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quaderni s precario

A proposito di Marx & Keynes. Un romanzo economico

di Davide Gallo Lassere

I romanzi “economici”, nel campo della letteratura, non sono molto frequenti. “Marx&Keynes. Un romanzo economico” di Pierangelo Dacrema (Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari, Università della. Calabria, non nuovo nel trattare questi temi sino a postulare la morte del denaro, obiettivo decisamente eccessivo) rappresenta un’eccezione. Il tema è quello della moneta, uno degli argomenti che più stiamo trattando su queste pagine. Ecco la recensione ragionata di Davide Gallo Lassere

keynes-marxKarl Heinrich Marx e John Maynard Keynes, catapultati per incanto nella primavera del 2015. Pienamente edotti sulle vicende mondiali avvenute dopo il loro decesso. Marx lettore di Keynes, che analizza e commenta la General Theory; Keynes lettore di Marx, che disamina e considera Das Kapital. Entrambi che si confrontano apertamente sulle rispettive teorie alla luce degli accadimenti più recenti, mettendo a nudo gli aspetti più intimi delle lorodivergenti personalità e sensibilità. Un romanzo biografico ed economico estremamente affascinante, che si svolge tra i caffè parigini e gli incroci newyorkesi, passando per i parchi di Londra, le strade, così diverse, di Washington e Dublino, fino ad approdare sulle coste gallesi, in cui i passaggi tra i vari luoghi, sovraccarichi di riferimenti storici e simbolici, scandiscono la progressiva presa di coscienza dei meriti e dei limiti delle proprie opere.Un modo appassionante per esplorare in maniera accessibile due tra le vite e le avventure intellettuali più straordinarie degli ultimi secoli.

Il romanzo di Dacrema si intreccia attorno a un percorso di graduale maturazione da parte dei personaggi, i quali finiscono per ritrattare – in maniera a volte eccessivamente azzardata (cfr. p. 156 e ss.) – alcuni punti fondamentali del loro lascito teorico e politico al fine di mettere finalmente a fuoco un elemento troppo spesso sottovalutato o non pienamente compreso nei loro precedenti sforzi: la moneta.

Come sostiene Marx nelle parti iniziali del romanzo, “credo che ancora manchi, sia a me che a te, una componente essenziale – una specie di chiave di volta – per la formulazione di un ragionamento organico e completo sulla moneta che, nonostante la sua apparente semplicità, rimane a mio parere una materia abbastanza misteriosa, un campo inesplorato come un buco nero”. Il Marx di Dacrema ammette infatti giustamente di aver trattato la moneta “come una variabile indipendente, un dato del problema, un fenomeno scientificamente insondabile e, nella sua disarmante elementarità, per nulla o quasi modificabile, perlomeno nella sua struttura”. Mentre il Keynes redivivo, conscio di aver posto con rigore scientifico il quesito vertente sulla responsabilità della moneta nella devianza dei comportamenti economici, riconosce di aver riposto un’eccessiva fiducia su quest’oggetto sui generis (“il miglior riassunto possibile di tutte le passioni della moltitudine”), e non sui soggetti, per il cambiamento sociale.

I piacevoli dialoghi attraverso cui si snoda la narrazione alternano così delle succose elaborazioni filosofiche sulle caratteristiche del denaro a delle lucide analisi delle sue ripercussioni sociali, ma sono tutti teleologicamente predestinati a preparare il terreno alla proposta finale: l’abolizione del denaro e l’accesso in un’economia post-monetaria; l’eliminazione assoluta della moneta al fine di abbattere i costi (sociali e finanziari) del suo mantenimento e sprigionare energie, tempo e idee normalmente assorbiti dalla preoccupazione di ottenerne le quantità desiderate. Benché Dacremafaccia spendere al suo Marx e al suo Keynes delle parole ampiamente condivisibili relative al funzionamento della moneta così com’è, non riesce mai a far porre loro la questione – cruciale – dell’istituzione attiva della moneta intesa come processo sociale e politico; meglio: dell’atto istitutivo volto a imprimere alla moneta certe funzioni, a prediligerne qualcuna a discapito di altre e ad articolarle tra di loro in modo opportuno, ossia rispondente alle esigenze dei partecipanti alla prassi istituente. In breve, Dacrema si limita a scandagliare e sviscerare la natura della moneta capitalistica, postulando la sua soppressione come unica via per un’uscita dalla crisi che inauguri il cammino verso una società (capitalistica!) dal volto umano. Ma non affronta il problema alla radice. La possibilità, concreta e immanente, di un’altra moneta rimane impensata e non praticabile.Prova ne sia che nel suo campo visivo non entra mai in scena alcun tipo di soggettività, eccezion fatta per quelle di Marx e Keynes.

La moneta, al contrario, è passibile di conoscere tutta una serie di flessioni e di curvature a seconda dell’inventività politica delle collettività coinvolte nel suo processo di costruzione, della loro capacità di saper comporre le diverse potenzialità economiche e sociali presenti nei contesti territoriali e di promuoverne lo sviluppo secondo le direzioni desiderate. A tal fine va posta con forza la questione inaggirabile dei limiti – non solo temporalie, eventualmente, spaziali, ma,soprattutto, sociali – da infondere alla moneta. Innanzitutto, per evitare atti speculativi, un primo tipo di limite che potrebbe venir imposto concerne la convertibilità condizionata tra moneta alternativa e valute correnti: si può acquistare moneta alternativa tramite moneta ufficiale, ma l’atto contrario deve essere debitamente discusso. La moneta alternativa manifesta infatti diverse virtuosità: veicola pratiche di dis-assoggettamento, fortifica il legame sociale, concretizza processi di democratizzazione sostanziale e formale dell’economico fornendo reddito e autonomia. Se ne entra quindi in possesso al fine di utilizzarla, e non per acquisirne maggiori quantità quando conviene per poi cederle quando non fa più comodo (causando sconvenienti penurie o eccessi di moneta).

In secondo luogo, affinché la moneta alternativa espleti pienamente le sue virtuosità è necessario che venga utilizzata, scambiata e fatta circolare il più velocemente possibile. Onde evitare pratiche di tesaurizzazione e accumulazione, va quindi socialmente istituito un limite alla validità temporale della moneta, la quale non può mantenere indiscriminatamente intatto nel tempo il proprio valore. Dopo quanto ciò debba accadere e secondo quali tassi di decumulo, però, sono le soggettività partecipanti al processo istituente che lo devono stabilire.

In terzo luogo, e più importante, i limiti sociali. Attraverso una limitazione della validità sociale della moneta, ossia della possibilità di mediare esclusivamente gli scambi di certi tipi di beni rispondenti a determinati criteri sociali ed ecologici, il circuito monetario può impattare indirettamente sul modo stesso di produzione economica e di formazione delle soggettività. Incentivare certi tipi di scambio a discapito di altri consente, a monte, di incidere sul processo di investimento, aiutando la promozione di processi produttivi autogestiti, indipendenti e che soddisfino determinati requisiti in termini di attenzione e di cura delle condizioni lavorative e ambientali; a valle, invece, consente di problematizzare le normali abitudini di consumo, costituendo così un orizzonte di senso quotidiano differenterispetto a quelloconsueto. Per quanto riguarda il processo produttivo, una moneta alternativa permette di porre sul piatto la questione del cosa si produce, del come lo si produce, da parte di chi e in vista di quali finalità. In questo modo, invita ad abbandonare una concezione meramente utilitaristica dell’economico, manifestando una volontà di trasparenza anti-feticistica intenta a far sorgere chiaramente alla luce del sole le relazioni reciproche delle parti interagenti.Per quando concerne la soggettivazione, invece, la moneta alternativa promuove una teoria dell’azione non-strumentale, dove la soddisfazione dei desideri non dipende tanto (o solo) dall’ottenimento e dal consumo privato di un bene, quanto dalla valorizzazione dell’attività esercitata in quanto tale, dal rinsaldamento del riconoscimento vicendevole e dalla partecipazione a un microcosmo sociale e politico critico rispetto alle logiche dominanti. Come sottolineato da Valerio Guizzardi in un articolo recentemente ripubblicato su commonware.org , le sperimentazioni economiche primonovecentesche di stampo mutualistico e cooperativistico non sono risultate così importanti soltanto perché creavano concretamente delle territorialità extra-capitalistiche o perché permettevano di esperire, subito, degli scampoli di comunismo; ma in quanto al loro interno si intessevano dei rapporti sociali, deilegami interpersonali e un intero universo valoriale e simbolico che veicolava dei processi di soggettivazione anticapitalistici. Mutatismutandis, lo stesso vale per i circuiti e gli scambi monetari alternativi.

La moneta, dunque, non soltanto può essere, di fatto, istituita alternativamente; ma risulta anche un importante vettore per delle trasformazioni sociali di ampio raggio. Per suo tramite, dunque, piuttosto che attraverso la sua incondizionata abolizione, si può prospettare una drastica ristrutturazione degli assetti di potere economici e politici oggi vigenti. Di più: attraverso essa si può declinare in modo originale la tematica del comune, come dimostrato dalla due giornate di dibattiti appena organizzate da Effimera che sono sfociate nel progetto di costruzione di una moneta del comune mirante a legare tra di loro diverse realtà presenti sul territorio .

Nonostante non prenda debitamente in considerazione questo largo e significativo spettro di fenomeni, il libro di Dacrema offre comunque in modo facilmente abbordabile una pluralità di spunti interessanti per chiunque voglia capire la centralità della moneta nell’attuale crisi finanziaria del capitalismo odierno.

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