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Notizie sull'operazione speciale condotta dall'esercito russo in Ucraina
Qual’è il rimedio delle classi dirigenti, politiche ed economiche (nel capitalismo liberista, tutt’uno) quando la crisi gli morde i calcagni? Il fugone nel fascismo, in qualsiasi nuova forma ritenuta adatta ai tempi. Oggi si presenta in veste psicomanipolatoria-tecnologica, ma senza mai rinunciare alla violenza fisica, a seconda dei casi pestaggi o mattanze. Ecco cosa hanno in comune i massacri dei nostri fratelli in lotta a Gaza e in Cisgiordania e le teste spaccate dai gendarmi agli studenti delle università italiane – vera eccellenza del...
Nell’analizzare gli ultimi sviluppi del conflitto mediorientale sono molti i rischi, o le tentazioni, che possono portare fuori bersaglio. Anche l’analisi di classe mostra qualche limite, se si fa attenzione al concreto della struttura sociale israeliana – quanto meno – dove ai “cittadini a pieno titolo dello Stato ebraico” (la definizione è stata assunta nella “legge fondamentale”, para-costituzionale) sono riservati tutta una serie di diritti e privilegi, anche in termini di posizioni lavorative, mentre il “lavoro bruto” o lo sfruttamento...
Il mondo intero è di nuovo con il fiato sospeso, per il terrore di una grande guerra che infiammi il Medio Oriente. L’attacco di ritorsione lanciato dall’Iran, nella lunga notte tra sabato e domenica, ha lasciato senza sonno Israele. Per cinque ore oltre 300 munizioni sono state scagliate contro il territorio israeliano. La rappresaglia per l’attacco dell’1 aprile a Damasco è arrivata dopo quasi due settimane, ampiamente annunciata, lenta ma imponente. Secondo le stime ufficiali riportate dal New York Times, l’Iran ha utilizzato 185 droni...
Molti neuroscienziati notano come il nostro cervello-mente si sia lungamente evoluto, quindi formato, alle prese con problemi vicini (fame, sete, sicurezza), immediati (giorno per giorno, ogni giorno) relativamente semplici (amico/nemico, sesso, utile/inutile), in gruppi piccoli tendenzialmente egalitari, relativamente isolati tra loro, in cui ognuno conosceva ogni altro. Oggi ci troviamo associati in gruppi enormi, di una certa densità territoriale che si estende ormai alla dimensione planetaria, in cui i più ci sono sconosciuti, dentro...
Nonostante sia palese che la guerra ucraina è persa, l’Occidente resta aggrappato ai dogmi neocon, incapace non solo di trovare, ma anche solo di pensare una exit strategy da una guerra disastrosa per Kiev e per l’Europa, che il conflitto sta degradando sia a livello economico che politico. Quest’ultimo aspetto inquieta e interpella sia perché denota un asservimento della Politica europea ai circoli neocon, dipendenza mai registrata in tale misura in precedenza, sia perché evidenzia il degrado delle dinamiche democratiche, dal momento che...
Le parole dovrebbero essere annoverate nell’elenco delle droghe pesanti, e purtroppo a chiunque può capitare di farsi ogni tanto una “pera” eccessiva. Il quotidiano neocon “il Foglio” si è approfittato del “trip” di uno dei padri costituenti, Umberto Terracini, per fargli fare una figuraccia postuma mettendo in evidenza alcune sue frasi poco felici in sostegno di Israele. Dopo averci ammonito sul fatto che anche Terracini considerava l’antisionismo una forma di antisemitismo, ci viene proposta una citazione nella quale il vecchio comunista...
Da questa parte del "mondo democratico occidentale", molti di noi si dibattono tra rabbia e la sensazione drammatica di impotenza nell'assistere allo sterminio in diretta di un intero popolo. A volte questo senso di frustrazione si trasforma in disagio somatizzato, in depressione (parlo per me e per gli amici e compagni con cui mi confronto ogni giorno). In altri casi, invece, rischia di generare reazioni di autoconservazione fatalista, ricerca del deus ex machina, rimozione. Eppure qualcosa si muove. Qualcosa possiamo fare. Una piccola...
1. Seguendo un copione creato a tavolino per ingannare la mente di chi si abbevera ai telegiornali della sera, gli Stati Uniti continuano a tirare il guinzaglio legato al collo del cagnolino d’oltremanica. Quel cagnolino era un tempo l’Impero britannico’, oggi solo un maggiordomo che esegue gli ordini dell’Impero Atlantico: tenere Julian Assange in prigione fino alla morte. Per la più grande democrazia al mondo – da esportare, se del caso, a suon di bombe e che ormai solo i politici europei (e italiani) credono sia tale – il rischio più...
Qualcuno parla di rischio di terza guerra mondiale davanti alla rappresaglia dell’Iran verso Israele, ma cari miei, una terza guerra mondiale sarebbe solo nucleare. Perciò, definitivamente distruttiva dell’umanità. Avete presente l’anime e il manga “Ken il Guerriero”? Lì, almeno, le armi nucleari sono state relativamente innocue: hanno distrutto il mondo, ma non hanno lasciato radiazioni. Ma nella realtà, una guerra di tale portata, ridurrebbe il mondo a una landa desolata radioattiva, invivibile. E per quanto noi siamo governati dai...
Il Governo è in difficoltà, è debole. Questo è il precipitato politico di un ragionamento che prende le mosse dalla scelta del Governo di approvare un Documento di economia e finanza (DEF) privo delle principali informazioni sulle tendenze della finanza pubblica e dei conseguenti effetti macroeconomici. Il DEF è il principale strumento di programmazione economica del Governo, serve a definire il quadro della finanza pubblica per l’anno in corso e per il successivo triennio. In pratica, con il DEF il Governo è chiamato a mettere nero su bianco...
Dopo l’oblio dell’attacco al Crocus da parte dei media d’Occidente, preoccupati solo di discolpare l’Ucraina dalle evidenti responsabilità, come peraltro accaduto varie volte in passato – a parte eccezioni che confermano la regola – per altre azioni oscure di Kiev, anche l’attacco di droni alla centrale atomica di Zaporizhzhia è passato sottotraccia, come qualcosa di marginale. L’attacco alla centrale di Zaporizhzhia e i topos delle guerre infinite E ciò nonostante la gravità dell’accaduto: se l’attacco fosse riuscito al 100% poteva creare...
Il senso di colpa domina incontrastato nella multiforme platea dei sentimenti umani. Senso di colpa per non essere abbastanza, per non aver superato l’esame, per non aver performato quanto desideravamo, per aver disatteso le aspettative, per non aver concluso un lavoro, per aver trascurato passioni e interessi, per aver manifestato rabbia, tristezza e paura, per gli errori commessi, per le azioni compiute, per una parola fuori posto, per non esserci stata, per aver mangiato, per aver risposto nervosamente, per quella carezza non data, quei...
Immancabili, come ogni anno, i dati Istat sull’andamento demografico del paese registrano un deciso segno meno”. Che non è grave soltanto in sé, ma soprattutto perché conferma una tendenza di lunghissimo periodo. Dal 1964 a oggi sono stati pochissimi gli anni in cui le nuove nascite sono state più numerose dell’anno precedente, ma anche a uno sguardo disattento balza agli occhi che la dimensione delle diminuzioni è sempre alta, mente i “rimbalzi” sono sempre appena percettibili. Il risultato finale, al 2023, non lascia dubbi: i nuovi nati...
‘Essere democratici è una fatica immane. Allora perché continuiamo a esserlo quando possiamo prendere una scorciatoia più rapida e sicura?’. Così Michela Murgia, la scrittrice sarda recentemente scomparsa, nel suo pamphlet del 2018 dal titolo provocatorio: ‘Istruzioni per diventare fascisti’. Con una originale sapienza dialettica, com’era suo stile di comunicazione in ogni dibattito pubblico e nel relazionare sulle grandi ingiustizie e ineguaglianze che affliggono le società odierne, Michela Murgia, nel suo saggio, ci invita a sottoporci a...
I due anni della pestilenza da Covid-19 si sono rivelati una grande imprevedibile opportunità per testare il livello di ubbidienza che, si può ottenere applicando un regime disciplinare come lo è stato l’obbligo di vaccinarsi, appunto. La narrativa secondo la quale il barbaro no-vax e chi lo sostiene rappresentano il Male, e quindi vanno denigrati, censurati, emarginati, criminalizzati ha funzionato. Pertanto, lo stesso identico canone è stato applicato su una nuova dicotomia buono-cattivo nella politica internazionale. Stesso manicheismo,...
L’avesse compiuto, per dire, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, un gesto come quello del suo omologo britannico David Cameron, recatosi in “visita di lavoro” da Donald Trump in USA, intrattenendosi – magari – in Germania, con Sahra Wagenknecht, per di più alla vigilia delle elezioni, il coro liberal avrebbe subitamente gridato alle «interferenze russe nei processi democratici dei paesi liberi». Ma fatto tra “alleati”, per di più di estrazione anglosassone, la cosa rientra nella normalità e, trattandosi della “democratica Ucraina...
Un’analisi di cosa succede e di cosa si prospetta in Medioriente, a partire dal genocidio in atto a Gaza, dalla rivolta generale palestinese, dallo scontro tra Stato Sionista e Asse della Resistenza in Libano, Siria, Iraq, Yemen, all’indomani dell’attacco israeliano all’ambasciata iraniana a Damasco. Una panoramica che parte dalla ritirata della FOI (Forza di Offesa Israeliana) dalla metà sud di Gaza, dopo sei mesi di offensiva del presunto “esercito più potente del Medioriente” che non è riuscito a controllare la Striscia, annientare Hamas e...
In vista della settimana di mobilitazione dei lavoratori all’interno dell’accademia italiana, proponiamo qui un resoconto delle linee d’intervento del movimento negli ultimi mesi, mettendo al centro i punti politici principali che stanno caratterizzando le proteste dei lavoratori e delle lavoratrici dell’università di concerto con i movimenti studenteschi. Si tratta di una riflessione che vuole essere un punto di partenza che ci porti allo sciopero del 9 aprile di tutto il mondo universitario, una data che deve essere un punto di partenza per...
Trent’anni dopo il genocidio in Ruanda, innescato dall’abbattimento dell’aereo privato su cui viaggiavano il presidente del Paese e il suo omologo del Burundi, e spacciato per l’esplosione di un conflitto etnico tra Hutu e Tutsi, si continua a discutere sulle cause del massacro di quasi un milione di persone. Dopo tre decenni, si evidenziano implicazioni che gettano una luce meno semplificata su quegli eventi drammatici: a cominciare dal ruolo delle grandi potenze che cercavano di accaparrarsi le enormi risorse strategiche nella regione dei...
È certamente corretto sostenere che le motivazioni che stanno spingendo Washington a mettere sotto assedio Pechino sono di natura economica. Paradossalmente questa tesi è stata infatti espressa indirettamente dalla stessa Segretario al Tesoro Yellen, in una intervista della settimana scorsa che non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato nonostante anticipasse i temi che la stessa Yellen sta trattando con l'élite politica cinese nel suo viaggio diplomatico in corso in questi giorni. Di importanza capitale per comprendere la situazione a...
Pubblichiamo un estratto della prefazione del libro “Ucraina, Europa, mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale” di Giorgio Monestarolo (Asterios, Trieste, pp.106, euro 13). L’autore è ricercatore presso il Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera italiana e docente di Storia e Filosofia al liceo Vittorio Alfieri di Torino. La prefazione è del generale Fabio Mini, che tra le altre cose è stato generale di Corpo d’Armata, Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione...
Volete uscire dal dominio neoliberista, volete allentare la morsa della gabbia d’acciaio capitalista, volete invertire l’allungamento in corso da decenni della scala sociale di cui tra l’altro vi è vietato l’uso per provare a scalarla. Avete idee di mondo migliore, più giusto, qualsiasi sia la vostra idea di “giusto”. Tutto ciò è politico. Ma la vostra società non è ordinata dal politico, è ordinata dall’economico. È l’economico il regolamento del gioco sociale, è lui a dettare scala di valori, premi, punizioni, mentalità e cultura comune. E...
Nelle Conferenze di La Paz, nel 1995, il teologo e filosofo argentino, tra i pionieri della Teologia della Liberazione e in esilio dalla sua patria durante il regime fascista sviluppa la sua attentissima lettura di Marx dal punto di vista rivendicato dell’esternità e del lavoro ‘vivo’; ovvero della persona effettiva, reale, completa. Questo, declinato nelle sue diverse forme, marginali e ‘poveri’, stati subalterni e periferici, è il tema centrale della filosofia e della prassi politico-culturale ed etica di Dussel. Proviamo, dunque, a...
Come ha potuto succedere? Che mostruosità! Tutte quelle armi che circolano! Ma in che tempi viviamo! Colpa dei genitori….Colpa della scuola…. Sono le esclamazioni dei manigoldi ipocriti che tendono a ottunderci il cervello mentre cerchiamo di farci capaci dell’enormità di un bambino di dodici anni che entra in classe con una pistola e spara e uccide suoi compagni. Si assembrano sugli schermi e nelle paginate psicologi, sociologi, esperti di ogni risma da un euro all’etto a disquisire sul fattaccio. E tutti, indistintamente, a mancare...
L’apparente moderazione dell’Iran di fronte all’aggressione israeliana non dovrebbe essere confusa con la debolezza. Teheran esercita costantemente pressioni su Tel Aviv attraverso i propri metodi, preparando attentamente il terreno per il disfacimento di Israele. «La leggenda narra che una rana posta in una pentola poco profonda piena d’acqua riscaldata su un fornello rimarrà felicemente nella pentola d’acqua mentre la temperatura continua a salire, e non salterà fuori anche se l’acqua raggiunge lentamente il punto di ebollizione e uccide la...
Più passano i giorni, più Israele procede nella sua campagna di sterminio, più si isola dal resto del mondo, più comprendo che il pogrom del 7 ottobre, pur essendo, come non può che essere un pogrom, un’azione atroce moralmente inaccettabile, è stato un atto politico capace di cambiare la direzione del processo storico. La conseguenza immediata di quell’azione è stata lo scatenamento di un vero e proprio genocidio contro la popolazione di Gaza, ma il genocidio era in corso in modo strisciante da settantacinque anni, nei territori occupati, in...
Marx era consapevole della difficoltà che l’idea di classe poneva come categoria che rappresenta un insieme eterogeneo di lavoratori, perché sapeva che il proletariato era composto non solo dagli operai di fabbrica ma da tanti altri lavoratori che, al pari di oggi, avevano in comune il fatto di trovarsi nella stessa posizione nei rapporti di potere. Tuttavia, nel pieno del capitalismo industriale, la classe in termini marxiani ha rappresentato una categoria utile a descrivere l’asimmetria dei rapporti di produzione e come questi fossero...
Premettendo che l'uscita di CS dai social ebbe molte ragioni circostanziate e che continuo a pensare che i social network siano già da tempo "territorio nemico", cominciamo mettendo in rilievo l'annuncio nell'articolo: Sabato 11 Maggio alle ore 10 presso il Centro Congressi Cavour sito a Roma in Via Cavour 50/a, ci riuniremo per il decennale de L’Interferenza e sarà l’occasione, oltre che per un dibattito politico sui vari temi di politica e di politica internazionale, anche per lanciare una battaglia per la libertà di informazione, per...
I ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sono sempre più poveri. Alla base del divario, tra gli altri fattori, anche le eredità che in molti Paesi passano di mano senza essere tassate, o quasi. Così per la prima volta in 15 anni, secondo i dati di Forbes, tutti i miliardari sotto i 30 anni hanno ereditato la loro ricchezza. Detto in altri termini: nessuno di loro ha un’estrazione socio-economica familiare differente e si è “fatto da solo”. Addio ascensore sociale: il “grande trasferimento di ricchezza” – 84.000 miliardi di dollari nei...
Il giornale statunitense Politico ha intervistato alcuni ufficiali militari ucraini di alto rango che hanno prestato servizio sotto il generale Valery Zaluzhny silurato a febbraio da Zelenski. Le conclusioni sono che per l’Ucraina “il quadro militare è cupo”. Gli ufficiali ucraini affermano che c’è un grande rischio che le linee del fronte crollino ovunque i generali russi decidano di concentrare la loro offensiva. Inoltre, grazie a un peso numerico molto maggiore e alle bombe aeree guidate che stanno distruggendo le posizioni ucraine ormai...
L’assassinio del generale Reza Zahedi in un edificio dell’ambasciata iraniana di Damasco, assassinato insieme ad altri membri delle guardie rivoluzionarie, supera un’altra delle linee rosse che normalmente hanno limitato la portata dei conflitti del Secondo dopoguerra, evitando al mondo escalation ingestibili (il mondo guidato da regole esisteva prima dell’89; dopo il crollo del Muro, le regole sono state riscritte a uso e consumo degli Usa…). Anzitutto perché Israele ha colpito un alto ufficiale di una nazione non ufficialmente in guerra....
Sul quotidiano La Stampa di ieri è stata pubblicata una significativa intervista al fisico Carlo Rovelli che ha preso posizione a sostegno delle mobilitazioni degli studenti che chiedono la sospensione della collaborazione tra le università italiane e le istituzioni israeliane. Qui di seguito il testo dell’intervista Carlo Rovelli, fisico teorico, autore dei bestseller di divulgazione scientifica “Sette brevi lezioni di fisica” e “L’ordine del tempo”, non è uno da giri di parole. Nemmeno quando le idee rischiano di essere impopolari. Di...
Riporto questo articolo di Xi Jinping uscito ieri sul L’Antiplomatico, che conferma quanto ho avuto modo di analizzare in un mio contributo apparso si Carmilla e ripreso da Sinistrainrete poche settimane or sono. Non starò a ripetermi in queste sede e in estrema sintesi, mi limito a ribadire che quello cinese non è socialismo, ma nell’ambito di un processo internazionale multipolare occorre sostenere tutte le forze e i paesi che vanno in quella direzione e che di fatto contribuiscono al declino storico e generale dell’imperialismo atlantista,...
Mi scuso con chi legge questo articolo perché era mia intenzione aprire alla grande con una congrua citazione marxiana dai Grundrisse, quella che si avvia con: «Der Krieg ist daher eine…». Poi ho assistito in TV a una pensosa trasmissione condotta dal noto filosofo con nome primaverile, Fiorello, e ho cambiato idea. Il pensatore ha introdotto la categoria post-postmoderna di Ignoranza Artificiale. A questo punto ho meditato. Grande LLM di GPR-3! Grandissimo PaLM-2 che è addestrato da 340 miliardi di parametri! Grandioso GPT-4 addestrato da un...
Terminata la lettura delle scarse 150 pp. del volume di Stefano Isola, A fin di bene: il nuovo potere della ragione artificiale (Asterios, 2023), la sensazione è di inquietudine. Il dibattito sulle potenzialità della cosiddetta “intelligenza artificiale” (AI) è salito al punto da echeggiare i temi della fantascienza sulla “rivolta delle macchine”. Impressiona il fatto che la denuncia dei rischi venga non da qualche sorta di “primitivista”, ma da imprenditori del settore e da ricercatori. “Il 49% dei ricercatori di intelligenza artificiale ha...
Aleksandr Herzen diceva che il nichilismo non è il voler ridurre le cose a nulla, bensì riconoscere il nulla quando lo si incontra. La nulliloquenza non sarebbe difficile da individuare, dato che consiste nel muoversi costantemente su categorie astratte senza mai scendere nel dettaglio concreto. Purtroppo a volte è sufficiente drammatizzare la mistificazione nel modo giusto per far cascare l’uditorio nell’illusione. Nel gennaio scorso ci hanno raccontato la fiaba sul liberista, “libertario” e “anarco-capitalista” Xavier Milei, neo-presidente...
Ieri sera nel salotto di Floris il padre di Ilaria Salis ha pronunciato le seguenti parole: “Mia figlia è in carcere perché è una donna, perché è antifascista e perché non è ungherese”. Ora, un padre direbbe e farebbe di tutto pur di tirar fuori la propria figlia dalla galera, e questo ci sta tutto ed è ciò che lo nobilita. Dopo di che se crede o meno in ciò che dice o sia solo una escamotage per aiutare la figlia non lo sappiamo perché non siamo nella sua testa e, tutto sommato, è anche irrilevante saperlo. Chiarito questo, lo spropositato...
In prima serata per modo di dire, ovviamente. Come diceva qualcuno, se campi abbastanza ne vedi di tutte le specie. Aggiungerei che finisci per vedere tutto e il contrario di tutto. Esce su Netflix Il problema dei tre corpi e improvvisamente tutti parlano di caos deterministico, il che è molto curioso ai miei occhi. È molto curioso perché mi ricordo molto bene di quando iniziai a parlare di teorie del caos. Fu nel 2016 e il partito de lascienza ci mise poco a classificare la cosa: "le teorie del caos sono un marker dell'antivaccinismo". Mi...
Quattro autorevoli personalità tedesche – Peter Brandt, storico e figlio del cancelliere Willy Brandt, il politologo Hajo Funke, il generale in pensione Harald Kujat e Horst Teltschik, già consigliere del cancelliere Helmut Kohl – hanno presentato un piano di pace (qui il testo tradotto) altamente competente e realistico su come si potrebbe porre fine alla guerra in Ucraina attraverso un cessate il fuoco e successivi negoziati di pace. Si tratta probabilmente della proposta di pace più completa e innovativa che sia stata avanzata da un...
Spoliticizzazione e messianesimo politico: ripensare Marx in tempi di crisi
Claudio Valerio Vettraino
Ciò che questa crisi economico-finanziaria ci ha dimostrato, oltre ai limiti strutturali della società capitalistica nel suo complesso, è l’incapacità muta ed imbarazzante della politica nel gestire e governare questi processi. La “sconfitta” della politica risulta evidente nella chiamata disperata dei tecnici nella speranza di risanare e riordinare ciò che le forze politiche (ormai unificate nel loro pigro quanto inefficiente riformismo) avevano tentato invano di risanare e riordinare in questi ultimi vent’anni di seconda Repubblica. Un’afasia tra politica e società, tra rappresentanti e rappresentati vecchia quanto il sorgere della società borghese [1]. Ora, è impossibile fare qui la storia delle critiche alla società civile e alla non corrispondenza tra forze politiche e società [2], dell’influenza di Hegel e Rousseau [3] nel pensiero di Marx.
Ciò che qui conta è rilevare la costante spoliticizzazione della realtà contemporanea – tema in verità già fin troppo sviscerato ed abusato fin dal famoso libro di Francis Fukujama La fine della storia[4] – connessa alla cosiddetta fine delle ideologie, all’esaurirsi progressivo delle grandi idee-utopie del Novecento, che da un trentennio rappresenta l’oggetto principe di ogni discussione. Una spoliticizzazione, le cui caratteristiche vanno a mio avviso ancora ben riconosciute e calibrate e che sembra inevitabile, inesorabile, dettata soprattutto dal dominio del ciclo neo-liberista portato avanti negli ultimi trent’anni dalle maggiori potenze capitalistiche mondiali nei confronti dell’avanguardie del movimento operaio e del ciclo tradunionista iniziato nell’immediato dopoguerra e proseguito fino alla metà degli anni ’70.
Al ciclo storico progressivo della social-democratizzazione, il neo-liberismo ha contrapposto il mito del libero mercato e la bacchetta magica del denaro come unico metro di giudizio e di scambio, riducendo la politica e il “politico” a mera quantificazione, a mera monetarizzazione dell’esistente. Da utopia-trasformazione dell’esistente, la politica si è trasfigurata in circolare amministrazione dell’esistente, divenendo passo dopo passo mera ancella del potere economico e finanziario, perdendo con ciò la sua “autonomia”, i suoi “rivoluzionari” margini di manovra, di critica e d’analisi della realtà ai fini della sua evoluzione qualitativa.
Come al solito, non è la domanda in sé il problema (la spoliticizzazione della realtà e del quotidiano è un problema effettivo ed urgente, a cui occorre rimediare con forza) ma come viene posta e in che contesto storico siamo costretti ad operare per risolverla.
Questa è la differenza tra l’idealismo e il materialismo. Tuttavia, la questione è un po’ più complicata, in quanto non risiede solo nella scomparsa o meno del politico e della politica come autonomia, come salvagente democratico alla dittatura anarchica del mercato.
Non si tratta di evocare il miraggio di una ricostruzione sociale, di una rinascita democratica generale e generalizzabile a partire dal recupero negativo (per sottrazione) di una famigerato “bene comune”, di un potere sovrano auto-costituito dal basso, slegato (non si sa come) dalle relazioni di potere, da interessi che operano oggettivi ed indisturbati nel tessuto sociale, anche quello più apparentemente liberato ed estraneo ad essi. Il problema non è quello di rivendicare una libertà, “una purezza” politica di gestione-azione emancipativa di contro alla corruzione dilagante del sistema (una visione idealistica e manichea che ha del religioso, fideistico, oltre ad essere lo scimmiottamento di tesi logore tipiche del vocabolario sessantottesco), ma di andare oltre antinomie irrisolvibili, inestricabili nel modo stesso in cui sono state poste, senza concentrarsi sulle uniche questioni davvero decisive.
E’ la stessa crisi (che nasce dallo sviluppo della nuova fase strategica e non dalla stasi-stagnazione del capitale mondiale) del capitalismo giunto nella suo stadio supremo di imperialismo, che rende già superflue, storicamente superate le forme di mediazione politica degli interessi e della gestione economico-produttiva della società borghese?
E’ la borghesia che rende superfluo il suo essere classe politica per realizzarsi come classe dirigente tecnocratica, direttamente attiva nell’amministrazione-gestione del suo potere e della sua influenza ideologica e sovrastrutturale, d’egemonia valoriale e psicologica (oltre che linguistica ed estetica) sulle classi subordinate, sui salariati [5]?
La tendenza-essenza finanziaria dell’imperialismo non rende già superate le forme e gli istituti di rappresentanza politica del capitale? Ha ancora storicamente bisogno del ruolo equilibratore, ad esempio dello stato [6], della politica, per sintetizzare e razionalizzare gli scontri, le contraddizioni e gli squilibri del suo potere?
La politica ha ancora un senso, possiede ancora una funzionalità economico-produttiva reale di gestione dei processi in corso oppure è una semplice spettatrice se non una zavorra imbarazzante da surclassare o quanto meno preformare ai nuovi compiti di dittatura finanziaria vigente?
Quale insomma lo spazio vitale del politico? Vi è ancora la politica come mediazione di interessi o sono gli interessi “nudi” che operano autonomamente mediandosi autonomamente, facendosi essi stessi politica, società, costume, psicologia, linguaggio, utopia, intellettualità [7]?
Riparto dall’inizio. Io sono d’accordo con le ultime analisi di Mario Tronti [8] sulla necessità di ripensare e ricostruire il politico come sfera attraverso cui sia possibile riattivare-riattualizzare l’utopia di trasformazione dell’esistente, ripensare in concreto l’alternativa, un soggetto politico in grado di realizzarla, imporla nel quotidiano alienato. Ma allo stesso tempo, i limiti ideologici di questa impostazione risiedono proprio nell’ingenuità di credere di poter uscire politicamente da questa crisi, affossando de facto qualsiasi analisi sul rapporto dialettico tra politica ed economia, riqualificando non il fondamentale concetto marxiano di formazione economico-sociale capitalistica, nella prospettiva – indicata da Colletti quasi quarant’anni fa – di ricostruire una nuova e dinamica critica dell’economia politica marxiana, ma recuperando un’astratta quanto puerile dimensione “politica” dispersa ormai nelle nebbie della storia, una sorta di age d’or della contestazione e della rivendicazione operaia [9].
Sono d’accordo con Tronti nel recuperare l’autonomia politica [10] della classe operaia, dei salariati, ma non bisogna confondere questo progetto quanto mai necessario ed urgente (pena la scomparsa della classe come forza politica alternativa e rivoluzionaria al piano del capitale) con una fantomatica quanto impossibile fuoriuscita tutta politica dalla crisi. Una rivendicazione che paradossalmente lo accumula a forze politiche a lui diametralmente avverse, come la Lega Nord ad esempio, o forze dell’estrema destra, tutte unite nello sbraitare un’Europa sociale, del welfare generalizzato, dei “popoli” contro l’Europa delle banche e della finanzia. In questo senso, non dobbiamo –come suggerisce lo stesso Tronti e grande parte della sinistra –ricostruire un ordinamento di controllo, di gestione politica della crisi, una sorta di inno nostalgico di razionalizzazione del piano strategico capitalistico [11], come se la politica potesse da sola riequilibrare e governare ciò che per sua natura sociale è squilibrato ed ingovernabile [12].
Questa pia speranza non solo ci impedisce di vedere come la politica, “il politico” sia già parte integrante, elemento centrale della crisi, suo agente oggettivo, suo portatore sano [13], ma altresì ci obbliga al pernicioso sostare empirico nella situazione data, alla mera amministrazione dell’esistente, alla semplice attesa di un’azione politica che mai verrà, alla buona volontà, alla speranza in una fase espansiva e di ripresa, uccidendo e defenestrando qualsiasi spinta utopica concreta al superamento di questa società, all’organizzazione capillare dell’alternativa, alla lotta contro le sue contraddizioni insanabili, siano esse politiche ed economiche o la sintesi dialettica delle due.
Non è dal politico in quanto idea-volontà, “spirito” di cambiamento, non è dalla razionalità che vince contro le tenebre oscure dell’irrazionale (tutte tipiche espressioni del feticismo ideologico delle varie correnti borghesi contro cui G. Lukàcs polemizzò così bene ne La distruzione della ragione [14]), che può venire qualsiasi segnale di cambiamento o almeno una timida inversione di tendenza [15]. Marx ricorda – e la sua è una precisa previsione storico-scientifica – che è lo stesso sviluppo capitalistico – attraverso la sua inarrestabile socializzazione dei mezzi produttivi – che pone le basi e le premesse (e non la sua effettiva, fideistica realizzazione) del passaggio al socialismo e al comunismo [16]; ma ovviamente ciò non basta.
Credere nella teleologia messianica del crollo necessario del sistema, della sua contraddizione in essere tra sviluppo e regresso, tra forze produttive imperiose e rapporti di produzione angusti, nell’oggettività storica della fine inevitabile, fideistica di un mondo ormai sull’orlo dell’abisso, in preda ai suoi fantasmi irrazionali [17], ha nel passato stimolato la convinzione – specialmente in alcuni esponenti spartachisti come Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht – dell’opinabilità del partito, di un’organizzazione strutturata e capillare, radicata nel territorio, che sappia nel momento decisivo dirigere le masse – messe in movimento dalle guerre del capitale per spartirsi quote sempre maggiori del plusvalore mondiale – alla conquista del potere.
Come risulta evidente, la rivoluzione russa vinse – in un paese economicamente e politicamente arretrato rispetto alle società capitalistiche più avanzate dell’Occidente [18] – proprio perché il leninismo riuscì a coniugare analisi scientifica delle tendenze oggettive del piano operativo del capitale monopolistico-finanziario e partito in quanto organizzazione – radicata nelle masse popolari ed operaie – dell’alternativa politica rivoluzionaria. Dunque Lenin ritrova Marx (dopo decenni di oblio marxista) proprio nel nesso dialettico tra l’analisi economica e strategia politica, nella certezza – espunta dai fatti storici – che l’una non può esistere senza l’altra, che l’una è il riflesso dialettico dell’altra, l’una la manifestazione, il riflesso rappresentativo, l’epifania dell’altra.
Per concludere; non si esce dalla crisi (che è poi l’essenza originaria e costante del modo di produzione capitalistico, che si sviluppa attraverso crisi [19]), scindendo ideologicamente il politico dall’economico, indicando con ciò una prospettiva millenaristica e a tratti messianica, ma nel ricostruire un’analisi storica (partendo dai processi di trasformazione e dai ruoli oggettivi delle classi all’interno del processo produttivo, recuperando e riattivando i concetti base del marxismo) e scientifica (verifica pratica delle ipotesi concrete di lavoro [20]) all’altezza della complessità, apparentemente inestricabile, dei nostri tempi, attraverso cui ricollegare dialetticamente politica e critica radicale all’organizzazione e alla divisione del lavoro capitalistica, alla finanziarizzazione del mondano e dei rapporti umani, teoria e prassi, ragione e materia, soggettivo ed oggettivo, particolare ed universale, ponendo le premesse di un’azione politica tra le masse che dia risposte concrete e prospettive concrete ai lavoratori, concreti motivi di lotta al capitale in tutte le sue forme, non come semplice ed istintivo rifiuto in quanto classe antagonistica, ma lotta quotidiana alla sua alienazione. Politica in quanto scontro ed analisi giornaliera piuttosto che attesa pigra di un “politico” (sceso chissà da dove) che metta a posto le cose, governi il caos del mercato capitalistico, per sua natura ingovernabile.
Mai come oggi, il motto di Trostkij “o socialismo o barbarie” si pone con tragica attualità. Siamo davvero a un bivio della storia. O comprendiamo che non c’è altra via che il socialismo (già nei fatti praticabile ed operativo su scala mondiale) oppure siamo condannati a vagare nelle tenebre di un caos, di un razionalismo irrazionale aspettando un messia politico, assistendo impotenti alla triste strumentalizzazione di Marx come classico del pensiero occidentale [21] o, peggio ancora, di un presupposto “tradizionale” per il ritorno alla saggezza della morale individuale o alla “cura dei corpi”[22].
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[1] Un’afasia esemplificata nella scissione alienante che abita l’uomo moderno, denunciata da Marx fin dalla Questione ebraica e dalla Critica del diritto statuale hegeliano, tra gli interessi del cittadino e quelli del borghese, che trova le sue origini nel discorso sull’uguaglianza di Rousseau e le critiche di Gracco Babeuf alla formalità meta-fisica e meta-storica del diritto e della costituzione francese appena uscita dalla rivoluzione, in cui all’uguaglianza sostanziale dei cittadini viene sempre sovrapposta quella giuridica che governa il cielo astratto della legge. Cfr. Karl Marx, Critica del diritto statuale hegeliano, in Scritti filosofici giovanili, a cura di Galvano della Volpe, Editori Riuniti, Roma. Sulla natura di classe della democrazia borghese, sui limiti di classe dell’”umanesimo borghese”, cfr. l’esauriente e precisa ricognizione di Adam Schaff, La questione dell’umanesimo marxista. Saggi filosofici /3, Dedalo, Bari 1978, pp. 34-35.
[2] Un tema questo molto attuale, ripreso in questi ultimi tempi da Mario Tronti in alcuni suoi scritti ed interventi. La tesi principe di Tronti è l’incapacità delle forze politiche, nella loro strutturale debolezza ideale ed organizzativa, di rappresentare ancora le forze sociali e culturali che operano concretamente, quotidianamente nel mondano, diagnosticando una frattura, una scissione netta tra politico e sociale, tra istituzioni rappresentative e movimenti di base, preoccupante, soprattutto nell’intento strategico vitale di ricostruire una soggettività politica autonoma attraverso la quale ricostruire-riattivare una vera e concreta alternativa al sistema neo-liberista presente. Sui limiti e le degenerazioni del parlamentarismo borghese e la sua ormai cronica incapacità di rappresentare le reali spinte sociali, gli umori popolari e le coscienze individuali, cfr. Danilo Zolo, Stato socialista e libertà borghesi, Laterza, Bari 1976. Un’opera che, con molta lucidità, ripercorre il dibattito molto attivo negli anni ‘70 tra esponenti dell’intellettualità italiana di diversa estrazione politica e culturale, come ad esempio Bobbio e della Volpe, sulla crisi delle istituzioni rappresentative, sulla perdita di autorità e capacità di direzione e gestione politica dei partiti tradizionali, sulla debolezza ed inefficienza del multipartitismo italiano e le possibili alternative teorico-pratiche di gestione della cosa pubblica avanzate da teorici marxisti come Althusser e Poulantzas. Lo stesso teorico greco, ne La crisi del partiti, un suo scritto del 1979, ora in Nicos Poulantzas, Il declino della democrazia, Mimesis, Milano 2009, mise in rilievo come alla crisi della tradizionale partitocrazia occidentale, alla sua eclissi oggettiva, stava imponendosi uno statalismo autoritario di nuova concezione, ancora più pericoloso perché non mediato dalla rappresentanza popolare dei grandi partiti di massa. Una nuova comunità politica sempre più a-politica basata sulla costruzione del consenso, stava mettendo radici in Europa. Ed è la stessa contro cui siamo chiamati oggi a confrontarci. Sull’itinerario teorico-politico di Poulantzas, in relazione e contrapposizione al suo maestro Althusser, oltre che sull’involuzione dello Stato democratico-rappresentativo a organo di gestione bonapartista della cosa pubblica, rinviamo ancora all’esauriente esposizione di Danilo Zolo, Ivi, pp. 105-115 e sgg.
[3] Cfr. su questo complesso e contraddittorio rapporto, Galvano della Volpe, Rousseau e Marx, Editori Riuniti, Roma 1963. Cfr. inoltre Danilo Zolo, Ivi, p. 71.: «Secondo Colletti, a parte la teoria (filosofica) dell’estinzione dello Stato, Marx (e Lenin) non avrebbe aggiunto nulla a Rousseau dal punto di vista della teoria politica. Questa tesi mi sembra comportarne almeno altre due che andrebbero accuratamente verificate: l’assenza di ogni sviluppo entro la riflessione teorico-politica marxiana (la quale, anche nelle opere della maturità, ripeterebbe i motivi della ricezione giovanile del pensiero di Rousseau) e l’inesistenza di “due facce” del pensiero politico di Marx. Il Marx teorico della politica, a differenza del Marx economista, sarebbe in toto dipendente dalle “filosofie” di Rousseau e Hegel».
[4] F. Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Rizzoli, Milano 1992.
[5] In questo senso, Monti e Marchionne sono due tecnici chiamati a risolvere i problemi lasciati aperti ed irrisolti dalle forze politiche borghesi. La borghesia cioè si spoglia del suo ruolo politico di mediazione e ridiventa classe economica dirigente a tutti gli effetti. Il montismo e il marchionnismo sono due facce dello stesso processo: ovvero riqualificazione complessiva, ricompattamento generale della borghesia come classe, per usare un’espressione hegeliana, in sé e per sé.
[6] Sul fondamentale ruolo dello Stato (altro che rappresentante degli interessi generali) nel mediare istituzionalmente, politicamente gli interessi delle classi avverse nella società capitalistica, il fondamentale Stato e rivoluzione, Editori riuniti, Roma, 1971.
[7] Un processo disumanizzante che riduce la complessità della mediazione politica umana a immediata quantificazione monetaria dell’esistente, alla mera interpolazione degli interessi, già operante dall’imporsi storico del modo di produzione capitalistico, come inedito rispetto ai modi di produzione economico-sociale precedenti. Cfr., su questo Adam Schaff, La questione dell’umanesimo marxista. Saggi filosofici \3, Dedalo, Bari 1978, cit. pp. 40-41.: «La borghesia, leggiamo già nel Manifesto del partito comunista, la dove è giunta al potere, ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliache. Essa ha lacerato senza pietà i variopinti legami che nella società feudale legavano l’uomo ai suoi superiori naturali e non ha lasciato tra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, lo spietato “pagamento in contanti”. Essa ha affogato nell’acqua gelida del calcolo egoistico i santi fremiti dell’esaltazione religiosa, dell’entusiasmo cavalleresco, della sentimentalità piccolo-borghese. Ha fatto della dignità personale un semplice valore di scambio; in luogo delle innumerevoli franchigie faticosamente acquisite e patentate, ha posto la sola libertà di commercio. In una parola, al posto dello sfruttamento velato da illusioni religiose e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, senza pudori, diretto e arido».
[8] Cfr. su questo l’ultima produzione di Mario Tronti, dal suo ultimo libro L’estremo possibile, Ediesse, Roma 2011, ai suoi recenti interventi su “Il manifesto” del 24-1-2012 e la rivista “Italianieuropei”.
[9] Parlare dell’operaismo significa parlare di una stagione fondamentale del movimento operaio italiano e non solo. Sui suoi meriti teorici e politici e sui suoi limiti strutturali (in relazione, ovviamente, alla fase storica in cui emerse e agì), rimandiamo alla seconda parte dell’ottimo libro di Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra, Dedalo, Bari, 1977, soprattutto ai cap. VI e VII.
[10] Un necessario “ritorno al politico” che emerge molto chiaramente nell’ultimo libro di Geminello Preterossi, La politica negata, Laterza, Bari 2012, in cui la politica, il riannodare il filo dell’istituzione democratico-rappresentativa è l’unica strada per combattere da una parte il populismo e dall’altra tendenze nichilistico-individualiste.
[11] Massimo Cacciari nel suo famoso Pensiero negativo e razionalizzazione (Marsilio Editore, Venezia 1976), interpretava la spinta alla razionalizzazione del piano strategico del capitale, uscito dalla crisi del ‘29, incarnata dal New deal americano e dal fascismo corporativo, come una delle tipiche espressioni del tentativo riformista di governarne le contraddizioni e le lacerazioni insanabili. Riformismo, significa razionalizzare, o tentare di farlo, ciò che per sua natura è irrazionale e ingovernabile; il mercato mondiale capitalistico.
[12] E’ proprio l’anarchia ingovernabile del mercato, che va dove c’è un profitto sicuro, a determinarne le oscillazioni cicliche e gli squilibri su scala globale. Ciò determina altresì che aree del mondo crescano e altre tendano a declinare, (come sta accadendo oggi vistosamente, con il declino dell’Occidente e l’imporsi dell’Asia e del BRIC) in virtù della quantità di plusvalore estratto al minor costo produttivo e sociale possibile. Che il mercato sia sempre più globale e gli squilibri sempre più globali (dimostrando che la globalizzazione tanto osannata negli ultimi vent’anni in realtà fu già analizzata benissimo da Marx e Engels) e come la violenza cieca del profitto, del “basso costo” della forza-lavoro e delle materie prime, distruggano l’isolamento millenario di civiltà tra loro lontanissime creando un unico tempo ed un unico spazio della circolazione delle merci e dei capitali, e con ciò un’unica lingua, un’unica storia universale, cfr. K. Marx, F. Engels, Il manifesto del partito comunista, introd. e trad. it. a cura di Domenico Losurdo, Laterza, Bari 1999, cit., p.10-11 e ssg.: «Con lo sfruttamento del mercato mondiale, la borghesia ha dato un’impronta cosmopolita alla produzione e al consumo di tutti i paesi […]. Col rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione, con le comunicazioni rese infinitamente più agevoli, la borghesia trascina nella civiltà tutte le nazioni, anche le più barbare. I prezzi bassi delle sue merci sono l’artiglieria pesante con cui essa abbatte tutte le muraglie cinesi e con cui costringe alla capitolazione la più ostinata xenofobia dei barbari. Essa costringe tutte le nazioni ad adottare il sistema di produzione della borghesia, se non vogliono andare in rovina, le costringe a introdurre nei loro paesi la cosiddetta civiltà, cioè a diventare borghesi. In una parola, essa si crea un mondo a sua immagine e somiglianza. La borghesia ha assoggettato la campagna al dominio della città. Ha costruito città enormi, ha accresciuto grandemente la popolazione umana rispetto a quella rurale, strappando in tal modo una parte notevole della popolazione all’idiotismo della vita rurale».
[13] Marx ci mostra come sia impossibile scindere il piano politico da quello economico, come ogni forza politica in realtà non è altro che la rappresentazione pratica di determinati interessi economici, mostrandoci come lo stato borghese agisca sempre su un doppio binario, quello interventista e neutralista, a seconda dell’espansione o dell’involuzione della fase storica.
[14] G. Lukàcs, La distruzione della ragione, 2 vv., Einaudi, Torino 1975.
[15] Ed è singolare come proprio Tronti, che pose le premesse dell’operaismo nel ribaltare i rapporti tra classe e partito, indicando come la classe, in quanto soggettività storica portatrice di interessi primariamente economico-produttivi (in base al ruolo svolto all’interno del processo produttivo) venisse “prima” del partito in quanto funzione tattica, cioè mediazione meramente politica dei suoi interessi nella lotta contro il capitale, ribadisca ora la necessità di una ritorno “prioritario”, possiamo dire quasi ontologico alla sfera del politico, come elemento equilibratore, d’ordine nel caos finanziario del capitalismo selvaggio neo-liberista, come se esistesse un capitalismo riformabile e controllabile dal potere politico e non fosse viceversa il politico stesso (con tutti i suoi limiti e impotenze) un aspetto fondamentale della dittatura finanziaria attuale, dello stato finanziario mondiale.
[16] Una contraddizione che anima intimamente la società capitalistica, permettendone la sua risoluzione oggettiva nel passaggio ad una società superiore, che lo stesso Galvano della Volpe pose con lucidità ed estrema chiarezza. Cfr. su questo Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra, Dedalo libri, Bari 1977, cit., p. 123-4 e sgg.: «L’opposizione tra carattere sociale della produzione e carattere privato dell’appropriazione nella formazione capitalistica è tale non perché i poli opposti della contraddizione costituiscono parti-specie e perciò distinti-opposti di un unico genere o unità, ma perché essi sono in reale contrasto tra loro; un contrasto oggettivo e insanabile, un contrasto che postula il superamento di quella formazione economico-sociale ed il passaggio ad un’altra, qualitativamente superiore». La storia inoltre ci ha dimostrato come il comunismo non sia una libera scelta dei lavoratori, ma in determinate circostanze storiche – ad esempio durante l’Ottobre del ’17 – bensì un obbligo per sfuggire alla barbarie imperialista della guerra mondiale. Infatti molti lavoratori di estrazione e collocazione non bolscevica passarono dalla loro parte, fraternizzarono con le loro parole d’ordine, lottarono e morirono per esse durante i due anni di guerra civile, perché tutte le altre vie (le famose terze vie, democratico-riformiste proposte da Kerenskij) non erano oggettivamente praticabili né per porre fine alla sanguinosa guerra sul fronte orientale e alla redistribuzione delle terre ai contadini promesse da Lenin, né avrebbero condotto alla loro piena ed agognata emancipazione. Ahimè lo stalinismo, impostosi dal ’22, uccise –attraverso il ripristino capillare del burocratismo zarista in seno al partito e alla giovane società sovietica- anche queste precarie condizioni di libertà appena conquistate.
[17] Sulla vastissima letteratura “sul teoria del crollo” cfr. Lucio Colletti, Il marxismo e il “crollo” del capitalismo, Laterza, Bari 1975.
[18] Furono proprio le circostanze anomale- rispetto alle previsioni scientifiche di Marx ed Engels – che indussero Gramsci a definire la rivoluzione russa come rivoluzione “contro Il Capitale”.
[19] Cfr. su questo K. Marx e F. Engels, Il manifesto del partito comunista, Laterza, Bari 1999, cit., p.14.: «Con quale mezzo riesce la borghesia a superare le crisi? Per un verso, distruggendo forzatamente una grande quantità di forze produttive; per un altro verso, conquistando nuovi mercati e sfruttando più intensamente i mercati già esistenti. Con quale mezzo dunque? Spianando la strada a crisi sempre più vaste e violente e riducendo i mezzi per prevenirle».
[20] Già in Logica come scienza positiva del 1950, Galvano della Volpe pose il circolo concreto-astratto-concreto (partire dall’osservazione empirico-deduttiva dei processi reali, trarre da essi un’ipotesi astratta di lavoro, un’astrazione storicamente determinata da verificare in osmosi con la mondanità concreta), come elemento centrale ed imprescindibile del marxismo come “galileismo morale”, del metodo scientifico marxiano applicato all’analisi della società e della formazione economico-politica capitalistica. Un’operatività epistemologica attraverso cui è possibile, secondo della Volpe, «individuare nella negazione e soppressione del contraddittorio negativo di tale antinomia (la soppressione dei rapporti di produzione capitalistici, dell’appropriazione privata dei prodotti, ecc.) il compito di una rivoluzione sociale per la realizzazione di una società socialista». Cit. tratta da Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra, Dedalo, Bari 1977, p. 123.
[21] Il rischio attuale, in questa fase di crisi acuta del capitale globale, è che si verifichi un ritorno “borghese-accademico” a Marx, come spesso è accaduto nella storia. La classe borghese, conscia dei rischi e delle possibili tensioni sociali, come della presa e della superiorità scientifica del marxismo, si impadronisce ideologicamente del metodo marxiano (scindendolo ad es. nelle sue inscindibili componenti) per depotenziarne la carica rivoluzionaria ed eversiva di critica radicale al sistema (depotenziandone, ovviamente, l’elemento più radicale, più disorientante per il pigro e miope pensiero borghese che è la dialettica), per cristallizzare il pensiero di Marx come classico del pensiero occidentale, ottimo economista e pessimo rivoluzionario, come mitico punto fermo della tradizione, un maestro di cartone da tirar fuori al momento opportuno, sempre pronti a privare, alla classe operaia, la bussola analitica fondamentale per muoversi nel caos capitalistico. Ed è questo il pericolo più insidioso. Il nostro sforzo non è quello di ritornare accademicamente a Marx (ciò non serve a nulla, o meglio serve alla borghesia per annichilire o filtrare ideologicamente l’analisi critica marxiana), ma di riattivare un ritorno “proletario”, operaio a Marx, ricongiungere gli obiettivi di lotta, i bisogni, i compiti storici della classe con la sua teoria rivoluzionaria. Un compito immane e di difficile organizzazione; ma strategicamente necessario.
[22] Tentativo questo portato avanti da Roberto Finelli. All’impossibilità di ipotizzare, nella fase attuale, il ritorno alla necessità storica del partito come unità delle forze antagoniste, Finelli risponde con il ritorno alla coerenza del sentire personale, del “buon senso” individuale, alla morale kantiana della libertà data dal dovere etico-sociale del cittadino, nel sentirsi parte della comunità. Una posizione rispettabile ma mio avviso estremamente utopica e fuori dalla storia, in un mondo che è sempre più globale e che richiede, nelle sue sfide, la spinta all’organizzazione politica e strategica di massa, all’unità dialettica di teoria e prassi, piuttosto che “l’involuzione intellettuale” verso modelli di autocoscienza ideale e filosofica, “di uso dei corpi”, non più in grado –soprattutto se scissi dalla studio della realtà concreta – di dare risposte politicamente praticabili.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
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