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Capitalismo, tecnologia, ambiente

E.R.

Il marxismo è spesso accusato di cecità in relazione agli effetti devastanti del capitalismo sull'ambiente naturale. Nella maggior parte dei casi, il marxismo è ritratto dai suoi critici e da molti dei suoi sostenitori, con una teoria che sostiene il trattamento e le relazioni che il capitalismo sviluppa con la natura, e anche come una teoria che sostiene l'estensione e la intensificazione crescente di questa distruzione. La crescita sempre maggiore della produzione e lo sviluppo di tecnologie per assicurarlo sono generalmente considerati come fine a se stessi per il marxismo. 
In realtà, questo è vero per le varie varianti del marxismo dominanti durante il XX secolo. Tuttavia, questo non è vero per lo stesso Marx, per cui è possibile sviluppare una forma di marxismo critico che rifiuta questo punto di vista. Questo testo è un contributo a questa forma di critica. Anche se alcuni marxiani hanno voluto approfondite ricerche per dimostrare che Marx era in realtà tutt'altro che cieco all’antagonismo fondamentale tra il capitalismo e la natura (vedi Marx e la Natura (1999) di Paul Burkett e Ecologia di Marx (2000) di John Bellamy Foster), mi limito qui, inizialmente, a due brevi citazioni dagli scritti della maturità di Marx che illustrano chiaramente la sua consapevolezza di questa realtà. 

 

"Questa non è l'unità della vita, dell'umanità attiva con le condizioni normali e organiche di scambio con la natura, che richiedono la spiegazione di un processo storico, ma piuttosto la separazione tra questi stati inorganici di esistenza umana e dell’attività produttiva, ma una separazione che è completamente posta in principio solo nel rapporto di lavoro nella relazione del lavoro e del capitale al salario(Grundrisse, p.489, Vintage, 1973).

La produzione capitalistica disturba l'interazione metabolica tra l'uomo e la terra . Ma in agricoltura, il capitalista è diventato in grado non solo di rubare al lavoratore, ma di rubare il suolo. La fertilizzazione del suolo è un progresso momentaneo perché rovina le fonti più durature di quella fertilità. Tanto più un paese industrializza la propria agricoltura su grande scala, come gli Stati Uniti, più il processo di distruzione è veloce. La produzione capitalistica, quindi, sviluppa la tecnologia e il grado di combinazione del processo sociale di produzione, mentre allo stesso tempo mina le fonti originali di ogni ricchezza, il suolo e il lavoratore" (Capital, vol. 1, p. 638 Penguin Edition, 1976).


Contributo

La mia preoccupazione non è quella di dettagliare le specifiche interdipendenze tra l'operato del capitale e l'ambiente naturale, o di proporre una sorta di strategia eco-marxista per resistere alle minacce del capitale nei confronti della specie umana e della natura. La mia prima preoccupazione è piuttosto quella di concentrarmi sull’approccio di base che un nuovo marxismo del’21° dovrebbe adottare in relazione alla questione generale del rapporto tra capitalismo e ambiente naturale, di analizzare la sua traiettoria storica, e di conseguenza, la relazione tra una società post-capitalista e l'ambiente.

Questo testo vuole essere un contributo ad un maggiore sforzo, che deve stabilire come elemento fondamentale di un nuovo marxismo, critico, appropriato per il 21°secolo, che la tecnologia sviluppata dal capitalismo nella sua transizione storica verso la dominazione reale sul mondo intero contiene un antagonismo immanente (tendente al disastro) nei confronti della natura, cosi come ha un antagonismo immanente (tendente al disastro) nei confronti del lavoro vivo e dei lavoratori che vi sono coinvolti.

Infatti, in entrambi i casi, è l'umanità in generale ad essere in ultima analisi, minacciata dal disastro. L'idea è che nel corso dei molti anni di sviluppo storico della capitale, del continuo rivoluzionarsi nella produzione, con la scienza moderna al suo servizio, ha effettivamente costruito nella sua stessa tecnologia questo orientamento antagonista, che serve per facilitare la massimizzazione delle opportunità per la dominazione e lo sfruttamento del lavoro vivo e della natura. Naturalmente, nella società capitalistica, soprattutto dove il dominio politico assume la forma di democrazia, questo progetto è visto come civilizzatore e propagatore di prosperità, e quindi la scienza (vale a dire la comunità scientifica) lo sostiene in larga misura.

L'idea di base del mio approccio al rapporto natura-capitalismo è che questo rapporto è in definitiva strettamente simile al rapporto tra il capitale e il lavoro salariato. Il capitale domina sia lavoro vivo che la natura, al fine di sfruttarli entrambi. In entrambi i casi, il capitale usa la tecnologia come una mediazione per raggiungere, rafforzare e riprodurre ad un livello superiore questi rapporti di dominio e di sfruttamento. In entrambi i casi, il rapporto e i trattamenti utilizzati sono legati e simili. Il capitale è antagonista rispetto all'ambiente naturale, così come lo è al lavoro salariato. Dominio e sfruttamento della natura da parte del capitale, tenendo conto dei limiti e del carattere di finitezza delle risorse naturali, porta alla distruzione, il degrado e il saccheggio della natura, come il suo dominio e sfruttamento sul lavoro salariato, date le limitazioni fisiche e le specificità degli esseri umani, porta alla distruzione, al degrado e all'impoverimento della classe. Il capitale utilizza la tecnologia per facilitare il massimo sfruttamento sia del lavoro vivo sia delle risorse naturali. Inoltre, cosi come la classe lotta contro i saccheggi del capitale, la natura fa lo stesso attraverso fenomeni con cui abbiamo fin troppa familiarità oggi, come il cambiamento climatico irreversibile, le malattie diffuse come il cancro, le catastrofi naturali, i disastri di ogni genere, ecc.

Ma in realtà, non è la natura che prende la sua rivincita contro l'umanità. Questo significherebbe personificare o soggettivizzare la natura, dotarla di una intenzionalità. In realtà, tutti questi disastri ambientali, che costituiscono una crisi ambientale in crescita, risultano dalla trasformazione tecnologica del capitale (e dalla mutazione quindi trans-mutazione) degli ecosistemi naturali e dei processi delle forze mostruosamente distruttive per l'umanità, che prima, ovviamente, non lo erano. Il dominio capitalista fortemente sviluppato sull’umanità e sulla natura è intervenuto e ha trasformato la miriade di complessi processi naturali e correlati al pianeta a tal punto che l’ambiente naturale attuale in cui viviamo oggi non può essere veramente definito come naturale; è stato contaminato, avvelenato e distrutto a tal punto che è più esatto descriverlo come un ambiente naturale alterato dal capitalismo.


Cosa è successo?

Il rapporto del capitale con la natura ha la sua storia e ha un percorso di sviluppo, di avanzamento, di progresso. Ma dobbiamo chiederci, avanzamento e progresso verso che cosa?

Il capitalismo ha trasformato la natura nel corso degli anni cosi come ha trasformato il lavoro e la classe. Il capitale, nella sua fase avanzata di sviluppo storico, ha interferito, si è appropriato, ha manipolato, ha insozzato l'ambiente naturale della terra a tal punto che è sempre più difficile trovare un solo aspetto, una sola parte che non sia stata modificata in un modo o nell'altro. Questo cambiamento, questa depredazione della natura da parte del capitale a, ad oggi, provocato un tale danno catastrofico agli ecosistemi naturali del mondo, che si sono evoluti in modo interconnesso, altamente complesso e autosufficiente che la questione della sostenibilità stessa dei processi economici capitalisti in relazione con l'ambiente naturale è diventata una preoccupazione sempre più importante per la stessa classe capitalista (almeno a livello politico).

I danni all'ambiente naturale da parte del capitale può essere visto su scala più piccola. Tuttavia, è il risultato dell’insieme dei processi del capitale su scala globale che dovrebbe essere la preoccupazione principale dei comunisti, dei pro-rivoluzionari di oggi. Cosi come tutta la produzione e la circolazione capitalista, che opera sulla base della concorrenza, è anarchica perché a questo livello il capitale funziona alla cieca, guidato solo da interessi separati e concorrenziali di massimizzazione del valore, allo stesso modo, il risultato complessivo della produzione capitalistica, della circolazione e del consumo dell'ambiente naturale è essenzialmente anarchico e cieco; ciò significa che, nel contesto della transizione alla dominazione reale, è intrinsecamente e inevitabilmente distruttivo e catastrofico per l'ambiente e quindi anche per l'umanità. Come è successo? Sin dagli albori della sua esistenza, l'umanità è stata sottoposta alle forze della natura. Cosi come fornisce all’umanità i suoi frutti e doni diversi, molte forze e condizioni naturali sono state minaccia alla sopravvivenza e al benessere dell'umanità. La tecnologia nasce dalla necessità e la volontà della gente di proteggersi da queste minacce e di trarre maggior vantaggio dalle possibilità della natura. Queste origini sono del tutto innocenti: soddisfare i bisogni fondamentali di riparo, cibo, vestiario, ecc. per ridurre il disagio e il dolore. Le tecniche sono concepite e sviluppate gradualmente nel corso del tempo per svolgere i propri compiti, cosi le tecniche stesse sono sempre più testate nella pratica e, di conseguenza modificate, raffinate e rese più complesse. Le tecniche sono così migliorate nella loro efficacia, permettendo di eseguire la stessa operazione più velocemente o con maggiore facilità, insomma in una parola, con meno lavoro vivo.

Ma le tecniche sono spesso, allo stesso modo, rese più potenti, in grado di svolgere compiti più grandi di quanto fosse possibile in precedenza. Poiché questo processo di sviluppo tecnologico si svolge nell'arco di lunghi periodi di tempo, sviluppiamo mezzi tecnici sempre più potenti che danno ai loro possessori una forza su tutto ciò a cui possono applicarla. Fin dall'inizio, alcuni di questi mezzi più significativi sono stati produttivi e distruttivi al medesimo tempo, in grado di essere utilizzati per la produzione materiale o la distruzione, come la caccia o uccisione di animali predatori, o per difendersi, lottare contro un'altra tribù o un gruppo di persone, sia per scopi di conquista o di difesa. Così, in tempi antichi, è stato possibile applicare gli strumenti tecnici del genere umano alla terra e ai prodotti naturali, ad altri animali e, naturalmente, ad altri esseri umani. In qualche modo, nel corso della storia, i miglioramenti tecnici hanno permesso la produzione di un surplus, un plus-prodotto, che liberava una minoranza della necessità del lavoro; poi, le società di classe e le civiltà sono sorte con piccole minoranze dominanti che hanno monopolizzato il controllo su i più potenti mezzi tecnici per mantenere e, ove possibile, aumentare il loro potere di classe e proteggere la loro ricchezza accumulata. La tecnologia ha una lunga storia in campo economico e politico fin dagli albori della società divisa in classi, le forme più sviluppate sono state messe al servizio di un progetto di mantenimento e di accumulazione di un potere e di una ricchezza di classe. Naturalmente, durante tutto questo tempo, la maggior parte delle tecniche sviluppate a riguardato la produzione materiale, la produzione di mezzi di sussistenza per l'intera società, a partire dalle materie prime grazie a mezzi tecnici, attraverso il lavoro vivo.


Quale socializzazione?

La tecnologia e la conoscenza scientifica alla base del suo sviluppo, l'idea della conquista potenziale o della dominazione della natura da parte dell'umanità, ha visto il giorno, non solo come sogno, come è per alcuni, ma in realtà, in un futuro storicamente legato al proprio tempo. L'idea non è diventata veramente popolare fino al secolo dei lumi e allo sviluppo concomitante della borghesia. Senza entrare nei dettagli e nelle date, sappiamo che un certo numero di invenzioni tecniche nel periodo di ascesa della la borghesia in seno alla società feudale hanno dato a coloro che le dominavano un enorme potere economico e produttivo rispetto a quello che esisteva prima. Il crescente dominio sulla natura dell'economia ha portato ad un crescente dominio sul resto della società, e in ultima analisi, alla supremazia politica. Il processo di accumulazione primitiva intrapresa dalla classe dominante borghese ha privato la massa dei produttori già semi-indipendenti dei loro mezzi e condizioni di produzione, e ha creato un mercato in crescita di lavoratori liberi di vendere la loro forza-lavoro ai capitalisti. Questi ultimi, come Marx ha giustamente dimostrato, hanno iniziato il processo di socializzazione dei mezzi di produzione, combinando il lavoro comune di questi lavoratori salariati, in un processo di produzione organizzato in modo unitario, di solito su un solo posto di lavoro, la fabbrica. Inizialmente utilizzando le stesse risorse tecniche che avevano prima i produttori indipendenti, i lavoratori furono rapidamente assoggetti ai mezzi tecnici e agli strumenti di produzione, al capitale fisso posseduto e diretto dai capitalisti e legalmente protetto dello stato capitalista. Un processo storico di rivoluzione costante dei mezzi di produzione è cominciato, risultante dall’espansione del capitale e dallo sviluppo della legge del valore. Al centro di questo progetto di dominio di classe e di accumulazione di plusvalore attraverso lo sfruttamento del lavoro vivo nel processo di produzione si trovava, e si trova ancora, in modo crescente la scienza al servizio di questi obiettivi.

Quindi, prima del capitalismo, a causa dello stato relativamente sottosviluppato delle forze produttive tecnologiche, con la maggior parte dei lavoratori individuali che lavoravano in modo indipendente -anche impegnati in un progetto comune sotto un'unica direzione - con i propri strumenti separati e altri strumenti di produzione, da un lato, questi produttori sono ancora soggetti del processo di lavoro e hanno il controllo dei loro strumenti e, dall'altro, l'ambiente naturale è stato danneggiato o distrutto dalle attività umane unicamente a causa della quantità di lavoro svolta da un gran numero di produttori su risorse naturali limitate, o a causa della diffusione sconsiderata di grandi concentrazioni di mezzi di distruzione più potenti a disponibile della classe dominante a quel tempo. Il degrado umano e la distruzione della natura si verificarono, ma su una scala minuscola rispetto ai danni di oggi. Solo con l'espansione storica del capitale, rivoluzionando costantemente i mezzi di produzione (e distruzione), provocando lo sviluppo di macchine potenti e altri mezzi tecnici (processi chimici, e le forme di combinazione di organizzazione, ecc.) utilizzati nell’industria su larga scala, da un lato, i produttori diretti hanno perso il loro ruolo di soggetti nel processo di lavoro diretto da queste macchine (e dalla scienza che le sostiene) e d'altra parte, la distruzione su larga scala e la degradazione dell'ambiente naturale sono apparse per la prima volta nella storia e hanno iniziato ad accumularsi.


Degradazione

Penso che siamo autorizzati a parlare di degrado dell'umanità, come si può parlare di un degrado dell'ambiente grazie all'utilizzo della tecnologia che il capitale ha sviluppato, in particolare durante gli ultimi 100 anni. E' un fatto indiscutibile, anche se molto di questo sviluppo tecnologico ha portato a benefici e miglioramenti nella vita di innumerevoli uomini. Penso che possiamo dire questo a proposito di tutta la storia del capitalismo, ma possiamo certamente limitarci al 20° secolo, se lo desideriamo. E questo degrado non è semplicemente una questione di cattiveria, cattivo uso o abuso deliberato di tecnologia che ha sviluppato o di cui il capitalismo ha preso il controllo. Gran parte di questo degrado della specie umana e naturalmente di tutta la terra e dell'atmosfera che la circonda, è il risultato dell'uso propriamente detto di queste tecnologie.

Un esempio evidente è lo sviluppo di energia nucleare e le armi nucleari e la minaccia del loro uso. La morte e la distruzione su larga scala nel corso del 20° secolo, le guerre inter-imperialiste e di civilizzazione, i numerosi esempi di pulizia etnica e i genocidi commessi contro l'umanità da parte delle varie fazioni e truppe della classe dei capitalisti sono state facilitate dal progresso tecnologico enorme che il capitale ha fatto in termini di produzione e distruzione. Per quanto riguarda la coscienza, il trionfo di ciò che Marcuse ha definito razionalità tecnologica o quello che Adorno chiama ragione strumentale - una razionalità che viene annullata o che marginalizza la ragione critica - nel pensiero e l'attività di tutta la popolazione nella società capitalistica avanzata, ha essa stessa contribuito in modo significativo al crescente dominio del capitale sul lavoro e all'incapacità della classe di sviluppare -finora- una coscienza rivoluzionaria (di larga scala).

Forse l’aspetto più concreto di tale degrado legato alla tecnologia capitalista sta nel suo impatto sul singolo lavoratore, che deve utilizzarla e lavorare essendovi sottomesso. Basta guardare alcuni noti brani del Capitale vol.1, specialmente nel capitolo sulla Macchine e Grande Industria per trovare vivide descrizioni di questo fenomeno. Cento anni dopo, la moderna produzione automatizzata non è meno abbrutente, anche se richiede meno lavoro manuale. E, naturalmente, ci sono innumerevoli danni ambientali inflitti dalla implementazione, da parte del capitale delle sue forze tecnologiche, danni che hanno destrutturato il rapporto della specie umana con la natura, diminuendo così la nostra umanità. Ciò che è centrale qui, è il chiaro parallelo tra il destino dell'ambiente naturale e il destino dell'umanità nel passaggio al dominio reale del capitale, che è centrale per lo sviluppo e l'uso di una tecnologia capitalista, un potere crescente.


Economia o ecologia?

Prima o poi dobbiamo porci la domanda di sapere perché scrivere sull’ambiente ORA? La ragione non è che la questione ambientale, il rapporto del capitalismo con l'ambiente e la possibile futura relazione con l'ambiente nel socialismo o nel comunismo che non aveva importanza fino a poco tempo fa.

Questa questione è sempre stata importante, ma nella teoria marxista rivoluzionaria ha di fatto assunto una posizione secondaria rispetto ad altre questioni concernenti le relazioni e gli eventi sociali in particolare, a differenza dei fenomeni sociali della natura. In realtà, Marx ed Engels stessi hanno contribuito a una critica dei rapporti del capitalismo con l'ambiente naturale. Le ragioni per le quali è imperativo che noi affrontiamo oggi questi problemi di relazioni sociali con la natura sono da un parte, le numerose minacce alla sopravvivenza stessa di entrambe ambiente e umanità esistente in questo ambiente, compresa la questione chiave del cambiamento climatico recentemente dimostrato in campo scientifico, così come la prospettiva di un significativo aumento di un tale cambiamento nei prossimi decenni; e daltra parte, altrettanto importante, il fatto che le minacce ambientali stanno diventando la principale preoccupazione e la paura di tutti nella maggior parte nei paesi del mondo, un fatto concomitante al risalto dato a questa questione dai mass media. Per queste ragioni, le domande rispetto all'ambiente e al rapporto tra l'ambiente e una società sviluppata ora sono di interesse primario per chiunque sia interessato al futuro dell'umanità.

Tradizionalmente, la teoria rivoluzionaria marxista ha posto come principio la crisi economica e le tendenze croniche verso la crisi come caratteristiche del crollo del capitalismo e come precursori della suo rovesciamento politico e della sua abolizione economica da parte dei suoi becchini. Ora, però, è facile vedere la cronica crisi ambientale e le tendenze verso il collasso ecologico, minacciare la stessa sopravvivenza del genere umano, se gli si lascia mano libera.
C'è una simmetria molto affascinante qui, anche se i processi coinvolti - economico, sociale e socio-naturale - sono chiaramente differenti, anche se sono connessi e, anche se non c'è possibilità di una teoria marxista della crisi ambientale analoga alla teoria marxista della crisi politico-economica. Domande sul metabolismo (per dirla con Marx) della società capitalista con l'ambiente naturale coinvolgere sia delle componenti politiche, economiche e social-rivoluzionarie e le componenti della scienze naturale. Essenzialmente, la scienza naturale non copre i processi naturali coinvolti nel metabolismo tra uomo e natura, le sue condizioni di funzionamento, e i suoi risultati, né i mezzi e le interazioni con la natura come misura dei progressi dell'umanità. La teoria rivoluzionaria prende quindi questi risultati e li incorpora nella sua comprensione del capitale e delle sue tendenze storiche. Una prospettiva per il futuro è cosi sviluppata, rispetto alla relazione mutevole del capitalismo nei confronti dell'ambiente e di un possibile corso di opposizione a questo processo da parte del proletariato e dell'umanità.


Quale tecnologia?

Nel mio caso, e come è stato detto nei due punti precedenti, è diventato indiscutibile che la relazione della società capitalista con l'ambiente naturale è diventata catastrofica, non solo per la salute e la sopravvivenza di questo ambiente ma anche per la stessa umanità che ha bisogno di questo ambiente per riprodursi nel corso della storia. Ed è anche innegabile che la relazione della società capitalista con l'ambiente naturale è stato facilitato e sostenuto dalla mediazione della tecnologia di questa società. Nel corso degli ultimi 150-200 anni, questa tecnologia è stata principalmente (in varie forme), la tecnologia su larga scala della produzione industriale. Deve essere posta la seguente domanda: è solo l'uso specifico che il capitalismo fa di questa tecnologia il fattore determinante, o è piuttosto la stessa tecnologia che è decisiva, a causa delle sue limitate opportunità uso? Questo problema deve essere affrontato, anche se questo non avviene  nella tradizionale visione marxista, positivista, produttivi sta, che afferma invariabilmente che è solo l'uso colpevole che il capitalismo fa di una tecnologia neutra. (Mentre l'avversario technofobo pro-ambiente di questa distruzione rigetta tutta la colpa sulla stessa tecnologia, come una forza completamente autonoma, lasciando così ai margini il capitalismo.). Evidentemente l’uso del capitalismo di questa tecnologia è una parte essenziale del problema. Ma la vera domanda è se la tecnologia stessa è davvero neutrale, capace di una implementazione completamente diversa; o, se in realtà, il capitale stesso non abbia sviluppato e perfezionato questa tecnologia a sua immagine, con i suoi propri imperativi e obiettivi, con la sua propria prospettiva – che è naturalmente quello di dominio e di sfruttamento di tutto ciò che esiste – a tal punto che ogni possibile utilizzo di questa tecnologia (per esempio, da parte dei produttori associati) sarà dannosa (e in definitiva distruttiva) per l'umanità e l'ambiente naturale con cui interagisce? Questa è la vera questione.

Come si risponde a questa domanda determina come vediamo il futuro rapporto dell'umanità con la tecnologia, dopo l'emancipazione del proletariato dalla dittatura della classe capitalista: o come uno sviluppo intensificato di tecnologie ereditate dal capitalismo e andando nella stessa direzione di prima sotto la legge del valore, o come una radicale rottura con questa traiettoria attraverso un ulteriore sviluppo tecnologico al servizio di criteri e scopi qualitativi, piuttosto che strettamente quantitativi, con una preoccupazione per la qualità delle relazioni tra individui e società, tra natura e specie.


E la scienza?

La scienza in epoca di dominazione politica ed economica del capitale è stata sviluppata per realizzare il progetto storico del capitale. Per alcuni, questo potrebbe sembrare fuorviante o discutibile. Marx come si può vedere in particolare nella suo Frammento sulle macchine nei Grundrisse. Questo frammento non dovrebbe essere fonte di conflitto, ma va sicuramente incontro sia all'ideologia dominante del capitalismo e sia a quella del marxismo tradizionale.

La scienza, come la tecnologia, è in generale considerata politicamente neutrale. Ma la scienza non esiste nel vuoto, non persegue gli obiettivi completamente imparziale e indipendenti e, come tutti dovrebbero sapere, richiede notevoli risorse e sostegno finanziario per poter funzionare ed è rispetto a queste cose che si sviluppa. Dal momento che la scienza ha da sempre (in epoca moderna), un alto valore potenziale per aumentare la produttività economica o per migliorare l'efficacia o la potenza di qualsiasi dispositivo o tecnologia, cosi per massimizzare la modalità di amministrazione che esiste e che è utile alla classe capitalista, dovrebbe essere chiaro che negli ultimi cento anni e su scala crescente, in parallelo alla crescita del capitale, la scienza è stata in gran parte fatta per servire il dominio capitalista sul mondo, sia a livello sociale che naturale.

Questa scienza serve come mezzo per lo sviluppo di forze di organizzazione tecnica della produzione e dell'amministrazione. Tutte queste forze servono ad aumentare senza interruzione la ricchezza e la forza (politico e sociale) della classe dominante capitalista che le comanda e che ne garantisce il loro sviluppo.
Non solo le forze produttive e d’organizzazione aumentano la produttività e l'efficienza della società - forze che sono sempre invariabilmente ritratte come socialmente progressiva per aumentare il consumo e la produzione potenziale di beni e servizi per la popolazione e per aumentare la sicurezza e la fornitura di servizi pubblici per tutti - sono anche forze che permettono in ogni caso alla classe dominante di aumentare il suo dominio e il suo sfruttamento su tutta la società, su tutta l’umanità e sul mondo naturale.

La scienza capitalista- e possiamo certamente utilizzare questo termine per la scienza sotto il regno storico del capitale – serve il suo scopo presentando l’intero campo del suo studio e della sua portata, sotto forma di oggetti e processi misurabili, quantificabili, manipolabili che possono essere controllati e sfruttati. Questo campo raggiunge tutta la totalità della società e la natura nella sua interezza. Questo comincia con il progetto storicamente progressivo della comprensione del mondo, sviluppando una crescente comprensione delle leggi della natura (fisica, astronomia, chimica). Molto rapidamente, la scienza rivolta la propria attenzione allo studio della sfera biologica e dell'essere umano stesso, che si differenzia dal resto del mondo animale. Il campo sociale umano diventa esso stesso l'ultima frontiera, l'ultimo mistero per la scienza.

La gestione scientifica della produzione utilizzando tutte le risorse naturali disponibili cosi come l'amministrazione potenzialmente illimitata e il controllo sociale e politico della società sono i risultati attesi di questo progetto storico del capitale, e il percorso della scienza che è al suo servizio.

La scienza sotto il dominio della società da parte del capitale è stata essa stessa trasformata dal capitale, dai suoi bisogni e obiettivi, ma anche dalla sua visione ideologica del mondo. Questa visione del soggetto isolato di coscienza viene da Cartesio, che vedeva il mondo esterno come res extensa, come Marx, lo ha ben descritto nei paragrafi di apertura dei Grundrisse, il punto di vista borghese dell'individuo isolato, indipendente, alla Robinson Crusoe.
In questa società dove regna la libera concorrenza, l'individuo sembra affrancato dai vincoli naturali e dagli altri che nei periodi storici precedenti lo mantenevano in seno ad un conglomerato umano definito e limitato”.

Naturalmente, questo individuo isolato si confrontava non soltanto  con i legami sociali ma anche con i legami naturali per poter perseguire obiettivi personali.


Frammentazione

Secondo il pensiero di Lukács, il punto di vista individuale isolato secondo cui il pensiero opposto alla prassi è il modo dominante, la comprensione del mondo è parziale, frammentaria. Allo stesso modo il mondo secondo la visione della borghesia è un mondo ridotto e frammentato. E’ un mondo di fatti separati, di oggetti isolati, presi fuori dalle loro connessioni reali degli uni con gli altri e dal contesto naturale e sociale più ampio in cui esse esistono. L'astrazione e la generalizzazione sono i mezzi per ottenere la conoscenza del mondo su questa base. Le proprietà degli oggetti e le condizioni di vita nel mondo sono classificati utilizzando misure quantificabili per fare previsioni generalizzabili su vari tipi di fenomeni. Durante l'epoca borghese, la scienza procede su questa base, per rendere comprensibile in un formato misurabile e utilizzando concetti empirici, il mondo naturale e sociale che serve gli obiettivi della borghesia e il progetto storico della classe capitalista per una maggiore organizzazione e sfruttamento.

Anche se questo non è una verità assoluta, la maggior parte di tutta la ricerca scientifica nella società capitalistica serve a questo scopo. Lo sviluppo tecnologico delle forze produttive, fondamentale per il progresso della società capitalista, gioca ovviamente un ruolo importante nella direzione presa da una tale scienza, dalle sua priorità, da quello che sceglie di studiare e quello che sceglie di ignorare o non è in grado di capire. Questo modo di intendere il mondo si adatta perfettamente alla legge del valore e alla sua crescente egemonia sulla società capitalista.


Reificazione

La tecnologia, come sviluppato nella storia finora (soprattutto negli ultimi 200 anni), è la forma ideale della reificazione capitalista. La forma merce e i rapporti sociali capitalistici vi trovano un veicolo perfetto per trasformare e controllare tutti i campi dell'attività umana e anche la soggettività delle persone coinvolte nella gestione della tecnologia nelle sue diverse varianti che sono in aumento. Il ruolo di mediazione svolto dalla tecnologia nel processo produttivo, ma anche in molti altri ambiti di attività sociale nella società capitalista, è il modo migliore per garantire l'attuazione e la riproduzione dei rapporti sociali capitalisti. Attraverso la mediazione tra le persone e tra persone e natura, la tecnologia specificamente capitalista assicura che i rapporti capitalistici siano dominanti in tutti i rapporti specifici tra queste persone e tra questi e l'ambiente naturale con cui interagiscono attraverso questa tecnologia.

Come scrive Herbert Marcuse: “E 'solo attraverso l’intermediazione della tecnologia che l'uomo e la natura diventano oggetti di organizzazione intercambiabili. Gli interessi particolari che organizzano l'unità a cui sono sottoposti sono nascosti dietro una produttività e una efficacia universale. In altre parole, la tecnologia è diventata il grande veicolo di reificazione - reificazione, che ha raggiunto la forma più completa e più efficace”.

Anche se non lo enuncia esplicitamente, noi possiamo: questo reificazione di cui la moderna tecnologia è diventata il grande veicolo è una tecnologia specificamente capitalista. E evidentemente Marx, che ha fornito la visione originale che a reso possibile questa tesi, tra cui la sua teoria del feticismo della merce, e affermazioni come: “Le macchine sembrano, quindi, come la forma più appropriata di capitale fisso, e capitale fisso, in quanto riguarda i rapporti del capitale con lui stesso, sembra essere la forma più adeguata in quanto capitale”.

Questo suggerisce che c'è un'intima connessione, intrinseca tra i rapporti di produzione capitalistici e le forze produttive sviluppate dal modo di produzione specificamente capitalistico, vale a dire che queste forze produttive tecnologiche non possono essere davvero separate dai rapporti di produzione della forma sociale che gli ha dato la luce e essere usate per fini diversi dallo sfruttamento del lavoro vivo e delle risorse naturali.


Dominio reale

Prospettiva Internazionalista ha fatto del concetto e della teoria di ciò che Marx chiamava il passaggio dalla dominazione formale alla dominazione reale del capitale sul lavoro una pietra miliare del suo lavoro di approfondimento teorico cercando di capire, soprattutto, i cambiamenti nel sistema capitalista negli ultimi sessanta anni. Marx ha usato un altro termine che può essere intercambiabile con dominio reale del capitale sul lavoro. Questo termine è “il modo di produzione specificamente capitalista” e afferma che questo modo di produzione sviluppato, è per così dire, un modo completamente nuovo di produzione dal modo di produzione capitalistico meramente formale. I risultati del processo immediato di produzione, nel Capitale, vol. I.

Con la sussunzione reale del lavoro al capitale la produzione si trova ora come modo di produzione capitalistica sui generis e realizza un nuovo modo di produzione materiale.

Ma cosa intendeva dire Marx con “un modo di produzione specificamente capitalistico basato sulla generalizzazione dell’estrazione di plusvalore relativo come forma egemonica di sfruttamento della classe operaia”?.

Questo non può essere solo il semplice processo di sostituzione dei vari utensili e degli altri strumenti posseduti dai produttori separati ma che lavorano insieme in un laboratorio (che è la dominazione formale), da una nuova gestione dei mezzi di produzione posseduti del capitalista -fine della storia (come insistono a dire tanti pro-rivoluzionari che respingono o minimizzano l'importanza di questa distinzione). E’ questa in realtà, ma questa implica molte cose e porta a molto altro, e questa continua senza sosta da quando la classe capitalista rivoluziona continuamente il processo di produzione e la società stessa che orienta questa produzione.

Parliamo, in primo luogo, del processo di socializzazione della produzione, che è, per la prima volta nella storia, su larga scala, e copre (quasi) tutte le società europea e anche nord-americane. La socializzazione della produzione, nei rapporti sociali capitalisti, in una situazione in cui le masse dei lavoratori sono state separate dai mezzi e dalle condizioni della produzione, è un processo storico molto significativo. I mezzi di produzione sono trasformati dal capitale, dalla proprietà privata dei singoli produttori, in macchine comuni o attrezzature possedute in modo privato dal capitalista o dall’impresa. Dovrebbe essere chiaro a tutti che si traduce in conseguenze importanti sia per i lavoratori salariati sia per la società nel suo complesso di cui ci interessa la produzione materiale. I lavoratori perdono il controllo dei mezzi di produzione poiché il capitalista prende il sopravvento con le sue dotazioni o con i suoi macchinari più efficienti e produttivi. Questa è una grave perdita di autonomia per i lavoratori nel processo di lavoro e nello stesso luogo di lavoro, cosi come nel rapporto in generale, nella lotta stessa tra il lavoro salariato e il capitale. Ma prima si trattava di una autonomia e di una coscienza di produttori individuali, con un comportamento che ha unito l'orgoglio del mestiere e il produttivismo (individualista).


Gli impatti dello sviluppo

Con una produzione socializzata, i lavoratori sono spogliati dell'autonomia che avevano sotto il dominio formale del capitale e sono sottoposti a una posizione subordinata al lavoro (con) le attrezzature o macchinari forniti dal capitale. Chiaramente stiamo parlando di un processo che si verifica per un lungo periodo, non 5/10 anni, anche se si può individuare il numero di anni in cui le macchine del capitalista rimpiazzano definitivamente gli strumenti del dei lavoratori, ecc… come mezzi di produzione in una impresa data o di un dato settore dell’economia (tra 5 e 10 anni). Questo processo non cessa di crescere, in quanto il capitale affina e perfeziona costantemente i suoi mezzi di produzione specifici in seno al suo modo di produzione specifico. Questo processo, un processo storico, si realizza impregnando i dispositivi e le strumentazioni tecnologiche degli imperativi capitalisti, dei suoi obiettivi e dei suoi interessi specifici. Per fare ciò, il capitale si impossessa della ricerca scientifica, finanziandola, dandogli direzione, dandogli i suoi interessi e obiettivi.

Stiamo parlando dello sviluppo dei mezzi di produzione specificamente capitalisti. Vale a dire, il capitale fisso “La forma più adeguata di capitale in quanto tale”, i mezzi tecnici attraverso i quali il capitale estrae plusvalore dal lavoro salariato. Lo sviluppo del capitale fisso, ad un certo livello di sviluppo tecnologico, estende i suoi tentacoli in tutta la società e, con l'aumento della produzione, i mercati crescono, aumenta la popolazione, si sviluppano i moderni mezzi di trasporto industriale, navigazione su larga scala, i moderni porti industriali, le ferrovie, e quindi il trasporto con veicoli a motore, con strade e ponti, gli aerei, che si sviluppano insieme allo sviluppo del capitale fisso. E non c'è bisogno di aggiungere che tutti questi sviluppi sono sotto la direzione di capitale. Insieme a tutti i tipi di edifici che il capitale a costruito, fabbriche, uffici, scuole, carceri, ospedali, edifici commerciali e residenziali, l'intera infrastruttura tecnologica della società capitalista in quanto tale è evoluta verso la dominazione reale del capitale. Tutto questo diventa sempre più specificamente capitalistico, sia nelle forme sia nel contenuto. Così, lo sviluppo della tecnologia produttiva capitalista, e la sua estensione alle aree di circolazione e del consumo, sono la forza centrale del processo di transizione dalla dominazione formale del capitale alla sua dominazione reale.


E la tecnologia?

Ho fatto qui riferimento ad una tecnologia specificamente capitalista, e mi sono basato su un'interpretazione degli scritti di Marx che sono reperibili da poco più di 40 anni: i Grundrisse e “I risultati del processo immediato di produzione”.

Una tecnologia specificamente capitalista, quindi, è una tecnologia che è specifica del modo di produzione capitalistico propriamente detto, in cui prevale il dominio reale del capitale. Vale a dire che la tecnologia in questione è qualitativamente distinta da qualsiasi tecnologia pre-capitalista e anche qualitativamente distinta dalla tecnologia di qualsiasi formazione sociale post-capitalista. Ma allora, cosa è la tecnologia, se può assumere forme diverse nella storia, in contrasto con una tecnologia che crescerebbe continuamente, in modo progressivo?

Senza poter entrare in un lungo sviluppo di questo problema, possiamo dire che la tecnologia non è uno specifico dispositivo tecnico o macchinario in particolare. Si tratta, in primo luogo, di molte tecniche e dispositivi che sono, come insieme sistematico, caratterizzati da un approccio o una visione comune del modo in cui le persone interagiscono con il mondo cioè, gli uni verso gli altri e verso la natura. Per Heidegger, la tecnologia è un complesso di molte cose, prese nella sua totalità: “La manifattura e l'uso delle attrezzature, utensili e macchinari, le cose prodotte e fabbricate, così come i bisogni e i fini che esse servono, tutto ciò rivela ciò che è la tecnologia. Tutto il complesso di questi dispositivi è la tecnologia”. -La questione relativa alla tecnologia-, in “La questione relativa alla tecnologia e altri saggi”. Prosegue con una analisi dell'essenza della tecnologia come rivelatrice e cornice del mondo. Per Marcuse, questo è un modo per comprendere e progettare il mondo (vedi L’uomo a una dimensione, cap. 6).

Questo è piuttosto astratto, quindi cerchiamo di essere più concreti. Prendiamo un esempio, il frigorifero come dispositivo tecnico. Si tratta di un dispositivo tecnico sviluppato dal capitalismo. La refrigerazione e la produzione di un dispositivo tecnico per refrigerare non sono specificamente capitalisti. Quindi, potrebbero esserci (e la cosa importante è la possibilità, non la probabilità) frigoriferi in una società post-capitalista. Tuttavia, questi frigoriferi, pur continuando a refrigerare, saranno molto differenti dai frigoriferi del capitalismo del 20° e 21° secolo. La forma che prenderanno non sarà, dopo tutto, decisa una volta per tutte, ma continuamente, nel lungo periodo, quando saranno fatte nuove proposte, da parte della comunità (post-proletaria) poiché, saranno gli utilizzatori nella loro vita quotidiana, e/o perché saranno influenzati sia dalla loro produzione o dal loro uso -piuttosto che dal capitale con i suoi interessi propri al posto nostro, come avviene, da quanto la tecnologia capitalista è diventata dominante. Quindi, non è un particolare dispositivo che dobbiamo guardare quando si tratta di valutare diverse tecnologie o forme di tecnologia, ma la totalità di tutte le tecniche interconnesse e i dispositivi, e, ancora più importante, il mondo di vedere il mondo e di interagire con esso.


Ciò che Marx dice

Una delle idee che ho trovato nell'opera di Marx per aiutarci a capire meglio l’antagonismo intrinseco e inalterabile del capitale in relazione all'ambiente naturale, che porta in ultima istanza alla distruzione catastrofica di quest’ultimo è l'analisi del fenomeno di produrre per produrre, che viene da passaggio alla dominazione reale del capitale. Così: “produrre per produrre- produzione come fine a se stessa- arriva di fatto sulla scena con la dominazione formale del capitale sul lavoro. Fa la sua apparizione dal momento in cui l'obiettivo immediato della produzione è quello di produrre tanto più plusvalore è possibile, dal momento in cui il valore di scambio del prodotto diventa il fattore decisivo. Ma questa tendenza intrinseca della produzione capitalistica non si realizza come dovrebbe -non diviene indispensabile, quindi neanche tecnologicamente indispensabile- fino a quando il modo specifico di produzione capitalista, e quindi, la sussunzione reale del lavoro al capitale siano divenute una realtà

E “D'altra parte, vi è il lato negativo, la sua natura contraddittoria: la produzione in contraddizione, e nell’indifferenza rispetto al produttore. Il produttore reale come un semplice mezzo di produzione, la ricchezza materiale come fine a se stessa. Cosi la crescita di questa ricchezza materiale è in contraddizione e a spese del singolo essere umano"(Il Capitale).

Quando Marx parla di produzione: “in contraddizione, e nell’indifferenza rispetto al produttore” e “a spese del singolo essere umano”, è facile, col senno di poi, sostituire il produttore con la natura e il singolo essere umano con l’ambiente naturale, e ammettere che è altrettanto giusto. Questo è un altro esempio del fatto che sotto il dominio reale del capitale, il lavoro e la natura sono trattati allo stesso modo: subordinati alla tecnologia capitalista.


Produttivismo

Ma c'è ancora un'altra idea sulla produzione per la produzione, con il suo sviluppo cieco e esponenzialmente crescente delle forze produttive tecnologiche sotto la dominazione reale del capitale. Anche se Marx non ne parla qui, non è difficile vedere che la produzione capitalista, prima o poi su questa base, comporterà l'esaurimento delle risorse naturali che sono limitate e quindi la catastrofe, non solo per la natura ma anche per l'umanità. Questo è esattamente ciò che stiamo vivendo oggi, con l'esaurimento delle foreste sfruttabili a causa della deforestazione intensiva, riduzione o eliminazione dei terreni agricoli a causa della agricoltura intensiva in eccesso (industriale o pre-industriali) e di una urbanizzazione in continua espansione, e una forte tendenza a ridurre le fonti di acqua potabile e, naturalmente, la tendenza verso la riduzione delle riserve di petrolio. L'analisi di Marx chiarisce la base e la intrinseca tendenza, inevitabile, del capitalismo nella sua fase di sviluppo del dominio reale, di esaurire le risorse della natura, necessarie per la vita umana; vale a dire, il corso intrinsecamente catastrofico del capitalismo in rapporto alla natura.

La realtà del cambiamento irreversibile (antropico) del clima che mette di fronte l'umanità a conseguenze catastrofiche, risulta provocata dalla stessa causa che porta all’esaurimento delle risorse naturali. Lo stesso impulso a sfruttare al massimo, separatamente, competitivamente, tutta la natura al fine di massimizzare la valorizzazione del capitale. In questo processo, ogni unità di capitale estratto si appropria della natura fin tanto che può. Il cambiamento climatico prodotto dall'uomo proviene effettivamente dall’emanazione accumulata delle emissioni atmosferiche (effetto serra) di anidride carbonica, un sottoprodotto della produzione industriale e del trasporto capitalista. Questo è il risultato di una incessante ricerca di profitti, cieco alla realtà dei danni collaterali provocati all’ecosistema e all'atmosfera della terra. Questi danni sono infatti l’abuso spudorato del capitalismo dell'ambiente naturale attraverso i suoi mezzi di produzione, il trasporto e la distruzione.

La scienza capitalista rimane in gran parte cieca ai propri danni poiché è al servizio della massimizzazione dei profitti e del consolidamento del potere. Sotto forma ridotta e specializzata in frammenti di esistenza, la gran parte dei danni non appare. Tuttavia, abbiamo recentemente visto l'emergere di una nuova scienza ecologica interdisciplinare, che è emersa solo perché i danni accumulati all'ambiente naturale sono diventati così grandi, e su scala globale, che alcune frazioni del capitale che hanno sviluppato un interesse per la sostenibilità ambientale, hanno visto la necessità di fornire le risorse materiali necessarie per questa nuova scienza. Essendo questa scienza ecologica interdisciplinare, è di fatto differente dalla maggior parte della scienza sotto la dominazione reale del capitale, perché supera la separazione dovuta alla specializzazione (divisione del lavoro scientifico), per cercare di collegare i risultati di ricerche scientifiche in vari campi e di utilizzare nuove categorie di teorizzazione (come 'ecosistema') per stabilire una comprensione più ampia, più unitaria, più concreta di ciò che accade realmente nel mondo. Il capitalismo è stato costretto dai risultati inquietanti delle sue attività per i propri interessi, di sviluppare scienza ecologica, anche se è una forma di scienza più in linea con una società post-capitalista.


Esaurimento

Come abbiamo detto in precedenza: la produzione per la produzione capitalista prima o poi… porterà all'esaurimento delle risorse naturali che sono limitate; in realtà la crisi cronica del capitalismo rende questa eventualità una questione sempre più prossima. Marx ci ha fornito le basi per comprendere perché è cosi. Come scrisse nei Grundrisse: “Così, più il capitale si sviluppa, più crea plus valore, più deve terribilmente sviluppare le forze produttive, al fine di realizzarsi in una porzione sempre più piccola. Per aggiungere plusvalore -. poichè il limite rimane sempre il rapporto tra la frazione della giornata che esprime il lavoro necessario, e l'intera giornata di lavoro. Può muoversi solo entro questi limiti“.

E come ha scritto Mcintosh in Marxismo e l'Olocausto nel numero precedente di Prospettive Internationaliste (n.49, http://internationalist-perspective.org/IP/ip-archive/ip_49_holocaust.html) “Più è rapida la caduta del tasso di profitto, dovuto all'aumento della composizione organica del capitale -cioè la crescita delle forze produttive - più la pressione su ogni entità capitalista, nazione o impresa, è grande per accelerare lo sviluppo delle forze produttive in una ricerca senza fine di superare i suoi concorrenti e per ottenere un plusprofitto”.

Questa tendenza storica immanente del capitale, si rinforza con lo sviluppo del capitale, più il capitale avanza nella sua dominazione reale sul lavoro e sulla società, e sulla natura, più si accellera la distruzione ambientale.


Prospettive

Uno dei compiti principali di Prospettive Internationaliste oggi è quello di contribuire a un rinnovamento o un rinascimento del marxismo, per un nuovo marxismo critico, in contrasto con il marxismo tradizionale classico ossificato che hanno dominato il 20 secolo. La critica del marxismo tradizionale – marxismo incorporato principalmente nelle dottrine e prospettive del 2°, 3° e 4° Internazionale, ha contaminato anche le principali correnti della sinistra comunista- ingloba un certo numero di fattori. A livello strettamente teorico, i principali fattori includono il determinismo economico (spesso in combinazione con una visione del materialismo storico come scienza che scopre tutte le leggi che regolano la società capitalistica), il modello strttura/ sovrastruttura del funzionamento sociale, una concezione teleologico (progressiva/lineare) della storia, con il comunismo visto come il risultato finale inevitabile, e ciò che è stato chiamato positivismo e non critica dello sviluppo capitalistico. Questo orientamento positivista implica di vedere tutto lo sviluppo della struttura o infrastruttura della società capitalista (al contrario di ciò che succede a livello sovrastrutturale della politica, della cultura e dell'ideologia) come storicamente intrinsecamente progressista. Si tratta di un atteggiamento completamente produttivista, poiché vede tutti gli sviluppi delle infrastrutture capitaliste come sviluppo delle forze produttive, visto in una ottica puramente quantitativa, come aumento della produttività complessiva della società, e quindi a livello oggettivo un avvicinamento al comunismo.

Tutti questi fattori, (1) il determinismo economico (con il materialismo storico come 'scienza' del capitalismo), (2) il modello struttura/sovrastruttura, (3) una concezione teleologica e progressista della storia, e (4) il positivismo e il produttivismo, sono collegati, che una critica completa dovrebbe essere fatta a livello globale, considerando le diverse interconnessioni. Un dogma assolutamente fondamentale delle forme tradizionali o classiche positiviste del marxismo, considerata un patrimonio fondamentale di Marx, è la seguente coppia di equazioni riguardanti il capitalismo maturo (comunque lo si definisca): i rapporti di produzione sono reazionari e negativi per l'umanità, mentre le forze di produzione (sviluppate) sono progressiste e positive per l'umanità. Il marxismo tradizionale approva in modo semplicistico e glorifica anche lo sviluppo capitalista delle forze produttive tecnologiche, mentre riserva la sua opposizione solo per l'uso specifico che viene fatto dai rapporti capitalistici di produzione; piuttosto che vedere quali possibilità si aprono con lo sviluppo tecnologico capitalista (e non necessariamente da tutto lo sviluppo), la capacità di andare oltre e in una direzione completamente diversa da quella presa sotto la direzione del capitale, questo è veramente progressivo nel progresso capitalista.

Da Prospettive Internationaliste n. 50
http://internationalist-perspective.org/IP/ip-archive/ip_50_environment.html

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