- Details
- Hits: 2412
Un paese senza futuro?
di Renato Caputo
La netta affermazione del No fra i lavoratori dell’Alitalia mostra che siamo necessariamente un paese senza futuro solo se accettiamo il pensiero dominante neoliberista
A riaffermare che un altro paese è possibile e che non è necessario seguire il modo di produzione capitalistico nel suo grigio viale del tramonto, ci hanno pensato ancora una volta i lavoratori salariati, questa volta di Alitalia. Nonostante la campagna a tamburo battente dei mezzi di comunicazione di massa, del governo e degli stessi sindacati neocorporativi, tutti pronti a riaffermare che l’unico futuro possibile è la logica nefasta di difendere il posto di lavoro sacrificando ulteriormente i salari, accrescendo disoccupazione e sfruttamento, i lavoratori hanno risposto con un sonoro No. Nonostante il governo avesse affermato, il giorno stesso delle elezioni, che non esisteva alternativa alla logica liberista imposta dal management italo-arabo di Alitalia, che la prospettiva di una nazionalizzazione della compagnia era impensabile, i lavoratori hanno rivendicato la loro dignità recandosi in massa alle urne – oltre il 90% di votanti – e affermando con quasi il 70% dei voti il rifiuto della perversa logica del pensiero unico dominante.
Il fondamento materiale dell’ideologia dominante, a dimostrazione che anch’essa ne ha bisogno per apparire credibile, è che non ci sarebbero le risorse economiche necessarie in una fase di crisi.
- Details
- Hits: 2412
Trump. Fine della globalizzazione e crisi di egemonia
di Rete dei Comunisti
La non inaspettata vittoria di Trump, per chi ha la giusta percezione delle dinamiche sociali reali, conferma una crisi di egemonia della borghesia in particolare nei paesi imperialisti, dagli USA all’Europa, dove il sistema politico “democratico” non tiene più le profonde contraddizioni che il capitalismo attuale sta producendo. Lo sviluppo distorto, ma coerente con il presente modo di produzione, l’idea delle propria invincibilità acquisita dopo la vittoria sull’URSS, la crisi sistemica che significa offuscamento delle prospettive di crescita e di emancipazione stanno producendo una situazione inedita storicamente e che la vulgata di sinistra tende a rappresentare come populismo, fascismo, ma che va analizzata in ben altro modo.
In realtà siamo di fronte ad un passaggio storico, uguale per spessore a quello avuto nel ’91 ma di segno politico diverso, che produce la fine formale della globalizzazione ed una vera e propria crisi di egemonia della Borghesia e del Capitale, esattamente nei termini in cui ne parla Gramsci. Una crisi che parte dal dato strutturale e sociale ma che ora si riversa in quello politico istituzionale, dove emerge l’irrazionalità propria del sistema capitalistico; da Trump al M5S, passando per i Pirati in Islanda e la Brexit, è questo che si sta imponendo nei paesi che sono – va detto chiaramente e senza mezze misure – imperialisti, leninisticamente imperialisti.
- Details
- Hits: 2412
Il piano furtivo di Draghi
di Mike Whitney
Mario Draghi ha elaborato un piano per togliere dall’incudine il sistema bancario dell’UE e per tirare una martellata sui rendimenti delle obbligazioni sovrane allo stesso tempo. Il direttore della Banca Centrale Europea ha annunciato di voler lanciare il 21 dicembre un programma emergenziale di assistenza alla liquidità, che fornire prestiti “illimitati” alle banche in difficoltà a tassi minimi (1 per cento) fino a tre anni.
Gli analisti di mercato credono che Draghi stia creando un incentivo destinato alle banche per acquistare obbligazioni sovrane ad alto rendimento dai paesi con problema del debito utilizzando denaro a poco prezzo che prendono in prestito dalla BCE. Se, ad esempio, una banca contrae un prestito per 5 miliardi di euro all’1 per cento e compra lo stesso valore di debito italiano a dieci anni, avrà un guadagno netto del 7 per cento dallo scambio. È un inatteso carry trade
, un sussidio diretto dalla banca centrale. I prestiti della BCE sono istituiti per alleggerire gli stress per le banche affamate di liquidità e allo stesso tempo abbassare il costo di finanziamento di quei governi che sono mazziati dalla crisi del debito.
Il piano di Draghi è in effetti una sorta di alleggerimento quantitativo fatto entrare dalla porta di servizio, la principale differenza è che le banche vengono usate come intermediari dell’acquisto di bond. Ma, alla fine dei conti, è la stessa cosa, il che vuole dire che la BCE ha stampato soldi in cambio di collaterali rischiosi che stanno rapidamente perdendo di valore.
- Details
- Hits: 2411
Biopolitica del virus
di Rocco Ronchi
Le prese di posizione sulla pandemia di Giorgio Agamben, ora raccolte nel volume A che punto siamo edito da Quodlibet, hanno suscitato stupore e irritazione. Gli si rimprovera, e non velatamente, l’adesione alla tesi della “dittatura sanitaria”. La semplificazione giornalistica delle tesi agambeniane è brutale e ingenerosa, tuttavia è un fatto che la piazza negazionista non ha avuto difficoltà a fare proprie le parole d’ordine di una una delle più raffinate, potenti e precise teorie filosofiche che la contemporaneità abbia prodotto. La questione sollevata da questo uso politico della filosofia è, a mio giudizio, enorme e va ben oltre i semplici confini della buona o cattiva ermeneutica. La questione, direi, è innanzitutto politica. Ciò che si registra, se guardiamo alle piazze della protesta, è infatti la singolare convergenza che si è venuta a creare tra la critica dell’ideologia neoliberale – dunque qualcosa di molto leftish nella sua genealogia intellettuale – e la mobilitazione di masse spaventate che delirano complotti orditi da élites sataniche e che sognano palingenesi fasciste. Non c’era certo bisogno del Covid perché si avviasse questo processo di cui l’Italia è stata storicamente un laboratorio per tutto il Novecento. Il Covid lo ha però accelerato, facendo, come si suole dire, venire i nodi al pettine.
Tagliare questi nodi con il moralismo di chi si sente autorizzato a giudicare sommariamente mi pare un grave errore. I passi da compiere sono piuttosto due: innanzi tutto comprendere la fondatezza e, direi, l’immanente necessità della posizione agambeniana; poi, ed è il passo più importante, mostrare come tra le “virtù” del Covid sia da annoverare il fatto che ci costringe, volenti o nolenti, a riformulare diversamente il problema che Agamben, per coerenza intellettuale, non poteva non porre.
- Details
- Hits: 2411
Le cronache del nostro scontento III
2014: Il “fenomeno Renzi” mentre arriva la deflazione (ma tra i due fatti non c’è relazione)
di Giorgio Gattei
Qui e qui le cronache precedenti
1. Come narrato nella Cronaca precedente, alla fine del 2013 il governo Letta compie il “miracolo” di conquistare una crescita zero e c’è chi ne gioisce perché l’ISTAT, nel confermare i dati a marzo 2014, potrebbe anche metterci «un segno più di fronte al numero del PIL. Il dato positivo non si riferirà a un anno intero, ma solo a un trimestre. E il numero non sarà elevato, ma non dopo una contrazione dell’economia simile a quella prodotta dalla prima guerra mondiale» (“La Repubblica”, d’ora in poi: R., 3.2.2014). Il fatto sarebbe significativo dopo la disastrosa stagione del governo Monti. Però c’è chi si muove per rimuovere Letta, anche perché un altro in pole position è pronto a prendergli il posto.
Si tratta di Matteo Renzi, che scalpita fin da quando nel settembre 2012 aveva sfidato nelle primarie del PD il padrone della “ditta” Pier Luigi Bersani. Allora aveva perso, ma nel 2013 ci riprova e questa volta stravince a mani basse (il “popolo piddino” è abituato a fare sorprese). Lo statuto del PD dice che il suo segretario deve essere il candidato premier alle successive elezioni politiche, ma quelle elezioni non sono alle viste eppure Renzi ha fretta di andare al governo. Così muove all’attacco di Letta e sabato 22 febbraio 2014 ce la fa a salire al Quirinale a giurare da nuovo Presidente del Consiglio nelle mani dell’intramontabile “re Giorgio”. Ma come ha fatto? Per Marco Damilano (La repubblica del selfie. Dalla meglio gioventù a Matteo Renzi, Milano, 2015) «l’outsider arriva al potere non con un voto popolare, ma con una manovra di palazzo: un tradimento, il brutale assassinio politico del capo del governo Enrico Letta, appena rassicurato.
- Details
- Hits: 2411
Terrore, terrorismo, rivoluzione
di Andrea Russo
Recensione a Terrorismo e modernità di Donatella Di Cesare pubblicata nel n.4 di Qui e ora
Rispetto all’ormai sterminata bibliografia sull’argomento, il libro di Donatella Di Cesare merita di essere letto, studiato e discusso, soprattutto da chi nutre velleità rivoluzionarie. La tesi di fondo è la seguente: il terrorismo non è un “mostro”, un flagello che si abbatte dall’esterno sulla nostra società, ma parte integrante della storia del moderno Stato democratico. Il merito di questo libro è mettere allo scoperto il tabù che lo Stato moderno cela dentro di sé.
«Terrorismo» è un termine di cui lo Stato ha il monopolio, così come ha il monopolio della violenza. Scrive Di Cesare, «Solo lo Stato esercita il potere di qualificare, definire, nominare. Solo lo Stato può dire ad altri “terrorista” E, per converso, nessuno può applicare allo Stato questo nome, a meno di non dichiararne apertamente l’illegittimità e comprometterne la sovranità».
Nell’ottica statuale, il terrorismo verrebbe solo dal basso. Insomma, per lo Stato non ci sono dubbi: il terrorismo è quello di ribelli, anarchici, autonomi, brigatisti, e poi oggi quello di islamisti e jihadisti. D’altra parte, è pur vero che oggi nessun rivoluzionario si definirebbe mai “terrorista”.
- Details
- Hits: 2411
Un discorso di Hegel
A cura di Paolo Di Remigio
(Nel 1808 Hegel assunse l'incarico di rettore del Ginnasio di Norimberga. Nel settembre del 1809, a conclusione del primo anno scolastico, tenne il seguente discorso sul significato degli studi classici. Paolo Di Remigio ci propone questa traduzione commentata. Leggendola siamo stato colpiti dalla lucidità e dall'attualità delle parole di Hegel su cosa siano cultura ed educazione. Per questo ci sembra interessante proporvelo. Ringraziamo l'amico Di Remigio per questa opportunità. Il testo appare anche su "Appello al popolo". M.B.)
In occasione del conferimento solenne dei premi che l'Autorità Suprema conferisce agli alunni distintisi per i loro progressi al fine di gratificarli e ancor più di spronarli, sono incaricato da Graziosissimo Ordine di illustrare in un pubblico discorso la storia del Ginnasio nell'anno passato, e di toccare quegli argomenti di cui può essere utile parlare per la loro relazione al pubblico. L'invito alla deferenza con cui ho da compiere questo incarico è proprio della natura dell'oggetto e del contenuto, che consiste in una serie di liberalità del Re o di loro conseguenze, e la cui illustrazione implica la necessità di esprimere la più profonda gratitudine per esse –una gratitudine che, insieme al pubblico, mostriamo alla cura sublime che l'Autorità dedica agli Istituti pubblici di istruzione1 . – Ci sono due rami dell'amministrazione pubblica per il cui buon ordinamento i popoli usano essere più di ogni altra cosa riconoscenti: buona amministrazione della giustizia e buoni istituti di istruzione; infatti soprattutto di questi due rami, dei quali uno tocca la sua proprietà privata in generale, l'altro la sua proprietà più cara, i suoi figli, il privato comprende e sente i vantaggi e gli effetti immediati, vicini e individualizzati.
Questa città ha riconosciuto il bene di un nuovo ordinamento scolastico con tanta più vivacità quanto maggiore e più universalmente sentito era il bisogno di un cambiamento2 .
Il nuovo Istituto ha poi avuto il vantaggio di seguire Istituti non nuovi, ma antichi, durati più secoli; così gli è si potuta connettere la pronta rappresentazione di una lunga durata, di una permanenza, e la fiducia corrispondente non è stata disturbata dal pensiero opposto che il nuovo ordinamento sia qualcosa di soltanto fuggevole, di sperimentale, – un pensiero che spesso, in particolare quando si fissa negli animi di coloro ai quali è affidata l'esecuzione immediata, finisce con lo svilire di fatto un ordinamento a un mero esperimento3.
- Details
- Hits: 2411
La redicalizzazione del male
Ovvero il sistema mondiale del terrore
di Sebastiano Isaia
«Il Centro è dappertutto» (Nietzsche). Esattamente come il Dominio
La disputa sulla natura della «Terza guerra mondiale a pezzetti» si fa di giorno in giorno sempre più stucchevole, ma anche sempre più sintomatica della realtà che stiamo vivendo – e subendo. Scrive ad esempio Giuliana Sgrena sul Manifesto:
«Sostenere che quella in corso non è anche una guerra di religione sarebbe come negare la storia, dalle Crociate in poi, e abiurare i testi sacri delle religioni monoteiste. Certo il papa fa il suo mestiere e usa la religione per predicare la pace. Del resto non c’è dubbio che dietro la religione si nascondano altri interessi: economici, geopolitici, di potere. Ma si può dire che la religione è estranea alle lotte di potere? Non lo è e non lo è mai stata, è sempre esistito nella storia un intreccio perverso tra lotta politica e religione. Lo scontro in Medio Oriente tra la corrente sunnita (guidata dai wahabiti sauditi) e quella sciita (con a capo l’Iran) dell’islam non riguarda solo la religione».
Ora, almeno da due millenni a questa parte non c’è stato un solo evento storico e un solo fenomeno socialmente rilevante che non abbiano assunto una più o meno precisa fisionomia politico-ideologica, non importa se a sfondo laico (per parlare solo dell’ultimo secolo: nazionalismo, “socialismo”, nazionalsocialismo, razzismo, ecc.) o religioso.
- Details
- Hits: 2411
Dal Pci al governo Letta: alla ricerca dell’identità smarrita
di Emilio Carnevali
«Chi fa politica non aderisce a una linea filosofica prima di agire. Eppure, se non si padroneggia anche il registro della filosofia, il livello della teoria, non si capisce ciò che si fa»: nell'ultimo libro di Carlo Galli “Sinistra. Per il lavoro, per la democrazia” un'interessante “diagnosi teorica” dei mali profondi della sinistra italiana e una proposta per la sua rinascita
L’ultimo libro di Carlo Galli – “Sinistra. Per il lavoro, per la democrazia” (Mondadori, pp. 162, euro 17,50) – è un testo interessante e difficile. Sono due qualità importanti, anche se la seconda può non sembrarlo. Non lo è, in effetti, se la difficoltà è riconducibile all’opacità dell’apparato argomentativo o al carattere criptico ed esoterico del linguaggio. Lo è, al contrario, se raccoglie una sfida terribilmente “inattuale” (per ammissione dello stesso autore). Ovvero quella di parlare di politica «come di una cosa seria, sottratta al ghigno e al vituperio, allo scandalismo e alla faciloneria, agli slogan e alla superficiale mancanza di concettualità che la caratterizza da tempo».
Già in un precedente volume (“Perché ancora destra e sinistra”, Laterza, 2010) Galli aveva indagato le ragioni della persistenza nella nostra età “oltremoderna” di categorie proprie della modernità politica. In questo nuovo lavoro si propone di approfondire uno dei due elementi della diade, rintracciando le diverse tradizioni teorico-filosofiche che hanno accompagnato il proteiforme sviluppo storico di partiti, movimenti, formazioni variamente riconducibili al campo della sinistra.
E qui sorge un primo e fondamentale interrogativo: che utilità può avere questo volo nelle impalpabili atmosfere della riflessione filosofica in un momento in cui, non solo in Italia, la politica sembra essere completamente catturata dagli imperativi della contingenza, dal corto respiro, dalle leggi del marketing e della comunicazione?
- Details
- Hits: 2411
Marx a lezione da Goldmann (e viceversa)
Guido Grassadonio
Per iniziare, provo a riassumere i termini del discorso già fatto da Petrucciani e Screpanti, per poi introdurre i miei argomenti. Sia comunque chiaro che l’atto di riassumere è sempre interpretazione e riqualificazione dei concetti usati in funzione diversa. Non si rimanga allora stupiti se in qualche punto il mio linguaggio divergerà da quello di Screpanti e Petrucciani.
Il problema posto nel botta e risposta è semplice da spiegare: posta un’innegabile tendenza morale nelle opere di Marx, qual è il fondamento filosofico su cui potere articolare tale tendenza, senza tradire la loro coerenza. Marx voleva essere un pensatore “scientifico”, le cui proposizioni erano meramente descrittive, eppure ha anche fondato un dover essere preciso e fatto ricorso a giudizi morali sul presente abbastanza netti. Come, infatti, può una teoria sullo sfruttamento essere solo descrittiva? Chiaramente è anche un giudizio di valore. Ma questo valore come lo fondiamo, mantenendo un rapporto forte col momento descrittivo?
Occorre, allora, indagare il pensiero marxiano come un pensiero anche morale, forzando i limiti voluti dallo stesso Marx. Ora, il tentativo di trovare un fondamento etico possibile in una teoria della giustizia appare quantomeno arduo. Soprattutto perché, a mio parere, tradisce totalmente l’impianto teorico del Moro, che come nota bene Screpanti – ma anche Petrucciani ne è cosciente – è più orientato verso una teoria della libertà di stampo hegeliano. Screpanti ritiene che tale teoria sia limitata al pensiero del giovane Marx e che vi sia una cesura con tutto ciò nelle opere mature.
- Details
- Hits: 2411
La gestione pubblica dell’acqua dopo la sentenza della Corte costituzionale
Carlo Iannello
1. La Corte dichiara legittimo un articolo di cui un milione e quattrocentomila cittadini chiedono l’abrogazione
È di pochi giorni fa la pubblicazione della sentenza n. 325 del 2010 della Corte Costituzionale che ha deciso su una pluralità di ricorsi regionali contro l’art. 23 bis del d.l. 112 del 2008, così come modificato dal cd. decreto Ronchi (art. 15 del d.l. 135 del 2009, convertito in legge n. 166 del 2009).
Non v’è dubbio che la Corte costituzionale con questa sentenza abbia difeso il vecchio, ossia il processo di privatizzazione che è stato intrapreso dall’ordinamento italiano a partire dal 1990. La corte non ha tenuto in nessun conto il nuovo vento antiliberista che soffia nel Paese (ma non solo, come dimostrato dall’esempio del comune di Parigi) e che ha portato alla raccolta di ben 1.400.000 per l’abrogazione della citata normativa, la stessa che era contestata dalle regioni. Certo, si potrebbe correttamente obiettare che un organo di garanzia deve essere immune dalle pressioni politiche. Ed è certamente vero, anche se, occorre dire, in altri casi, si pensi alla decisione del 1993 sull’ammissibilità dei referendum elettorali, la Corte si comportò diversamente, modificando la propria giurisprudenza proprio per andare incontro alla richiesta di cambiamento che proveniva dal Paese. Ma questa volta questo non è avvenuto.
- Details
- Hits: 2410
Contro l’universalismo (debole) dei diritti umani
Appunti per una nuova “politica di classe” in Italia
di Lorenzo Cini e Niccolò Bertuzzi*
È utile mettere al centro del discorso politico l'individuo? E qual è il rapporto fra individuo e soggetti collettivi? Che ruolo svolgono le identità religiose e culturali nel processo di emancipazione? A partire dal saggio di Cinzia Sciuto, "Non c’è fede che tenga", gli autori propongono una disamina critica della teoria dei diritti umani, considerata un universalismo "falso e, soprattutto, dannoso", al quale contrappongono la necessità di una nuova politica di classe
Disclaimer. Questo è un articolo polemico. La polemica è rivolta a chi ancora oggi spaccia vecchie idee come nuove ricette nel dibattito politico sul come rilanciare la sinistra in Italia. Punto di partenza e spunto per la nostra riflessione è la ricezione complessivamente positiva che in questo dibattito sta avendo il libro di Cinzia Sciuto, Non c’è fede che tenga. Manifesto laico contro il multiculturalismo (Feltrinelli 2018), una disamina critica ben fondata e, per molti aspetti, condivisibile sull’adozione di approcci multiculturalisti in società multietniche (come potrebbe ben presto diventare la società italiana).
Tuttavia, il libro spesso acquisisce una vita propria e, con essa, anche il contenuto originario si rende indipendente, giungendo così a significare qualcosa di completamente diverso. Questo ci sembra precisamente il caso del volume sopracitato, la cui divulgazione in Italia ha suscitato un rilevante dibattito pubblico, sulla necessità di rimettere al centro del vocabolario progressista la politica dei diritti individuali. Nucleo centrale di questa tesi è la seguente proposizione: per portare avanti un nuovo e coraggioso progetto riformatore occorre rilanciare con forza la politica dei diritti umani. In particolare, diritti umani da contrapporre ad ogni forma di autorità e identità religiosa e culturale. Lo diciamo subito: a noi questo approccio non convince. Non ci sembra coraggioso e onestamente nemmeno efficace. Ma soprattutto non aggiunge nulla di innovativo nell’odierno scenario politico, incancrenitosi nella contrapposizione apparentemente alternativa tra “sovranisti” e “globalisti”. A nostro modo di vedere, la politica dei diritti individuali non solo non offre un’alternativa credibile, ma di fatto propone un punto di vista che può potenzialmente piacere, su vari aspetti, ad entrambe le fazioni. Più radicalmente, la retorica liberale dei diritti umani contribuisce a rafforzare la dicotomia conservatrice tra “nuovi” nazionalisti e “nuovi” liberali.
- Details
- Hits: 2410
Pensioni, la manina che ha premiato i ricchi
Maurizio Benetti
Sul Corriere della Sera una denuncia di cui E&L aveva dato conto già nel 2012: Uno degli effetti della legge Fornero ha attribuito vantaggi ad alcune categorie (tra le quali magistrati e docenti universitari) con un costo di 2,5 miliardi in 10 anni. In origine nella legge si specificava che quei vantaggi non sarebbero scattati, ma in Parlamento qualcuno ha cassato proprio quelle righe
Lo scorso 11 novembre Gian Antonio Stella sul Corriere della sera ha pubblicato un articolo su di un comma “sparito” nella legge Fornero di riforma del sistema pensionistico (L. 214/2011), legge, ricorda Stella, che si riprometteva secondo la Fornero di “togliere ai ricchi per dare ai poveri”. Nel suo articolo Stella sostiene che l’eliminazione di quattro righe dalla formulazione definitiva della legge Fornero ha prodotto un regalo per le pensioni più ricche, in particolare di magistrati, professori universitari, altri burocrati pubblici, che costa alle casse dell’Inps-Inpdap circa 2,5 mld nell’arco di un decennio.
Questo specifico tema era stato rilevato e denunciato da E&L nel marzo del 2012 (Se 51 anni vi sembran pochi) sottolineando che “In definitiva le uniche categorie che possono sentirsi soddisfatte dalla riforma sono professori universitari e magistrati” in contrasto con quelli che Fornero indicava come “i principi ispiratori del provvedimento, l’abbattimento delle posizioni di privilegio e la presenza di clausole derogative soltanto per le fasce più deboli e le categorie dei bisognosi”.
La denuncia di E&L rimase inascoltata anche se portata a conoscenza di sindacati e giornali e temiamo che resterà inascoltata anche la denuncia-rivelazione di Stella, anche se è stato annunciato un emendamento in proposito. Vediamo cause ed effetti macro e micro del problema.
- Details
- Hits: 2409
L'altro Marx
Perché il Manifesto Comunista è obsoleto
di Norbert Trenkle (Krisis)
1 -
È almeno a partire dalla crisi finanziaria del 2008 che Karl Marx viene di nuovo riconosciuto, abbastanza giustamente, come altamente attuale. I suoi nuovi e vecchi amici, ad ogni modo, si sono concentrati su quella parte della sua teoria che è ormai da lungo tempo superata: la teoria della lotta di classe tra la borghesia ed il proletariato. Diversamente, l'«altro Marx», quello che ha criticato il capitalismo in quanto società basata sulla produzione generale di merci, sul lavoro astratto, e sull'accumulazione del valore, ha ricevuto ben poche attenzioni serie. Ma invece è proprio questa parte della teoria di Marx che ci permette di analizzare adeguatamente la situazione attuale di quello che è il sistema capitalistico globale ed il suo processo di crisi. La teoria della lotta di classe, al contrario, non contribuisce in alcun modo alla nostra comprensione di quello che sta attualmente accadendo, né è in grado di riuscire a formulare una nuova prospetta di emancipazione sociale. Per tale ragione, bisogna dire che oggi il Manifesto del Partito Comunista è obsoleto, e conserva solo un valore storico.
2 -
Ad una prima occhiata, tutto ciò può sembrare sorprendente. A leggere, estrapolandoli, alcuni passaggi del Manifesto suonano come se fossero delle diagnosi altamente attuali del nostro tempo. Ad esempio, quando Marx ed Engels scrivono che la borghesia, nella sua incessante urgenza di espandersi, ha «dato un'impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi» e «ha tolto di sotto i piedi dell'industria il suo terreno nazionale» (Marx/Engels 1848), questo si legge come una diagnosi in anticipo di quella che sarà la cosiddetta globalizzazione.
- Details
- Hits: 2409
Rifugiati, migranti e mercato del lavoro nell’Unione Europea. Alcune note
di Devi Sacchetto
Queste note analizzano alcuni aspetti della relazione tra il mercato del lavoro, i migranti e i rifugiati nell’Unione Europea, tenendo conto dei recenti flussi migratori provenienti non solo dall’Asia e dall’Africa, ma anche dall’Ucraina, dove continua un conflitto a bassa intensità. La gestione dei recenti flussi di rifugiati e migranti ha esacerbato la segmentazione del mercato del lavoro dell’UE, rafforzando il processo di degradazione. La politica migratoria e del lavoro dell’UE si basa sulla segmentazione del mercato del lavoro, che genera forti differenze salariali e processi di stigmatizzazione e razzismo. Tuttavia, i migranti e i rifugiati, sostenuti anche da una parte dell’associazionismo di base e da alcuni sindacati, si muovono per contrastare questa tendenza.
Negli ultimi anni i flussi di migranti e rifugiati provenienti dall’Asia e dall’Africa attraverso il Mediterraneo hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica europea. Le immagini degli sbarchi, dei campi e delle persone che camminano attraversando i confini sono diventate familiari, così come la presenza dei rifugiati.
- Details
- Hits: 2409
Sfuggire al capitalismo neo-liberale
Antonio Lucci
Con una piccola esagerazione (tale solo a causa dei giganti che ci accingiamo a portare come pietre di paragone) si potrebbe sostenere che uno dei più interessanti eredi del pensiero critico francese, dopo la morte di Deleuze, Debord e Baudrillard, sia un italiano, Maurizio Lazzarato.
Dopo La fabbrica dell’uomo indebitato (DeriveApprodi, 2013), Lazzarato continua la sua indagine sui modelli filosofici e antropologici sottesi alla nostra attuale condizione di “uomini indebitati”. Il lavoro precedente del filosofo e sociologo post-operaista da anni emigrato in Francia, era incentrato – a partire da Nietzsche e Deleuze – sulla ricostruzione di un modello antropologico che potrebbe essere definito come quello dell’ “uomo indebitato”: di quel particolare tipo di soggettività che gli apparati mediatici e di potere promulgano a viva voce quotidianamente a partire dallo scoppio della bolla economica degli immobili negli USA.
Rispetto a quel testo i saggi che formano Il governo dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista /DeriveApprodi, 2013) rappresentano sicuramente un passo in avanti, per lo meno dal punto di vista filosofico.
- Details
- Hits: 2409
Ustica, la strage impunita
di Fabrizio Casari
La sentenza della Corte d’Appello sull’abbattimento sul cielo di Ustica del DC-9 dell’Itavia è uno dei pochi atti di giustizia che la vicenda in sè possa esibire. Si condanna lo Stato italiano a risarcire le famiglie delle vittime, perché la negligenza e l’incapacità di monitorare e difendere adeguatamente lo spazio aereo, l’incolumità dei cittadini viene giustamente considerata mancanza grave di cui dover rispondere.
Ma la sentenza non si limita solo a definire le responsabilità dei vertici militari, perché assume in toto la tesi sostenuta a suo tempo dal giudice Priore e dai familiari delle vittime che hanno sempre sostenuto come il DC9 fu colpito da un missile. E riconoscere che sia stato un missile lanciato da un aereo militare ad abbattere il DC9 e non una bomba a bordo, come per decenni hanno tentato di spacciare per depistare e disinformare i vertici militari e politici, significa ammettere che vi fu un atto di guerra nei cieli italiani. Non fu infatti lanciato per errore il missile che abbatté l’aereo uccidendo 81 persone, tra cui 11 bambini, tra passeggeri ed equipaggio.
Quella maledetta sera del 27 Giugno del 1980, l’aereo che copriva la rotta Bologna-Palermo, partì con due ore di ritardo rispetto all’orario schedulato. Venne seguito nella parte finale del suo volo dai radar di Ciampino e Licola fino a quando scomparve, intorno alle 20,00, mentre era in discesa per atterrare all’aeroporto palermitano di Punta Raisi.
- Details
- Hits: 2409
OWS: Occupy Everything
Paolo Carpignano*
Forse era nell’aria: l’aria di primavera dei paesi arabi, o l’aria della Puerta del Sol di Madrid, o del Rothchild Boulevard di Tel Aviv, tutti avvenimenti che presagivano un anno caldo a livello globale. Ma quando a New York è scoppiata Occupy Wall Street (la metafora della esplosione sembra moto più appropiata), si è avuta subito la sensazione che non si trattasse di una ventata di attivismo, di un altro episodio dell’ «anno della protesta» come lo ha definito Time magazine, ma di un avvenimento trasformatore, un «game changing», un cambiamento delle regole del gioco.
Non che nel contesto americano non ci fossero stati in quest’anno dei precedenti. Primo fra tutti, le grandi manifestazioni e l’assedio del Congresso dello stato del Winsconsin, nello scorso inverno. In quell’occasione si erano viste le prime crepe alla «risoluzione» neoliberale della grande crisi. Il governatore Scott Walker, forte di una vittoria elettorale finanziata da interessi a livello nazionale che volevano fare del suo stato un test della politica repubblicana conservatrice, e sulla scia dei successi del movimento del Tea Party e delle vittorie repubblicane al Congresso, aveva proposto un progetto di riforme strutturali tutte incentrate sulla politica dei sacrifici e sulla responsabilità fiscale; in realtà un attacco diretto a quello che rimaneva delle organizzazioni sindacali fra i lavoratori del pubblico impiego i cui contratti venivano di fatto abrogati. La reazione fu tanto inaspettata quanto massiccia tanto da essere chiamata la Piazza Tharir americana. Ma per quanto importanti e significative, le lotte riguardavano dei temi sostanzialmente difensivi, sindacali. Alla fine tutte le energie si sono concentrate sulle elezioni locali nel tentativo in parte riuscito di revocare le elezioni di alcuni deputati e dello stesso governatore, tutte attività ancora all’interno del sistema elettorale.
- Details
- Hits: 2409
Una formula per questa crisi
Giorgio Gattei*
1. In macroeconomia c’insegnano che i consumi sono funzione dei redditi delle famiglie. E se poi si approssimano i redditi delle famiglie alle retribuzioni dei lavoratori, allora i consumi risultano funzione inversa dei profitti dei capitalisti. La relazione è corretta, ma insufficiente. Infatti, quando i redditi e le retribuzioni superano un certo livello diventa possibile per le famiglie, oltre che consumare, acquisire un patrimonio di beni immobili e titoli mobiliari.
Nemmeno questa relazione è però sufficiente perché in epoca di finanziarizzazione sia i consumi che il patrimonio possono essere alimentati anche dal ricorso al credito, che è debito D per le famiglie. Ne risulta così che i consumi C e il patrimonio P delle famiglie sono alimentati dai redditi Y e dall’indebitamento D. Per sintetizzare si può scrivere:
C + P = f (Y, D)
Ovviamente la sostenibilità dell’indebitamento dipende dal tasso d’interesse che viene praticato dalle banche, con un doppio effetto di retroazione positivo se il tasso d’interesse diminuisce. Infatti da un lato aumenta la facilità di ricorso al credito che alimenta la costituzione di maggiori consumi e patrimoni, dall’altro cresce il valore del patrimonio già posseduto (essendo il valore del patrimonio in funzione inversa del saggio d’interesse) che consente un ulteriore ricorso al credito.
- Details
- Hits: 2408
Caratteri e novità della "Guerra tra la Gente"
Ovvero: il nemico è pur sempre in casa
PonSinMor, Newsletter n. 50
La locuzione ricorrente nei media mainstream dopo l’attacco mortifero in vari luoghi pubblici di Parigi del 16 novembre 2015 è che questa «è guerra!», la stessa che uscì dalla bocca di Sarkozy1, dopo il blitz alla redazione di Charlie Hebdo. L’insistenza, più che a scarsa convinzione o a incredulità, sembra volta a rendere accettabili i ben più micidiali bombardamenti che il governo francese stava preparando e le relative misure interne di «sicurezza» che dovranno piovere sul fronte della guerra di classe. Ora, come si concili l’emblema della nonviolenza inalberato col canto militaresco della Marsigliese e i 5000 morti civili causati dai primi bombardamenti per rappresaglia bisognerebbe pure spiegarlo, ma non lo farà nessuno come non lo fecero l’ottobre 1961 in occasione dei massacri di centinaia di algerini. Questa è una faccenda che però è necessario comprendere.
***
Secondo Alain Bertho2, il secolo XXI sarebbe «l’epoca delle sommosse», diversa dalle «rivolte arcaiche» del secolo precedente fino alle «proteste» degli anni ’70. La crescita, a livello globale, di rabbie collettive senza obiettivi strategici, di passaggi all’azione quasi disperati, è una gamma di gridi di rabbia simile da un capo da un capo all’altro del pianeta, dall’incendio di un’auto-mobile all’uso delle reti informatiche. In genere non vengono capite dai media, preoccupate solo di seguirne l’aspetto spettacolare, ma incapaci e per niente interessati a porsi il problema di cosa siano, delle cause e dei messaggi che lanciano. Nemmeno lo Stato dedica un minimo di attenzione alle cause, mostrando un’incapacità di dialogo e una rottura nella società, che non si potrà mai ricomporre con gli appelli alle unions sacrées , né con la forza dell’azione militare e sicuritaria.
- Details
- Hits: 2408
Federalismo o feudalesimo?
Marco Esposito
Le tasse del Nord restino al Nord. E quelle di Belluno ai bellunesi? Quando ogni territorio rivendica la propria sovranità fiscale non si produce una riforma tributaria ma il ritorno al Medioevo
Decreto più decreto meno, il federalismo fiscale è ormai in dirittura d’arrivo. E già si intravedono i delusi. C’è chi si aspettava di più, c’è chi teme di averci rimesso le penne. Una cosa però è certa. Il Carroccio è riuscito a vincere una battaglia culturale: convincere gli italiani tutti del principio che le tasse sono dei territori, con le province ricche che per generosità più o meno forzata danno una mano a quelle meno fortunate.
Parlare di “tasse dei territori” sembra una banalità, quasi un fatto ovvio e invece la potestà dei territori sulle imposte ricorda il feudalesimo più che il federalismo. In Italia dalla fine del Medioevo non esistono tasse pagate “dai territori”. Infatti chi versa le imposte, il contribuente, può essere una persona fisica, cioè un cittadino, o giuridica, cioè un’impresa. Non è mai una città, una provincia, una regione. Eppure, con uno dei tanti cortocircuiti linguistici ideati dai leghisti, si parla ormai senza più farci caso di “Nord che paga le tasse”. “Tasse del Veneto”. Si dirà: si intende “cittadini e imprese del Nord (o del Veneto) che pagano le tasse”. Ma la differenza c’è ed è concettualmente decisiva.
- Details
- Hits: 2408
E' sempre Goldman Sachs. L'Impero sta vincendo?
di Simone Santini
Doveva essere la crisi finale del capitalismo ma i colossi di Wall Street, dopo alcuni scossoni, tornano a fare la voce grossa. I dati del secondo trimestre del 2009 dicono che la banca (ex) d'affari Goldman Sachs, una delle regine del mercato che ha superato indenne l'anno terribile, incamera ora profitti record e promette bonus milionari a dipendenti e dirigenti: forse la crisi finanziaria non è ancora finita, ma per alcuni banchieri pare proprio di sì.
Sembrano lontani i tempi in cui i risparmiatori britannici facevano le file agli sportelli della Northern Rock, del tracollo di Bear Stearns, del crack di Lehman Brothers, dell'acquisizione di una boccheggiante Merrill Lynch da parte di Bank of America. E come dimenticare le decisioni di Morgan Stanley e proprio Goldman Sachs di cambiare statuto e trasformarsi da banche d'affari in banche commerciali (cosa avvenuta lo scorso autunno), sottostando così alla regolamentazione della Fed (la Banca Centrale americana) ma potendo anche accedere ai ricchi fondi statali, dunque pubblici, destinati agli enti finanziari in crisi.
A giudicare dai risultati fu una mossa brillante. Grazie a quella boccata d'ossigeno (tra l'altro più che sostanziosa, 10 miliardi di dollari) Goldman Sachs poteva continuare, dietro la foglia di fico di essere anche una banca commerciale, tutte quelle operazioni finanziarie che sole possono dare rendimenti stratosferici. I numeri parlano chiaro. Le attività di trading (ovvero la speculazione su indici azionari, materie prime, cambi valutari e quant'altro) hanno rappresentato per questo 2009 la gran parte (70-80%) degli utili della compagnia (più 33% rispetto lo scorso anno), mentre il nuovo settore, l'attività strettamente bancaria, per questo secondo trimestre ha segnato una perdita del 15% rispetto al precedente.
- Details
- Hits: 2407
Critica dell'economia politica del segno. Baudrillard e Marx
di Leo Essen
I
L’obiettivo dichiarato di Per una critica dell’economia politica del segno di Jean Baudrillard è la decostruzione della distinzione tra valore-uso e valore-scambio che apre il Capitale. L’opera di Marx ha come sottotitolo Critica dell’economia politica. Dunque, il libro di Baudrillard, sin dal titolo, si inscrive nella storia del marxismo, nonostante ne contesti un argomento considerato da Marx elementare, dunque basilare: la distinzione, appunto, tra valore-uso e valore-scambio.
La merce è in primo luogo una cosa – dice Marx (Capitale I, 1.1). Una cosa che soddisfa bisogni umani. Il modo d’uso delle cose non è definito una volta per tutte. La proprietà della calamita di attrarre il ferro, dice Marx, divenne utile solo quando fu scoperta per suo mezzo la polarità magnetica. È compito della storia scoprire i molteplici modi d’uso delle cose. Come è compito della storia definire i termini e i modi di quantificazione di questi oggetti.
L’utilità della cosa è ciò che fa di essa un valore-uso.
Ma che cos’è l’utilità?
Marx ha già chiarito che l’utilità è legata alla proprietà della cosa.
Mentre la proprietà è data (o fabbricata), l’utilità, in ogni caso, è prodotta dalla storia. Ma la storia la produce a partire dalla proprietà della cosa, dalla sua attitudine naturale (qui Marx cita a sostegno Locke) ad appagare un qualche bisogno umano.
L’utilità, dice Marx, non aleggia nell’aria. È legata alle proprietà del corpo dell’oggetto, e non esiste senza di esso. La calamita diventa utile con l’invenzione della bussola. Prima di questa invenzione, la proprietà del magnete di indicare il nord non aveva alcuna utilità. Pertanto, l’utilità non è un carattere permanente e fisso della cosa, non è un carattere naturale. Si potrebbe dire, forzando un po’ la mano, che solo nel suo utilizzo in quanto bussola, la calamita manifesta la sua proprietà.
- Details
- Hits: 2407
Vento d’estate
di Giacomo Gabbuti
Mentre il tormentone della crisi di governo prefigura una musica ancora peggiore, inediti scioperi estivi nei trasporti portano un po’ di fresco, indicando da dove può sorgere l’opposizione alla Lega
Il 5 agosto, introducendo un incontro con le parti sociali, l’attuale traballante Primo ministro del fu Governo del Cambiamento ha affermato l’urgenza di «affrontare l’emergenza salariale». Il monito di Giuseppe Conte era forse un ultimo tentativo di bilanciare la maggioranza, tra la proposta del M5S di introdurre un salario minimo legale e le resistenze della Lega, strenuo difensore di imprese e profitti. Ma al di là dell’equilibrismo di Conte, l’ovvia realtà per qualsiasi persona si sia trovata a campare di salario nell’Italia degli ultimi trent’anni è diventata così evidente da vincere persino le ultime difficoltà statistiche.
Nonostante la stagnazione delle retribuzioni imposta dagli accordi del 1992-1993, dall’esplosione di contratti che definire precari è oramai eufemistico, dalle esternalizzazioni, dall’aumento della disoccupazione, e via discorrendo, l’Italia viveva infatti il paradosso di rappresentare una grande eccezione nel crollo della quota salario. Questa misura, elemento tradizionale dell’analisi marxista della distribuzione economica, altro non è che la parte di reddito nazionale di cui si appropriano i lavoratori, contrapposta a quella spettante al capitale. Dopo essere cresciuta nei cosiddetti “trenta gloriosi” anni del compromesso keynesiano, nei decenni successivi alla svolta neoliberale avviata da Thatcher e Reagan, la quota salario è andata riducendosi in tutte le economie avanzate – con parziale eccezione, appunto, dell’Italia.
Certo, anche da noi la “fetta” dei lavoratori si era ridotta sin dai primi anni Ottanta con l’avvio delle “riforme” che – silenziosamente come nel caso del divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia o più platealmente come nel caso della scala mobile e del Patto sui salari del 1992 – smantellarono quelle politiche che avevano permesso la riduzione delle disuguaglianze e una distribuzione più equa (in termini di classe ma anche geografici) dei frutti del Miracolo economico. L’estate stava finendo, e le conquiste dei lavoratori se ne andavano. Secondo le stime più autorevoli (che ho riassunto qui), il risultato fu portare questa misura a livelli addirittura inferiori a quelli degli anni Cinquanta. Tale declino sembrava essersi però fermato all’alba del nuovo millennio: soprattutto dalla crisi del 2008, la quota salario italiana addirittura aumentava, e non solo per le normali fluttuazioni tipiche delle recessioni (in cui, almeno finché esisteranno forme di tutela dei lavoratori, i profitti crollano prima dei salari).
- Details
- Hits: 2407
Noi, Negri e dintorni
di Giulio Toffoli
Un movimento del ’68-’69, studentesco ed operaio, antiautoritario, innovativo, sano; strumentalizzato prima da presunte avanguardie e poi rovinato dalla «scelta di scendere sul terreno dello scontro violento» istillata da “cattivi maestri” (in particolare dal pifferaio magico in passamontagna Tony Negri)? Questa seconda e lunghissima lettera del Tonto – ma la memoria, anche su questo evento controversa e non condivisa, forse lo richiede – polemizza direttamente con un mio scritto (qui) e si collega alla riflessione a tre sul ’68 appena iniziata con Rabissi e Romanò (qui). [E. A.]
“Carissimo
mi fai sapere quasi allarmato – scrive il Tonto in un’altra delle sue lettere – che la mia ipotesi che sia praticabile una terza via fra quelle che si presentano oggi di fronte a noi, e che è certo una scelta di ripiego, ma contemporaneamente fa i conti con la «realtà effettuale», ha incontrato innumerevoli critiche.
Non preoccuparti non si tratta che di una reazione naturale in una situazione davvero caotica, come poche fra quelle che abbiamo vissuto, se ci pensi bene tutte abbastanza convulse.
Pensa che mentre ti scrivevo quelle righe avevo aperto un dialogo molto interessante con i frati che mi ospitano e anche qui, a dispetto del silenzio e della ritualità che governa i momenti della vita quotidiana, è esploso un inedito conflitto fra quelli che sono preoccupati di veder intaccato uno status quo a cui sono adusi ed altri che invece credono sia necessario, almeno per quel che riguarda le cose di questo mondo, una qualche forma di rinnovamento … Qualche giorno fa due fratelli stavano per lanciarsi in una singolar tenzone usando le candele come fioretti, quasi fossero diventati tutto d’un colpo rampolli di Dumas.
Tu mi dici che, di fronte alla mia affermazione: che un nuovo governo, non costituito dalle forze che hanno governato in questi ultimi tre decenni, «è pur qualche cosa», sono stato accusato di far mia una linea sostanzialmente socialdemocratica e di aver abbandonato nei fatti ogni ipotesi di una radicale alternativa, insomma un progetto rivoluzionario, ormai rinviato sine die.
- Details
- Hits: 2407
Missione compiuta
di Giancarlo Scarpari
Che il Pd abbia cambiato natura e che negli ultimi anni sia diventato il partito di Renzi non è il solo Diamanti a ripeterlo da tempo (e molti altri con lui); passo dopo passo, incoraggiata da una crescente pressione mediatica, la mutazione si è alla fine realizzata e il risultato è ormai sotto gli occhi di tutti.
Di questo esito si è molto parlato e si parla, poca attenzione è stata invece dedicata ai fatti e alle ragioni che l’hanno determinato.
Sì, certo: l’unificazione tra Ds e Margherita era stata una «fusione fredda», tanto che i due apparati di partito erano rimasti in realtà separati (e la Margherita si era sciolta solo nel 2012, dopo che Lusi si era “appropriato” della cassa del gruppo). Ma nel 2007 la musica era diversa e il racconto celebrava invece il tentativo virtuoso di far convivere la tradizione socialdemocratica dei Ds (sufficientemente omogenei attorno ai loro dirigenti) e il solidarismo di varie componenti cattoliche (abbastanza variegate tra loro e pure affiancate da alcune frange laiche).
Le elezioni politiche del 2006 (17,5% per i Ds e 10,7% per la Margherita) avevano indicato i rispettivi rapporti di forza; le primarie del nuovo Pd avevano poi consacrato Veltroni col 75% e relegato Rosy Bindi al 12,93% ed Enrico Letta all’11,2%, evidenziando la natura di partito organizzato dei Ds e quella di movimento e di cordate sparse propria della Margherita.
- Details
- Hits: 2407
Il sonno della ragione che genera mostri
Militant
Ieri è apparso un articolo sul Corriere della sera che supera di molto la follia collettiva quotidiana alla quale dobbiamo sottostare. Per la verità, sono diversi giorni che su Corriere e Repubblica appaiono “strani” articoli, tutti orientati in senso radicalmente neoliberista come non se ne vedevano da anni. Passati di moda agli inizi della crisi, i pensatori neoliberisti sono rispuntati fuori come funghi dalle fogne (miliardarie) dalle quali provenivano. Per la verità, in effetti, non se ne erano mai andati; qualche giornale e qualche trasmissione “liberale” però li aveva messi momentaneamente in minoranza, dato che tutte le ricette da questi proposte avevano portato direttamente alla crisi culturale, economica, finanziaria ed etica che sta attraversando l’occidente. L’inconsistenza però delle alternative (diciamo più evidentemente l’assenza), la fragilità e la mancanza di creatività e di efficacia dei movimenti globali nel proporre un nuovo e diverso sistema di sviluppo, hanno però fatto tornare alla ribalta concetti e idee che credevamo veramente tramontati, quantomeno nella loro versione più intransigente e immediata (nel senso di *non mediata* da discorsi fumosi e apparentemente progressisti).
Ma veniamo a noi e al nostro articolo. Antonio Polito, già ex-comunista (maoista!) e fondatore del giornale “Il Riformista”, ex-margherita, e dunque appartenente di diritto all’area politica del centrosinistra, ha oggi sintetizzato al meglio le idee sue, del giornale per il quale lavora, e dell’area politica che egregiamente rappresenta, con un pezzo intitolato: “Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli”.
Bisognerebbe leggerlo tutto, ma riporteremo qui i pezzi significativi (praticamente tutto l’articolo), cercando di non vomitare nel frattempo.
- Details
- Hits: 2407
Crisi, libero scambio e protezionismo
A. Lo Fiego intervista Emiliano Brancaccio
Mentre il governo minimizza e ci racconta che il peggio è passato, ci avviciniamo ad un autunno di licenziamenti, chiusure di siti produttivi, crollo del reddito operaio, aumento vertiginoso della disoccupazione. Quale scenario economico e sociale si sta delineando?
Nel prossimo futuro potremo anche registrare qualche euforico sussulto dei prezzi di borsa, e magari anche della produzione. Ma al di là degli scossoni temporanei, c’è motivo di ritenere che la crescita futura della produzione e del reddito sarà in generale più lenta e più fiacca che in passato. Il tracollo della finanza americana rappresenta infatti un dato strutturale, di portata storica, e quindi difficilmente gli Stati Uniti potranno nuovamente proporsi come locomotiva globale, come “spugna assorbente” delle eccedenze produttive degli altri paesi. Il problema è che al momento non sembra sussistere nel mondo un credibile
- Details
- Hits: 2406
Introduzione a "In cammino, verso una nuova epoca"
di Gianni Petrosillo
1. Questo saggio di Gianfranco La Grassa si divide in due scritti che possono essere letti uno indipendentemente dall’altro. Tuttavia, gli elaborati in questione non sono slegati tra loro, anzi, costituiscono un solo corpo che sta insieme logicamente, in quanto la parte teorica iniziale è la chiave analitica per comprendere quella storica successiva.
La teoria, nella speculazione lagrassiana, costituisce il faro che illumina gli eventi, penetrando nella profondità degli stessi, oltre le apparenze e le ricostruzioni comunemente accettate. Dunque, benché egli non sia uno storico di professione, riesce ugualmente a fornire un’interpretazione originale degli avvenimenti sociali del secolo scorso (e di quelli più recenti), con un taglio di visuale particolare, ignoto ai professionisti della storiografia, ormai meri banalizzatori del passato, ad uso dei gruppi dominanti del tempo presente.
L’opera lagrassiana percorre la strada di un doppio revisionismo, teorico e storico, contrario alle vulgate in auge (i “revisionismi” ufficiali presentati come sola versione autorizzata degli accadimenti), che gli costa, ovviamente, isolamento intellettuale ed esclusione dai canali editoriali più potenti. In primo luogo, è bene precisare, come il Nostro afferma nel libro, che «la teoria è il massimo livello della pratica giacché serve in definitiva a guidare l’agire degli esseri umani», nelle loro iniziative intellettuali e sociali. Ma la teoria serve anche a setacciare nella Storia quelle concatenazioni evenemenziali, quei rapporti conflittuali tra soggetti “assoggettati” alle dinamiche oggettive, innervanti la società, che svelano meglio l’indirizzo di un’epoca e i suoi risvolti, visibili e meno visibili.
- Details
- Hits: 2406
Capitalismo finanziario, diritti umani e conflitto sociale
di Alessandro Somma
Alain Touraine, il decano dei sociologi francesi a cui si deve l’espressione “società postindustriale”, ha dedicato i suoi ultimi libri alla disgregazione della società industriale e ai conflitti che caratterizzano quanto viene definita “epoca postsociale”: l’epoca non più governata dalla dimensione socio economica dei problemi, bensì da quella etico individuale. Ne “La fine delle società” ha analizzato il capitalismo finanziario e il suo ruolo nella crisi delle principali istituzioni politiche e sociali: dallo Stato alla famiglia, passando per i sindacati e i diversi sistemi di protezione e controllo sociale (La fin des sociétés, 2013). Con “Noi soggetti umani” ha sottolineato la necessità di riscoprire i diritti umani per contrastare il capitalismo finanziario attraverso un rigurgito etico individuale (Nous, sujets humains, 2015). Infine, ne “Il nuovo secolo politico” ha riflettuto sul modo di affrontare i grandi temi che monopolizzano il dibattito pubblico: dalla questione nazionale a quella religiosa, passando per la lotta al terrorismo e la sfida ambientale (Le nouveau siècle politique, 2016).
Il secondo volume, un libro a cui l’autore afferma di sentirsi “più vicino che a tutti gli altri”, è da poco uscito in traduzione italiana (Noi, soggetti umani, trad. M.M. Matteri, Il Saggiatore, 2017, pp. 308). Offre l’occasione per una sintesi del pensiero di Touraine sul modo di reagire ai guasti prodotti dalla globalizzazione, e per valutarlo alla luce delle dinamiche che caratterizzano la costruzione europea.
Page 204 of 460