Il “De Grauwe moment”
Una previsione lungimirante della crisi di bilancia dei pagamenti dell'Eurozona
di Sergio Cesaratto*
In un articolo sul Financial Times scritto un anno prima dell’avvio dell’Unione Monetaria Europea (UME), Paul De Grauwe avanzò un’ipotesi lungimirante su ciò che sarebbe potuto accadere come conseguenza, cosa di cui la maggior parte degli economisti si sono resi conto solo recentemente.[1] Infatti, con il senno di poi, la crisi Europea ci appare ora come l’ennesimo episodio di “stavolta è diverso” (“this time is different”) della sequenza di liberalizzazioni finanziarie con tassi di cambio fissi, flussi di capitali dal centro verso la periferia, bolla immobiliare, disavanzo nel saldo delle partite correnti (CA) e indebitamento, default. Nonostante consideri quello di Reinhart and Rogoff (2009) un resoconto mal organizzato della storia e della natura dei default, il loro titolo trasmette davvero la sensazione che si tratti di un modello ricorrente di una serie di eventi sfortunati. Anche il titolo di un importante paper ‘Good-bye financial repression, hello financial crash?’ (Diaz-Alejandro, C. 1985) riassume bene l’essenza di quegli eventi. Al fine di apprezzare meglio l’intuizione del Professor De Grauwe, presento il suo articolo con alcune note prese da un mio Working Paper appena pubblicato fra i Working Papers del mio dipartimento “Controversial and novel features of the Eurozone crisis as a balance of payment crisis”.
Diffusa da Martin Wolf, l’interpretazione della crisi Europea come una crisi di bilancia dei pagamenti (BdP) sta diventando dominante. Dunque, la causa della crisi deve essere trovata nel più facile accesso ai mercati finanziari a bassi tassi d’interesse per un certo numero di paesi periferici dell’UEM. La liberalizzazione finanziaria e la rimozione del rischio del tasso di cambio ha incoraggiato notevoli flussi di capitali dai paesi centrali verso i paesi della “periferia” (e.g. Merler and Pisani-Ferry).
Il consumo delle famiglie finanziato dal credito immobiliare e al consumo ha determinato una maggior crescita, rispetto ai paesi centrali dell’Eurozona, sia della domanda interna che dei salari nominali. Tassi d’inflazione più alti nella periferia hanno fatto in modo che i tassi d’interesse reali fossero più bassi, un contributo ulteriore alla domanda interna. La crescita della domanda interna si è associata alla bolla immobiliare in Spagna e Irlanda, e alla crescita della spesa pubblica in Grecia. Questa serie di eventi e le loro conseguenze, indebitamento estero e “improvviso arresto dei flussi di capitali” (“sudden stop”), non sono fondamentalmente così diversi da quelli che in genere hanno avuto luogo nei paesi in via di sviluppo e si sono conclusi con default sovrani (Frenkel, Rapetti 2009: 688-89; Reinhart 2011: 27-9).
Una tradizionale obiezione all’interpretazione della crisi dell’Eurozona come tipica crisi “this time is different” è che non vi possa essere una crisi di Bilancia dei Pagamenti in un’unione monetaria. Il problema è che l’Eurozona è un ibrido tra un'unione monetaria completa (che implica anche un’unione fiscale) e un tradizionale accordo di tassi di cambio fissi. Una principale differenza con quest'ultimo è che in un’unione monetaria, le fughe di capitali (i “sudden stop”) vengono automaticamente compensate tramite la Banca Centrale, e nell’Eurozona attraverso il TARGET2 (T2) (Febrero et al. 2012). Assumendo una variazione nulla di riserve in valuta estera, la BdP si riassume in questa relazione: CA + KA = 0 dove KA è il conto capitale (prendete ora carta e penna e seguite appuntandovi le relazioni sul foglio e si veda anche il BOX). Normalmente, in un mondo formato da due paesi, se il paese A ha (tutte le grandezze sono saldi) un CAA- negativo, il paese B mostra simmetricamente un CAB+, e perciò deve essere KAA+ e KAB- (il paese B sta prestando al paese A). Supponiamo che il paese B non presti al paese A (cosicché lo squilibrio del CA non sia finanziato), e ancora peggio, che ci siano deflussi di capitali dal paese A in misura T (cioè lo stock di debito acquisito da B in passato non sia via via rinnovato alla scadenza). Allora avremo CAA- e KAA-, e quindi CAA + KAA < 0. Ciò che accade in un’unione monetaria è che tramite il sistema T2 l’Eurosistema (BCE e banche centrali nazionali) ricrea liquidità a favore del paese A in maniera tale che le sue banche ricomprino loro il debito in scadenza: CAA + KAA+ T = 0, dove T > 0 significa che il paese A è a questo punto in debito sul suo conto presso l’Eurosistema). È come se la BCE stesse creando riserve in valuta straniera in un sistema di tassi di cambio fissi (Leppanen 2012); o come se i paesi in deficit stessero creando riserve internazionali stampando Euro, come gli USA nel regime di Bretton Woods (Kohler 2012); o meglio ancora, è come se l’UEM funzionasse in stile ultra-Keynesiano da International Clearing Union (ICU), con minor prudenza di quella prevista da Keynes (suppongo di essere il primo a notare questa somiglianza).[2] Con il T2, il paese A dell’Eurozona ha perciò un'infinita possibilità di scoperto (Milbrandt 2012 CESifo). Ciò che è successo nella periferia dal 2007/08 è che abbiamo avuto CAA- e KAA-, T+ e simmetricamente nei paesi centrali: CAB+, KAB+, T-. Nell’ultima formula T- significa che le banche dei paesi del centro stanno ricevendo capitali che scappano dalla periferia, capitali che rimangono depositati presso le rispettive banche centrali e costituiscono un credito verso l’Eurosistema. Quindi alla perdita di riserve liquide dei paesi periferici corrisponde un eccesso di riserve liquide presso l'Eurosistema da parte dei paesi forti, e l'Eurosistema nei fatti automaticamente ricicla quell'eccesso a favore dei paesi periferici."
Non così paradossalmente, data la natura ibrida dell’UEM: ‘Se, nel contesto di un’unione politica, le banche centrali Europee fossero integrate come filiali della BCE, il consolidamento delle filiali farebbe dissolvere nel nulla i saldi TARGET.’ (Neumann 2012; Ulbrich & Lipponer 2012 ). Questo rende chiaro il fatto che attraverso il T2 la BCE sta agendo come una tradizionale banca centrale: in genere le banche si affidano al mercato interbancario per finanziare i propri squilibri (quando si ritrovano a corto di riserve); se, in circostanze eccezionali, questo non funziona, la BCE semplicemente copre il buco. Come mi ha scritto Eladio Febrero dell’Università di Castilla-La Mancha: ‘Se sposti i tuoi risparmi da un deposito in Banca Intesa verso Unicredit, e se la prima si trovasse a corto di liquidità depositata in Banca d’Italia, quest’ultima creerebbe moneta e quindi accrediterebbe il conto di riserva di Unicredit cosicché ora il tuo denaro si troverebbe lì. Dunque la Banca d’Italia acquisirebbe un credito nei confronti di Banca Intesa. …Si dovrebbe evidenziare che se la Banca d’Italia nell’esempio precedente, o il Sistema Europeo di Banche Centrali (nella discussione sul T2) non rifornisse il sistema bancario di liquidità, quest’ultimo collasserebbe: ci sarebbe una corsa agli sportelli e l’intero sistema economico si troverebbe in grosse difficoltà.’ Quindi, per questo aspetto l’UEM non è come, ad esempio, lo SME. Se la BCE interrompesse il T2 (cioè, smettesse di agire come una Banca Centrale nei confronti delle banche periferiche) sarebbe la fine dell’UEM. Ovviamente, il T2 non è la causa dei problemi, bensì impedisce all’UEM di esplodere come lo SME nel 1992.
A questo proposito si potrebbe pensare che se l'Eurozona fosse un vero e proprio Stato Federale, la crisi finanziaria sarebbe una 'normale' crisi interna: se alcune banche locali e alcuni governi locali (privi di sovranità monetaria) fossero insolventi, nessuno parlerebbe di una crisi di Bilancia dei Pagamenti. Anche considerando la grande dimensione della crisi dell'Eurozona, uno stato 'normale' sarebbe intervenuto socializzando parte del debito del governo e delle banche locali, e imponendo loro austerità e bilanci in pareggio; le banche salvate sarebbero state nazionalizzate, ristrutturate o chiuse. La Banca Centrale avrebbe collaborato sostenendo il debito sovrano/federale. Al tempo stesso l'amministrazione federale avrebbe effettuato dei trasferimenti fiscali per attenuare la crisi. Bene, ma questa non è l'Europa! Se così fosse, sarebbe riuscita a risolvere la situazione senza troppe difficoltà.
Se un paese spende all’estero (per le importazioni, per pagare gli interessi sui debiti contratti con stranieri, per aiuti agli altri paesi, perché gli immigrati mandano i guadagni a casa) più di quanto incassa (attraverso le esportazioni, incassando interessi sui crediti concessi, per aiuti che si ricevono ecc.) ha, si dice, un disavanzo di partite correnti (current account CA). Il saldo della bilancia commerciale, la mera differenza fra esportazioni e importazioni è una parte del saldo delle partite correnti. Un paese che abbia un saldo negativo del CA deve farsi prestare capitali dall’estero (come accadrebbe a voi se spendeste più di quanto incassate, dovreste indebitarvi), dunque c’è un saldo positivo dei movimenti di capitale (capital account KA), il prestito entra nelle vostre saccocce. Un paese che abbia un saldo positivo delle CA può concedere crediti all’estero (come accadrebbe a voi se spendeste meno di quanto incassate, potreste accordare del credito), dunque c’è un saldo negativo dei movimenti di capitale, escono denari dalla vostre tasche. Naturalmente un paese con saldi positivi del CA può accumulare riserve valutarie (senza riprestare cioè i propri incassi netti dall’estero). Simmetricamente un paese con saldi negativi del CA può ricorrere alle riserve valutarie, cioè a valuta messa sotto il mattone nei periodi favorevoli (senza dunque indebitarsi); il problema è che le riserve si esauriscono, per cui prima o poi se si spende più di ciò che si guadagna, come accade a ciascuno di noi, ci si deve indebitare.
Trascurando le riserve, in generale si può dunque dire che saldo del CA = saldo dei movimenti di capitale KA, o con un poco di algebra elementare saldo del CA - saldo dei movimenti di capitale KA = 0 che esprime la banale logica di tutti i giorni che se in durante il mese spendo più di quanto guadagno, la zia mi deve prestare i soldi, il saldo negativo col droghiere deve essere pari al saldo con la zia. Questa è la Bilancia dei pagamenti.
A indebitarsi con l’estero possono essere sia il settore privato (famiglie e imprese) che il settore pubblico. Qui la faccenda si complica un pochino. Degli esempi aiutano. Nel caso della Germania il settore pubblico ha un piccolo disavanzo fra entrate e spese. Ma non deve ricorrere a prestito esteri poiché il settore privato ha un forte avanzo, cioè spende assai meno di quanto incassa. Allora il settore privato tedesco è in grado sia di finanziare il disavanzo del settore pubblico che prestare soldi all’estero. Nel caso della Spagna, sia il settore pubblico che quello privato sono in disavanzo per cui non si possono, per così dire, aiutarsi a vicenda e devono entrambe ricorrere a crediti dall’estero. Riassumendo, quando in un paese i due settori domestici, pubblico e privato, nel complesso sono in avanzo (Germania) vuol dire che il paese nel suo insieme produce più di quello che consuma, e infatti avrà il CA in avanzo e, specularmente, concederà crediti all’estero. Invece quando in un paese i due settori domestici, pubblico e privato, nel complesso sono in disavanzo (Spagna) vuol dire che il paese nel suo insieme produce meno di quello che consuma, e infatti avrà del CA in disavanzo e, specularmente, riceverà crediti dall’estero.
La questione è che l'Eurozona è un ibrido tra un sistema di cambi fissi tra paesi indipendenti e un'economia pienamente integrata, condividendo con il primo la possibilità di una crisi di bilancia dei pagamenti e con la seconda i principi di banking nazionale. In questo assetto spurio la BCE ha agito in qualche modo come la FED: attraverso il sistema T2 e le operazioni LTRO sta iniettando liquidità e assorbendo titoli tossici in garanzia, permettendo ai governi e alle banche locali insolventi di sopravvivere (anche se la mancanza di un intervento diretto della BCE per sostenere i debiti sovrani sta mettendo in pericolo la solvibilità dei governi Spagnolo e Italiano, lasciando esplodere gli spread sovrani che a loro volta incidono sulla solvibilità delle banche nazionali che detengono una gran quantità dei loro titoli).[3] E' stato imposto un patto fiscale, ma non c'è un governo federale assistito da una Banca Centrale a disposizione per sostenere gli stati e le banche locali.
Riassumendo, la crisi dell'EuroZona non è una classica crisi dei tassi di cambio fissi (come previde De Grauwe); non è una crisi finanziaria interna; ma è quello che è: una crisi di bilancia dei pagamenti in una unione monetaria imperfetta. Se l'unione fosse perfezionata, la crisi potrebbe essere risolta come una tradizionale crisi interna. Se non viene perfezionata, si tratta di una crisi di bilancia dei pagamenti inedita, con un finale che ancora non è stato scritto. Se la Grecia fallisce, dipende dagli esiti delle prossime elezioni, i crediti del sistema T2 e gli altri aiuti già elargiti alla Grecia saranno in gran parte cancellati. Significa che pagheremo noi i danni subiti dai tedeschi (vedi qui). Se scoppia l’UME, pagherà il mondo intero. Danke!
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