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Le lezioni del capitale

Che cosa ci rivelano l’assassinio di Gheddafi e l’osceno tripudio della Clinton

di Franco Soldani

Solo chi nuota controcorrente può sperare di risalire alla fonte.
Lao Tze

Premessa

A partire dall’11 settembre 2001, la data chiave con cui si apre veramente, e non solo sul piano cronologico, il nuovo secolo, le diverse amministrazioni statunitensi, coadiuvate in questo da tutto l’Occidente di cui sono la superpotenza dominante, ci hanno fatto precipitare in un mondo alla rovescia in cui viviamo ancora oggi. In particolare oggi direi, dopo dieci lunghi anni di rodaggio della nuova macchina della propaganda. E un decennio di stress collettivo a seguito della “war on terror” seguita a quell’avvenimento cruciale. Non a caso. Come ci spiega infatti Edward Hunter, <<la gente è molto più impressionabile dalla propaganda quando è già in un intenso stato di tensione>>. È per questo che tendono a tenerci permanentemente sulla corda. Con tutti i mezzi. Soprattutto, è appena il caso di dirlo, tanto è manifesta la cosa, con le varie forme di terrorismo che sanno orchestrare così bene.

Indipendentemente dalla nostra volontà e persino contro di essa, siamo ormai entrati in un lungo viaggio come quello di Alice, senza alcuno specchio però da attraversare. La sua superficie, anzi, ci rimanda nuovamente le immagini più consuete e ordinarie della realtà, e ci ripete di non aver nient’altro da mostrarci. Questo è tutto quello che c’è. E tu uomo più non dimandare.

Da questo punto di vista, la megamacchina in questione funziona ormai perfettamente e l’attuale presidente degli Stati Uniti, che ne ha preso formalmente il volante o, se si vuole, si è impadronito del suo joy stick, può con confidenza affidarsi al regno metaorwelliano che gli odierni Megamedia, con tutto il tenebroso fascino di una creazione dal nulla, hanno disegnato appositamente per noi. In questo reame delle loro brame finalmente realizzato si assiste ormai ad una inedita pièce postnovecentesca:

la guerra diventa pace,
la violazione della Costituzione statunitense e della Carta ONU è difesa del diritto internazionale,
il sopruso e lo sterminio dei popoli diventano giustizia e difesa dei diritti umani,
l’assassinio preventivo dell’avversario, ostile o meno, poco importa, si trasforma in un atto legale di polizia internazionale,
l’imposizione arbitraria della forza diventa liberazione,
il massacro della popolazione inerme diventa protezione dei civili,
i mercenari al soldo delle grandi potenze diventano ribelli contro l’assolutismo,
l’occupazione militare e neocoloniale di un paese sovrano diventa democrazia,
la spoliazione delle sue risorse naturali si trasforma in sviluppo economico,
la trasformazione di una nazione laica in una teocrazia diventa ritorno a primeve origini culturali,
infine la sua totale devastazione, come in un incubo kafkiano di sinistre fattezze geopolitiche, si metamorfosa in una primavera araba e in una rivoluzione popolare.
Dal mondo rovesciato di antica memoria ottocentesca alla realtà surreale dei tempi odierni.

Nondimeno, è indispensabile precisare il fatto che anche tutte le forze sociali, sindacali, politiche e intellettuali effettivamente “di sinistra” e cosiddette alternative, spesso marxiste, nonché i loro media ufficiali (organi di stampa, siti web, riviste, case editrici, ecc.), si sono contraddistinte in maniera esemplare per il loro servilismo attivo nei confronti della NATO e degli USA. A livello europeo e internazionale. Quando la voce del padrone chiama, evidentemente, si devono osservare scrupolosamente, e senza replica alcuna, le sue tassative ingiunzioni. E magari scodinzolare scompostamente ai suoi piedi. Precisamente ciò che hanno fatto tutti quanti. I loro nomi sono noti e, per quanto mi riguarda, li ho già apertamente menzionati nel mio Orwell reloaded. D’altro canto, i loro scritti e le loro prese di posizione sono di dominio pubblico e liberamente consultabili. A patto ovviamente di non temere il conato. Chi volesse un’ulteriore prova di tutto ciò, può provare a leggersi, se ci riesce, il Manifesto del 20.10.2011, in cui il povero Gheddafi è ancora una volta ingiuriato da un articolo di tal Sarantis Thanopulos intitolato significativamente La morte del tiranno. Questi agenti a cachet non si smentiscono mai. È proprio il caso di dire, con Mark Twain, che non esiste cosa peggiore dei reporter.

Comunque sia, è possibile delineare una breve sintesi della trista condizione in cui siamo sprofondati e della palude in cui siamo immersi sino al collo. Forse solo toccando il fondo, ammesso che ve ne sia uno, si può sperare di risalire alla superficie. Per aspera ad astra, ci esortavano i classici. Per noi sarebbe invece sufficiente, più modestamente, credo, riuscire ad accendere un qualche lume nell’oscurità invece di maledire le tenebre.

 

Chi fa che cosa

►la destra di governo fa il suo simpatico mestiere, dedita com’è al culto della sovranità nazionale, a disciplinata (ruota di) scorta degli Stati Uniti (difficilmente del resto potrebbe fare diversamente, visto che il nostro territorio è di fatto una sola grande base militare USA: siamo un popolo occupato sin dal 1943) e agli ordini della governance finanziaria UE, spesso contro gli interessi, immediati e di lungo periodo, dell’intero paese, come nel caso dell’aggressione alla Libia. Poco contano persino per la sua Realpolitik di seconda mano e nel solco della nobile tradizione diplomatica dell’Occidente, lo si è visto, i trattati di amicizia e le norme della nostra Carta costituzionale, sulla stessa scia del resto dai massimi vertici istituzionali della Repubblica e del Parlamento;

►la sinistra di opposizione nel suo insieme, sociale e politica, laggiù in fondo a destra, in tutte le sue diverse e fittizie anime interne, esterne e addentro alla rappresentanza istituzionale, assolve alle stesse funzioni dell’esecutivo (paradossalmente pur non avendone ancora i mezzi…il che la dice lunga sul nostro prossimo domani, se mai le verranno nuovamente dati) e rappresenta ormai solo un’ala malamente larvata del pensiero liberal-borghese, con pose politiche più realiste del re dovute al suo stato di recente parvenu nei salotti buoni, nazionali e internazionali (CFR Europa, WPF, ecc.), dei dominanti. Questo composito schieramento è ormai solo una parodia del passato al servizio del grande capitale e dell’aristocrazia finanziaria, di cui riflette tra le masse popolari gli intenti e le argomentazioni. Evidentemente davvero il miglior modo di controllare la propria opposizione è assumerne, by proxy, la guida;

►dal loro canto, i marxisti sopravvissuti all’estinzione della loro epoca, insieme alle loro diverse scuole di pensiero (filosofica, sociologica, storica, ecc.), quando non incorporano nel loro intelletto la stessa forma mentis dell’ideologia grande borghese (e lo fanno quasi sempre), si limitano a ripetere come un disco rotto le vecchie categorie della tradizione da cui provengono: sfruttamento, socializzazione crescente delle FP, transizione in atto al comunismo (sic!), dispotismo d’impresa, capitale=potere, logica di mercato, economia di carta contro le virtù della produzione reale, e chi più ne ha più ne metta. In questo senso sono anch’essi responsabili della palude in cui ci troviamo. Dal punto di vista politico sono spesso la brutta fotocopia della “sinistra”, come la loro adesione incondizionata alla guerra contro la Libia ha dimostrato. Dal punto di vista intellettuale, a riprova del loro innato eclettismo, sono infine approdati anche ad un paradigma centrato sullo scontro mondiale tra potenze globali, sul conflitto di strategie tra diversi poli imperialisti interessati alla spartizione del mondo (o delle sue attuali povere spoglie, si dovrebbe piuttosto dire) in rispettive aree di influenza e di controllo diretto. Un esito, quest’ultimo, che somiglia tra l’altro molto di più ad un terminal (e magari ad un museo) che ad una nuova stazione di partenza;

►infine, il quadro è completato dalla attuale “scienza geopolitica” e dalle sue variopinte scuole che sia sono un ramo di destra del vecchio marxismo della IIª e della IIIª Internazionale, sia rappresentano l’ennesima variante del pensiero occidentale classico centrato sul primato del principio volontà e dei rapporti di potere, nonché della volontà di dominio, responsabili di una proiezione di forza su scala planetaria in una competizione esclusiva tra le grandi potenze odierne. Lo spazio geografico di questo conflitto tra giganti sarebbe dunque l’intero globo. La popolazione civile dei diversi continenti sarebbe ovviamente solo una pedina, sacrificabile all’occorrenza, del gioco.

 

Se il ritratto sopra disegnato rispecchiasse, anche solo parzialmente, la realtà dei fatti, avremmo forse allora un qualche embrione di spiegazione razionale delle cose. Potremmo renderci conto, cioè, del perché siamo giunti al punto in cui siamo e nella condizione in cui versiamo. Già solo questo sarebbe un considerevole passo in avanti rispetto agli inizi. Tutto ciò ci spiegherebbe anche perché sia oggi così indispensabile liberarsi quanto prima di tutta quella zavorra intellettuale ereditata del nostro passato più remoto.

Per poterlo fare nella maniera migliore possibile, giusto per cominciare, è intanto necessario guardare con nuova disposizione di spirito ai sofisticati e multipli significati emersi dagli avvenimenti che si sono sviluppati recentemente sotto i nostri occhi e che tutte quelle concezioni non ci permetterebbero mai di abbracciare con un unico sguardo. Precisamente perché il solo scopo della loro esistenza è esattamente quello di ignorarli e se possibile di occultarli. Nobile fine a cui quasi tutti i loro degni rappresentanti si sono dedicati con encomiabile zelo.

Per poter tracciare una qualche linea significativa di confine tra noi e quel labirinto, nell’argomentazione che segue distinguo l’escalation militare della NATO e del CNT in tre diversi livelli di terrore, tre differenti significati progressivi insiti negli eventi che si sono susseguiti dal 19 marzo in avanti, data d’inizio del nuovo crimine occidentale nei confronti di un paese sovrano e, a ben vedere le cose, dell’intera Africa. Inutile dire, naturalmente, che quelle poliedriche parti costituiscono soltanto profili estremamente versatili di uno stesso volto. Si vedrà così che dietro l’uso indiscriminato e illegale della forza si nascondono sempre degli inconfessabili scopi ben più complessi di quanto appaia a prima vista e una regia dall’alto altrettanto sofisticata.

 

1. Educare col terrore

Prima di tutto, oltre ai bombardamenti NATO per sette (7) mesi consecutivi, una teoria di atti terroristici contro la popolazione civile oltre che in divisa, il linciaggio dell’inerme Gheddafi, la cui esecuzione extragiudiziale era sempre stata il principale scopo dell’intervento militare dell’Alleanza atlantica, costituisce un efferato monito a perenne memoria degli altri governi e Stati africani. A cui fosse venuto in mente, per caso, di contrastare l’egemonia finanziaria e geo-politica degli USA e dell’Occidente, e immaginare una qualche unione panafricana del continente dotata di proprie infrastrutture nei settori strategici delle telecomunicazioni, della finanza, ecc. I disegni dell’elite dominante non possono essere contrastati tanto facilmente. Essi non possono ammettere la nascita di poteri locali, piccoli o medi che siano, che vi si oppongono. Nella loro mente nichilistica non esiste spazio alcuno né per la pietas latina classica di Terenzio (Homo sum: humani nihil a me alienum puto), né per l’ispirato umanesimo seicentesco di John Donne:

Nessun uomo è un’isola,
completo in sé stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
essa suona per te.

 Per i loro grandiosi e deliranti progetti di dominazione planetaria – che includono la main mise su risorse naturali (petrolio, acqua, gas, minerali), Banche nazionali di proprietà pubblica, riserve auree, basi militari: Africom, abolizione neocoloniale di qualunque autonomia politico-economica, riduzione dei paesi renitenti agli ordini e ai voleri dell’Occidente a stadi preindustriali di sviluppo con la sistematica distruzione delle loro infrastrutture civili (ecco uno degli scopi principali dei selvaggi bombardamenti NATO= North Atlantic Terrorist Organization!), ecc. – le classi al potere negli Stati Uniti e in Europa non indietreggiano davanti a nulla.

Qualsiasi equipaggio – interi popoli, singoli leader, capi di Stato di nazioni sovrane, alleati del mondo arabo, Stati membri del mondo occidentale, paesi facenti parte integrante delle UN, e in ogni modo qualunque altro personale di bordo o di servizio – è spendibile per i loro sogni di onnipotenza. Poco imposta, dal loro punto di vista, che si debba far strage dei civili e stracciare ordinamenti giuridici internazionali a cui si è prestato solenne giuramento e che sono stati incorporati nelle Costituzioni dei paesi occidentali. I felloni moderni, ahimè, non temono più nemmeno il plotone di esecuzione. Si sono assicurati, evidentemente, previdenti come sono, l’immunità perpetua.

 

 

2. I fini geopolitici

In secondo luogo, la barbara esecuzione del leader libico, un crimine vietato dallo stesso ordinamento giuridico statunitense, nuovamente violato del resto con disinvolta nonchalance dall’amministrazione Obama, avrà di sicuro l’effetto di smembrare la società tribale libica e rendere virtualmente impossibile, per decenni, la formazione di qualche equilibrio o di una qualche organizzazione sociale stabile. Così ha sintetizzato la cosa Meyssan: 

<<Uccidendo il leader, la NATO ha distrutto l’incarnazione del principio di autorità. Ci vorranno anni e molta violenza prima che un nuovo leader sia riconosciuto da tutte le tribù o che il sistema tribale sia sostituito da un’altra forma di organizzazione sociale. In questo senso, la morte di Muammar Gheddafi ha aperto un periodo di somalizzazione o irachizzazione della Libia>>.

 D’altro canto, tale moderna balcanizzazione del paese maghrebino, a parte ogni altra considerazione, per un verso renderà plausibile e financo necessaria, c’è da aspettarselo, la presenza permanente sul suo solo di un adeguato contingente militare occidentale e in particolare USA (supportato naturalmente da un congruo sistema di basi e di installazioni), e in questo modo si procederà ad una occupazione di fatto del paese da parte di truppe straniere.

 

Per l’altro verso, da una parte, si darà un tocco finale al progetto di far regredire la Libia a condizioni premoderne e semifeudali, in modo che le sia vietato per un indefinito tempo avvenire assumere nuovi ruoli guida e funzioni d’indirizzo politico-economico in Africa e altrove; dall’altra parte, si creeranno tutte le precondizioni, nell’ambito della logica in versione geopolitica dell’ordine emergente dal caos, perché sia legittimata, con l’avallo magari dell’ONU, la presenza di una forza multinazionale di peace keeping incaricata di garantire il normale svolgimento della vita civile e la ripresa, sotto stretta tutela delle potenze occidentali ovviamente e delle loro giants corporations, delle attività economiche. Non vi è chi non veda il circolo virtuoso, un vero e proprio girone infernale di natura mondana, disegnato a esclusivo beneficio dell’Occidente e a suo unico vantaggio da tale serie di eventi.

Una sintesi

Coup su
procura occidentale

Nascita del CNT

I media preparano la guerra

R1973 e intervento armato

Assassinio di Gheddafi

Trionfo del diritto dei popoli

Nuova riduzione della Libia a colonia

Africom USA
e occupazione militare

L’ordine della NATO regna sulla Libia


3. Il brainwashing del capitale

In ultimo, l’oltraggio nei confronti di Gheddafi da parte della Clinton, la sua trionfale esplosione di gioia una volta appresa la morte del leader libico dalla giornalista che la intervistava, ci rivela un altro stadio della strategia dei dominanti, ancora più sofisticato dei precedenti. Non si tratta solo, in altre parole, di una fresca (e fosca) esibizione di quello stato dell’animo umano che i tedeschi, con inarrivabile esprit de synthèse, chiamano Schadenfreude. No, v’è di più, e di ben più sinistro.

Oltretutto, la perfidia della signora ricorda molto da vicino, con una simmetria che sembra annullare il tempo, il sincero cinismo del Prof. Vincenzo Cappelletti quando questi affermò che <<Moro doveva morire>>, per scolpire a lettere di fuoco un messaggio indelebile nella mente di tutti coloro che avessero avuto in testa di emularne eventualmente, in futuro, le gesta. Oltre che naturalmente per non rivelare chi mai – la Sala Operativa della Questura di Roma? – avesse dato all’equipaggio delle auto di scorta e al loro corteo l’ordine di passare per via Fani, condizione preliminare necessaria, questa, per poter portare a termine la missione militare di quel giorno. Anche da qui, dunque, per le devastanti insidie insite in tale potenziale rivelazione, l’imperativa intimazione dell’insigne accademico e ordinario italiano.

Per ben comprendere che cosa realmente si nasconda e nello stesso tempo diventi visibile in quell’infido sorriso di mite mater familias, è però necessario tener presente alla mente almeno tre cose. Il terrore diffuso a piene mani dall’Occidente, soprattutto nella fattispecie, ha infatti perlomeno tre livelli che, per quanto interni l’uno altro e interdipendenti, presentano tuttavia caratteristiche in parte distinte:

 

La logica dell’insieme

Primo

 A) Il terrore seminato dai bombardamenti incessanti e sistematici, giorno e notte, su tutti i centri abitati della Libia, scatenando una spaventosa potenza di fuoco su un paese inerme a fronte di cotanta sproporzionata forza militare

(Luftbeben, deflagrazioni, distruzioni, annientamento della vita civile, ecc.);

 

Secondo

 B) Spietata caccia all’uomo assistita da sofisticate tecnologie, sistemi d’ascolto e di rilevazione satellitare, nonché dal linciaggio fisico e dall’oltraggio sul soggetto ancora vivo, una sorta di civile tortura in diretta – live – tramite telecamere e cellulari invece che nelle segrete dei castelli feudali;

 

Terzo

C) Infine, quello più sottilmente simbolico e diabolicamente subliminale della derisione e del dileggio dei moribondi e dei defunti (di modo che, con paradossale ma perversa ironia, neanche i sepolcri possano più ritenersi inviolabili né suscitare alcuna <<celeste corrispondenza d’amorosi sensi>>).

Questo ultimo livello, in particolare, pur essendo parte integrante di tale sistema e discendendo dai primi due, li accompagna come un’ombra sinistra e ne completa col proprio marchio specifico le proprietà efferate, facendole scendere nei recessi più intimi dell’animo umano e incorporandovele stabilmente. Come ci dicono del resto gli stessi statunitensi. Ecco a questo proposito l’esemplare spiegazione di un esperto:

Lo scopo del brainwashing è quello di cambiare radicalmente la mente in modo che il suo proprietario divenga un automa vivente – un robot umano – senza che tale atrocità sia visibile dall’esterno. È nostra intenzione creare un meccanismo incarnato, con nuove convinzioni e nuovi processi di pensiero immersi in un organismo prigioniero. Tutto questo equivale alla ricerca di una razza soggetta sulla quale, a differenza degli schiavi del passato, possiamo contare che mai si ribellerà e sia comunque sempre riconducibile all’ordine, come un insetto aisuoiistinti (Edward Hunter).


Che non si tratti affatto del delirio di un visionario, di un novello dottor Frankenstein in vesti statunitensi o di un più classico Dr. Mabuse di lingua anglosassone, ci è provato dal fatto che, in effetti, si può indurre gli uomini ad assumere una data condotta senza che essi lo sappiano. Uno stato di cose quest’ultimo in cui, anzi, gli esseri umani sono persino convinti di vedere nascere i loro contegni dal loro libero arbitrio e da loro indipendenti deliberazioni. Del resto, gli individui del capitale, sin dall’inizio, entrano nel mondo con queste proprietà singolari ed è dunque per così dire naturale per essi immaginarsi come l’unica e ultima fonte del loro comportamento.

D’altro canto, è lo stesso nome del soggetto a far emergere quella duplice, ed eminentemente doppia, caratteristica: una persona in grado di decidere autonomamente le proprie condotte e nello stesso tempo un primo attore assoggettato ad un dato script redatto da qualcun altro, da una differente e ignota causa. Se questo è il presupposto di partenza, non dovrebbe essere difficile comprendere come possa essere possibile per il potere costituito preformare ulteriormente la mente dei singoli e indirizzarne le condotte.

In questo contesto, ovviamente, non si tratta di una qualche forma manifesta di imposizione, di una coartazione esplicita né di una sorveglianza benthamiana da parte di gendarmi sociali in carne ed ossa o di più anonimi occhi elettronici controllati a distanza. Ancor meno siamo di fronte ad un asservimento creato in vitro attraverso l’ingegneria genetica sperimentata sugli esseri umani o di cui questi ultimi siano solo dei cloni di laboratorio. È qualcosa di più e di diverso. È una sua ulteriore evoluzione ancora più sofisticata, sulla scia forse del memorabile affresco disegnato dal Grande Inquisitore di Dostoevskij.

Si tratta infatti di una riforma dell’intelletto soggettivo, di un reshaping della mente tesa a rieducare i modi di pensare, le forme pregresse di conoscenza degli uomini, a suscitare un ulteriore o dato progresso cognitivo rispetto al passato, una migliore comprensione delle cose, un più affidabile apprendimento culturale da parte degli individui. In questo senso, brainwashing, come ci spiega la biologa Kathleen Taylor, è un programma <<molto più ambizioso, e molto più prescrittivo, della semplice persuasione>>, con una tonalità positiva centrata sulla apparente spontanea propensione della mente a ragionare in maniera nuova di fronte al reale e cambiare così la propria interpretazione degli eventi.

Tale trasformazione indotta è sottile e (in)volontaria, in quanto ha luogo sì tramite la partecipazione attiva del soggetto, ma nello stesso tempo prende forma con “mattoni” intellettuali (informazioni, notizie, fonti, interpretazioni, ecc.: insomma con tutto il vasto arsenale dei Megamedia) che sono già, a monte, preformati e preconfezionati dalle agenzie che li secernono, di modo che il singolo possa costruire con essi solo il mondo possibile che la loro natura consente e rende possibile. Vale a dire, in questo caso, la realtà che contengono in potenza e che con il loro utilizzo emerge a piena vita, e con fattezze visibili nel dominio dell’esperienza, direttamente dall’interno del pensiero soggettivo, di modo che ciascuno possa riflettere, costruirsi una dimora cognitiva (un regno del sapere e un sistema di coscienza) in cui abitare e poter comprendere il proprio mondo fisico e sociale unicamente attraverso quella materia prima preordinata di partenza.

Se la teologia gioca con la verità come il gatto col topo, come dice il poeta, così fanno anche gli attuali dominanti con la psiche sociale, con l’inconscio collettivo addirittura del pianeta, sulla scia del resto tanto del dissenso fabbricato e orchestrato dalle loro agenzie che può essere al contempo additato alla pubblica riprovazione e alla condanna politica, quanto dei papi medievali che disperdevano al vento persino le ossa dei loro avversari, eretici o principi, sconfitti sul campo, dando così prova di una commendevole carità cristiana. Attualmente tuttavia siamo drammaticamente andati ben oltre questi modelli del passato.

Oggi il terrore riceve il suo ultimo finish e viene sublimato dal fatto che si tende a far sparire dalla mente dei soggetti contemporanei – leader dell’Africa, dell’America latina, del Medioriente e dell’Asia, portavoce delle masse diseredate del Terzo o Quarto mondo oppure rappresentanti di ideologie sovversive o neogiacobine nei territori occidentali, financo dall’animo dei singoli cittadini –, persino la possibilità di immaginare una qualche fuoriuscita dal sistema-mondo del capitale e dai suoi confini.

L’intento è quello di rendere impensabile, irrappresentabile e inesistente, neanche come pensiero ipotetico e magari puramente onirico – preventivamente – tale idea, di modo che nemmeno possa nascere come eventualità nella testa dei soggetti, interni o esterni all’Occidente, specialmente in aree geopolitiche confinanti con l’impero o gravitanti nella sua sfera di influenza reale o virtuale.

Si tratta di un brainwashing preliminare e di una sorta di slate cleaning cerebrale e intellettiva indotta che le tecniche di manipolazione della mente umana consentono oggi di potenziare al massimo della loro spaventosa deterrenza psicologica. Si terrifica con A) e B) gli esseri umani, ma si porta al parossismo il terrore con la potenziale liquidazione persino della possibilità di immaginare una ribellione ai dominanti, con l’inibizione financo del pensiero di poterlo fare, come in una sorta di schock emotivo che cancella il trauma vissuto e qui invece fa piazza pulita preventiva di qualsiasi velleità alternativa (o intesa a rivoluzionare lo stato delle cose) oppure ogni semplice aspirazione all’indipendenza, prima ancora che si abbia il tempo di farne esperienza mentale, di figurarsene anche solo momentaneamente la possibilità e l’esistenza.

Oltretutto, alla consueta denigrazione e demonizzazione (tiranno, spietato dittatore, megalomane, stupratore seriale, terrorista, ecc.), funzionale ai piani di guerra degli Stati Uniti e alla legittimazione dell’intervento miliare di fronte all’opinione pubblica mondiale (compito assolto prontamente dai Megamedia con impeccabile zelo professionale), fa sempre da contrappunto, nella più pura logica cristiana dell’Occidente e sulla scia di una secolare storia sanguinosa, l’immolazione del condannato, il supplizio fisico del reo di turno. Fatto che poi evoca a sua volta terrori ancestrali e destini terrificanti finalizzati alla diffusione del raccapriccio nell’animo umano, in quanto forieri di cataclismi incombenti e dell’apocalisse per tutti gli eretici e gli audaci o uomini di buona volontà che eventualmente si trovino a calcare le vie dell’impero o a incrociare i suoi domini. Al di fuori o entro i confini delle società occidentali. L’amabile ammonimento infatti, inutile persino dirlo, è indirizzato anche a noi.

Da questo punto di vista, l’affabile e charmant sogghigno della Clinton ha allora diversi significati più profondi:

►È rivolto al pubblico statunitense e alla platea mondiale sulla scia del mondo alla rovescia della propaganda che ha dipinto Gheddafi come un despota e un tiranno da abbattere e di cui non aver pietà e della cui morte si può gioire, benché se ne sia i carnefici contro tutti i mandati ONU di cui ci si è serviti, dopo averli scritti sulla base di notizie fabbricate dalle agenzie di intelligence sotto forma di Network arabi (Al Jazeera e Al Arabiya, principalmente), precisamente allo scopo di sovvertire un governo legittimo e mettere a ferro e fuoco un paese sovrano in conclamata violazione del diritto internazionale e della Carta delle stesse NU.

►Si esulta, in altre parole, per aver ridotto in brandelli ancora una volta l’ordinamento giuridico internazionale presentandosi nel contempo come suoi difensori, mentre si ottiene anche il risultato di presentarsi di fronte all’opinione pubblica planetaria, sicuramente a quella degli Stati Uniti e dell’Occidente in generale, come la giustizia incarnata e la longa manus della legge nel mentre in realtà si è commesso un altro crimine in aggiunta a quelli contro l’umanità consumati durante gli 8 mesi di guerra. La demonizzazione di Gheddafi – a cui spesso tra l’altro, nel solco della classica doppiezza della Realpolitik contemporanea, si sono offerti gli ossequi fittizi delle cancellerie occidentali quando questi ultimi servivano gli interessi dell’Occidente – è stata finalizzata precisamente a questi scopi multipli e sottili, e con la potente mediazione dei Megamedia ha facilmente raggiunto gli esiti voluti;

► D’altro canto, l’infame letizia della signora Clinton, realissima e naturale del resto rispetto ai fittizi sorrisi di circostanza che fioriscono nei vertici diplomatici, come si è visto, e dietro il cui smalto si nasconde sempre, invisibile, il volto più autentico del bandito in vesti muliebri, non è affatto anch’essa frutto del caso, né tanto meno il risultato di una reazione emotiva incontrollata. Tutt’altro. È invece il fiore avvelenato di un atteggiamento calcolato e studiato appositamente, come tutto del resto quando si entra nel dominio della propaganda, del backstage e dei disegni segreti dei dominanti, per raggiungere determinati effetti funzionali all’agenda complessiva – estera e geopolitica, interna e politico-ideologica – degli Stati Uniti e dell’attuale amministrazione Obama.

►Il vilipendio del leader maghrebino – quando era ancora vivo, prigioniero di guerra, nelle mani dei suoi carnefici, durante la sua agonia e a cadavere ancora caldo – aveva infatti anche lo scopo di sollevare un’ondata di sdegno nel mondo arabo per l’ulteriore arroganza statunitense e la ferocia dello scempio, in maniera da gettare nuova benzina mediatica sul fuoco del cd revanscismo islamico e alimentare il mito dell’odio antiamericano tra le masse mediorientali, serbatoio di animosità antioccidentale, di kamikaze, di ostilità musulmana verso la società moderna, di scontro di civiltà, ecc. Il tal modo, astutamente, gli USA si sono nuovamente fabbricati, non avendolo del resto mai smesso di farlo, delle ragioni sia per poter emanare sul proprio territorio metropolitano, in nome della sicurezza, nuove disposizioni restrittive delle libertà costituzionali (con l’intenzione di far nascere uno Stato di polizia, del resto in fase di crescente implementazione), sia per poter continuare ed estendere in ulteriori aree geopolitiche del pianeta la cd “lotta al terrorismo” e alimentare così una spirale espansionistica di cui gli stessi Stati Uniti sono il primo motore e la potenza guida.


4. Crocevia

Di fronte a fenomeni e a crimini di tal fatta e alla imponente, complessa natura del capitale contemporaneo, della sua formazione economico-sociale mondiale e delle sue molteplici logiche interne (strutture-processi-sovrastrutture-divenire), avrebbe ben poco senso continuare a ragionare in termini tradizionali, come ancor oggi si insiste a fare. Da parte di tutta la cultura dell’Occidente. Liberal-democratica e marxista, per ragionare qui in termini di estremi.

Spiegare adesso quanto sia indispensabile e urgente mettere capo a un diverso sistema di pensiero capace di dar conto in maniera originale di quei mutamenti e della natura del <<principio determinante>> del capitale che ne regge il sofisticato funzionamento e le cicliche metamorfosi, ci porterebbe davvero troppo lontano. Conviene allora rinviare il lettore, se questi volesse – come ci auguriamo – prendere visione della cosa, agli studi già pubblicati da Faremondo in merito all’oggetto appena additato.

Nondimeno, è indispensabile perlomeno far rimarcare il fatto che per poter capire il mondo odierno a niente valgono categorie come volontà di potenza, rapporti di forza, geopolitica del potere, multipolarismo, dominio di classe, e simili. Nemmeno servono allo scopo, oggi, i variegati e versatili concetti del marxismo storico e odierno, del passato più remoto della nostra storia e dei tempi attuali (ma non c’è differenza sostanziale dal punto di vista intellettuale): lotta di classe come lotta politica, processi oggettivi, imperialismo economico o politico, salario, sistemi di ruoli nell’impresa, gerarchia di fabbrica, comando dispotico del capitale, crisi finanziaria o economica in generale, caduta del saggio di profitto, delocalizzazione, globalizzazione, speculazione, mercato, economia reale VS economia finanziaria o mondo di carta, e così via.

Quest’ultimo argomento poi, in particolare, rappresenta un luogo comune del tutto fuorviante a fronte dei fenomeni del presente, nella misura in cui almeno dimentica che il modo di produzione capitalistico e dunque il potere reale del capitale è nato a suo tempo precisamente all’interno dei processi di lavoro e delle attività produttive originarie de mondo occidentale. Ed è appunto in questo sottosistema specifico della società contemporanea che affondano le radici più profonde – e l’arcano segreto – della logica riproduttiva più intima dell’odierno ordine sociale. Per di più, oltre ad ignorare questa fondamentale caratteristica dell’economia moderna, l’argomento in oggetto occulta anche il fatto che l’autonomia relativa della finanza (dei flussi di denaro, dei circuiti e degli imperi bancari) e il suo apparente costituirsi in dominio indipendente tanto sono fenomeni che emergono dalla natura del capitale, quanto sono del tutto funzionali al suo processo di riproduzione complessivo, quanto infine rappresentano un carattere distintivo e tipico del capitale finanziario novecentesco e dell’imperialismo attuale.

Da questo punto di vista, il banchiere e il finanziere, compresi gli staff e le strutture gerarchiche dietro questi soggetti, sono comunque agenti del modo di produzione capitalistico e ne incarnano dunque i principi funzionali interni. Sono anch’essi, in altre parole, al pari dei vecchi capitani d’industria, dei grandi dirigenti di azienda e dei top manager di oggi, capitale personificato e sue creature senzienti. Di qui la loro pronunciata simbiosi con le grandi imprese e con i governi dell’Occidente. Per questo, tra l’altro, modesti come sono per natura e magari reminiscenti dei classici, credono di star facendo, come ci ha spiegato di recente l’amministratore delegato di “Goldman Sachs” Lloyd Blankfein, <<il lavoro di Dio>>. Datemi una leva (finanziaria) – avrebbe potuto anche dire – e vi solleverò il mondo!

L’umile pretesa del famoso CEO di Wall Street, se ci concediamo una breve digressione che vale forse la pena fare, per quanto possa sembrare oltremodo supponente ai comuni mortali, ha invece almeno ben quattro ragion d’essere alle sue spalle che ci rivelano la logica più segreta dell’Occidente e la natura più sofisticata del capitale in quanto tale, e rendono così conto della sua esternazione. Per niente avventata. Questo infatti è il terreno sottostante al suo dire e il suo backstage:

 

A) intanto l’uomo contemporaneo, come ci ha spiegato la teologia cristiana delle origini, è Dio e non si distingue dall’Altissimo,: l’essere umano è quindi in potenza identico al Padreterno e coi suoi stessi poteri illimitati (virtualmente almeno);

 

B) inoltre, il denaro è il Dio tra le merci dell’economia capitalistica, come ci ha fatto capire questa volta Marx, ed è dotato di un <<potere apparentemente trascendentale>> che lo fa sembrare una potenza sovrannaturale rispetto ai limiti della nostra vita terrena;

 

C) d’altro canto, il denaro nella forma del capitale produttivo d’interesse, a rigore una quota parte del profitto industriale, rappresenta anche un feticismo all’ennesima potenza, giacché in tale rubrica, in una sorta di abiogenesi finanziaria, il denaro in tale sua veste biblica: 

• sia secerne dal proprio grembo altro denaro ancora e la formula D-D’ diventa soggetto indipendente dell’intero processo, nonché la sua <<potenza materiale>> indiscussa,

• sia queste sue proprietà – presentandosi di fronte all’intelletto individuale come una <<fonte misteriosa che genera se stessa>> e che d’altra parte <<rappresenta il capitale par excellence>> – <<determinano praticamente la condotta del moneyed capitalist e dei singoli capitalisti, forniscono loro i moventi, così come poi si rispecchiano nella loro coscienza>>;

 

D) infine, la ragione infondata del soggetto politico contemporaneo che si reputa artefice unico della storia, che si crede l’unica e ultima fonte originaria del pensiero umano e dell’agire deliberato e finalizzato ad uno scopo, un individuo che si può quindi ben immaginare, quanto meno alla nostra scala, pressoché Onnipotente.

D’altro canto, se consideriamo questo primo attore, a
rigore una personificazione del capitale, come un soggetto pubblico e magari
continentale in grado di agire a 360° e con la potenza di uno Stato, esso oggi
è in grado a sua volta di far nascere un intero mondo di stati di cose – fatti,
processi, avvenimenti, eventi, storia
insomma – pianificati in anticipo grazie al monopolio dei Megamedia e dei
servizi di intelligence di cui dispongono le élite al potere. Non solo. Oltre a
far emergere la realtà geopolitica del pianeta, scientemente programmata, sotto
i nostri occhi, esse riescono anche a far sparire di fronte all’opinione
pubblica mondiale la fonte che la secerne e la rendono dunque incomprensibile
ai più, presentandola sistematicamente in maniera rovesciata, come quello che
essa non è.

A questo proposito, un classico più recente di tale logica è il politologo Karl Rove, a suo tempo senior adviser di George W. Bush. In un’intervista a Ron Suskind, pubblicata poi sul New York Times del 17 ottobre 2004, Rove ha infatti dichiarato:

<<We’re an empire now, and when we act, we create our own reality. And while you are studying that reality – judiciously, as you will – we’ll act again, creating other new realities, which you can study too, and that’s how things will sort out. We’re history actors… and you, all of you, will be left to just study what we do>>.


E purtroppo oggi i dominanti USA hanno sul serio i grandi mezzi indispensabili per crearla davvero, by design, in maniera preventiva: ciò non significa, ovviamente, per quanto sopra spiegato, che ne siano il supremo demiurgo.


Non si creda del resto che tali principi siano appannaggio esclusivo dei domini di realtà e dei saperi sopra menzionati. Tutt’altro. Si può anzi dire che siano diffusi in tutto l’organismo sociale. Ecco infatti come stanno le cose:

 

■ In primo luogo, il Divino e il Trascendente sono parte integrante anche della scienza e sono insiti nei suoi grandiosi sistemi di pensiero. In un certo senso, essa ospita nel suo seno l’Assoluto e il Sacro. Del resto, come ci ha fatto sapere Frank Tipler, modestia a parte, se Dio esiste la fisica prima o poi lo troverà. D’altra parte, continua lo scienziato statunitense, la nostra arroganza intellettuale deriva dal fatto che i fisici sono convinti di poter comprendere e spiegare le leggi dell’universo e della materia come nessun’altra disciplina sa fare.

 

■ In secondo luogo, la stessa economia politica classica, la scienza sociale occidentale delle origini, incorpora nella sua concezione del mondo le funzioni del soprannaturale e della Provvidenza quando definisce, non a caso con una metafora teologica, <<mano invisibile>> il funzionamento del mercato come regolatore impersonale dello spazio economico e arbitro supremo di qualunque allocazione razionale delle risorse.

 

■ In terzo luogo, poi, la stessa logica compare anche sistema dottrinario della cosiddetta scienza della politica. Da questo punto di vista, si potrebbe anche dire, senza andare lontani dal vero, che quella di Blankfein e della sua merchant bank non è altro che la variante creditizia – economica e da tipico istituto di emissione – del decisionismo politico di Carl Schmitt! Quando infatti sostiene che “sovrano è chi decide lo stato d’eccezione”, il giureconsulto tedesco vuol solo dire, in fondo, che il potere è potere oppure che chi decide deve essere già in grado di poter decidere in modo sovrano prima di poter assumere qualunque decisione arbitraria e far valere la propria volontà.

 

■ In quarto e ultimo luogo, infine, anche Hans Kelsen, sulla carta il contraltare di Schmitt, si avvita con la sua Grundnorm nel medesimo circolo vizioso o virtuoso del suo rivale, giacché il suo intero edificio giuridico, il sistema tecnico delle norme e la macchina impersonale del diritto, possono trovare una loro qualche ragion d’essere solo perché un qualche soggetto politico ha statuito in anticipo che la Costituzione fosse la pietra miliare dello Stato di diritto e dell’impero della legge rispetto all’arbitrio e ad eventuali abusi di potere. Anche la maestosa natura formalmente avalutativa dell’ordinamento giuridico presuppone dunque, prima, la decisione di una qualche autorità che ne statuisca, di fatto e anzitempo, la vigenza effettiva, la regolare legittimità ordinaria, le normali condizioni di esercizio e di valore.

 

Anche in tutti questi altri domini, come si vede, e parliamo qui dei vertici intellettuali della società attuale e della civiltà borghese, la lunga ombra di Dio – vale a dire del Liturgico e del Sovrumano – accompagna ogni passo delle diverse scuole appena viste. E si capisce bene perché debba essere così.

Il Divino trasferisce infatti nel Regno dei Cieli e rende Sacro, non più discutibile né problematizzabile, ancor meno assoggettabile a una più attenta analisi, il carattere a priori e del tutto privo di causa del loro comune punto di partenza, che viene così sublimato in una premessa cultuale del tutto non controversa e semplicemente da ossequiare e riverire, in forma laica o confessionale, col divieto tassativo di poterla questionare o mettere in dubbio, tanto meno contendere o esaminare più approfonditamente. Così facendo, un presupposto della mente diventa un dato di fatto e si metamorfosa in un oggetto di devozione che vieta in linea di principio qualunque sua disputa. Un modo come un altro, questo, per rendere la sua esistenza un articolo di fede e sigillarlo dunque in un’aura d’inviolabilità (di santità per il credente, di materialità magari ontologica per il pensiero secolare).

Nondimeno, se facciamo astrazione per il momento da queste ultime constatazioni, diventa comunque possibile far vedere che cosa emerge anche solo dalle altre prime quattro. Se sono vere, infatti, per un verso, esse presuppongono l’esistenza di un duplice livello di realtà di cui è indispensabile tener conto quando si prende in esame il mondo naturale e sociale dell’esperienza comune. Per l’altro verso, ci obbligano a riconoscere il doppio status anch’esso dell’agente sociale odierno, delle persone in carne ed ossa che rappresentano con coscienza e volontà la logica più interna e più profonda dell’ordine capitalistico. Poiché tutte le scuole succitate, e specialmente i marxisti di ogni tendenza e professione, ignorano questa binaria e sofisticata distinzione, articolata tra l’altro al proprio interno in due diversi livelli, ecco spiegato perché fanno quello che fanno e pensano quello che pensano.

D’altro canto, se non si prende atto di quel duplice e composito binario, infatti, da una parte, ci si avvita soltanto in una tautologia letale dal punto di vista concettuale, in cui l’ignoto dovrebbe render conto dell’esperienza osservabile e del reale visibile. Il che ovviamente, per le molte ragioni già viste, non può essere. Dall’altra parte, non rimane altro da fare che assumere il fattuale e il già dato come premessa del pensare, opzione che per conto suo sia ci renderebbe impossibile far emergere la natura più autentica delle cose e ci farebbe ripiombare nel feticismo del capitale, sia alza comunque un divieto formidabile contro la esatta comprensione dell’ambiguo e funzionale status del soggetto contemporaneo, corroborando così due volte la logica più sofisticata del capitale e vietandocene in saecula saeculorum la conoscenza e la spiegazione. Una bella coppia, multipla, di paradossi insolubili davvero!

Alla luce anche di queste ultime considerazioni, è chiaro allora che declinare alla vecchia maniera tutte le categorie citate in precedenza, e sono una folla come si è visto, non ci farà fare in ogni caso un solo passo fuori dei mondi di fumo, e dell’impotenza politica, in cui oggi ci dibattiamo. Precisamente perché sono proprio esse ad averci portato in questo regno delle nebbie.

Oltretutto, si noti la cosa, nessuno dei concetti sopra menzionati né alcuna scuola che se ne serve presta la benché minima attenzione alla funzione della scienza occidentale nel dar forma sia al mondo contemporaneo, sia alla stessa mente degli individui sociali. In una parola, paradossalmente, si ignora completamente il ruolo e la natura del pensiero scientifico nel contesto del capitalismo odierno. In compenso, si riesce benissimo a dar vita ad un modernissimo teatro dell’assurdo che avrebbe fatto invidia a Ionesco.

 

►Il quadro della situazione, infatti, diventa ancora più surreale se si pensa al fatto che, come tutte le discipline del resto che aspirano a mimare il suo presunto rango intellettuale e la sua supposta oggettività impersonale (scienza politica, scienza della comunicazione, ecc.), l’insieme di quelle nozioni e i soggetti che danno loro voce (o viceversa) vorrebbero definirsi “scientifici” usando a questo scopo la corrente interpretazione stereotipa della scienza. Sposando un cliché, insomma, come nel mondo gentilizio dei bei tempi andati, si vorrebbe mutuarne i supposti titoli nobiliari.

 

►A questo primo alato paradosso, del resto, ne segue ben presto un altro di stampo non meno sublime. Infatti, si ignora bellamente il fatto che, nella sua presente configurazione odierna, la scienza confuta in radice la pretesa di entrambe le scuole, imponendo loro due obblighi a cui queste due ultime non sono in grado di ottemperare. Per un verso, perché la scienza esige il rispetto tassativo del principio di non contraddizione in qualunque spiegazione delle cose. Poiché ex falso quodlibet, ecco che la violazione del principio di coerenza rende persino superflua l’eventuale discussione dell’argomentazione addotta. Per l’altro verso, perché essa pretende, e non è disposta a transigere su questo, che qualsiasi interpretazione dei fenomeni venga prima sottoposta al vaglio dei test sperimentali, della court of last resort dell’esperienza, come sostiene la fisica quantistica attuale, prima di poter essere convalidata o meno dal mondo naturale. Siccome tanto i marxisti quanto l’altra tendenza non sono in grado, in alcun modo, di soddisfare questi due prerequisiti, ecco che di conseguenza non possono in alcun modo fregiarsi del rango che bramavano.

 

►Inoltre, come se quanto precede non bastasse, i punti di vista in questione ignorano completamente la sottile e più complessa struttura interna della scienza e le sue tendenze odierne, che per essi costituiscono un oggetto totalmente arcano e financo irreale. Poiché infatti non lo possono nemmeno immaginare, neanche può esistere per il loro intelletto. Qui si seguito una sua breve sintesi:

 

La natura della scienza

Lo stereotipo

 (autenticato e propalato dalla stessa comunità scientifica ufficiale e insieme dai Megamedia odierni ovvero Accademia, Stampa, Network globali, Sistemi formativi, ecc., ad uso e consumo dell’intelletto ordinario)

La scienza è conoscenza avalutativa e comprensione oggettiva del mondo fisico così com’esso è, riflesso razionale – matematico e sperimentale – delle grandi leggi dell’universo (cliché corroborato in genere, da parte dei grandi tenori dell’establishment occidentale, con una interpretazione dello spirito scientifico come: curiosità intellettuale per i segreti della Natura, libera invenzione di teorie, regno del sapere disinteressato, patrimonio universale dell’umanità, tempio della cultura indipendente dal tempo, ragione intersoggettiva, comprensione disincarnata della materia, indipendente in linea di principio dal potere, pensiero in evoluzione storica, successione di paradigmi differenti, ecc.);

 

La realtà sottostante

 

1. La ricerca in segreto (con top secret clearances) al servizio dei militari e della industria bellica, una pratica dichiaratamente non scientifica ed anzi apertamente anti-scientifica;

 

2. La frode e l’inganno sistematici perpetrati dalla scienza ufficiale nei più diversi campi dello scibile umano (medicina, biologia, ecc.);

 

3. La sperimentazione in vivo ed ex vivo sugli organismi naturali con la pratica della vivisezione: una originaria galleria di disumani orrori nascosti, secondo Hans Ruesch, che nel corso dei secoli hanno fatto scempio, senza pietà, della specie animale in una civile e atroce strage degli innocenti e di creature indifese;

 

4. Il furto di proprietà intellettuale perpetrato con metodo dai vertici delle istituzioni scientifiche odierne (direttori di ricerca, titolari di laboratori, ecc.);

 

5. L’intima anima teologica del pensiero scientifico (Einstein) di contro alla sua pretesa natura laica e non confessionale;

 

6. La stretta parentela della scienza con la magia e il mondo simbolico del sovrannaturale (Kurt Vonnegut, René Thom);

 

7. Il platonismo matematico sostiene l’appartenenza della matematica al regno delle idee e ad un dominio d’essere senza alcun rapporto col mondo fisico e l’universo dei fenomeni osservabili;

 

8. La sostanziale natura circolare dei suoi grandi sistemi di pensiero, che crescono a spirale intorno al suo codice genetico originario o phylum concettuale, un grappolo di concetti solidali che funziona come una specie di morula intellettuale in grado di innescare la nascita delle propria architettura logica e della propria ragion d’essere;

 

9. Il dominio in ogni dove delle assunzioni della mente di cui in definitiva consta il suo complesso e differenziato pensiero;

 

10. Autopoiesi del sapere e natura esclusivamente ricorsiva della cognizione, avente a suo unico fondamento la natura biologica del vivente;

 

11. L’arroganza della comunità scientifica (dei fisici in particolare) e il principio d’autorità vigente al suo interno (pace Galileo): <<la scienza>> – in verba magistri – <<non è un’assise democratica>> (Imre Lakatos);

 

12. La logica versatile e l’eclettismo intellettuale che caratterizzano le sue sofisticate argomentazioni, finalizzati entrambi ad occultare e far sparire alla vista la sua natura controversa.

 

►Ma non è ancora finita. Quelle due scuole, difatti, non hanno alcuna idea in merito al sofisticato rapporto di filiazione che esiste tra il capitale e la scienza. Vale a dire, divieto ulteriore discendente in linea retta dai primi tre, neanche possono sospettare che la scienza derivi dal capitale, che quest’ultimo si incorpori in quella e quest’ultima lo ospiti in maniera invisibile nel suo a prima vista rarefatto regno. Ancora meno, quindi, si è in grado di correlare il suo complesso status alla nascita della società contemporanea e far vedere come quest’ultima ne abbia preformato, in modi estremamente sottili e pressoché invisibili all’intelletto ordinario, il seno più segreto e profondo. Ignorano del tutto, per dirla chiaramente, la sua più intima natura preformata dalla logica del capitale – il carattere apocrifo e congetturale, in altri termini, del pensiero scientifico – entro la cui epoca la scienza è nata, si è poi sviluppata e ha raggiunto il suo sofisticato stadio adulto attuale. Del resto, essendo loro vietato poter comprendere queste cose, nemmeno sono poi in grado di capire la natura più originale del capitale, che per essi rimane, come la scienza, un altro dominio di realtà chiuso con sette sigilli e del tutto inintelligibile.

 

►Al culmine di questa letale collezione di paradossi, poi, entrambe le concezioni sopra prese in considerazione, in apparenza così diverse tra loro, e a prima vista di studiata posa terribilmente radicale, non fanno altro che seguire la scia del principio volontà tipico della civiltà occidentale e delle sue società, canone esemplato dal celebre aforisma (un lapsus linguae rivelatore dell’epoca) di von Clausewitz: la guerra – e dunque la conquista territoriale, la strategia delle grandi potenze, l’occupazione militare della superficie terrestre – non è altro che la politica continuata con altri mezzi! Anche per questa via, dunque, le due scuole in causa non si distinguono affatto dalla cultura dominante in società, da cui in definitiva mutuano pedissequamente le loro chiavi di lettura del reale. Di conseguenza, né possono vantare una qualche originalità rispetto ai sistemi di pensiero grandi borghesi del passato e presenti, né tanto meno sono poi in grado di capire che cosa si nasconda in quelle categorie e che cosa esse presuppongano, circostanza che poi le sprofonda in un inganno di cui non si rendono conto e che ad esse appare invece, all’inverso, come una verità conclamata. Proprio per questa ragione non potranno mai liberarsene né divenirne consapevoli. Se il Signore è sottile, la macchinazione a loro danno e la (dis)simulazione di cui consta è di una perfidia davvero superba.

 

Stando così le cose, con un retroterra mentale di tal fatta, c’è poco da sorprendersi del fatto che tutti quanti, in Italia e in Occidente, abbiano inneggiato alla “guerra giusta” contro la Libia e un paese sovrano. Senza darsi pensiero, tra l’altro, con degna sufficienza, delle sue prevedibili conseguenze sulla popolazione civile. Se le moltitudini metropolitane delle nostre società rappresentano ormai più un dato demografico che un soggetto attivo, una mera massa di manovra per dirla col giovane Gramsci, l’opposizione politica e intellettuale residua all’attuale stato delle cose e al sistema capitalistico si trova in una condizione altrettanto subalterna, se non complice in ultima analisi. Perfino quando sembra promettere, in apparenza, com’è nello stile di questa tradizione, chissà quali analisi innovative del mondo odierno e sommovimenti sociali d’epoca: presunte “rivoluzioni democratiche”, velleitarie opposizioni contro “la dittatura europea” e financo, come ha fatto, al colmo di un fittizio estremismo alla rovescia di sapore latinoamericano e da repubblica delle banane, non molto tempo addietro Asor Rosa, invocando costituzionalissimi pronunciamenti <<dall’alto>> delle forze dell’ordine contro il governo legittimo al potere per l’instaurazione di <<uno stato d’emergenza>> che salvi <<il sistema repubblicano>> e difenda la democrazia <<anche forzandone le regole>>. Decisamente la memorabile parabola esistenziale e concettuale dell’operaismo italiano, dal teatrale (quanto finzionale) passamontagna di Negri all’Aufruf dell’esimio accademico, non è priva di un suo sinistro humour.

Come si è visto, al contrario, sia non sono in grado in alcun modo di capire la posta in gioco dei conflitti attuali, circostanza provata dal fatto che quasi sempre prendono partito addirittura per la parte avversa, sia paradossalmente non possono nemmeno farlo, neanche se lo volessero, giacché il loro pensiero – prescindendo qui dall’ipotesi che tutti questi individui possano essere agenti a contratto o di fatto delle classi dominanti – consta di un intero sistema d’idee a cui è fatto divieto di poter comprendere l’effettivo stato delle cose. Armati di una mente in cui i dominanti, tramite un fitto reticolo di concetti, hanno inoculato le loro letture del reale, tutti quei soggetti, nel migliore dei casi, non possono in alcun modo mettere a fuoco la natura del reale e a loro danno risultano invece, volens nolens, del tutto funzionali ai grandi disegni del capitale. Conviene allora, a questo punto, tener sempre presenti al nostro spirito le profetiche e lungimiranti parole del poeta:

 

They had arts to rule as they desired
The workings of men’s brains,
And they can bind them to what thoughts they will.

Matthew Arnold

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