Print Friendly, PDF & Email
sinistranoeuro

Cosa ci insegna il convegno fantasma

Mimmo Porcaro

euro-no-grazieIl 14 giugno avrebbe dovuto svolgersi a Bologna un convegno su euro e dintorni, relatori Alberto Bagnai e chi scrive. Prima di parlare dei motivi per cui il convegno non si è svolto, vorrei dare un’idea di quello che avrebbe potuto essere.

Si trattava, io credo, di prendere atto delle tesi di Bagnai, molte delle quali sono incontrovertibili, e di chiedersi che cosa ne possa conseguire dal punto di vista politico. E quel che ne consegue non è un argomento in più da aggiungere alla lista delle cose da “approfondire” (che poi, nel gergo della sinistra, vuol dire “censurare”). E nemmeno un tema in più da affiancare a quelli soliti: c’è l’ambiente, ci sono i diritti civili e, toh!, c’è l’euro. E’ piuttosto qualcosa che implica addirittura la ridefinizione generale della strategia della sinistra (e dello stesso significato di questo abusatissimo termine), e quindi la costruzione, né più né meno, di una nuova forza politica.

Sì, perché la critica senza appello dell’euro e dell’Unione europea, la comprensione dei motivi che hanno spinto le nostre classi dirigenti verso l’europeismo dogmatico (ossia l’uso del vincolo esterno per regolare i conti interni con i lavoratori), la polemica contro le false spiegazioni della crisi italiana (casta, corruzione, debito pubblico) e l’ascrivere invece questa crisi, nella sua essenza ultima, al debito privato ed alla volontaria sottomissione al capitalismo nordeuropeo, possono condurre a conclusioni assai impegnative. E possono farci dire che l’alleanza dei lavoratori italiani con la frazione europeista del nostro capitalismo è un patto a perdere.

Che questo patto deve essere rotto a vantaggio di un’alleanza del lavoro capace di ribaltare quei rapporti di proprietà che, consegnando la ricchezza del paese a capitalisti senza capitali, ci hanno condotto agli esiti attuali. Che ribaltare i rapporti di proprietà significa ripristinare (e razionalizzare) la proprietà pubblica nei settori strategici, attuare la repressione finanziaria, reinventare un controllo civico sull’economia e quindi riattivare, in qualche modo, una prospettiva socialista: non come scelta meramente ideologica ma come necessità per chi voglia uscire dall’euro non solo per svalutare, ma anche per rafforzare i salari ed il patrimonio industriale del paese. E che tutto ciò implica, infine, la ridefinizione della collocazione internazionale dell’Italia. Perché l’Unione europea, a dispetto di quel che pensa la sedicente sinistra radicale, non è uno spazio “più grande” e quindi –chissà perché – migliore, ma una macchina per aumentare le differenze fra territori e fra classi, e quindi rendere impossibile un’azione unitaria dei lavoratori. E perché la subordinazione al capitalismo atlantico ultraliberista, implicita nell’adesione all’Unione europea, ci impedisce di por mano a quegli strumenti pubblici che soli, come è già avvenuto in altri momenti di crisi, possono farci uscire dal pantano.

Insomma: a Bologna avremmo probabilmente parlato, per una volta, di problemi seri. Ne avremmo parlato magari litigando (non è affatto detto, né è obbligatorio, che Bagnai e chi la pensa come lui tragga le mie stesse conclusioni…), ma senz’altro facendo incontrare per la prima volta, e su punti significativi di riflessione, persone che – da sole – possono fare assai poco. Ma unite possono moltissimo: perché individuano le questioni essenziali. Molti hanno intuito la posta in gioco: è’ per questo che andava crescendo, di giorno in giorno, il numero dei compagni, dei cittadini che dall’Emilia e dalle regioni vicine annunciavano il loro interesse e la loro presenza.

E allora, perché il convegno non si è svolto? I precari e poco frequentati archivi dei blog sono lì a dimostrare personalismi, rancori, ripicche, disarmanti tendenze al dileggio, ecc. . Io preferisco però considerare le posizioni politiche che stanno alla base di queste baruffe (che in altri momenti sarebbero ridicole, ma oggi rischiano di divenire fin troppo importanti) e discutere degli errori politici di Bagnai ma anche di coloro che, pur non organizzando il convegno, erano uniti agli organizzatori da un patto (il Coordinamento della sinistra contro l’euro) che avrebbe dovuto impegnarli, quantomeno, a non ostacolare l’incontro.

Se Bagnai ha criticato ingiustamente e pubblicamente gli organizzatori, se ha sparato a palle incatenate contro una parte del Coordinamento, rendendo così di fatto impossibile il convegno, è anche perché al convegno stesso non credeva davvero. E non vi credeva perché non crede ad una sinistra-no euro: pensa che l’euro cadrà da solo e che quindi sia inutile tentare di costruire una forza politica attorno a questo tema. Errore grave: perché anche un’eventuale implosione “spontanea” della moneta unica innescherebbe dinamiche talmente complesse da richiedere, per essere governate a vantaggio dei cittadini, la presenza di una seria forza politica capace di leggerle con lucidità e di intervenirvi con prontezza. Una forza politica che, per essere efficacemente contro l’euro, dovrebbe in realtà definirsi non solo in rapporto all’euro, ma in rapporto all’intera storia del paese e dei suoi conflitti. In mancanza una tale forza – che non si costruisce in un giorno – il frutto non cadrebbe tanto lontano dall’albero: la fase post-euro sarebbe gestita, dopo qualche giravolta, o dagli attuali protezionisti o dagli attuali liberisti (in fondo i nostri asset si svaluterebbero, e la loro vendita potrebbe proseguire allegramente…), si risolverebbe di nuovo in una politica di bassi salari e comporterebbe un maggiore servaggio del paese nei confronti delle potenze occidentali, ed in particolare degli Stati Uniti. Quindi, se si è “di sinistra”, bisogna porsi fin da oggi la questione di una nuova forza politica (che magari sia prima di tutto socialista e ridefinisca su questa base l’altrimenti vacuo termine di “sinistra”). E per farlo bisogna anche avere uno stile di lavoro capace di nettezza e di flessibilità, capace di valorizzare, almeno in un primo momento, i punti di convergenza rispetto a quelli di divergenza, capace di separare l’eventuale durezza della critica dell’insulto e dallo svilimento dell’interlocutore. Questo vale per Bagnai, ma anche per il Mpl e SollevAzione che, in questo teatrino, sono di Bagnai i più tenaci avversari. Intendiamoci: le critiche rivolte al professore (condivisibili o meno) sono tutte legittime e legittimo è pretendere che non vengano accolte con risentimento. Ma quando queste critiche sono accompagnate da inutili eccessi polemici, quando vengono estese agli stessi “seguaci” di Bagnai e quando vengono reiterate poco prima di un convegno organizzato da gente con cui peraltro si dovrebbe collaborare, diviene chiaro l’errore che motiva questi comportamenti. Ossia l’idea che in questa fase le differenze teoriche e culturali debbano tradursi immediatamente in antagonismo politico. Come se oggi non fosse invece importante, più di ogni altra cosa, raccogliere tutte le forze che, da qualunque impostazione teorica lo facciano, convergono esplicitamente o meno sul nesso tra critica dell’euro e critica del capitalismo italiano, sul nesso tra lotta dei lavoratori, sovranità (o autodeterminazione) nazionale e socialismo. Come se oggi non fosse importante depotenziare momentaneamente i dissensi e far crescere la consapevolezza delle conseguenze e delle implicazioni di quella convergenza. Oggi non bisogna ancora “stringere”: bisogna “allargare” con tenacia, chiarezza e pazienza. Verrà il tempo di delimitare: oggi bisogna ampliare i confini, anche per ben comprendere la varietà, le esigenze, le prospettive di interlocutori che potrebbero essere assai variegati e molto numerosi.

Cosa ci insegna, allora, il convegno fantasma? Ci insegna che bisogna unire le persone non in base al loro titolo accademico o al loro pedigree politico, ma in base alla loro comprensione della posta in gioco ed alla loro capacità di cooperazione. Ci insegna che la costruzione di una forza votata a riconquistare la dignità del lavoro e la dignità del paese non passa né per i grandi nomi né per le piccole organizzazioni, ma per la tenacia delle piccole persone che si mettono al servizio di una grande idea. Un’idea troppo importante per essere abbandonata al gioco degli opposti narcisismi. Continueremo, in altri modi. La convergenza tra coloro che, partendo dalla critica all’euro, tentano di porre nella giusta dimensione i problemi del paese (ed anche i problemi dell’Europa, che non intendiamo abbandonare alla disputa tra destra liberista e destra parafascista) avverrà comunque. E ci sarà spazio per tutti coloro che non hanno bisogno di rivendicare primazie intellettuali o progetti politici preesistenti, che non intendono difendere vecchie posizioni, ma sanno di dover dare inizio ad una storia nuova.

Add comment

Submit