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linterferenza

La Palestina sì, il Donbass proprio non ci piace…

Fabrizio Marchi

donbassLa cosiddetta crisi russo-ucraina o, per meglio dire, il processo di destabilizzazione di quell’area in corso ormai da tempo in seguito al colpo di stato avvenuto in Ucraina che ha portato al potere l’oligarchia locale filo USA e filo UE che non hanno esitato, per lo scopo,  a servirsi delle bande paramilitari nazifasciste di Svoboda e Pravj Sector, ha fatto emergere delle contraddizioni macroscopiche in una buona parte della sinistra cosiddetta “radicale” e anche di quella cosiddetta “antagonista”.

Infatti, una parte consistente e forse addirittura maggioritaria di queste aree politiche (ormai più culturali che politiche…) sostiene che non bisogna prendere posizione, che non bisogna schierarsi perché saremmo di fronte ad uno scontro inter-imperialistico fra gli USA da una parte e la Russia dall’altra.

C’è del vero anche in questo, sia chiaro. Del resto la Russia di Putin non è certo un modello di socialismo e di democrazia, come ho già avuto modo di spiegare in questo mio articolo pubblicato alcuni mesi orsono su questo stesso giornale:  http://www.linterferenza.info/esteri/un-primissimo-sguardo-sulla-crisi-russo-ucraina/

E’ evidente che la Russia sta cercando di difendere la sua posizione di potenza egemone in quella che è storicamente la sua area di influenza, o meglio, ciò che di quella rimane dal momento che le tre repubbliche baltiche sono già state sottratte al suo controllo da un pezzo, ridimensionandola fortemente.

Sfilargli anche l’Ucraina (operazione al momento riuscita solo in parte) significherebbe accerchiarla completamente sia dal punto di vista militare che economico. Il gas e le risorse naturali dell’Ucraina fanno gola a tutti, in primis agli USA per i quali il controllo delle risorse energetiche mondiali è di importanza strategica. Del resto l’Impero non va avanti a chiacchiere ma a trilioni e triliardi di barili di petrolio (e di dollari). In Iraq lo succhiano praticamente “aggratise”, in Ucraina vogliono fare lo stesso (o quasi) con il gas, magari rivendendolo  all’Europa a prezzi “concordati” (ca va sans dir…).

Logico quindi che la Russia non possa stare a guardare e abbia in qualche modo cercato di rispondere a quella che è chiaramente un’aggressione indiretta alla sua economia e alla sua stessa stabilità politica interna. Della qual cosa potremmo, da un certo punto di vista, disinteressarci completamente, dal momento che nessuno di noi, e tanto meno chi scrive, ha in particolare simpatia Putin e l’attuale regime capitalistico oligarchico russo (con tutte le peculiarità del caso date dal contesto storico, sociale e culturale della Russia; rimando anche in questo caso alla lettura del mio articolo succitato) da lui guidato.

Tuttavia la politica e in particolar modo la politica internazionale, è materia complessa che va approcciata con occhi politicamente lucidi e possibilmente al riparo da schematismi di ordine ideologico.

Se, infatti, dovessimo applicare alla lettera la logica che seguono molti esponenti, militanti e in diversi casi anche amici appartenenti a quella sinistra di cui sopra, non avremmo coerentemente dovuto sostenere, ad esempio, il movimento per l’indipendenza irlandese (di cui l’IRA e il Sinn Fein erano ovviamente mattoni fondamentali) che era un movimento fortemente nazionalista, con diverse componenti al suo interno, e fra queste anche alcune dichiaratamente fasciste. Quindi un fronte molto composito, popolare, solo in minima parte di classe (non lo dice il sottoscritto ma la geografia politica interna all’IRA e al Sinn Fein), con molte contraddizioni al proprio interno.

Potremmo naturalmente portare decine e decine di esempi. I movimenti di liberazione anticolonialisti del variegato mondo arabo non avevano forse delle contraddizioni al proprio interno? Vale per il movimento di liberazione algerino così come per l’Egitto di Nasser, la Libia di Gheddafi e lo stesso OLP di Arafat. Per non parlare, ovviamente di organizzazioni quali Hamas e/o Hezbollah. Sono forse questi ultimi dei movimenti squisitamente di classe e marxisti? E che dire di Saddam Hussein che, non appena arrivato al potere, mise fuori legge e perseguitò i comunisti (molti furono eliminati) e poi si fece appoggiare dagli USA nella crociata contro l’Iran prima di essere a sua volta eliminato dai suoi ex supporter?

Era forse Saddam un comunista? Non mi pare proprio, eppure nessuno si è fatto (giustamente) tutti questi scrupoli nel mobilitarsi contro l’aggressione americana all’Iraq.

Stesso discorso per la Palestina. Forse Hamas (sostenuta dal Qatar..) ci piace di più della Repubblica del Donbass? Il Qatar è forse più democratico e più socialista della Russia di Putin? Non mi pare.

E allora qual è il problema? Forse che Putin è portatore di una cultura tradizionalista, maschilista e patriarcale? Invece Hamas e i qatarioti sono femministi, progressisti e di sinistra?

Come ripeto, si potrebbero portare tanti e tanti altri esempi, specie se torniamo indietro nella storia. Non si riesce quindi a capire, in tutta sincerità, questa sorta di “purismo” ideologico di molti compagni e amici. O meglio, pur senza condividerlo, si potrebbe però giustificare qualora fosse stato e continuasse ad essere accompagnato da un atteggiamento coerente. Qualora cioè si dicesse:”Non si appoggia la neonata Repubblica del Donbass perché contiene al suo interno contraddizioni per noi insopportabili, così come per la stessa ragione non si appoggia neanche la resistenza palestinese, libanese o iraqena contro le politiche imperialiste americane e israeliane e a suo tempo non si sostenne quella irlandese contro l’occupazione inglese, quella algerina contro quella francese, quella dell’Egitto di Nasser contro le potenze europee, gli USA e Israele e via discorrendo (fortunatamente in questi uiltimi casi prevalse invece il buon senso perchè la sinistra non era ancora stata “suicidata” dall’ideologia “politically correct”)”.

Questo sarebbe un discorso per parte mia assolutamente non condivisibile ma comunque dotato di una sua coerenza e di una sua dignità (seppur privo di ogni ragionevole senso della Politica).

E invece no. I nostri amici e compagni (che tali restano, sia chiaro, l’era delle scomuniche di sapore vetero stalinista è morta e sepolta per sempre, per lo meno per quanto mi riguarda) “puristi”sostengono giustamente la lotta del popolo palestinese (ben sapendo che oggi sostenere quella lotta significa sostenere Hamas, quindi una forza borghese, interclassista e integralista, a sua volta più o meno strumentalmente sostenuta da  stati reazionari e capitalisti come ad esempio il Qatar ma non solo) ma la Repubblica del Donbass proprio non gli va giù.

Perché? Perché alle spalle c’è Putin, che certamente al sottoscritto non è affatto simpatico ma non è che gli sceicchi del Qatar o degli Emirati lo siano di più.  O no?

Che dire? Evidentemente gli sceicchi fanno meno orrore di Putin o forse L’Islam, sia pure nella sua versione integralista, è considerato più tollerabile della Chiesa ortodossa russa. Oppure devo pensare che l’ideologia “politicamente corretta” (femminismo, “diritto-umanismo” ecc.) sia penetrata tanto in profondità anche nella testa e nella pancia di tanti compagni fino ad indebolire, diciamo così, la loro lucidità e capacità di analisi politica.

Ma anche qualora le cose stessero in questo modo (e da tempo penso che lo siano) il nodo resterebbe comunque irrisolto perché non mi risulta che i “petrolsceicchi” del Qatar o degli Emirati siano tanto più progressisti, tolleranti e politicamente corretti di Putin. Una cosa è certa. Se le Pussy Riot (le nuove eroine “rivoluzionarie” del femminismo mondiale e della “sinistra” radicale occidentale), ora “rifugiatesi” negli USA,  sono state sbattute in galera da Putin per un paio d’anni, nel Qatar o nell’Arabia Saudita avrebbero gettato le chiavi non dopo severe pene corporali…

Alla luce di tutto ciò, non resta veramente altro per spiegare la posizione di questi amici e compagni.

A loro, se vogliono, il diritto di replica.

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