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Prodi e lo "stato di diritto"

di Quarantotto

Prodi "c'arifà".

Noncurante delle lievi imprecisioni con cui si è manifestato, in una delle sue recenti "uscite", insiste.

Comincia col dire che la ripresa può essere agganciata, anche se deve ammettere che non ce n'è traccia degli indicatori minimamente significativi, e, ovviamente, che ciò può essere fatto se si seguono le pressanti indicazioni "europee" (e che altro poteva essere?): "spendere meno e mettere in atto le riforme per camminare stabilmente al di sotto del fatidico 3%".
Nel far ciò ci dice, necessariamente, in partenza, che:

a) la recessione - e comunque la mancata crescita (che peraltro dura da venti annetti, in termini di output-gap) - sarebbe dovuta all'eccesso di spesa pubblica (...!!!?);
b) eliminato ciò, rispettando un deficit pubblico al di sotto del 3%, si potrebbe "dare una spinta all'economia"! (Cioè, limitando il deficit in situazione recessiva...si stimola l'economia);
c) il "pareggio di bilancio", che l'UE, inderogabilmente ci chiede a partire dal 2015, non è...pervenuto (cioè è "rimosso"). E proprio mentre l'aggiornamento, previsto in settimana, del DEF, ricalibra il deficit per il prossimo anno dall'1,8% al 2,5%.


Sorvoliamo, per carità di patria, sulle ragioni che giustificherebbero questo aggiustamento 2014, ma esso implica, tranne improbabilissimi ripensamenti filosofici di Olli Rehn, e compagnia belante anti-italiana, già ad oggi (prima del riscontro dell'effettivo rispetto di questo livello, cosa che appare molto difficile), una manovretta fine 2014 di almeno 2 punti di PIL (facciamo 30 miliardi perchè il PIL nominale, per la prima volta nel II dopoguerra, è diminuito anch'esso a seguito di una recessione superiore al tasso di inflazione).

Dico "almeno" 2 punti, perchè in realtà, se si avrà, ora, nel 2013, una imminente manovra di "stabilità" per 15-18 miliardi (come auspica Cisnetto, pur criticando che non sia realizzata mediante la geniale "svendita" degli assets pubblici), la recessione 2014 non sarà uno scherzo neppure essa: e quindi, sempre ricordando una pressione fiscale effettiva del 45 e rotti % in rapporto al PIL, i conti del deficit non torneranno.

Ipotizziamo: per mantenere al 2,5 il deficit 2014, ci tolgono, con la manovra a fine 2013, almeno un punto di PIL con "tagli e tasse" vari, che col moltiplicatore almeno a 1,4, se non 1,6 - secondo FMI e Sapir-, vale una "recessioncina" 2014, (che potremmo dire "aggiuntiva" rispetto all'incidenza 2014 delle misure già prese, che Dio solo sa come si vanno a sovrapporre e intersecare), di almeno 1,5 punti di PIL.

Nella migliore delle ipotesi.

E quindi, data quella pressione fiscale, i conti che non tornano, ciò si rifletterà, come al solito, in un deficit aggiuntivo 2014 di almeno (sempre nella migliore delle ipotesi) di 1,5x0,45= 0,675. Quindi circa 0,7 punti di peggioramento del deficit 2014 - per un totale di...-3,2 e manovra 2014 per l'irrevocabile "pareggio di bilancio", a valere nel 2015, fissata in circa 3 punti di PIL, grazie alla "stabilità di governo" (che non si farà fatica a raggiungere).

Il tutto, a cominciare dal peggioramento sempre più evidente dei conti, da registrare progressivamente nel corso del 2014, punteggiato dal solito orribile balletto di bollettini UEM, colpevolizzatori dell'Italia: anno in cui, senza essere profeti, (ma "praticoni"), il tema centrale sarà un continuo richiamo dell'Europa a seguire le sue ricette e, contemporaneamente, a rimproverarci per averlo fatto. Unici in UEM . Che monotonia!


Questi "problemini" non sfiorano Prodi, grande economista "industriale", che ci propina la sua "ricetta" per la ripresa:

"Nell'urgenza di oggi la misura più efficace sarebbe una riduzione degl oneri sociali dedicata all'aumento dei consumi dei lavoratori dipendenti, di cui avremmo tanto bisogno per "rafforzare (!) la ripresa interna. Tuttavia...mancano le risorse per farlo (chissa perchè?).

Resta quindi la riforma più importante, più urgente e che, invece di costare, porta solo vantaggi, ed è la riforma della Pubblica amministrazione. Essa soffoca ormai la nostra economia,con le incertezze e i ritardi del sistema giudiziario, con la sovrapposizione (inesistente in ogni altro ordinamento), fra giustizia ordinaria e amministrativa, con al moltiplicazione formale dei controlli in moo che nessuno abbia la responsabilità dei controlli stessi, con la duplicazione de ruoli fra amministrazione locale e centrale, con il debordare di ogni settore dell'amministrazione nel campo di competenza delle altre, e con un sistema fiscale che, da un lato, permette evasioni inammissibili e, dall'altro, opprime il contribuente con procedure e costi soffocanti
".


Di fronte ad affermazioni di questo tipo, rigorosamente NON sorrette da dati e analisi macroeconomiche "credibili", viene da chiedersi come abbia fatto Prodi a governare l'Italia e se si sia accorto del significato delle misure che adottavano i suoi governi e, comunque, quelli espressi dalla maggioranza e dalle forze in cui si è sempre riconosciuto.

I controlli preventivi di legittimità (registrazione) della Corte dei conti sugli atti dell'amministrazione statale, sono stati abrogati da varie leggi la prima delle quali del governo Ciampi (n.19 del 1994), poi ulteriormente ampliata e potenziata (nel ridurre al minimo tale forma di controllo) dal suo governo, con la legge n.639 del 1996.

Quindi, gli atti di spesa più importanti (ad es; bandi, assunzioni, e procedure di appalto), non sono soggetti alla forma più incisiva ed efficace di controllo e da un bel pezzo.

Lo stesso può dirsi per i controlli preventivi sugli atti delle regioni e degli enti locali
, prima limitati all'osso dalla legge Bassanini n.127 del 1997, e poi del tutto abrogati dalla riforma costituzionale del Titolo V dell'inizio del 2001.

I controlli preventivi di legittimità sono gli unici che riescano a garantire una qualche certezza nel prevenire spese illegittime e, sicuramente, "non virtuose", in violazione delle leggi che impongono il rispetto di procedure e di obiettivi di interesse generale.
Quello che rimane in piedi, è un sistema farraginoso "a posteriori" (rispetto ad atti e decisioni già operativi), esercitato da organi interni (non indipendenti dai vertici politici), che non hanno praticamente alcuna misura da applicare quando ormai la "frittata è fatta", tranne presunte sanzioni sugli amministratori che hanno dato causa alle disfunzionalità
. Che sono, per lo più, applicative di norme che...le autorizzano!, in quanto dovute alla privatizzazione delle forme, tanto efficientista, per cui, senza alcun limite di diritto pubblico, si può "esternalizzare", creare società pubbliche e di comodo, ricorrere a prestiti di istituti bancari "amici", grazie alle fondazioni, rette dai compagni di partito di quelli che chiedono l'erogazione dei prestiti...che si tramutano in sofferenze e buchi di bilancio degli istituti bancari.


Ora Prodi non ci dice come e perchè la "riforma della p.a." (di cui si parla invariabilmente, da circa 30 anni, come di una misura risolutiva, e pur in assenza di un livello di spesa pubblica corrente superiore alle famose medie UEM, mentre quest'ultima continua a gravare di nuove complesse norme i compiti della deprecata burocrazia, che non li ha certo richiesti: "lo vuole l'Europa"), non costerebbe: ma, ragioniamo un pò, caro Prodi, se pensa che la (ennesima) riforma, sia da fare per "reperire le risorse" non significa, necessariamente, che bisogna tagliare?

Insomma, lo si dica: bisogna tagliare la spesa pubblica perchè è inutile e dannosa.

Ma lo studio di Giarda che, tra mille reticenze e difficoltà, studia funditus il problema e si accorge che c'è rimasto ben poco da tagliare, non lo ha letto?

Intanto sono in corso tagli lineari a ogni piè sospinto, per cui a prendere la misure che auspica ci hanno già pensato. E con effetti ormai di semiparalisi delle funzioni pubbliche principali. Ma poco importa: Prodi dice che "porterebbe solo vantaggi". E quindi, non basta mai.


Ma poi, cosa c'entra la giustizia, su cui continua ad accanirsi, con la pubblica amministrazione?

Basta controllare la Costituzione (non dico i principi generali sui Poteri dello Stato di diritto, comuni alle nazioni civili di tutto il mondo). Il potere giudiziario non è, e non deve essere, "pubblica amministrazione", apparato al servizio del governo e che esegue le regole che questo propone al Parlamento (facendosele approvare: questa è la "stabilità").

Le "incertezze" del diritto derivano proprio dalla complessità delle norme, volute dall'UE, che costituiscono circa il 90% del carico delle norme di nuove introduzione: ma, poi, non è evidente che ormai, da circa 20 anni (almeno), si legifera perchè "lo vuole l'Europa"?

Anche l'abolizione dei controlli e la complessità dei livelli di governo stratificati a centrale e locale, sono state introdotte in nome della "europea" sussidiarietà.

A cosa si rifesice Prodi, quando continua a prendersela, con oscuri quanto generici anatemi, alla sovrapposizione tra giustizia ordinaria e giustizia amministrativa? Individuasse bene il fenomeno, altrimenti si rischia la confusione coi toni dello sfogo poco trasparente di un qualsiasi cittadino che protesta contro un giudice che gli ha dato torto (il giudizio, per sua fisiologia, dà torto almeno al 50% dei contendenti; e certo che dà fastidio). Ovviamente, sarebbe meglio che la controversia non insorgesse affatto, ma mi sa tanto che a Prodi sfugga che la "incertezza" del diritto, nell'applicazione di norme complesse, scritte in Europa in maggioranza schiacciante, PRECEDE LA CONTROVERSIA E IL RICORSO AI GIUDICI. Forse Prodi vorrebbe che un investitore, solo perchè tale, potesse darsi ragione da solo. Ma magari ha contro, nella controversia, un altro investitore...e allora, come si dovrebbe fare?


E poi si rassicurasse; lo hanno informato male, ma veramente male.

Quella che lui chiama "sovrapposizione" tra giustizia civile e giustizia amministrativa (sindacato sugli atti e sulle "manifestazioni" del potere amministrativo burocratico), esiste in tutti gli ordinamenti civili. E ha ragioni storiche apprezzate come essenziali da alcuni secoli.

Da quando esiste lo Stato di diritto, che si caratterizza per il fatto che ANCHE I PUBBLICI POTERI, I GOVERNI, DEVONO RISPONDERE DEL L0RO OPERATO IN FUNZIONE DELLE NORME VOTATE DAI PARLAMENTI, possibilmente democraticamente eletti.

Ma gli diremo di più: non solo in Germania e in Francia, e in Spagna, esiste questa "sovrapposizione", per lo più, come in Italia, per previsione costituzionale, ma persino nel Regno Unito sono ormai attivi gli "special administrative Tribunals", proprio per colmare quella che è, altrimenti, una lacuna dello Stato di diritto. E negli USA, si è sviluppata, per prassi irresistibile una diffusa "quasi-giurisdizione", relativa agli atti delle amministrazioni, gestita da quelli che, guarda caso, sono detti "administrative judges" (al punto che, periodicamente, si chiedono se non sarebbe stato meglio seguire il modello francese di giurisdizione speciale creando un proprio "Consiglio di Stato").


A proposito; la Corte di Giustizia dell'Unione Europea funziona essenzialmente come un giudice amministrativo. Altrimenti le "imprese" (gli investitori che, nella visione prodiana, sono i soggetti di diritto unici e privilegiati) non saprebbero come tutelarsi di fronte agli atti delle istituzioni europee...Ma ora non voglio complicare troppo le cose.

Mi rendo conto che lo Stato di diritto è un peso insopportabile: un concetto in sè arrogante e obsoleto. Specialmente se lo Stato debba essere "minimo" e occuparsi solo di come favorire gli investitori (stranieri). Senza disturbare, così, in punta di piedi, chiedendo ogni tanto umilmente scusa...

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