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Il vero malaffare è nella gestione legale della città, non nelle sue escrescenze criminali

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La radice del male capitolino non emerge certo con le inchieste di Pignatone né relegando tutta la faccenda allo schema “legami della malavita con la destra eversiva”. Il male di Roma è politico, non amministrativo. Ed è con la politica che si risolve, non con le inchieste giudiziarie. Sebbene sia anche necessario il contributo della magistratura, impossibile nasconderlo, non è con questa che verranno risolti i problemi della Capitale, perché tali problemi esulano dagli accordi malavitosi sulla gestione degli appalti pubblici. Insomma, dovremmo cercare di evitare una lettura unicamente giudiziaria/legale, o peggio ancora una schiacciata sui rapporti tra destra e malavita. La radice del problema di gestione della città di Roma è la politica. Da decenni, potremmo dire da sempre, a Roma vige il regime delle grandi intese oggi di moda anche a livello nazionale. Da sempre a Roma comandano i costruttori edili, e da sempre il sindaco è il frutto della sintesi del direttivo dell’ACER, cioè dell’associazione dei costruttori romani. Sono loro i veri padroni di Roma, coloro i quali hanno creato e alimentato la più importante delle emergenze sociali della città, quella abitativa, origine di tutti i problemi cittadini.

Le gigantesche periferie costruite nella legalità ma abbandonate a se stesse, gonfiando il bubbone immobiliare, impoverendo il territorio e la sua popolazione, espandendo oltre ogni limite una città desertificando tutto ciò che non rientra nel centro storico vetrina: questa l’origine dei problemi della città e questa la madre di tutte le battaglie. Nessuna altra città al mondo ha un mercato immobiliare completamente in mano alla gestione privata, che non prevede soluzioni sociali, che alimenta un sottobosco di amicizie politiche e rapporti economici tali da orientare qualsiasi politica di bilancio comunale. E’ per questo che anche in questa vicenda, sebbene mai nominata direttamente, la protagonista del malaffare è la cricca di palazzinari che governa la città. Tutti – nessuno escluso – grandi finanziatori di ogni destra, più o meno radicale; tutti – nessuno escluso – corresponsabili del degrado sociale su cui quella stessa destra finanziata dai costruttori poi fa campagna elettorale e tenta forme di internità sociale alimentando guerra fra poveri. Non è un caso che fra le varie fonti di finanziamento emerse dall’inchiesta sul “mondo di mezzo” malavitoso la principale sia la gestione dei centri migranti e dei campi Rom. Una gestione volta esplicitamente a mantenere vivo tale problema, perché non solo con quella gestione ci si lucra direttamente, ma perché indirettamente si favorisce l’azione di chi ci lucra politicamente, cioè di chi specula elettoralmente sul degrado prodotto da quegli intrecci politico-criminali.

Tanto per fare un esempio: a Roma non esiste una politica di case popolari, unico caso crediamo nel mondo. Nonostante ciò, il comune – conscio della bomba sociale in qualche modo da arginare – prevede un sistema di “residence” in cui inserire le famiglie in graduatoria e in attesa di casa popolare. Tali famiglie, parliamo di 50.000 nuclei familiari iscritti, ricevono un’abitazione temporanea a titolo gratuito. Non pagano né affitto né utenze. Il problema è che tutti i residence del comune sono in mano privata, sono cioè di proprietà dei suddetti palazzinari. Il comune dunque non solo è impossibilitato a costruire o requisire case popolari per destinarle alle famiglie in graduatoria, ma spende soldi pubblici per pagare affitti vertiginosi ai palazzinari, più altri soldi per assistere le famiglie, pagandogli le utenze e sovente i pasti. Milioni e milioni di euro pubblici, che potrebbero andare a risolvere il problema abitativo romano definitivamente, vengono trasferiti dal bilancio comunale ai costruttori. Questa, ripetiamo, la madre di tutte le battaglie e la fonte di ogni malaffare della città. Un malaffare trasversale e che ha poco a che vedere con la legalità. Tale sistema è perfettamente legale secondo i canoni della magistratura romana, ed è il medesimo organismo che alimenta il sistema illegale su cui si concentrano oggi le inchieste giudiziarie. E’ un sistema condiviso, bipartisan, trasversale, in cui la collusione perfettamente legale lascia cadere le briciole su cui si scaraventa la criminalità nonché la corruzione politica.

E’ un discorso ovvio e ripetuto ennesime volte? Qualcuno lo sta già portando avanti, se non i movimenti di lotta per la casa? Rispondiamo con una suggestione: oggi il candidato papabile alla sostituzione di Marino al comune di Roma è Alfio Marchini. Costruttore.

- See more at: http://www.militant-blog.org/?p=11373#sthash.1HJjmGvy.dpuf

La radice del male capitolino non emerge certo con le inchieste di Pignatone né relegando tutta la faccenda allo schema “legami della malavita con la destra eversiva”. Il male di Roma è politico, non amministrativo. Ed è con la politica che si risolve, non con le inchieste giudiziarie. Sebbene sia anche necessario il contributo della magistratura, impossibile nasconderlo, non è con questa che verranno risolti i problemi della Capitale, perché tali problemi esulano dagli accordi malavitosi sulla gestione degli appalti pubblici. Insomma, dovremmo cercare di evitare una lettura unicamente giudiziaria/legale, o peggio ancora una schiacciata sui rapporti tra destra e malavita. La radice del problema di gestione della città di Roma è la politica. Da decenni, potremmo dire da sempre, a Roma vige il regime delle grandi intese oggi di moda anche a livello nazionale. Da sempre a Roma comandano i costruttori edili, e da sempre il sindaco è il frutto della sintesi del direttivo dell’ACER, cioè dell’associazione dei costruttori romani. Sono loro i veri padroni di Roma, coloro i quali hanno creato e alimentato la più importante delle emergenze sociali della città, quella abitativa, origine di tutti i problemi cittadini. Le gigantesche periferie costruite nella legalità ma abbandonate a se stesse, gonfiando il bubbone immobiliare, impoverendo il territorio e la sua popolazione, espandendo oltre ogni limite una città desertificando tutto ciò che non rientra nel centro storico vetrina: questa l’origine dei problemi della città e questa la madre di tutte le battaglie. Nessuna altra città al mondo ha un mercato immobiliare completamente in mano alla gestione privata, che non prevede soluzioni sociali, che alimenta un sottobosco di amicizie politiche e rapporti economici tali da orientare qualsiasi politica di bilancio comunale. E’ per questo che anche in questa vicenda, sebbene mai nominata direttamente, la protagonista del malaffare è la cricca di palazzinari che governa la città. Tutti – nessuno escluso – grandi finanziatori di ogni destra, più o meno radicale; tutti – nessuno escluso – corresponsabili del degrado sociale su cui quella stessa destra finanziata dai costruttori poi fa campagna elettorale e tenta forme di internità sociale alimentando guerra fra poveri. Non è un caso che fra le varie fonti di finanziamento emerse dall’inchiesta sul “mondo di mezzo” malavitoso la principale sia la gestione dei centri migranti e dei campi Rom. Una gestione volta esplicitamente a mantenere vivo tale problema, perché non solo con quella gestione ci si lucra direttamente, ma perché indirettamente si favorisce l’azione di chi ci lucra politicamente, cioè di chi specula elettoralmente sul degrado prodotto da quegli intrecci politico-criminali.

Tanto per fare un esempio: a Roma non esiste una politica di case popolari, unico caso crediamo nel mondo. Nonostante ciò, il comune – conscio della bomba sociale in qualche modo da arginare – prevede un sistema di “residence” in cui inserire le famiglie in graduatoria e in attesa di casa popolare. Tali famiglie, parliamo di 50.000 nuclei familiari iscritti, ricevono un’abitazione temporanea a titolo gratuito. Non pagano né affitto né utenze. Il problema è che tutti i residence del comune sono in mano privata, sono cioè di proprietà dei suddetti palazzinari. Il comune dunque non solo è impossibilitato a costruire o requisire case popolari per destinarle alle famiglie in graduatoria, ma spende soldi pubblici per pagare affitti vertiginosi ai palazzinari, più altri soldi per assistere le famiglie, pagandogli le utenze e sovente i pasti. Milioni e milioni di euro pubblici, che potrebbero andare a risolvere il problema abitativo romano definitivamente, vengono trasferiti dal bilancio comunale ai costruttori. Questa, ripetiamo, la madre di tutte le battaglie e la fonte di ogni malaffare della città. Un malaffare trasversale e che ha poco a che vedere con la legalità. Tale sistema è perfettamente legale secondo i canoni della magistratura romana, ed è il medesimo organismo che alimenta il sistema illegale su cui si concentrano oggi le inchieste giudiziarie. E’ un sistema condiviso, bipartisan, trasversale, in cui la collusione perfettamente legale lascia cadere le briciole su cui si scaraventa la criminalità nonché la corruzione politica.

E’ un discorso ovvio e ripetuto ennesime volte? Qualcuno lo sta già portando avanti, se non i movimenti di lotta per la casa? Rispondiamo con una suggestione: oggi il candidato papabile alla sostituzione di Marino al comune di Roma è Alfio Marchini. Costruttore.

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La radice del male capitolino non emerge certo con le inchieste di Pignatone né relegando tutta la faccenda allo schema “legami della malavita con la destra eversiva”. Il male di Roma è politico, non amministrativo. Ed è con la politica che si risolve, non con le inchieste giudiziarie. Sebbene sia anche necessario il contributo della magistratura, impossibile nasconderlo, non è con questa che verranno risolti i problemi della Capitale, perché tali problemi esulano dagli accordi malavitosi sulla gestione degli appalti pubblici. Insomma, dovremmo cercare di evitare una lettura unicamente giudiziaria/legale, o peggio ancora una schiacciata sui rapporti tra destra e malavita. La radice del problema di gestione della città di Roma è la politica. Da decenni, potremmo dire da sempre, a Roma vige il regime delle grandi intese oggi di moda anche a livello nazionale. Da sempre a Roma comandano i costruttori edili, e da sempre il sindaco è il frutto della sintesi del direttivo dell’ACER, cioè dell’associazione dei costruttori romani. Sono loro i veri padroni di Roma, coloro i quali hanno creato e alimentato la più importante delle emergenze sociali della città, quella abitativa, origine di tutti i problemi cittadini. Le gigantesche periferie costruite nella legalità ma abbandonate a se stesse, gonfiando il bubbone immobiliare, impoverendo il territorio e la sua popolazione, espandendo oltre ogni limite una città desertificando tutto ciò che non rientra nel centro storico vetrina: questa l’origine dei problemi della città e questa la madre di tutte le battaglie. Nessuna altra città al mondo ha un mercato immobiliare completamente in mano alla gestione privata, che non prevede soluzioni sociali, che alimenta un sottobosco di amicizie politiche e rapporti economici tali da orientare qualsiasi politica di bilancio comunale. E’ per questo che anche in questa vicenda, sebbene mai nominata direttamente, la protagonista del malaffare è la cricca di palazzinari che governa la città. Tutti – nessuno escluso – grandi finanziatori di ogni destra, più o meno radicale; tutti – nessuno escluso – corresponsabili del degrado sociale su cui quella stessa destra finanziata dai costruttori poi fa campagna elettorale e tenta forme di internità sociale alimentando guerra fra poveri. Non è un caso che fra le varie fonti di finanziamento emerse dall’inchiesta sul “mondo di mezzo” malavitoso la principale sia la gestione dei centri migranti e dei campi Rom. Una gestione volta esplicitamente a mantenere vivo tale problema, perché non solo con quella gestione ci si lucra direttamente, ma perché indirettamente si favorisce l’azione di chi ci lucra politicamente, cioè di chi specula elettoralmente sul degrado prodotto da quegli intrecci politico-criminali.

Tanto per fare un esempio: a Roma non esiste una politica di case popolari, unico caso crediamo nel mondo. Nonostante ciò, il comune – conscio della bomba sociale in qualche modo da arginare – prevede un sistema di “residence” in cui inserire le famiglie in graduatoria e in attesa di casa popolare. Tali famiglie, parliamo di 50.000 nuclei familiari iscritti, ricevono un’abitazione temporanea a titolo gratuito. Non pagano né affitto né utenze. Il problema è che tutti i residence del comune sono in mano privata, sono cioè di proprietà dei suddetti palazzinari. Il comune dunque non solo è impossibilitato a costruire o requisire case popolari per destinarle alle famiglie in graduatoria, ma spende soldi pubblici per pagare affitti vertiginosi ai palazzinari, più altri soldi per assistere le famiglie, pagandogli le utenze e sovente i pasti. Milioni e milioni di euro pubblici, che potrebbero andare a risolvere il problema abitativo romano definitivamente, vengono trasferiti dal bilancio comunale ai costruttori. Questa, ripetiamo, la madre di tutte le battaglie e la fonte di ogni malaffare della città. Un malaffare trasversale e che ha poco a che vedere con la legalità. Tale sistema è perfettamente legale secondo i canoni della magistratura romana, ed è il medesimo organismo che alimenta il sistema illegale su cui si concentrano oggi le inchieste giudiziarie. E’ un sistema condiviso, bipartisan, trasversale, in cui la collusione perfettamente legale lascia cadere le briciole su cui si scaraventa la criminalità nonché la corruzione politica.

E’ un discorso ovvio e ripetuto ennesime volte? Qualcuno lo sta già portando avanti, se non i movimenti di lotta per la casa? Rispondiamo con una suggestione: oggi il candidato papabile alla sostituzione di Marino al comune di Roma è Alfio Marchini. Costruttore.

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