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il rasoio di occam

Contro la sinistra globalista

di Carlo Formenti

I teorici operaisti italiani di matrice "negriana", che trovano spazio sulle colonne del giornale "Il Manifesto", detestano la sinistra che scommette su quelle lotte popolari che mirano alla riconquista di spazi di autonomia e sovranità, praticando il "delinking". Ma così facendo diventano l'ala sinistra del globalismo capitalistico

contro sinistra globalista carlo formenti 499Correva l’anno 1981 quando il Manifesto recensì il mio primo libro (“Fine del valore d’uso”). Era una stroncatura che non ne impedì il successo e, alla lunga, risultò più imbarazzante per il quotidiano che per l’autore. Quel breve saggio, uscito nella collana Opuscoli marxisti di Feltrinelli, analizzava infatti gli effetti delle tecnologie informatiche sull’organizzazione capitalistica del lavoro e, fra le altre cose, prevedeva – cogliendo con notevole anticipo alcune tendenze di fondo – che la nuova rivoluzione industriale avrebbe drasticamente ridotto il peso delle tute blu nei Paesi occidentali, favorendo i processi di terziarizzazione del lavoro, e avrebbe consentito un massiccio decentramento della produzione industriale nei Paesi del Terzo mondo. Il recensore (di cui non ricordo il nome) liquidò queste tesi come una ridicola profezia sulla fine della classe operaia. Sappiamo com’è andata a finire…

Si trattò di un incidente di percorso irrilevante rispetto al ruolo che il Manifesto svolgeva a quei tempi, ospitando un confronto alto fra le migliori intelligenze della sinistra italiana (e non solo). Oggi la sua capacità di assolvere a questo compito si è decisamente appannata, eppure una caduta di livello come quella della “recensione” che Marco Bascetta ha dedicato al mio ultimo lavoro (“La variante populista”, DeriveApprodi) fa ugualmente un certo effetto. Ho messo fra virgolette la parola recensione, perché – più che di questo – si tratta di una tirata ideologica contro i populismi - etichettati come protofascisti – che incarna il punto di vista d’una sinistra “globalista” schierata al fianco del liberismo “progressista” contro questo nemico comune.

Ma torniamo al libro: anche in questo caso l’intenzione è stroncatoria, ma la disarmante superficialità con cui ne vengono criticate le tesi stride con il notevole spazio dedicato all’impresa: una pagina intera per liquidare un saggio che viene definito confuso, contraddittorio e pretenziosamente ambizioso!? Non sarebbe bastato un colonnino o, meglio ancora, non era semplicemente il caso di ignorarlo? Evidentemente, c’è chi giudica le mie idee pericolose al punto da giustificare tanto impegno, peccato che il “killer” non si sia dimostrato all’altezza del compito, limitandosi a stiracchiare quattro ideuzze che avrebbero potuto stare comodamente in venti righe. Mi sono chiesto se valesse la pena di spendere energie per replicare visto che, da quando è uscito il libro, ho ricevuto tali e tanti attacchi -  e insulti - che ormai mi rimbalzano. Alla fine ho deciso di farlo, perché ritengo che le quattro ideuzze di cui sopra incarnino una visione che merita di essere duramente contrastata.

Prima ideuzza: Formenti è cattivo, insiste nell’adottare quello stile corrosivo della polemica politica che è sempre stato – da Marx in avanti – tipico di una certa sinistra anticapitalista, ma questa modalità reattiva (tornerò fra poco sul senso di tale aggettivo) “col passare del tempo” (stiamo parlando di mode letterarie?) ha finito per “prendere di aceto”. Analoga accusa mi era stata rivolta tre anni fa da Bifo, a proposito di un precedente lavoro (Utopie letali): Formenti è “antipatico”, fa le pulci a tutti e così via. È una critica che esprime bene la visione di quei seguaci della “svolta linguistica” che rifiutano apriori la possibilità/necessità di difendere la “verità” di un punto di vista di parte (di classe, politico, culturale): per costoro il conflitto non è mai ontologico, oppone solo opinioni, punti di vista soggettivi, “narrazioni” che non competono per il potere ma per “informare” di sé il mondo (è la concezione “debole” dell’egemonia gramsciana, tipica dei cultural studies angloamericani).

Seconda ideuzza: a questa modalità reattiva del discorso, corrisponde una pratica politica fondata sul rancore e sul risentimento che “sono il contrario esatto di ogni attitudine costituente”. Purtroppo Bascetta non ci illumina su quale dovrebbe essere questa “attitudine costituente”, in compenso ci fa capire: 1) che l’odio di classe e il rancore per i torti subiti sono incompatibili con qualsiasi progetto di trasformazione sociale; 2) che chi crede perfino di poter indicare i colpevoli dei torti in questione è destinato a finire nelle braccia dei demagoghi fascisti. Questo doppio passaggio è denso di significati impliciti: sul piano filosofico, implica l’abbandono della prospettiva marxista in favore di quella nietzschiana (da cui le pippe contro il risentimento e la natura reattiva dell’odio sociale), sul piano politico implica la negazione dell’esistenza stessa di un nemico di classe (effetto di un foucaultismo sui generis che neutralizza il conflitto fra soggettività antagoniste, sostituendolo con un percorso di autonomizzazione/autovalorizzazione).

Ma perché la visione antagonista del conflitto sarebbe destinata a portare acqua al mulino dei fascisti? Perché – terza ideuzza – chi ne è sedotto è portato ad affidare il proprio riscatto alla figura di un redentore, a un capo carismatico. Ergo, il populismo è un incubatore del fascismo. Nei giorni precedenti il Manifesto aveva pubblicato un interessante dossier su Podemos, seguito da un bell’articolo di Loris Caruso sul congresso di Vistalegre; invece nell’articolo di Bascetta non vengono fatte sostanziali distinzioni fra populismi di destra e di sinistra, al punto che, anche se ciò non viene esplicitamente detto, il lettore potrebbe dedurne che Trump e Sanders, Marine Le Pen e Podemos, Alba Dorata e M5S vanno considerati tutti sullo stesso piano, a prescindere dalle loro differenze (ivi compreso il ruolo diverso giocato dai rispettivi leader). Del resto, Bascetta si guarda bene dal discutere la mia analisi critica delle teorie sul populismo di Laclau e Mouffe, nonché il mio tentativo di reinterpretarle alla luce sia delle categorie gramsciane di egemonia, blocco sociale, guerra di posizione, ecc. sia delle esperienze pratiche della rivoluzione boliviana, di Podemos, e della campagna presidenziale di Sanders.

Insomma: i rancorosi e gli odiatori, quelli che oppongono alto e basso, popolo ed élite, che cercano a tutti costi il nemico (che se la prendono con le banche, con le multinazionali e con le caste politiche che ne gestiscono gli interessi), quelli che vogliono ricostruire comunità riunificando le disiecta membra di un corpo sociale fatto a pezzi dalla ristrutturazione e dalla finanziarizzazione capitalistiche, invece di godersi la libertà individuale e i diritti civili che la civiltà ordoliberista ci regala (o meglio, regala a un’esigua minoranza di “cognitari” e ai suoi intellettuali organici) non sono altro che una massa indifferenziata di bruti, un popolo bue (“demente” lo ha definito Bifo, riferendosi agli operai e alla classe media impoverita che ha votato Trump in America e Brexit in Inghilterra) pronto a militare sotto le insegne del “nazional operaismo” (altra definizione coniata da Bifo). A questo punto manca solo di prendere in esame la quarta e ultima ideuzza, quella relativa all’apologia del globalismo contro le mie tesi sul conflitto fra flussi e luoghi. Ma prima ritengo utile riprendere alcune recenti riflessioni di Nancy Fraser sulle responsabilità delle sinistre “sex and the city”.

Anche se differiscono per ideologia e obiettivi, scrive la Fraser riferendosi alle elezioni americane e alla Brexit, <<questi ammutinamenti elettorali condividono un bersaglio comune: sono tutti dei rifiuti della globalizzazione delle multinazionali, del neoliberismo e delle istituzioni politiche che li hanno promossi>>. Ma la vittoria di Trump, aggiunge, <<non è solo una rivolta contro la finanza globale. Ciò che i suoi elettori hanno respinto non era il neoliberismo tout court, ma il neoliberismo progressista>>. Ed ecco la definizione che dà di questo termine: <<Il neoliberismo progressista è un’alleanza tra correnti mainstream dei nuovi movimenti sociali (femminismo, anti-razzismo, multiculturalismo, e diritti LGBTQ), da un lato, e settori di business di fascia alta “simbolica” e basati sui servizi (Wall Street, Silicon Valley, e Hollywood), dall’altro>>. Attraverso questa alleanza, scrive ancora facendo eco alle tesi di Boltanski e Chiapello (“Il nuovo spirito del capitalismo”, Mimesis) , le prime prestano involontariamente il loro carisma ai secondi: <<Ideali come la diversità e la responsabilizzazione, che potrebbero in linea di principio servire scopi diversi, ora danno lustro a politiche che hanno devastato la produzione e quelle che un tempo erano le vite della classe media>>.

In questo modo l’assalto alla sicurezza sociale è stato nobilitato da una patina di significato emancipatorio e, mentre le classi subordinate sprofondavano nella miseria, il mondo brulicava di discorsi su “diversità”, “empowerment,” e “non-discriminazione.” L’”emancipazione” è stata identificata con l’ascesa di una élite di donne, minoranze e omosessuali “di talento” (la “classe creativa” celebrata da Richard Florida e dagli altri cantori della rivoluzione digitale) nella gerarchia dei vincenti. <<Queste interpretazioni liberal-individualiste del “progresso” gradualmente hanno sostituito le interpretazioni dell’emancipazione più espansive, anti-gerarchiche, egualitarie, sensibili alla classe, anti-capitaliste che erano fiorite negli anni ’60 e ’70>>.

Ma nemmeno dopo che il Partito Democratico ha scippato la candidatura a Sanders, spianando la strada alla vittoria di Trump, questa sinistra ha aperto gli occhi: continua a cullarsi nel mito secondo cui avrebbe perso a causa di un “branco di miserabili” (razzisti, misogini, islamofobi e omofobi) aiutati da Vladimir Putin (sulle differenti interpretazioni delle cause della vittoria di Trump, vedi il corposo dossier curato da Infoaut). Nancy Fraser li invita invece a riconoscere la propria parte di colpa, che è consistita <<nel sacrificare la causa della tutela sociale, del benessere materiale, e della dignità della classe lavoratrice a false interpretazioni dell’emancipazione in termini di meritocrazia, diversità, e empowerment>>.

Invito inutile: Bascetta e soci sono ben lontani dal recitare un simile mea culpa. Se lo facessero, dovrebbero accettare l’invito di Nancy Fraser a riconoscersi nella campagna contro la globalizzazione capitalista lanciata dal populista/socialista Sanders. Vade retro! Per costoro i discorsi sulla necessità che popoli e territori lottino per riconquistare autonomia e sovranità praticando il “delinking” (ricordate Samir Amin: anche lui fascista?) dal mercato globale, sono eresie “rossobruniste”. Questo perché sono incapaci di distinguere fra mondializzazione dei mercati (che è una caratteristica immanente del capitalismo fin dalle sue origini) e globalizzazione, che è la narrazione legittimante (curioso errore per chi vede solo narrazioni…) su cui si fonda l’egemonia ordoliberista; per cui non riescono nemmeno a vedere la crisi della globalizzazione – della quale il vicepresidente boliviano Alvaro G. Linera invita a prendere atto  in un suo recente articolo mentre Toni Negri ne ha negato l’evidenza in una penosa intervista televisiva. Una cecità che arriva al punto di paragonare (vedi l’ultima parte del pezzo di Bascetta) l’apprezzamento di Sanders nei confronti del ripudio dei trattati internazionali TTIP e TTP da parte di Trump, e quello di Corbyn nei confronti della Brexit, al voto dei crediti di guerra da parte dei partiti socialisti della Prima Internazionale (sic!).

Che altro aggiungere? Mi aspetto a momenti la loro adesione al manifesto con cui Zuckerberg si candida a leader dell’opposizione liberal a Trump e a punto di riferimento del globalismo dal volto umano (a presidente dell’umanità ha ironizzato qualcuno). Un Impero del Bene hi tech e ordoliberista che non mancherà di piacere alle élite cognitarie. Viste le premesse, potremmo perfino vederli inneggiare all’annunciato ritorno di Tony Blair, che minaccia di sfidare Corbyn per rianimare il New Labour e, perché no, aderire alla campagna promossa da media mainstream, caste politiche ed élite finanziarie contro le fake news veicolate dalla Rete infiltrata dai populisti. Così il politically correct assurgerà definitivamente a neolingua e quelli che, come il sottoscritto, spargono l’aceto della polemica, verranno finalmente messi a tacere.

Comments

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febbraio
Saturday, 11 March 2017 13:06
Sarebbe interessante riprendere temi ben più essenziali dell'articolo di Formenti, come stanno per esempio sviluppando in: http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/02/22/contro-la-sinistra-globalista/

Non vi pare?
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pierre57
Monday, 27 February 2017 14:46
Si si, continuate pure a crogiolarvi nel "sogno europeo" nonostante l'evidenza e a dispetto di tutti gli indicatori non solo economici che segnalano tempesta sul piano sociale e visto che si cita (in questo caso a sproposito la "Classe") si vada a chiedere ai lavoratori italiani che cosa ha apportato loro la moneta unica assieme al "sogno europeo", fate un giretto fra le periferie delle disastrate città italiane in mano a speculatori di ogni sorta e vedrete che cosa significa stare dalla parte del popolo invece che ululare alla luna mostrando il dito;del resto è perfettamente inutile dimostrarvi quanto sia devastante per i ceti dominati questa bella "unione" in quanto voi la scelta con chi stare l'avete fatta da tempo e non è esattamente quella che dite.
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frakk
Monday, 27 February 2017 12:51
"sinistrati", già un commento così è indice del decadimento totale del dibattito. è ovvio che l'Italia ha costruito e partecipa attivamente alla UE. è evidente, è storia. La nostra classe dirigente, italianissima, ha costruito e tiene in piedi questa UE. Ne ha tutto l'interesse. Proprio per questo bisogna analizzare dal punto di vista di classe e non di nazione. Il colonialismo è un'altra storia.

Quoting pierre57:
"L'Italia è un membro di pari diritto della Ue,non una colonia della Germania".Ahahahahahahahahah non riesco più a fermarmi dal ridere!Ma questi sinistrati ci sono o ci fanno?Non ci credono più neanche i bambini degli asili ahahahahahahah.Spettacolari,si spettacolari.
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pierre57
Monday, 27 February 2017 12:13
"L'Italia è un membro di pari diritto della Ue,non una colonia della Germania".Ahahahahahahahahah non riesco più a fermarmi dal ridere!Ma questi sinistrati ci sono o ci fanno?Non ci credono più neanche i bambini degli asili ahahahahahahah.Spettacolari,si spettacolari.
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Alessandro Tosolini
Saturday, 25 February 2017 16:31
Quoting Alessandro:
@ Alessandro Tosolini

L'Italia non è una colonia della UE, ma membro a pari diritto. Il paragone che fai, con le esperienze del passato, di paesi che hanno subito il dominio coloniale non è calzante. Da un punto di vista politico però, l'Italia, è sempre stato un paese a sovranità limitata per effetto della divisione del mondo in due blocchi, alla fine della seconda guerra mondiale. Tuttavia, alla mollezza dei governi italiani, non si risponde proponendo il ritorno agli egoismi nazionali e alla competizione tra gli stati europei. La disgregazione dell'Europa, se avvenisse, non avrebbe un carattere progressivo, e sarebbe gestita ed egemonizzata dai partiti di destra.
E all'immigrazione non si risponde, come fa la destra, con la costruzione di muri. Questo significa solo scaricare il problema da qualche altra parte.
Il programma della sinistra sovranista, meglio sarebbe dire rossobruna, è del tutto simile a quello dei partiti della destra populista e xenofoba. Non fanno neanche mistero del loro razzismo, basta leggere i commenti nei loro siti.


Certo che non è una colonia dell'UE! E' un fantoccio degli Stati Uniti, finché significa qualcosa occupare militarmente un paese e dominarlo culturalmente ed economicamente. Anche la tanto vituperata Germania non è che un maggiordomo a volte un po' zelante di costoro.
Non vedo come si possa agire diversamente dal recupero della sovranità nazionale: se la sinistra continua a superare a destra il neoliberismo nella critica della sovranità e nell'elogio della globalizzazione, ovvio che poi il recupero della sovranità viene egemonizzato da partiti di destra! Anche l'etimologia della parola "internazionalismo" deriva da inter-nationes, cioè tra nazioni, non senza nazioni o sopra le nazioni: la stessa internazionale comunista era intesa come riunione di vari partiti comunisti dei vari stati.
Sulla questione muri, certo facendo i "muri" non si risolve niente ma almeno la destra, per quanto le sue proposte siano svioniste e demagogiche, fa delle proposte! E il popolino vede le proposte stupide della destra me nessuna dalla sinistra, e indovina da che parte sta?
Dunque per evitare che la disgregazione dell'Europa sia egemonizzata dalla destra, bisogna che la egemonizzi la sinistra!
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pierre57
Saturday, 25 February 2017 15:43
Davvero stupefacente sentir dire da chi ha per anni condiviso e applaudito politiche di destra mascherate da "ineluttabilità rivolte al bene generale del paese"(sic) che il recupero di sovranità è da considerarsi rosso bruna;che cosa erano le continue svendite di pezzi pregiati del nostro apparato industriale a imprese straniere con conseguente licenziamento e messa in mora di ogni ipotesi di rilancio e il susseguirsi di abrogazioni di ogni diritto sociale conseguente volute e varate dai governi "amici"(di chi?);erano da considerarsi "di sinistra"o facenti parte di un lucido disegno restauratore del capitale multinazionale in questo supportato da una pseudo sinistra?
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Alessandro
Saturday, 25 February 2017 08:58
@ Alessandro Tosolini

L'Italia non è una colonia della UE, ma membro a pari diritto. Il paragone che fai, con le esperienze del passato, di paesi che hanno subito il dominio coloniale non è calzante. Da un punto di vista politico però, l'Italia, è sempre stato un paese a sovranità limitata per effetto della divisione del mondo in due blocchi, alla fine della seconda guerra mondiale. Tuttavia, alla mollezza dei governi italiani, non si risponde proponendo il ritorno agli egoismi nazionali e alla competizione tra gli stati europei. La disgregazione dell'Europa, se avvenisse, non avrebbe un carattere progressivo, e sarebbe gestita ed egemonizzata dai partiti di destra.
E all'immigrazione non si risponde, come fa la destra, con la costruzione di muri. Questo significa solo scaricare il problema da qualche altra parte.
Il programma della sinistra sovranista, meglio sarebbe dire rossobruna, è del tutto simile a quello dei partiti della destra populista e xenofoba. Non fanno neanche mistero del loro razzismo, basta leggere i commenti nei loro siti.
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pierre57
Saturday, 25 February 2017 00:07
Particolarmente scatenati questi "sinistri " dalla memoria corta contro le giuste argomentazioni di Carlo Formenti;tutta gente che ha sicuramente applaudito spellandosi le mani l'insediamento al governo di Monti e prima ancora dei loro rappresentanti nei vari governi "amici" che hanno varato leggi dal timbro "sinistro" come il lavoro interinale votato interventi "umanitari"ovvero guerre in Europa;controriforme continue delle pensioni oltre allo svuotamento della rappresentanza con l'introduzione del sistema maggioritario etc. etc. Ci vuole una bella faccia tosta ad etichettare come reazionari e inclini al fascismo chi denuncia uno stato di cose che nulla ha di democratico e inerente ai bisogni dei ceti sfruttati ma soprattutto non basta autocelebrarsi "sinistra" se poi si agisce come la peggior destra.La pseudo sinistra di costoro ha compiuto le peggiori nefandezze ai danni dei lavoratori nascondendosi sempre dietro un sedicente interesse generale che era invece quello del capitale multinazionale.
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Alessandro Tosolini
Friday, 24 February 2017 17:14
Quoting Alessandro:
D'accordo con Mirco e non capisco perché se la prenda tanto per la recensione di Bascetta, scritta con ben altro tono da quello usato da Formenti per la sua replica. Personalmente non condivido le posizioni della sinistra cosiddetta “sovranista“ perché non essendo più in grado di proporre il comunismo come alternativa di sistema, ha ripiegato sulla sovranità (ma quando c'era la lira, c'era forse il socialismo in Italia?) facendo proprio il linguaggio e il vocabolario della destra più retriva, anche nel disprezzo verso le minoranze (omosessuali e migranti). Se ci fate caso infatti, per attaccare la sinistra dirittoumanista come la chiamano, tirano sempre in ballo gli omosessuali e i migranti usati a dir loro per comprimere i salari a danno dei lavoratori italiani.


Non è che ha ripiegato sulla sovranità, ma nella sua forma espressa dalla Rivoluzione d'Ottobre e dalle rivoluzioni coloniali il movimento comunista è stato, che lo volesse o meno, un recupero della sovranità. Questo sia in Russia, che sotto gli zar era praticamente una colonia di Francia e Inghilterra, sia in Cina, Vientnam e Cuba. Se si nega la centralità del problema della sovranità e della questione nazionale si finisce in una prospettiva astratta e contemplativa che sarebbe anni luce dalla prospettiva concreta di grandi comunisti come Marx, Lenin e Gramsci. Il problema non è però che la sinistra deve ripudiare la sovranità perché è una roba di destra, ma deve anzi recuperarla per sottrarla alla destra che si fa portavoce solo di una rivolta delle elites. Per quanto riguarda l'immigrazione, è lapalissiano che un'immigrazione incontrollata favorisce la trasformazione degli immigrati in sotto-proletari che possono essere usati o come squadracce criminali o come esercito industriale di riserva, mentre un'immigrazione più controllata (e soprattutto una sinistra un po' più attiva nell'impedire il saccheggio e la razzia dell'Africa da parte degli euro-atlantisti) impedirebbero una situazione simile. Altrimenti bisogna ammettere che è giusto sfruttare immigrati sotto-pagati e senza diritti!
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Alessandro
Friday, 24 February 2017 15:55
D'accordo con Mirco e non capisco perché se la prenda tanto per la recensione di Bascetta, scritta con ben altro tono da quello usato da Formenti per la sua replica. Personalmente non condivido le posizioni della sinistra cosiddetta “sovranista“ perché non essendo più in grado di proporre il comunismo come alternativa di sistema, ha ripiegato sulla sovranità (ma quando c'era la lira, c'era forse il socialismo in Italia?) facendo proprio il linguaggio e il vocabolario della destra più retriva, anche nel disprezzo verso le minoranze (omosessuali e migranti). Se ci fate caso infatti, per attaccare la sinistra dirittoumanista come la chiamano, tirano sempre in ballo gli omosessuali e i migranti usati a dir loro per comprimere i salari a danno dei lavoratori italiani.
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mirco
Friday, 24 February 2017 14:06
Ma infatti, Riccardo, la sinistra radicale di oggi è quella di Formenti, popolare e nazionale o nazional-popolare, come vuoi. Per questo è asfaltata, o no?
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Riccardo
Friday, 24 February 2017 13:31
C'è da chiedersi se, visti i commenti precedenti, la gente sia ancora capace di leggere e comprendere un testo. Per alcuni sembra proprio di no. Se è per questo la sinistra radicale (?) al parlamento europeo ha votato con le destre contro il CETA. Cospirazionismo anche lì? Vedo comunque che oltre alle chiacchere non si va per portare una critica costruttiva a quel che dice Formenti, probabilmente perché non ci sono argomenti per contrastare ciò che dice Formenti a parte l'invettiva e qualche sofismo qua e là.
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mirco
Friday, 24 February 2017 13:09
Visto che il povero Carlo si sente così tanto vilipeso, ecco un suggerimento che molto probabilmente interpreterà nello stesso modo:
pochi giorni fa si è costituito un nuovo soggetto politico che, in quanto a denominazione e ad obiettivi non si discosta dalle tesi del nostro filosofo riformista della "variante populista": si tratta del Movimento Nazionale per la Sovranità di Alemanno e Storace, nel quale Formenti potrà trovare interessanti interlocutori, sicuramente più disposti ad ascoltarlo rispetto agli internazionalisti che evidentemente disprezza da sempre chiamandoli 'globalisti', per poi autodefinirsi comunista insultando l'intelligenza di tante compagne e compagni che sanno benissimo che i concetti di nazione, popolo, sovranità, patria HANNO NIENTE A CHE VEDERE COL COMUNISMO, e mai l'avranno.
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frakk
Friday, 24 February 2017 11:18
"Così il politically correct assurgerà definitivamente a neolingua e quelli che, come il sottoscritto, spargono l’aceto della polemica, verranno finalmente messi a tacere."

tutti a fare le vittime, soprattutto chi ha il culo al caldo. Strana moda dei sovranisti di questi tempi
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