Print Friendly, PDF & Email

orizzonte48

Grandi disastri, pace e corruzione. Spinelli e Hayek €nunciano la via

di Quarantotto

Ernesto Rossi con Altiero Spinelli e Luigi Rinaudi1. Com'è ormai tradizione del blog, riteniamo molto utile fissare alcune informazioni che dovrebbero essere incorporate nella comprensione consapevole del momento storico, e del ciclo economico che stiamo vivendo, per come emergono dai commenti e in raccordo a precedenti post. 

Questa volta, come in molte alter occasioni, diamo il dovuto risalto a vari interventi di Arturo (che sempre ringraziamo...).

Il primo riguarda la reale visione di Spinelli sulla costruzione €uropea, ritraibile da un discorso (del 1985) che, nell'attualità, - e quando le dinamiche che erano auspicate esplicitamente (e implicitamente ma necessariamente) nel "Manifesto" si sono consolidate in modo coerente -, costituisce una sorta di interpretazione autentica dell'ideologia e della prassi politica concepita a Ventotene. 

Un tale carattere ne consiglia la lettura integrale e con attenzione, specie per quei lettori che dispongono del quadro critico che emerge dal complesso del blog.

Arturo seleziona e commenta per noi dei passaggi altamente "eloquenti":

"Sapendo evidentemente di essere fra amici, il nostro si lascia andare a un'inconsueta dose di sincerità:  

«Ci sono essenzialmente due metodi che sono contemporaneamente in opera; c'è il tentativo che fa perno intorno alla Comunità e a tutti i suoi successi ed insuccessi, e c'è il tentativo di un'Europa che sia fatta dagli europei. E c'è contemporaneamente il tentativo di un'Europa che sia fatta dagli americani. E vorrei che non ci sdegnassimo inutilmente, e in fondo non seriamente, di questa seconda alternativa. L'unità imperiale sotto l'egida americana è certo anche assai umiliante per i nostri popoli ma è superiore al nazionalismo perché contiene una risposta ai problemi delle democrazie europee, mentre il ritorno al culto delle sovranità nazionali non è una risposta.».

Ohibò. Ma l'Europa unita non doveva essere contraltare dell'Amerika? (Che però stranamente la finanziava...).

Niente paura: grazie a una volontaristica Umwälzung (rovesciamento) sarà proprio così: 'st'Europa antiamerikana gliela facciamo sotto il naso coi loro soldi. Che gonzi questi yankee!

«L'unità fatta dagli europei è in realtà la sola, vera alternativa all'unità imperiale. Il resto è schiuma della storia, non è storia. Le due forme stanno procedendo insieme e noi le vediamo sotto i nostri occhi; e guardate, non si può abolire l'una nella misura in cui si sviluppa l'altra. Perché l'una corroderà alla lunga l'altra; ma è attraverso queste due che l'Europa va muovendosi. Sta di fatto che nella misura in cui non si sviluppa o regredisce una di queste forme, si sviluppa l'altra.»

E le polemiche sullo storicismo, e l'accusa alla dialettica di essere impostura intellettuale...?

Se mai servisse un'esemplificazione della definizione di europeismo come "aborto dell'imperialismo", eccola qui. Senza parole."

 

2. Aggiungo, a raccordo dei due passaggi, la citazione di questo ulteriore e intermedio tratto dallo stesso discorso, che conferma l'idea che i cittadini, disgustati dallo Stato-nazionale-brutto, sarebbero favorevoli agli USE senza stare troppo a sottilizzare, e che, perciò, devono essere condotti (irreversibilmente) a pensare che nessun problema e nessuna salvezza possano avere soluzione sine €uropam: una convinzione che, oggi, in tempi di interrogativi angosciosi sulle possibilità finanziarie di una qualsiasi ricostruzione post-terremoto, o dopo un'alluvione, o anche solo per mantenere una parvenza di SSN conforme all'orrendo e nazionalista art.32 della Costituzione, mostra la sua potenza persuasiva orwelliana: 

"Suppongo che voi siate senz'altro per un'Europa fatta per gli europei e dagli europei; e vorrei che ci chiedessimo dove sta l'ostacolo maggiore. Facciamo attenzione, perché è un ostacolo un po' diverso da quelli che si incontrano di solito nella vita politica. 

Praticamente non è nel mondo economico; il mondo economico è aperto, in momenti più difficili è un po' più timoroso, in momenti di sviluppo più coraggioso; ma il mondo economico, in genere, è aperto. Non è nel mondo culturale

Non è nel mondo politico

Non c'è nella coscienza media dei cittadini una grossa resistenza ed infatti tutti i sondaggi che periodicamente si fanno in Europa -ad eccezione della Danimarca che si chiude in sé stessa- dimostrano che in tutti i Paesi, anche in quelli che si dice siano i più reticenti, la maggioranza è favorevole alla costruzione europea. 

L'ostacolo, il vero ostacolo sono le grandi amministrazioni nazionali, che gestiscono buona parte del potere anche politico, che sono fatte per gestire politiche nazionali, ed in particolare le diplomazie che sono fatte per determinare se e in che misura occorre cooperare con altri Stati, mantenendo però la gestione delle politiche in mano ad esse stesse. 

Le amministrazioni riescono ad essere dominate dalla direzione politica se questa ha grandi e forti visioni di quel che si deve fare, delle riforme da introdurre e via dicendo. 

Ma se le ideologie si riducono a come sono ridotte oggi, a poco più che slogan per i piccoli militanti così necessari ai grandi partiti per le grandi occasioni elettorali, se prevale il desiderio di andare al potere per gestirlo così come è -sia pure dichiarando che si vogliono fare altre cose fino al momento in cui si arriva al governo- quando si arriva al governo si gestisce quel potere. Allora il peso culturale e pratico delle amministrazioni pubbliche è enorme ed è quasi insormontabile ed ha per sua natura un'influenza immobilizzante e conservatrice".

 

3. Insomma, dotare di risorse - che l'€uropa non darà mai (e ci torneremo!) e anzi vuole siano ridotte al pareggio di bilancio funzionale allo "Stato minimo" hayekiano- l'intervento pubblico solidale e per i più essenziali bisogni sociali della comunità nazionale, come prevede la Costituzione democratica del 1948, è roba "immobilizzante e conservatrice"

Il "mondo economico", ma guarda un po', non è di ostacolo; e nemmeno il "mondo culturale". 

C'è da supporre che oggi Spinelli sarebbe abbastanza soddisfatto, dato che questi due mondi tendono a coincidere, e i "cittadini" ne sono l'hayekiana conferma, in termini di opinione di massa €uroconforme. Pur se, magari, adombrato da qualche incidente di percorso come la Brexit e i "partiti populisti" da rieducare. Ma l'efficacia del processo €uropeo, come sappiamo, ha avuto ben altri e più pragmatici elaboratori, diciamo Robbins, Monnet, Amato, meno brutali e più efficaci di Spinelli nel raggiungere i risultati auspicati.

Basti segnalare come, - con questa "sottigliezza" del distinguere, in termini addirittura di possibilità di scelta "liberale" (!), tra USE promossi dal modello imperiale americano ovvero dal presunto spontaneismo entusiastico dei "popoli" alla ricerca della "pace" (liberati dalle orride burocrazie nazional-sovrane e pronti ad abbracciare senza resistenze il mercato del lavoro privo del deprecabile "sezionalismo" della tutela sindacale)-, Spinelli non si sia poi curato di una qualche...contraddizione circa effetti geo-politici che non si potrebbero non definire "imperialisti" o, se non altro, molto poco pacifici

Schermata 1 

 

4. Ma non si può dimenticare Hayek, che i links finora inseriti ci attestano, in base a fonti dirette, come l'ideologo di riferimento di questa bella costruzione di pace. 

Dal più specifico di questi link (in specie al post sempre di Arturo), ricaviamo una premessa sulla "pace":  la pace si raggiunge mediante la rimozione delle cause del conflitto bellico; questo, nella condivisa visione di Hayek e Ventotene, sarebbe determinato dall'esistenza stessa degli Stati nazionali e della loro tendenza a pianificare le politiche economiche nell'interesse della comunità nazionale; la soluzione è un governo mondiale, (di cui gli Stati uniti d'europa sono una tappa ma non il fine ultimo), che assorba irreversibilmente gli Stati ed elimini ogni possibilità di politiche sovrane di cura dell'interesse dei popoli su base nazionale. 

L'eliminazione di queste politiche nel quadro del governo mondiale, si afferma attraverso il "free-trade", massima espressione di pacifismo (!) e di mondo autodisciplinato da “regole di pura condotta”, uniche garanti degli interessi generali, laddove, lo Stato, ogni possibile Stato nazionale, "altera il mercato a favore di interessi particolari" (qui si ha la perfetta coincidenza tra il "Manifesto" ventotetiano e quanto Hayek afferma in “The Economic Conditions of Interstate Federalism,” New Commonwealth Quarterly, V, No.2 (September, 1939), ristampato in F. A  Hayek, Individualism and Economic Order, Chicago, Chicago Press University, 1948, pp. 255–72).

 

5. Il risultato in termini di "giustizia sociale" non è affatto una preoccupazione, di fronte a tanta fede nella democrazia automatica garantita dai "mercati" (il "mondo economico" che non...si oppone: e ci mancherebbe!).

I federalisti €uropei risultano, giova ripeterlo, sostenuti dalla forza finanziaria degli USA, è un fatto ampiamente documentato. Riassunto storico: L’Unione Europea è sempre stata un progetto americano. E’ stata Washington a guidare l’integrazione europea alla fine degli anni ’40, e a finanziarla di nascosto sotto le amministrazioni Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson e Nixon.

Non c’è mai stata una strategia divide et impera.

La Dichiarazione Schuman che ha dato il tono alla riconciliazione franco-tedesca – e avrebbe portato a tappe verso la Comunità Europea – è stata cucinata dal segretario di Stato Dean Acheson in una riunione a Foggy Bottom. “Tutto è cominciato a Washington”, ha detto il capo dello staff di Robert Schuman.

E’ stata l’amministrazione Truman ad intimidire i francesi per far loro raggiungere un modus vivendi con la Germania nei primi anni del dopoguerra, anche minacciando di tagliare il piano Marshall in un furioso incontro con i recalcitranti leader francesi nel settembre 1950.

Il movente di Truman era evidente. L’accordo di Yalta con l’Unione Sovietica si stava incrinando. Voleva un fronte unito per scoraggiare il Cremlino da un’ulteriore espansione dopo che Stalin aveva inghiottito la Cecoslovacchia, a maggior ragione dopo che la Corea del Nord comunista aveva attraversato il 38 ° parallelo invadendo il Sud.

Per gli euroscettici britannici, Jean Monnet (ritratto nell’immagine di copertina, ndVdE) aleggia nel pantheon federalista, eminenza grigia della malvagità sovranazionale. Pochi sono consapevoli del fatto che Monnet ha trascorso gran parte della sua vita in America, e che ha servito come gli occhi e le orecchie di Franklin Roosevelt in tempo di guerra.

Il Generale Charles de Gaulle pensava che fosse un agente americano, come del resto era, in senso lato. La biografia di Monnet a cura di Eric Roussel rivela come egli abbia lavorato a braccetto con le amministrazioni successive.

Il generale Charles De Gaulle fu sempre molto sospettoso dei moventi americani

E’ strano che questo imperioso studio di mille pagine non sia mai stato tradotto in inglese dal momento che è il miglior lavoro mai scritto sulle origini della UE.

Né molti sono a conoscenza dei documenti declassificati degli archivi del Dipartimento di Stato che mostrano che lo spionaggio degli Stati Uniti ha finanziato di nascosto il movimento europeo per decenni, e ha lavorato in modo aggressivo dietro le quinte per spingere la Gran Bretagna nel progetto.

Come ha riportato per primo questo giornale quando il tesoro è stato reso disponibile, un memorandum del 26 luglio 1950 ha rivelato una campagna per promuovere un Parlamento europeo a tutti gli effetti. È firmato dal Generale William J. Donovan, capo dell’Office of Strategic Services (OSS) americano al tempo di guerra, precursore della Central Intelligence Agency (CIA).

La facciata chiave della CIA è stato l’American Commitee for United Europe (ACUE) [Comitato Americano per l’Europa Unita, ndT], presieduto da Donovan. Un altro documento mostra che nel 1958 questo organismo ha fornito il 53,5 per cento dei fondi del Movimento europeo. Il consiglio direttivo includeva Walter Bedell Smith e Allen Dulles, direttori della CIA negli anni Cinquanta, e una casta di funzionari ex-OSS che si si muovevano dentro e fuori dalla CIA.

I documenti dimostrano che l’ACUE ha trattato alcuni dei ‘padri fondatori’ della UE come braccianti, e ha attivamente impedito loro di trovare finanziamenti alternativi che avrebbero spezzato la dipendenza da Washington.

Non c’è nulla di particolarmente malvagio in questo. Gli Stati Uniti hanno agito astutamente nel contesto della guerra fredda. La ricostruzione politica dell’Europa è stata un successo strepitoso.

 

6. E se si gode di cotanti costanti e risalenti appoggi, si può benissimo ignorare, nel senso di non esplicitare a qualsiasi costo, che l'obiettivo reale fosse quello indicato da M.S.Giannini:lo Stato monoclasse”, caratterizzato cioè dalla concentrazione del potere nelle mani di una ristrettissima oligarchia che poteva scaricare sulla maggioranza della popolazione, lavoratori in primis, i costi dell'instabilità che il regime economico più conforme ai loro interessi provocava. 

Ce lo dice Eichengreen, con grande chiarezza (in Globalizing Capital, Princeton University Press, New Jersey, 2008, pag. 2). Supponendo infatti che la pace sia l'assenza di Stati nazionali, cioè il super-Stato mondiale dedito al free-trade globale, la moneta unica mondiale è la soluzione "vincolo" per questa idea di pace

E la moneta unica del free-trade mondiale deve ricalcare il gold-standard, sempiterno strumento di maintenance di cambi fissi tra le varie aree dell'intero orbe terracqueo. Ve lo traduco dal citato post di Arturo:

"Ciò che era cruciale per il mantenimento dei tassi di cambio fissi,.., era la "protezione" dei governi dalla pressione esercitata nel senso di sacrificare la stabilità dei cambi ad altri obiettivi (ndr; di ordine socio-economico; parliamo di livelli dell'occupazione e dei redditi delle "conservatrici" e guerrafondaie schiere di lavoratori).

Vigendo il  gold standard del diciannovesimo secolo, la fonte di tale protezione era l'isolamento (ndr; della valuta) dalle politiche domestiche. La pressione esercitata sui governi del ventesimo secolo nel senso di subordinare la stabilità valutaria ad altri obiettivi non era una caratteristica del mondo ottocentesco.

Poiché in quel contesto il diritto di voto era limitato, i lavoratori comuni che soffrirono al massimo grado dei tempi duri, erano miseramente posizionati a resistere agli incrementi dei tassi di interesse adottati dalle banche centrali per difendere i cambi fissati.
Né i sindacati né i partiti politici si erano sviluppati al punto che i lavoratori potessero insistere che la difesa del tasso di cambio fosse temperata dalla ricerca di altri obiettivi politico-economici. La priorità annessa dalle banche centrali alla difesa dei tassi prefissati nel gold standard rimaneva fondamentalmente incontestata. I governi erano perciò liberi di intraprendere qualunque misura volessero per difendere i propri currency pegs
.

Insomma, l'800 dell'europa colonialista e liberoscambista, rimane un mondo ideale, sede di pace e di giustizia universali, a cui non c'è alternativa...in ogni possibile concezione del futuro.

 

7. Si comprende, perciò, l'importanza del movimento €uropeista, specialmente nello scenario dell'idea conservativa del "libero mercato" che agitava gli USA rispetto al quadro europeo post-bellico, rispetto al difficile compito di dover disattivare il ruolo del suffragio universale (e il formale allargamento della base democratica), usando lo strumento dell'attribuzione dell'etichetta della "pace".  

La pace come "bene superiore" a cui si può e si deve sacrificare il controverso "bene" della democrazia.

Questa suggestione emotiva e psicologica di massa, ben sfruttabile nell'Europa reduce dalla gigantesca guerra civile del 1939-1945, in una gigantesca operazione propagandistica giunta al suo culmine ai nostri giorni, risulta perciò abilmente innestata, con varie e improbabili circonlocuzioni politico-economiche, su obiettivi di sostanziale ripristino di assetti istituzionali propri di un capitalismo ottocentesco (aggiungendo la più volte segnalata tattica della "gradualità", cioè della trasformazione strisciante del quadro delle democrazia sociali inavvertita dalle masse).

Da qui, se siamo riusciti a mettere insieme i vari "puntini" in modo sufficientemente chiaro, l'equazione "Europa"="Stati Uniti d'europa verso il governo mondiale unico"="moneta unica"="pace".

 

8. Le "circonlocuzioni", spesso risibili dal punto di vista logico e scientifico, che animano i federalisti €uropei (in conto terzi, siano questi gli stessi finanziatori USA, siano, comunque, le oligarchie beneficate dal neo-Stato "monoclasse" sovranazionale), trovano peraltro un appoggio economicistico autorevole in Hayek. Del quale abbiamo parlato in molte occasioni (i links sono inseriti anche nella prima parte di questo post), ma che costituisce un pozzo inesauribile di legittimazione di qualsiasi misura e soluzione adottata in chiave europeistica per la "pace". Dal nucleo fondamentale del suo pensiero, discendono come corollari i più dettagliati elementi dello scenario socio-economico che siamo oggi "vincolati" a vivere in ogni occasione.

Ed è qui che vale la pena di riportare l'ulteriore recente contributo di Arturo che ci dà la misura dettagliata ed attuale dei problemi che paiono divenuti irrisolvibili, una volta che la pax €uropea e il suo ottocentesco oligarchismo sono divenuti paradigma culturale di massa praticamente irremovibile (incluso il problema della "ricostruzione" post terremoto". 

Il brano riportato di Hayek, nel criticare come inaccettabili tutti i pubblici interessi (differenziati da quello dell'ordine naturale del mercato) perseguiti dallo Stato nazionale democratico, ci rende conto dell'importanza, per i "federalisti", del processo decisionale governativo svincolato dalle pressioni elettorali della "maggioranza", dell'importanza annessa a un concetto estesissimo di "corruzione", e della stessa diffidenza instillata verso lo Stato pluriclasse, visto come marcio organismo che vive di ricatti e di politiche inevitabilmente distorsive a favore di "malcontenti" pigri, riottosi e furbacchioni:

"Hayek, che non delude mai, offre elementi chiarificatori anche stavolta:

«La discriminazione per assistere i più sfortunati non sembrava vera discriminazione. (Recentemente si è coniato il termine senza senso di "meno privilegiati" per mascherare tale discriminazione.) Per mettere in una posizione materiale più eguale gente inevitabilmente molto diversa nelle condizioni dalle quali in gran parte dipende il loro successo nella vita, è necessario trattarle in modo ineguale.

Tuttavia, rompere il principio di eguale trattamento sotto l'impero della legge anche per motivi caritatevoli, aprì inevitabilmente le porte all'arbitrio, e per mascherarlo ci si affidò alla formula "giustizia sociale"; nessuno sa precisamente a cosa si riferisca tale termine, ma proprio perciò servì da bacchetta magina per spezzare tutte le barriere, in favore di misure parziali. Dispensare gratifiche a spese di qualcun altro che non può essere identificato facilmente, divenne il modo più facile per comperare l'appoggio della maggioranza

Tuttavia, un governo o un Parlamento che diventi un'istituzione benefica si espone inevitabilmente al ricatto

Spesso non è più un "compenso" ma diventa esclusivamente una "necessità politica" determinare quali gruppi devono essere favoriti a spese di tutti.

Questa corruzione legalizzata non è colpa dei politici; essi non possono evitarla se vogliono guadagnare posizioni in cui poter fare qualcosa di buono; diventa una caratteristica intrinseca di ogni sistema in cui l'appoggio della maggioranza autorizza misure speciali per soddisfare particolari malcontenti (Hayek, Legge, legislazione e libertà, EST (Il Saggiatore), Milano, 2000, pag. 477).

Come per esempio il "malcontento" dei terremotati.

Quindi ogni deviazione dall'uguaglianza formale e dall'allocazione di mercato è corruzione. La solidarietà è corruzione. Corollario è che dev'essere politicamente neutralizzata ogni comunità in grado di alimentarla, cioè di rendere accettabile agli occhi delle maggioranze che venga favorito qualcuno (pongasi: i terremotati) "a spese" di tutti, "inganno di cui gli agenti degli interessi organizzati hanno imparato molto bene a sfruttare l'efficacia." (Ibid., pag. 295).

L'universalismo à la Hayek dev'essere quindi inteso non come un allargamento della solidarietà a tutti, ma come uno svuotamento di quella limitata, ma effettiva, che già esiste o può esistere:  

"Può a prima vista sembrare paradossale che il progresso della morale porti a una riduzione delle obbligazioni specifiche verso gli altri; tuttavia deve augurarselo chiunque crede che il principio del trattamento uguale di tutti gli uomini, il quale è probabilmente l'unica possibilità per mantenere la pace, è più importante dell'aiuto speciale alla sofferenza tangibile".

Add comment

Submit