindividuale (come effetto della relativizzazione dell’importanza de concetto di classe). Possiamo quindi concludere, pur non condividendo questo lato della teoria castoriadisiana, che l’esposizione di Profumi pecchi magari di chiarezza, ma non di coerenza. Il tema del sociale-storico, poi, era un tema decisivo all’interno di uno dei capitoli di Profumi 2010 (op. cit, pp. 125-134). È dunque sufficientemente semplice recuperare il senso dell’operazione, anche se qualche perplessità sull’efficacia sociologica della categoria di sociale-storico resta.

In conclusione, l’opera di Profumi è ambiziosa ed anche riuscita per molte parti. Se l’obiettivo era quello di mettere il pensiero di Castoriadis alla prova dei fatti e della contemporaneità, il risultato è decisamente notevole. Il che non vuol dire che la sua posizione non possa rivelare eventuali debolezze, che però sono decisamente preventivabili visto la portata ed il coraggio dell’impresa teorica. Anche l’idea di confrontarsi alla pari con tre “mostri sacri” del dibattito odierno, come viene svolto nella terza parte, mostra bene la fertilità di alcuni spunti teorici proposti. Ovviamente, la vastità del tema fa sì, che questa sezione scorra come un confronto su alcuni punti fra pensieri diversi, più che un vero e proprio confronto stretto. Per fare quello, però, Profumi avrebbe dovuto scrivere probabilmente altri tre libri, uno per ognuno dei filosofi presi in esame.

 

*Guido Grassadonio, nato a Palermo nel 1983, ha studiato filosofia all’Università degli Studi di Palermo e alla Sapienza di Roma, laureandosi sotto la direzione del prof. S. Petrucciani. È attualmente dottorando all’EHESS di Parigi. Nel 2013 per Malatempora ha pubblicato Libertà, prassi, soggettività. La filosofia di Marx. Ha pubblicato articoli per diverse riviste filosofiche e nel 2014 è stato tra i curatori del settimo numero della rivista «Consecutio temporum», dedicato al rapporto fra Verità e Politica.
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