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Il Dottor Stranamore nel deserto

di Piotr

Capire il nuovo puzzle della guerra in Medio Oriente: un gioco pericoloso come lo era l'invasione tedesca della Polonia, stavolta con ISIS e altri giocatori

news 220660Winston Churchill con alcuni minuscoli biplano a elica in poche settimane stroncò una rivolta di milioni di Iracheni. Incidentalmente ricordo che lo statista inglese perorò anche l'utilizzo dei gas, perché, a suo modo di vedere, un conto era non usarli tra i popoli civili d'Europa e un conto era gasare "tribù selvagge" (o i Bolscevichi), cosa da lui ritenuta più che legittima. Chi in Inghilterra si opponeva a questi mezzi era considerato da Churchill un idiota contrario all'uso di "espedienti scientifici". Insomma, un oscurantista contrario al progresso tecnico e scientifico. Questo colui che poi diventò il maggior antagonista occidentale del nazifascismo.

Prima morale: attenzione, molta attenzione, all'uso di dicotomie come "progresso/reazione", "fascista/antifascista", "civile/incivile" e così via.

Dopo questi preliminari passiamo al dunque.

Con tutti i loro bombardieri supertecnologici, e fuorilegge secondo il diritto internazionale, i bombardamenti degli Usa "contro l'ISIS" hanno come bilancio: alcuni edifici preventivamente evacuati dagli jihadisti, alcune distese di deserto, 14 jihadisti, numerose infrastrutture siriane e un numero molto alto di civili. Thierry Meyssan ha calcolato in base alle cifre ufficiali, che parlano di 300 jihadisti uccisi, una media di 13 missioni aeree (tredici!) e un numero imprecisato di bombe e missili per uccidere un singolo jihadista. Il tutto su un terreno dove è praticamente impossibile nascondersi.

Stando alle stime del Guardian e della CNN, l'uccisione di un singolo combattente jihadista viene a costare diverse centinaia di migliaia di dollari, o più probabilmente di petrodollari. C'è chi si sforza di spiegare questa fantastica inefficienza con la mancanza di informazioni in loco, chi con la burocrazia del Comando Centrale USA (CentCom), ma per me la spiegazione più verosimile è "presa per i fondelli".

La presa in giro è infatti più che evidente come è evidente che nessun giornalista o analista del mainstream ha invece il coraggio di metterla in evidenza. Scemenze ed omissioni che parlano più di diecimila inchieste.

Gli USA si sono persino stancati di far moine, hanno gettato la maschera e la portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki, ha affermato apertis verbis che a loro dell'ISIS non gli interessa un gran che e quindi se prende Kobani facendo polpette dei suoi abitanti per loro non è un grosso problema perché il vero problema strategico è la Siria («it's obviously horrific to watch what's going on on the ground. But it's important for the United States, for us, to also step back and remember our strategic objectives as it relates to our efforts and our engagement in Syria»).

In realtà si tratta di una mezza verità, che nasconde diverse cose:

1) L'ISIS è un reparto armato della Casa Saudita (come viene mostrato in un'intervista della tv saudita al Arabiya) e i Saud sono i più fedeli e antichi alleati in Medioriente degli USA.

2) Gli Usa non amano i Curdi siriani perché fino ad oggi si sono rifiutati di unirsi ai "ribelli" anti-Assad e, anzi, hanno dato del filo da torcere ai ribelli stessi.

3) I Curdi siriani sono alleati col partito curdo del PKK in Turchia, che è pur sempre una spina nel fianco del bastione mediorientale della NATO (e lo si è visto anche di recente) mentre sono molto sospettosi e guardinghi nei confronti del clan Barzani, alleato in Iraq con USA e Israele (quello a cui l'Italia sta dando le armi, ovviamente).

4) Il Kurdistan siriano è una delle micro aree in cui si vuole spezzettare la Siria, ma dato che i Curdi siriani non collaborano, tanto vale fare una pulizia etnica.

Quindi una prima deduzione logica è che la signora Psaki sarà pur orripilata a vedere i massacri a Kobani ma gli Usa in cuor loro sperano che l'ISIS conquisti la città e faccia polpette dei suoi abitanti (come hanno dimostrato di voler fare).

Perché allora la pantomima iniziale? E perché la "svolta" recentissima, ovvero gli aiuti a Kobani da parte di Usa e Turchia?

Per prima cosa, sono sempre loro a dirlo, i Sauditi e Erdoğan , il "salvataggio" di Kobani doveva essere la scusa per lanciare un attacco in grande stile alla Siria.

L'attacco finora però non c'è stato. Perché?

Procedo cercando di far lavorare la logica su pochi pezzi di un puzzle che in larga misura mi è sconosciuto. Ecco alcune ipotesi che non si escludono a vicenda. Anzi possono essere perfettamente compresenti.

a) La breve ma intensa ribellione curda all'interno della Turchia (più di 40 morti) ha fatto nascere il forte timore di una prossima recrudescenza della guerriglia da parte del PKK. Recrudescenza che congiunta al latente scontento sociale (di cui le rivolte di Taksim Meydanı sono state un forte segnale), costituirebbe una miscela esplosiva. Tenuto poi conto che in Turchia ci sono formazioni comuniste molto combattive, il rischio è che il bastione sud-orientale della NATO si becchi sui denti la sua specifica rivolta di piazza - con possibile partecipazione straordinaria ma discreta della Russia. Una rivolta che sarebbe tra l'altro il preoccupante segno dell'esistenza della nemesi storica: Maidan vs Meydan.

b) Ipotizzo dure minacce da parte della Russia. Se ci sono effettivamente state, allora sono state durissime, perché quelle di cui viene a conoscenza la stampa sono solitamente le più spettacolari, ma meno serie. Le vere minacce e controminacce sono top secret, con ciò onorando l'adagio che dice che il can che abbaia non morde, ma se ringhia probabilmente sì.

c) Infine - ma potrebbe esser messo in testa - tra USA, Sauditi e Turchia non c'è nessun accordo di fondo sulle prossime mosse, perché non c'è accordo sul risultato finale. I Sauditi hanno capito che devono guardarsi alle spalle da alcuni settori statunitensi che amerebbero balcanizzare anche l'Arabia saudita e persino la Turchia. Quindi devono contemporaneamente perseguire i propri interessi e dimostrare di essere alleati indispensabili. Per far ciò stanno facendo leva sull'ISIS e il suo uso polimorfico: testa di ponte per il controllo di un cuneo strategico nel Medio Oriente allargato, organizzazione - ormai territoriale - strategica per la propagazione del caos verso Iran, Russia, India e Cina, minaccia possibile per gli interessi USA e persino direttamente per gli USA se la furia balcanizzatrice dei neocons dovesse minacciare la vasta proprietà privata del gerontocomio dei principi wahhabiti, detto "Arabia Saudita". Utilizzando questo polimorfismo, infine, i Sauditi cercano di far progredire il loro piano specifico di espansionismo wahhabita.

Erdoğan più o meno fa gli stessi conti, ha problemi simili con l'alleato nordamericano e cerca un vantaggio che però interferisce con quello ricercato dai sauditi, dato che il progetto turco è quello di un espansionismo neo-ottomano targato Fratellanza Musulmana. Ad ogni modo pur sempre un espansionismo asiatico e musulmano, due caratteristiche che in linea teorica dovrebbero essere viste con molto sospetto dai custodi dell'ortodossia kemalista (laica e orientata all'Europa): la magistratura e l'esercito turchi.

Infine gli USA devono non irritare troppo i due grandi alleati, far finta che si troverà una soluzione soddisfacente per tutti, non farsi tirare da loro verso una parte o verso un'altra e, soprattutto far infine trionfare i propri interessi strategici.

La recente "svolta" degli aiuti statunitensi a Kobani e dell'apertura turca al flusso di combattenti curdi verso la città assediata, può quindi essere inquadrata proprio in un complesso negoziato tra Usa, Turchia, Pkk, Regione autonoma del Kurdistan iracheno (cioè Masoud Barzani) e partito curdo siriano Pyd. Un negoziato dove tutti gli elementi precedenti entrano in gioco.

In sostanza io credo che sul tavolo ci siano le seguenti questioni: a) il clan di Barzani, la cui alleanza con Usa e Israele lo aveva alienato dalle formazioni curde in Turchia e Siria, ha capito che senza l'appoggio di queste l'Isis può mettere seriamente in forse il suo ambizioso piano di ritagliarsi uno stato curdo comprendente parte delle regioni petrolifere irachene (piano sostenuto dagli Usa). b) Gli Usa non sono felici di vedere i pozzi petroliferi iracheni in mano Isis, ovvero in mano saudita. Abbastanza evidentemente, una "Grande Arabia Saudita" non può avere spazio nella strategia di balcanizzazione del Grande Medio Oriente perseguita da Usa (e Israele). Inoltre gli Stati Uniti probabilmente sperano di ottenere il passaggio del Pyd nella coalizione anti-Assad. c) Questa è anche la speranza di Erdoğan, che in più ha altri problemi da risolvere: non mostrarsi oltre misura sponsor dell'Isis (cosa risibile, perché persino il vicepresidente statunitense Joe Biden lo ha accusato di ciò; dato il pulpito da cui veniva la predica la miglior lettura dell'accusa è forse questa: "Erdoğan, non hai capito che la strategia di fase è cambiata. Adeguati"); mettere i bastoni tra le ruote all'espansionismo saudita; non gettare altra benzina sul fuoco della questione curda.

Possiamo ipotizzare che gli Usa visto come si mettevano le cose abbiano optato per un piano C. Un piano innanzitutto coerente col soft-power di cui è fautore Obama, ovvero facciamo agire forze locali substatali e noi ci riserviamo di manovrare da dietro le quinte. Leading from behind, proclamò Barack O'Bomba (nomignolo appioppatogli dalla sinistra statunitense, evidentemente meno rimbecillita della nostra).

Piccola previsione: se il piano C avrà successo, la Clinton, ovvero la feroce fautrice dello scontro diretto, dell'hard-power, non vincerà. Se invece il piano C dovesse fallire alla Casa Bianca avremo con molta probabilità il dubbio piacere di vedere lo spettacolo di una donna progressista rincorrere come un'erinni nevrotica i generali del Pentagono che scappano terrorizzati con la valigetta dei codici nucleari per cercare di non farle pigiare i bottoni fine-di-mondo. Insomma, il capovolgimento della situazione narrata da Kubrick nel Dottor Stranamore.

Ma in cosa consiste il piano C?

In termini generali lo posiamo illustrare con una metafora idraulica. Avendo messo in moto un flusso che evidentemente non vogliono fermare ma non riescono a controllare direttamente, per tutte le ragioni sopra esposte, gli Stati Uniti cercano di incanalarlo aprendo saracinesche o alzandole, decisioni che possono anche essere prese in modo reattivo, quasi all'impronta, avendo come punto di riferimento solo alcuni elementi strategici.

Espresso invece con una metafora informatica, se l'iniziale strategia di Bush Jr era vecchio stampo, come una sorta di black-box, cioè quei processi dove c'è un input di tipo noto, un'elaborazione prefissata e un output di tipo prefissato (la famosa tabella di marcia del 2001, Libia, Libano, Siria, Sudan, Somalia, Iran e Iraq, svelata dal generale Wesley Clark), al contrario il piano C di Obama riflette un modello di "interactive processing", dove l'elaborazione viene ridefinita dinamicamente da dati ed eventi, anche inaspettati.

Per quanto riesco a capire, il piano C consiste - alla data - nel lasciare che l'Arabia Saudita tramite l'Isis conquisti parte dell'Iraq e parte della Siria, far sparire nel nulla lo "sceicco" al Baghdadi (magari con un fake-bliz alla bin Laden) e al suo posto far emergere un "moderato", che magari farà mediaticamente piazza pulita degli "estremisti" con l'esecuzione pubblica di qualche ragazzotto disilluso dalla crisi sistemica e rimbecillito dai sermoni nelle moschee in quota alla Casa Saud. Magari, per l'occasione, verranno liberati gli ostaggi occidentali, tra cui quelli laggiù finiti non perché rimbecilliti dai sermoni islamisti ma da quelli laici dei media occidentali più blasonati - tipicamente progressisti.

Avremo così un prolungamento dell'Arabia Saudita riconosciuto o semi-riconosciuto dall'Occidente, e quindi da esso più controllabile politicamente. Già ci stiamo premunendo chiamandolo non più Isis ma semplicemente Stato Islamico (IS). L'IS si conformerà come un cuneo nel centro dell'Asia, per molti effetti un prolungamento dello Stato più reazionario del globo, da qualsiasi punto lo si voglia considerare, pronto a diventare polo di attrazione e di controllo dell'islam sunnita internazionale (leggasi, India, Pakistan, Indonesia, Filippine, Turchia, Uiguri, Kosovo, Bosnia, eccetera, oltre agli stati arabi, ma in qualche misura anche i paesi europei con forte immigrazione islamica, così che sarà sempre più difficile, tra l'altro, controbattere alle spinte xenofobe nelle società europee, spinte che alimenteranno il caos con altro caos).

Diciamo che si creerà uno stato confessionale capace di influenzare potenzialmente un miliardo di persone (si vedano le ottime analisi di Pierluigi Fagan) e quindi capace di mobilitare professionisti del caos imperiale nella metà del mondo che adesso più conta. Nel cercare di prevenire questo scenario è verosimile che gli Stati summenzionati inizino fin da subito a mettere in pratica politiche repressive che se non accompagnate da misure politiche adeguate (cosa che purtroppo vedo difficile anche per via del lato economico della crisi) potrebbero preparare il terreno al caos stesso.

Se nell'ultimo post ho parlato di "metabolizzazione costantiniana", qui possiamo parlare di "metabolizzazione obamiana": che c'è di meglio che trasformare in un'arma-creatrice-di-Storia (dove Storia=Nuovo secolo americano) l'Islam, che ricopre con macchie di leopardo di varie dimensioni, da piccole a enormi, tutta l'Eurasia, cioè il "continente strategico" di Zbigniew Brzezinski? E' un gioco pericoloso anche per gli Stati Uniti? Sì. E' un gioco pericoloso anche per le petromonarchie? Sì. E' un gioco pericoloso per la Turchia? Sì. L'invasione della Polonia non è stata un gioco pericoloso per la Germania nazista? Sì.

Vi piace la prospettiva? NO? Ho capito bene? NO? Siete sicuri sicuri sicuri?

Bene, ecco allora la seconda domanda: lo avete capito che questa è invece la prospettiva imperiale alla quale qui in Italia, oltre che a settori di destra sta lavorando uno schieramento di sinistra che va da servi coscienti e remunerati (soldi, potere e così via) a servi sciocchi e sprovveduti?

Amici e amiche dirittumanisti e dirittumaniste che vi sentite di sinistra e votate a sinistra (o pensate di farlo), capito l'antifona? Amiche femministe lo avete capito che le Femen - perfetta versione femminile del comandante fuori di zucca descritto da Kubrick - se la fanno con gli amici del nazista Dmitrij Jarosh, capo del Trizub Stepan Bandera e di Settore Destro, che, guarda un po', ha combattuto con gli islamisti ceceni chiedendo la protezione all'emiro del Caucaso del Nord, Doku Umarov, considerato dalle Nazioni Unite membro di al-Qaida?

Avete capito che tutto si tiene e che razza di collegamenti emergono?

Che sballo questo Impero che da una parte scatena fanciulle che scoprono in pubblico le tette, si calano le mutande per urinare sulle immagini dei nemici (o anche solo ostacoli) dell'Impero, fanno orge pubbliche con giovanissime donne incinte (le loro cugine Pussy Riot) o nei supermercati si infilano polli surgelati nella vagina (sempre le "compagne Pussy Riot" - vero Paolo Ferrero?) e dall'altra scatena tagliagole che le donne le lapidano, le decapitano, le stuprano e  impongono loro il velo!

Be', non si è mica imperi per niente. Per essere imperi bisogna saper agire a 360 gradi, capire quando è ora di smetterla di far sbranare i cristiani dai leoni e dare invece loro posti chiave nella società. Capire quando e dove fare il forcaiolo e quando e dove fare il libertario. Quando devastare la Terra e quando fare gli ecologisti, dove inneggiare alla libertà e ai diritti civili, e dove permettere che si scanni, si facciano stragi, si torturi, si stupri si smembrino corpi umani, si sgozzi, si crocefigga, si schiavizzi, si impali, si decapitino bambini e bambine.

Ed è chiaro, o no, dopo questi orrori come potrebbe andare a finire?

A voi la risposta.

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