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E se il lavoro fosse senza futuro? (V Parte)

Perché la crisi del capitalismo e quella dello stato sociale trascinano con sé il lavoro salariato

Giovanni Mazzetti

Quaderno Nr. 7/2016 - Formazione online - Periodico di formazione on line a cura del centro studi e iniziative per la riduzione del tempo individuale di lavoro e per la redistribuzione del lavoro sociale complessivo

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 Quiquiquiqui le parti precedenti.

 

Presentazione Settimo quaderno di formazione on line

In questi ultimi due capitoli di E se il lavoro fosse … senza futuro?  affrontiamo un’interpretazione della fase storica del keynesismo nella quale furono gettate le basi per un superamento dei rapporti capitalistici. Un superamento che certamente era caratterizzato da una continuità col passato, ma che era anche contraddistinto dal confuso prender corpo di una serie di istanze e di pratiche che, in qualche misura, trascendevano i rapporti capitalistici. Certo, i cambiamenti sociali hanno molte similitudini con i processi evolutivi naturali. Il fondamento razionale di tutto il progetto è confuso, e viene anticipato in forme grossolane; ma quando emergono i problemi si debbono saper raccogliere i nessi che legano quei problemi alla confusa spinta al cambiamento. E’ quello che non si è fatto nel momento in cui è esplosa la crisi dello stato sociale keynesiano. Ai conservatori, che spingevano per riportare la società a pratiche e valori del passato, si sono opposti i progressisti che si limitavano a riaffermare con forza la validità delle pratiche keynesiane, nonostante la loro evidente crisi. Questo approccio, del tutto improduttivo, ha caratterizzato anche le organizzazioni politiche e sindacali dei lavoratori, che sono precipitate in una situazione di progressiva impotenza.

Nell’ultima parte del testo si cerca di delineare il perché solo il tramonto del lavoro salariato può costituire la base di un nuovo sviluppo sociale.

 

Capitolo ventunesimo

I primi incespicanti passi su un percorso alternativo poi smarrito

 Se la subordinazione al rapporto di denaro e l’incomprensione dei meccanismi della sua circolazione spingono la società sulla stessa via che tra le due guerre mondiali si è dimostrata fallimentare, e il tentativo di imboccare un percorso alternativo comporta l’emergere di un insieme di problemi con i quali, a partire dagli anni Settanta, non abbiamo saputo fare i conti, è evidente che, per fare qualche passo avanti, dobbiamo comprendere la natura  di questi problemi. Cerchiamo dunque di ritrovare il punto fino al quale la strategia keynesiana ha, in passato, consentito di spingerci, per cogliere il senso delle pratiche economico-sociali che, grazie a quella mediazione sociale, si stavano imponendo.

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