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La verità messa in scena

di Vladimiro Giacché

 gandalf inputGiornali e televisioni ci offrono quotidianamente un'ampia fenomenologia della menzogna. La verità viene attaccata, negata e contraddetta nei modi più diversi. Può venire mutilata (come quando si parla delle foibe tacendo i precedenti crimini di guerra commessi dall'esercito italiano in Jugoslavia) o semplicemente rimossa, può venire capovolta o essere semplicemente imbellettata facendo uso di definizioni che distorcono il significato degli eventi (come quando si definisce la guerra "operazione di polizia internazionale"). Tutte queste modalità di negazione della verità sono importanti. Ma forse è la verità messa in scena quella che meglio esprime il nostro tempo.

Un tempo le verità inconfessabili del potere potevano agevolmente essere coperte dal segreto (gli arcana imperii). Oggi, nell'epoca dei mezzi di comunicazione di massa e della politica mediatizzata, il silenzio e il segreto sono armi spuntate.

Perciò, quando serve (e serve sempre più spesso), la verità deve essere occultata o neutralizzata in altro modo. In particolare sostituendo una realtà virtuale a quella reale: offrendo versioni di comodo dei fatti, dando il massimo rilievo a questioni di scarsa importanza (così da distrarre l'attenzione dai problemi reali), inventando pericoli e nemici inesistenti per eludere quelli veri.

In tutti questi casi la realtà si vede, si ascolta, e si legge - ma non è quella vera.

Tra gli esempi più impressionanti di verità messa in scena si può ricordare la vera e propria recita di Colin Powell sul palcoscenico delle Nazioni Unite, con l'esibizione della famosa "fialetta di armi chimiche di Saddam". Si potrebbe obiettare che la cosa si risolse in un fiasco, in quanto la recitazione di Powell non persuase pressoché nessuno dei suoi colleghi delle Nazioni Unite. Ma essa ebbe un ben diverso impatto sull'opinione pubblica degli Stati Uniti - che era in fondo la vera destinataria del discorso di Powell. Qui si può osservare come le regole della comunicazione spettacolare creino una caratteristica distorsione dell'evento, per cui i suoi destinatari originari (nel caso specifico l'assemblea delle Nazioni Unite) non rappresentano il destinatario reale, e diventano quindi essi stessi attori e parte di uno spettacolo che in realtà è rivolto a quella che una volta si chiamava "opinione pubblica", e che oggi sono gli spettatori. Lo stesso accade in alcuni dibattiti parlamentari teletrasmessi di casa nostra, in cui l'orario e il contenuto stesso degli interventi sono calibrati non in relazione al destinatario originario e ormai soltanto apparente (l'assemblea parlamentare), ma a quello mediatico reale (il telespettatore).

Abbiamo poi gli accadimenti inscenati in senso stretto, ossia vere e proprie messinscena nel senso deteriore del termine. Tutta la storia della cosiddetta "guerra al terrorismo" è disseminata di casi del genere, tra falsi allarmi, complotti inesistenti e "attentati-sventati-all'ultimo-minuto". Una sorta di "procurato allarme" continuato - che purtroppo non ha comportato alcuna denuncia per il suo autore, ma al contrario gli ha fruttato la riconferma quale Presidente degli Stati Uniti.

Ma la verità messa in scena è molto più di questo. L'altra faccia della messa in scena è ciò che viene spinto fuori scena. Come osservava Susan Sontag, "fotografare significa inquadrare, e inquadrare vuol dire escludere". L'importanza del posizionamento di un riflettore non dipende da ciò che illumina, ma da quello che decide di lasciare al buio. Sempre più spesso, ciò che è spinto fuori scena è l'essenziale di un fenomeno, mentre tutti i riflettori sono puntati su suoi aspetti letteralmente irrilevanti. Così, 5 sfigati che gridano "10, 100, 1000 Nassiriya" permettono di liquidare manifestazioni a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone come episodi di guerriglia urbana (è successo almeno 3 volte negli ultimi anni).

In tutti i casi citati abbiamo una sostituzione della realtà virtuale al reale. E siccome in particolare il mezzo televisivo, che rappresenta il trionfo della mediazione informativa, si pone al tempo stesso come falsa immediatezza (con le sue immagini "più vere del vero" che entrano contemporaneamente in ogni casa), è estremamente difficile smentire le sue imposture, le sue falsificazioni, le sue censure.

La verità messa in scena non è confinabile a singoli episodi. È un processo complessivo che ha cambiato il mondo. La spettacolarizzazione della realtà ha cambiato la realtà stessa: sia essa la realtà politica o la vita di tutti i giorni delle persone. Non si tratta soltanto di un problema di percezione soggettiva. Non si tratta soltanto del fatto che per lo spettatore (quello che un tempo era il cittadino, e che oggi è ridotto a questa sottoclasse del consumatore) la realtà è quella che viene inscenata dai mass-media, e in particolare dalla televisione. Il problema è che gli stessi orizzonti di aspettative delle persone, e quindi i loro comportamenti, mutano oggettivamente in funzione della realtà inscenata. La messa in scena della pietas tribale nei confronti di connazionali vittime di un atto di guerra durante la loro partecipazione a una guerra di aggressione può creare una reale ondata di sentimento nazionalistico più o meno durevole. La messa in scena del "rischio-disordini" può svuotare le strade di mezza Torino - pur in presenza di un corteo di protesta assolutamente pacifico. La messa in scena degli immigrati come pericolo, ottenuta ad esempio dando maggiore rilievo ai reati compiuti da stranieri rispetto a quelli commessi dai nostri connazionali, può creare un reale sentimento xenofobo - e i comportamenti che ne conseguono. I vergognosi pogrom anti-rom di questi giorni ci parlano anche di questo.

 

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