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sbilanciamoci

Il pericolo della secessione dei ricchi

di Gianfranco Viesti

E’ in discussione al Senato il disegno di legge che aprirebbe la strada alla concessione di poteri e risorse finanziarie assai più rilevanti alle Regioni che fanno richiesta di autonomia differenziata. Ciò metterebbe a repentaglio l’unità d’Italia e configurerebbe una “secessione dei ricchi”, a partire dalla sanità

secessione dei ricchiQuali sono il quadro e le prospettive del regionalismo italiano, e più in generale lo stato del decentramento politico e amministrativo nel nostro paese? Si tratta di una domanda importante, che riguarda il potere e i diritti dei cittadini in Italia: i livelli di governo che hanno maggiore possibilità, per competenze e risorse economiche, di prendere le decisioni più importanti sulle grandi politiche pubbliche; e come e quanto, a seconda dell’organizzazione del potere, possono essere garantiti i diritti costituzionali dei cittadini nei diversi territori del paese. Temi con una grande valenza politica, che influenzano tanto i principi di parità dei diritti di cittadinanza degli italiani quanto il funzionamento di alcuni grandi servizi pubblici nazionali, a partire dalla scuola.

La questione è analizzata nel mio volume Contro la secessione dei ricchi, le cui tesi di fondo sono due. La prima è che il grande processo di decentramento dei poteri, in particolare a favore delle Regioni –  avviato  in Italia negli anni Novanta e fortemente consolidato dalla riforma costituzionale del 2001 – ha determinato un quadro assai insoddisfacente, ricco di conflitti e di problemi, che merita senz’altro una paziente e incisiva azione di miglioramento e di riforma, senza eccessivi sbandamenti nelle opposte direzioni di un maggiore accentramento o di un ulteriore decentramento dei poteri. 

La seconda tesi è che il dibattito politico degli ultimi anni non è orientato a risolvere questi problemi, ma a crearne di nuovi, gravi. È incentrato sulle richieste di decentramento asimmetrico e di maggiori poteri e maggiori risorse, ai sensi del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. 

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comuneinfo

Il ponte dell’estrattivismo

di Antudo

366981582 627002672868640 759700481811002192 n.jpgBerlusconi non ha fatto in tempo, non è riuscito a veder posare neppure la prima pietra. Eppure, a dirla con franchezza, se quell’onore – si fa per dire – a qualcuno sarebbe dovuto toccare, è solo per l'ennesima prova di giustizia persecutoria che quel qualcuno non potrà mai più esser lui, il primo tenore tra i cantori delle Grandi Opere per un Grande Paese. In una delle frequenti visite profetiche a Messina, nel lontano 2009, tra l’inaugurazione di un plastico e l’altro, l’Unto del Signore si spinse a dire: “Abbiamo mantenuto l’impegno preso con i siciliani, con i calabresi, con tutto il Sud. Il ponte sullo Stretto da oggi è legge e domani sarà realtà”. È davvero una sorte ria quella che vuole il cavallo di battaglia del cavaliere per antonomasia sia finito oggi nelle mani di una triviale controfigura del tutto incapace di far ridere. Certo, prova a spararle grosse anche lui, quel guitto di quart’ordine: il “ponte degli italiani” sarà “la più grande operazione anti-mafia”. Niente da fare. Dall’ex giovane padano non fuoriesce che una parodia patetica della vecchia inarrivabile canaglia di Arcore che, a suo modo, l’ossessione della gioventù ha cercato di coltivarla fino alla fine dei suoi giorni e che di mafia e antimafia sapeva, lui sì, vita, morte e soprattutto miracoli. In questo articolo, il movimento Antudo sottolinea il carattere estrattivista della grande truffa che Matteo Salvini oggi riprova a cavalcare, armato però solo della consueta rozza propaganda e della bieca retorica che serve a coprire la macchina del bluff di sempre con una dozzina di miliardi.

* * * *

L’estrattivismo è una forma di accumulazione del capitale finanziario attraverso l’appropriazione della natura e dei beni comuni per convertirli in beni di consumo. […]

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crs

Per una sanità pubblica e universale

di Chiara Giorgi

Agli ultimi posti Ocse per finanziamenti, il nostro modello di welfare socio-sanitario va rifondato sul benessere delle persone, in termini di salute, di assistenza, di istruzione, di previdenza. Al seminario del Laboratorio su salute e sanità si è iniziato a tracciare un quadro d’azione per rispondere a questa esigenza

cuore 1536x1024.jpgLa sanità pubblica italiana attraversa tempi molto difficili: è in corso un’accelerazione di quei processi che da tempo stanno minando alcuni principi costitutivi del nostro Servizio sanitario nazionale (SSN), mettendone a repentaglio attività e tenuta. È bene ricordare che quest’ultimo, nato dai conflitti degli anni Sessanta e Settanta, ha segnato il momento di maggiore qualificazione democratica del welfare italiano ed è stato improntato da universalità di copertura, equità di accesso e uguaglianza di trattamento, globalità dell’intervento sanitario, uniformità territoriale, controllabilità e partecipazione democratica, finanziato tramite la fiscalità generale progressiva. I cambiamenti subentrati a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso in Italia e nel contesto internazionale, con la riorganizzazione del capitalismo in chiave neoliberale, hanno segnato una inversione di rotta, le cui conseguenze più gravi sono state portate alla luce dalla pandemia da Covid-19. Quest’ultima ha reso infatti evidenti le inadeguatezze delle condizioni precedenti: i limiti che si sono mostrati nel servizio sanitario pubblico a fronte dell’impatto dell’emergenza sono derivati soprattutto dal suo depotenziamento, dallo spazio lasciato alla sanità privata, dall’indebolimento della medicina territoriale, che aveva informato la fisionomia originaria del SSN.

La pandemia sembrava aver riportato al centro dell’attenzione pubblica il diritto alla salute, fisica e psichica, individuale e collettiva. In questa chiave essa poteva essere l’occasione per tornare a potenziare l’assetto sanitario nazionale sotto più profili, compreso quello essenziale delle attività di prevenzione e delle cure primarie.

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clarissa

Ustica 2023

di Gaetano Sinatti

bocca ver e1693755495962.jpgAlle ore 20:59 del 27 giugno 1980, il volo civile IH870, operato da un DC9 della compagnia ITAVIA, scompare, con tutti i suoi 81 passeggeri, nel cielo tra Ponza e Ustica. Solo ieri, 2 settembre 2023, il professor Giuliano Amato, esponente di spicco della classe dirigente della prima e della seconda Repubblica, accademico italiano di lungo corso, giurista illustre, con una lunga intervista pubblicata con grande rilievo dal quotidiano La Repubblica, ha ritenuto opportuno prendere posizione pubblicamente a sostegno della tesi, già avanzata da molti anni sia in sede giudiziaria che storica, affermando la responsabilità del governo francese nell’abbattimento del velivolo civile italiano.

* * * *

Se fossimo degli ingenui potremmo accontentarci del classico “meglio tardi che mai”. Ingenui purtroppo non possiamo essere, ma convinti che la verità sia ben chiara, sì, come scrivevamo nel 2012 su queste pagine.

Oggi potremmo quindi semplicemente rimandare il lettore di clarissa.it a quanto abbiamo poi scritto anche il 27 giugno del 2020, nel XXXX anniversario di quel terribile evento, presentando le ragioni per cui non vi sono dubbi sul fatto che quell’abbattimento è avvenuto nel contesto di un’azione di guerra non dichiarata, e che tale episodio bellico è riconducibile ad un’operazione di Paesi della NATO contro la Libia.

Oggi, con la dichiarazione del prof. Amato, abbiamo piena conferma infatti di quanto scrivevamo allora:

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roars

Berlusconi e il trentennio inglorioso

di Francesco Sinopoli

berlusconi629La scomparsa di Silvio Berlusconi ci spinge a interrogarci su ciò che è accaduto nel nostro paese in questo lungo trentennio, oggettivamente segnato da un pesante arretramento, sul piano civile, culturale e democratico. Da presidente di una fondazione che ha tra le sue missioni la ricerca nel campo della storia del movimento operaio, oltre che economica e sociale e della formazione sindacale, penso sia nostro compito contribuire alla costruzione di un giudizio complessivo su quello che molti già definiscono il trentennio inglorioso, volutamente contrapposto ai trenta gloriosi, gli anni che dopo la seconda guerra mondiale hanno portato a gran parte delle conquiste sociali e civili, che in questa sede per ragioni di spazio non posso affrontare. Ciò che conta è che progressivamente arretriamo.

Non ho mai pensato che la responsabilità di tutto ciò che è accaduto in questi lunghi anni di crisi fosse esclusivamente sua e degli esecutivi da lui guidati. Molti governi di vario colore, in una fase storica che ha visto una ridefinizione dei rapporti di forza tra capitale e lavoro a vantaggio del primo, hanno contribuito all’arretramento oggettivo sul piano dei diritti del lavoro e dei diritti sociali.  Pensiamo Jobs Act renziano, che è riuscito dove non era riuscito Berlusconi. Oppure all’intervento del governo Monti sulle pensioni. Così come mai ho pensato che le vicende giudiziarie potessero rappresentare la cifra sostanziale per leggere la sua stagione politica, uno degli errori strategici dell’antiberlusconismo.

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labottegadelbarbieri

Benvenuti nel Quarto Reich

di Alessandro Taddei

Alessandro Taddei scava nella memoria: Stato, mafia, Gladio e altre orribili cose vicine a tutte/i noi… che è necessario ricordare (o scoprire). In coda trovate molti link utili

GladioCon un cucchiaio di vetro scavo nella mia storia
ma colpisco un po’ a casaccio perché non ho più memoria …
(Fabrizio De Andrè)

Il concetto di «destabilizzazione italiana-Gladio-P2» andrebbe allargato a un periodo ben più ampio di quello degli anni ’70/’80.

I soggetti coinvolti sotto Gladio, nel corso degli anni, passano dal terrorismo politico-eversivo alla mafia, attraverso attentati dinamitardi nelle piazze (Fontana, Loggia), nei treni e nelle stazioni (Italicus, Gioia Tauro, Bologna), nei luoghi della socialità per poi passare ai magistrati più impegnati e ai luoghi storico-artistici simbolo della «bellezza italica».

Dal 1964 ad oggi – generale De Lorenzo docet – assistiamo a un processo continuativo della «strategia della tensione» in cui cambiano non solo i rapporti “cittadino-violenza-paura” ma anche i soggetti che la perpetuano.

I soggetti utilizzati da Gladio e poi P2 cambiano a seconda del momento storico in cui ci si trova ad operare. Eppure è come se una mano militare invisibile regnasse su tutti indistintamente e allungasse il filo della storia senza mettere mai in discussione questa strategia. Sappiamo dunque che questa Entità oscura non morirà per una vicissitudine economico-politica o nel momento in cui uno “storico” segnerà la fine di un’epoca.

È soprattutto per questo fenomeno sistemico che l’Italia non sta avendo un’evoluzione, in termini sia economici che culturali.

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poliscritture

Cavaliere o pedone?

di Paolo Di Marco

cavalierpedoneDel lestofante testé morto tutti ricordano l’aspetto esteriore e gli atteggiamenti da guitto ma pochissimi (il solo Fatto) le malefatte; e anche qui con molta discrezione e tutti i distinguo (“la magistratura ha sempre archiviato”…).

E invece mi sembra buona occasione per ricostruire un pezzo significativo di storia patria con tutti i suoi intrecci espliciti e sotterranei.

 

1- breve cronaca

Il padre lavora in una piccola banca (Rasini) che si diceva (fonte Sindona) essere avamposto dei ricicli mafiosi; ma ha anche contatti col mondo della borghesia milanese a cui piace tenere i soldi in Svizzera (vizietto che in quegli anni era assai diffuso);

Quando il piccolo si mette in affari immobiliari -con Milano 2 opera più nota- i soldi arrivano tramite quelle fonti (v. Travaglio et al, ‘L’odore dei soldi’, più recentemente su Il Fatto gli audioarticoli della biografia; sempre sul Fatto l’art di Marco Lillo). Soci principali dell’Edilnord sono Rasini e Rezzonico, commercialista svizzero.

Colla collaborazione di don Verzè (poi sospeso a divinis) nel ’68 compra i terreni di Segrate; su una parte sorgerà il San Raffaele, sull’altra Milano2; corrompendo dirigenti e piloti Alitalia per spostare le rotte degli aerei che rendevano i terreni privi di valore. Questa volta gli occulti finanziatori svizzeri tirano fuori 3 miliardi.

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ilpungolorosso

Berlusconi, berlusconismo, berlusconisti

di Combat-COC

Riprendiamo molto volentieri dal sito Combat-COC questo articolo, che è di gran lunga il più completo e centrato tra quanti hanno commentato la scomparsa del Cav. nero da un punto di vista di classe. (Red.)

berlusconi imageLa morte di Silvio Berlusconi ha mandato in onda il solito, vomitevole, falso e interessato teatrino italiano composto da una maggioranza di “pro” ed una – solo per l’occasione – ridotta minoranza di “anti”.

Entrambi gli schieramenti sono abbarbicati sul “personaggio” Berlusconi: sia da parte di chi lo ritiene uno dei più grandi e “longevi” statisti della storia d’Italia; sia da parte di chi fa risalire al suo operato l’origine di tutte le “disgrazie” del nostro vivere civile.

E allora cominciamo col ribadire una cosa: per noi Berlusconi è stato un nemico di classe, in quanto espressione politica della borghesia ai massimi livelli per un trentennio (quattro volte presidente del Consiglio). Classe alla quale tra l’altro ha appartenuto anche fisicamente come imprenditore.

Siamo stati contro Berlusconi così come lo siamo stati (e lo siamo) nei confronti di tutti i padroni, nessuno escluso.

Contro Berlusconi dunque in quanto anti-capitalisti, dal momento che per noi non si tratta di scegliere il padrone “migliore”. Sport che invece ha appassionato in questi decenni le fila dei competitor affezionati al capitalismo “buono”, “onesto” e “democratico” (sic).

Di conseguenza respingiamo tutti i mielosi (e ipocriti) discorsi apparsi in questi giorni sui mezzi di comunicazione relativi al fatto che di fronte alla morte tutte le “animosità” debbano stemperarsi: vuoi per “riconoscenza”, o per “rispetto”, o per “pietà cristiana”.

Per cui, stando sempre ben attenti a non “personalizzare” la politica ed a non “affogare” nell’antiberlusconismo la critica e l’opposizione a tutto il sistema capitalistico (che è internazionale), vogliamo cercare in queste righe di spiegare sommariamente la natura e la portata del “berlusconismo”. Fenomeno che travalica la vita biologica del singolo personaggio.

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labottegadelbarbieri

Il sorriso del caimano

di Fabio Troncarelli

Fabio Troncarelli si aggira (con l’aiuto di Barthes) fra bambini morti in culla (con il vaccino dei roghi contro le streghe), berlus-cloni, la semiosi e l’ossessionante parola «simpatico»

FabioT berluskBiani2Per la mia generazione Roland Barthes è stato un punto di riferimento. Ho sempre trovato illuminante il suo metodo: occuparsi di un dettaglio della realtà apparentemente insignificante, che invece è rivelatore, svelando quello che sfugge a un osservatore superficiale. Mi è ritornato in mente quest’uomo mite e triste, che ho avuto il privilegio di conoscere, mentre mi sentivo confuso e frastornato dall’orgia, dal delirio mediatico che si è scatenato intorno alla salma di Berlusconi, prima, durante e dopo i suoi agghiaccianti funerali di Stato.

Cercando di riprendermi dall’overdose di ipocrisia e di isteria che mi ha schiacciato, all’improvviso mi si è fissata in testa una parola, che sembrava il ritornello stupido di una canzonaccia che non riesci a dimenticare, anche se non ti ricordi neppure che cosa voleva dire. Mi ronzava nelle orecchie, come un’ossessione «simpatico… simpatico… simpatico…”» come se mi si fosse appiccicata a partire dai miasmi che mi avevano asfissiato per giorni e giorni.

Per me simpatico è un volto gentile che ci sorride e ci riempie di nostalgia. Ma non era questo il ricordo del viso del defunto.

L’altra mattina, dopo un caffè doppio, mi sono messo al computer e ho fatto una ricerca, digitando la parola-chiave “simpatico” insieme, ovviamente, a “Berlusconi”. Non l’avessi mai fatto! Sono stato sommerso da un diluvio di occorrenze, di citazioni, di frasi memorabili che mi hanno veramente mandato per storto il caffè e la digestione. Vi trascrivo qualche piccolo esempio, pochi per carità, per non annoiarvi.

«La sua simpatia e il suo sorriso sornione sono stati alcuni degli emblemi della Milano da bere degli anni Ottanta. In tanti, all’estero, hanno identificato l’italiano medio con il suo volto. Furbo, simpatico, capace di rimanere sempre in equilibrio»: Paolo Oggioni, “Proiezioni di Borsa”, 12 giugno 2023.

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lacausadellecose

Il clima e le obiezioni di Gerardo

di Michele Castaldo

64667adc05991La discussione è partita parlando dell’ultimo disastro ambientale in Emilia Romagna, perché c’è da interrogarsi con serietà su un problema così gravoso.

Chi è Gerardo? Uno preso a campione fra i tanti militanti e simpatizzanti della sinistra, pensionato dopo anni di peregrinare tra collegi, seminari, Italia, Germania e Svizzera, di insegnamento e una vita spesa in cultura, che alle mie argomentazioni sul determinismo e la vacuità del libero arbitrio pone la domanda non priva di senso «ma allora siamo degli automi»?

Cercherò di rispondere a questa ed altre domande, ch’essa presuppone, senza ambiguità.

In premessa dico che la domanda di Gerardo presuppone l’uomo come soggetto esclusivo rispetto al movimento generale della materia, dunque alle altre specie della natura. Pertanto se è sbagliata la premessa tutto il ragionamento frammezzato di domande non può che seguire il percorso della premessa.

Distinguiamo due concetti fondamentali da cui partire: fatalismo e determinismo. Per fatalismo si intende una concezione filosofica per cui il mondo è governato da una necessità ineluttabile e del tutto estranea alla volontà e all’impegno dell’uomo. Mentre per determinismo si intende una concezione per cui tutto accade secondo rapporti di causa-effetto.

Il punto da aggredire, perciò, almeno per chi scrive queste note, è lo studio del rapporto causa-effetto in rapporto alla casualità che è anch’essa l’effetto di un rapporto. Dunque siamo in presenza di più fattori confluenti che contribuiscono a determinare un fatto, ovvero il participio passato del verbo fare.

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lantidiplomatico

Liceo Albertelli di Roma e i fondi del PNRR: perché non è andata come ve la racconta Repubblica

di Agata Iacono

720x410c50mjuytfsLa notizia è stata ben censurata dai media di regime, che si concentrano sul caro affitti degli studenti fuori sede in tenda, come se per tutto il resto la scuola italiana non avesse altri problemi, e addirittura Repubblica prova maldestramente a manipolarla.

Tre giorni fa, infatti, Valentina Lupia su Repubblica scrive che il liceo classico Albertelli di Roma rifiuta i fondi del PNRR per il voto contrario di soli due genitori del consiglio d'istituto.

Risponde il liceo classico Albertelli con un comunicato stampa che riportiamo di seguito.

"COMUNICATO STAMPA

Insegnanti, genitori e studenti del Liceo Pilo Albertelli di Roma difendono la scuola pubblica.

Siamo genitori del Liceo Classico Pilo Albertelli di Roma e abbiamo letto l’articolo a firma di Valentina Lupia apparso su la Repubblica di ieri, 15/05/2023, in cui la decisione del Consiglio di Istituto del 4 maggio scorso di non approvare i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Next generation – Labs e Classrooms viene descritta come il risultato di una scelta ideologica fatta da genitori contrari alla tecnologia e agli investimenti nella scuola: vi chiediamo lo spazio di una replica.

Innanzitutto sgombriamo il campo da una mistificazione: non sono stati due genitori a bocciare i progetti del PNRR, ma la maggioranza del Consiglio di Istituto, organo unitario di indirizzo della scuola in cui sono rappresentate tutte le componenti: a favore dei progetti hanno votato solo il dirigente scolastico e un genitore.

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mentinfuga

Autonomia differenziata. La revisione dell’ordinamento statale

di Giovanni Dursi

Roma sede regione Lazio foto Esposito 1920x991Il 2 Febbraio 2023 il Consiglio dei Ministri, su iniziativa del Ministro per gli Affari regionali e Autonomie Roberto Calderoli, atta a provocare l’inizio di un inerente procedimento attuativo, ha approvato il Disegno di Legge che codifica l’assetto della cosiddetta “autonomia differenziata”. Il DdL citato si situa nel solco interpretativo dell’art. 116, comma 3, della Costituzione della Repubblica italiana [1], che consente alle Regioni a statuto ordinario interessate di stipulare, sulle ‘materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 [2] e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), intese con lo Stato per l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni di autonomia’.

Questo è il primo di tre interventi che Mentinfuga proporrà, il primo dei quali rappresenta una ricognizione storico-politica a) sulle sollecitazioni che l’ordinamento statale repubblicano ha recepito e subito nel recente passato (fine Novecento) e che oggi (terza decade del XXI secolo) sta registrando e b) sugli esiti, ancora del tutto controversi, che s’intravedono con riguardo alla cosiddetta “autonomia differenziata”.

Seguiranno un articolo di disamina tecnico-giuridica e politica dell’orientamento che l’attuale compagine governativa intende dare all’attuazione della cosiddetta “autonomia differenziata” ed un testo di valutazione finale con particolare riguardo al profilo che risulterebbe significativamente modificato – qualsiasi sia la mediazione raggiungibile tra le subculture politiche che hanno partecipato, tutt’ora confrontandosi, alla revisione del dettato costituzionale in merito – di “cittadinanza”, il cui rango odierno pare soggiacere più ad una logica gerarchica d’assoggettamento dei diversi territori (rif. tipico alla questione del “residuo fiscale” [3] che corrispondere al godimento di diritti in modalità universalistica esprimendo un correlato e consolidato vincolo d’appartenenza allo Stato italiano.

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sollevazione2

Con la Meloni si torna all'euro-austerità

di Leonardo Mazzei

NANE E BALLERINE«Altro che sovranismo! Il governo Meloni, già servile verso la politica guerrafondaia degli U.S.A., ubbidisce supinamente anche alle spietate direttive dell’Unione Europea. Con il “nuovo” Patto di Stabilità (leggi austerità) l’Italia entrerà in recessione: più disoccupazione, più precarizzazione, salari sempre più bassi».

Detto in lucchese, “si torna ai santi vecchi”. Vi eravate scordati dell’Europa, o meglio dell’Ue, dei suoi eccitanti numerini e dei suoi simpatici tecnocrati? Tranquilli, sono di nuovo tra noi. Dopo tre anni di purgatorio si torna adesso all’inferno dell’austerità. Alla faccia di quelli che… “stavolta l’Europa ha capito la lezione”. Come no, ci mancherebbe!

A nome della Commissione europea, il nuovo “Patto di stabilità”, versione 2023, è stato presentato nei giorni scorsi dal duo Gentiloni-Dombrovskis, una vera garanzia di cambiamento. Nella loro proposta c’è una certezza ed una minaccia. La certezza è che il volto del mostro eurista non cambia, né ha intenzione di farlo, essendo l’austerità nel suo Dna al pari della sua natura antipopolare. La minaccia è che senza un nuovo accordo entro il 2023, dall’inizio del nuovo anno tornerebbe addirittura in vigore il folle meccanismo del Fiscal compact. Un’ipotesi, quest’ultima, che non dispiacerebbe troppo alla Germania.

A Bruxelles, tuttavia, sono criminali ma non folli. Il Fiscal compact non ha mai funzionato davvero, e non ha funzionato per nulla sulla regola della riduzione di un 5% all’anno della quota di debito eccedente il 60% nel rapporto col Pil.

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carmilla

Quale Resistenza?

di Nico Maccentelli

Schermata 2023 04 24 alle 20.21.13Oggi è il 25 aprile e la Resistenza narrata dal regime, con le sue liturgie e le icone del passato tanto comode per le baruffe della partitocrazia, avrà anche troppo spazio. Per questo voglio fare qui una “contro-liturgia” (mo' basta con le sacralizzazioni che depotenziano i reali contenuti!) e parlare di altre Resistenze: quelle di oggi, quelle che vengono occultate e censurate, attaccate e derise dal sistema mediatico.

Partiamo con la prima Resistenza, tutta Ucraina. Ma non quella della propaganda atlantista dei vari programmi su La7, la RAI, Mediaset, della carta stampata come i bugiardoni di regime: La Repubblica, La Stampa e il Corriere, bensì quella di chi in quel vero e proprio mattatoio che è l’Ucraina, la guerra proprio non la vuole: non vuole combatterla e non vuole viverla. E rifiuta la narrazione drogata di un regime nato da un golpe targato CIA nel 2014, che ha non solo represso l’opposizione interna russofona e ortodossa d’osservanza moscovita, ma ha chiuso radio e giornali, messo al bando i partiti d’opposizione compreso il PC d’Ucraina, perseguitato giornalisti e chiunque cerchi di informarsi su canali alternativi e di esprimere il proprio dissenso. Un regime che con un sito, Myrotvorets (1), segnala i “nemici” da colpire e cancella come “eliminati” quelli assassinati dalle sue bande naziste, come accaduto al fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e alla giornalista Dughina. In una guerra iniziata con questo golpe e con l’aggressione alle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, nate per difendere la popolazione russofona dalla repressione nazi-banderista (2).

https://youtu.be/HuTFCbHX_fs

In questo contributo video di Nicolai Lilin si scopre che una rete di ragazzi ucraini, per fuggire dalla guerra, ha aiutato a scappare dal paese almeno (stima la Gestapo, pardòn, i servizi ucraini) 1500 retinenti alla carneficina bellica.

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marx xxi

Un manifesto per la Sinistra. Una lettura critica dell’ultimo libro di Aldo Schiavone

di Vincenzo Di Marco

9780674057784 0 424 0 75La lettura di questo breve saggio di Aldo Schiavone si rivela sorprendente non tanto per le tesi di fondo che contiene (dare vita ad un “manifesto” per una Sinistra senza nostalgie comuniste e marxiste), fatte proprie da certi ambienti politici del centro-sinistra italiano, per intenderci l’area che gravita grosso modo attorno al Partito Democratico, quanto per i commenti duri e perentori che accompagnano gli inviti a proseguire sulla strada di un completo processo rinnovatore, mai avviato (a giudizio dell’autore) e sempre in ritardo sulla tabella di marcia. L’antico vizio di ergersi a padri nobili della vita politica italiana (e Schiavone fa suo il ruolo di prima donna in commedia), di dolersi del ruolo di profeta inascoltato, come se vestisse i panni di un maestro prodigo di insegnamenti che dovrebbero coprire larghe tese di anni e decenni, ci consegna alla fine un libro stranissimo e incomprensibile, sapendo chi è Aldo Schiavone e quale magistero egli rappresenti nel campo degli studi storici, politici e giuridici. Qui occorre ricordare che l’autore ha già delineato i tratti principali di questo pensiero in altri libri come I conti del comunismo del 1999 e Eguaglianza. Una nuova visione sul filo della storia del 2019, fino al recente Progresso del 2020.

Forse abbiamo equivocato il senso complessivo di questo pamphlet, di cui ha tutta l’aria, che si presenta con il preciso intento di voler scombussolare i piani politici e intellettuali di una certa area politica, familiare allo stesso autore, con il tono di chi auspica una resa dei conti ultimativa. Abbiamo però tra le mani uno scritto che si muove sotto traccia, debole, confuso, generico ‒ questo di Aldo Schiavone ‒ eppure perentorio nelle sue più lucide affermazioni. La ricostruzione del quadro politico degli ultimi trent’anni è volutamente tendenziosa.