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carmilla

La classe operaia che non volle farsi Stato: Linea di condotta

di Sandro Moiso

Emilio Quadrelli, Autonomia Operaia. Scienza della politica, arte della guerra, dal ’68 ai movimenti globali, in appendice la ristampa anastatica del numero unico della rivista Linea di condotta del 1975 con una introduzione inedita, Interno 4, 2020, pp. 352, 20 euro

1d46491dc1c63712c0d5b76467db509e 800x493“Cos’è un grimaldello di fronte a un titolo azionario? Che cos’è la rapina di una banca confronto alla fondazione di una banca? Che cos’è l’omicidio di fronte al lavoro?” (L’opera da tre soldi – Bertolt Brecht)

Credo sia giusto, in questo quarantunesimo anniversario del 7 aprile e del teorema Kalogero, tornare a parlare di un’opera giunta alla sua terza edizione. A quattro anni dalla seconda (2016) e a dodici dalla prima (2008). Un’opera, quella di Emilio Quadrelli, che non soltanto ripercorre la storia dell’autonomia operaia italiana, dai primi anni Sessanta fino alla metà degli anni Ottanta, a partire dal conflitto e dall’iniziativa di classe che la fondarono e le diedero le gambe su cui marciare, ma che, in questa nuova edizione, aggiunge un dato di tutto rispetto: la ristampa anastatica del numero unico della rivista Linea di condotta uscito nel 1975, accompagnata da un’esauriente Introduzione a cura dello stesso Quadrelli.

Una rivista uscita in numero unico, con datazione di copertina luglio-ottobre 1975, che avrebbe preceduto di poco «Senza tregua. Giornale degli operai comunisti», uscito poi in nove numeri tra l’autunno di quello stesso anno e il settembre del 1977, di cui si è occupato recentemente sempre Emilio Quadrelli per Red Star Press (qui) proprio per riportare alla luce un’esperienza di analisi e pratica politica militante troppo a lungo rimossa dalla ‘storia ufficiale’ di ciò che è entrato nella memoria collettivaa come Autonomia Operaia.

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lafionda

Perchè la fionda?

di Geminello Preterossi

san davide 1Perché è lo strumento di chi si ribella all’oppressione.  Di chi non può contare su grandi risorse materiali né gode di protettorati mainstream, ma mira dritto perché ha il coraggio delle idee. La forza dell’irriverenza, che fa analizzare in contropelo i luoghi comuni. La passione intellettuale e politica di chi non aderisce alle idee ricevute, ma sottopone tutte le tesi a una verifica attenta. L’ostinazione ragionata di chi non ha paura di smentire la propaganda, squarciando il velo della post-verità del sistema neoliberista.  La lucida coerenza di non negare i fatti, o edulcorarli, per approfondire e cercare di capire di più, senza fermarsi di fronte alle convenienze, alle interpretazioni di comodo.

La fionda è uno spazio pluralista e libero di elaborazione culturale e politica, promosso da una comunità di persone che condivide alcune precise idee – statualiste, autenticamente democratiche e antiliberiste -, senza compromessi contraddittori né opacità furbesche. Ma che ha l’autentico desiderio di confrontarsi, di dare luogo a un dibattito vero, fecondo, senza tabù.  Questo deve essere il tempo della nitidezza e dello spirito critico che non arretra di fronte a nulla. Solo così sarà possibile ripartire non gattopardescamente, ma cambiando paradigma.

La fionda di Davide contro Golia. Ma anche la fionda di Gian Burrasca. 

* * * *

In questo sito-rivista si parla di cose serie, non di sovranismo, moltitudine, democrazia sovranazionale e governo mondiale, diritti dei consumatori al posto di quelli dei cittadini, virtù del mercato da contrappore allo Stato, e via cantando con i ritornelli del  neoliberalismo, nelle sue varie declinazioni, e dell’alterglobalismo, viziato di sulbalternità culturale e antistatualismo.

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nuovadirezione

Documento preparatorio della Tesi sul socialismo del XXI secolo

di Carlo Formenti e Alessandro Visalli

Contributi e revisioni: Andrea Zhok, Mimmo Porcaro, Onofrio Romano, Thomas Fazi

soc xxi sard1. Socialismo o barbarie

Viviamo una fase storica in cui il socialismo appare, al tempo stesso, impossibile e necessario. Mentre la prospettiva socialista sembra oscurata da secoli di errori politici, teorici e culturali, l’alternativa socialismo o barbarie non è mai stata attuale come oggi. Questo perché quarant’anni di rivoluzione neoliberista hanno trascinato il mondo sull’orlo del collasso economico, politico, sociale e ambientale. Il capitalismo contemporaneo, in misura superiore a tutte le forme che lo hanno preceduto, distrugge a ritmo accelerato ogni struttura sociale e comunitaria, fino alle famiglie e agli stessi individui; genera disuguaglianze crescenti, che crescono su se stesse fino ad assumere proporzioni intollerabili; appiattisce il potere politico sul potere economico, distruggendo i fondamenti della democrazia; sconvolge l’ambiente in misura tale da minacciarne le condizioni di compatibilità con la specie umana.

Il combinato disposto della rivoluzione tecnologica – in particolare nei settori della comunicazione, dei trasporti, dell’intelligenza artificiale e della robotica industriale -, della deregulation finanziaria e della globalizzazione dei mercati di merci, forza lavoro e capitali genera effetti devastanti sulle condizioni di lavoro e di vita di miliardi di esseri umani. In tutto il mondo sono in atto “riforme” del lavoro che prevedono la riduzione delle tutele dal licenziamento, la proliferazione di mercati del lavoro che contemplano livelli diversi di tutele giuridiche, sanitarie, infortunistiche, assistenziali, ecc. dei lavoratori, l’autorizzazione di forme di lavoro precarie e a bassa retribuzione, l’accettazione di elevati tassi di disoccupazione, il depotenziamento dei diritti sindacali e la conseguente decontrattualizzazione dei rapporti di lavoro.

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militant

Didier Eribon, Ritorno a Reims

Consigli (o sconsigli) per gli acquisti

di Militant

retour a reims 1bA volte capita di imbattersi senza nemmeno volerlo in libri che si rivelano molto più interessanti di quanto non si immaginasse quando li si è presi in mano. Ritorno a Reims, di Didier Eribon e pubblicato in Italia nel 2017 per i tipi della Bompiani è sicuramente uno di quei casi. Si tratta di un lavoro difficilmente catalogabile perché lo si potrebbe approcciare come un piccolo saggio di sociologia sulle trasformazioni delle classi popolari francesi, oppure, senza per questo sbagliare, potrebbe essere letto tranquillamente come l’autobiografia di un proletario cresciuto in un ambiente pieno di pregiudizi che si ferma a riflettere sulla propria omosessualità e sul percorso di soggettivazione e “reinvenzione di sé” che l’ha portato a scappare dall’ambiente sociale della sua infanzia e della sua adolescenza, fino a farne, come lui stesso si definisce, un “transfugo di classe”. A ben vedere, però, la definizione che più si addice a questo libro è quella data dallo stesso Eribon: un’analisi storica e teorica fortemente ancorata, però, ad un’esperienza personale. La morte del padre, che non vedeva ormai da anni, spinge infatti l’autore ad intraprendere un viaggio di ritorno verso quel “periurbano imposto”, quello spazio istituito della segregazione urbana e sociale in cui sono stati spinti a vivere i suoi genitori, due operai di tradizione comunista che nella loro vita avevano avuto la fabbrica come unico orizzonte sociale possibile.

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intellettuale collettivo

Sulla crisi strutturale della sinistra

di Alessandro Pascale

Il 2 febbraio il compagno Gordan Stosevic mi ha contattato per pormi alcune domande sull’attualità politica italiana ed internazionale, concentrando l’attenzione sulle problematiche riguardanti il movimento comunista. L’intervista sarebbe dovuta uscire sul suo sito Ilgridodelpopolo.com; Stosevic si è visto però impossibilitato a pubblicare il pezzo in questione dato che il suo sito è stato nel frattempo oggetto di un attacco informatico.

Abbiamo convenuto assieme di darne quindi pubblicazione su questo portale [ap].

maraPer iniziare l’intervista, la sinistra vive più una crisi ideologica o politica oggi?

– Innanzitutto intendiamoci sul significato del termine “sinistra”, espressione che nel senso comune è ormai associata ad una visione liberista e liberale che nei migliori casi ha leggere sfumature di socialdemocrazia ma che è strutturalmente incapace di mettere in discussione il sistema vigente. Questa “sinistra” così intesa ha ancora un suo seguito di massa ma è palesemente in crisi, anche se continua ad essere considerata un argine contro il “ritorno del fascismo”, presunto o reale che sia. Distinguerei tra persone e gruppi organizzati che si sentono interiormente dalla parte del progresso sociale ma che mancano degli strumenti ideologici per comprendere l’inadeguatezza della propria proposta politica, da persone e gruppi che invece utilizzano strumentalmente l’identità di sinistra per introdurre idee e temi storicamente appartenenti alla destra. Questi ultimi, ossia la destra che si camuffa da sinistra, sta tutto sommato bene, dato che il suo obiettivo principale è quello di impedire il risorgere di una coscienza di classe anticapitalista. Mi sembra di poter dire che la crisi dei primi, ossia della “vera” sinistra, sia figlia di una dialettica figlia di una serie di rigetti ideologici e politici che si sono stratificati nel tempo. Se dovessi identificare il “peccato originale”, direi che la crisi ideologica della sinistra parte dalla destalinizzazione del 1956. Da lì è iniziata l’opera di smantellamento progressivo della teoria di riferimento. In URSS e in Occidente nel giro di poco più di 30 anni si è passati dall’egemonia del marxismo-leninismo al ripudio completo delle teorie di Marx ed Engels, a favore del ritorno in grande stile di un “liberalismo” sempre più restio al compromesso sociale e improntato in senso elitario. La “fuga” dal marxismo è un atto sciagurato che ha fatto regredire culturalmente e politicamente l’intero movimento progressista occidentale.

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onofrioromanofacebook

Per il socialismo tragico

Lettera-recensione a Carlo Formenti

di Onofrio Romano

[Riportiamo la lettera-recensione di Onofrio Romano al libro di Carlo Formenti, apparsa sul suo profilo Facebook e seguita da due commenti particolarmente interessanti. ndr]

84635137 10221632960357579 4693477653330526208 nPubblico qui la mia recensione in forma di lettera all’ultimo libro di Carlo Formenti “Il socialismo è morto, viva il socialismo!” (Meltemi, 2019), già apparsa in appendice al nostro dialogo sul marxismo “Tagliare i rami secchi. Catalogo dei dogmi del marxismo da archiviare” (DeriveApprodi 2019). I libri di Formenti hanno sempre suscitato un vasto e intenso dibattito nel mondo della cultura e della politica, soprattutto a sinistra e non solo in Italia. Si ricordino in particolare i suoi saggi pionieristici sulle conseguenze sociali, economiche, culturali e politiche del digital turn. Da qualche tempo, invece, egli è oggetto di mobbing politico-culturale. Dei libri di Formenti non si parla male. Semplicemente, “non se ne deve parlare”. Più che di mobbing, si tratta di una vera e propria fatwa, poiché la posta in gioco ultima è la morte civile del reprobo. Un dispositivo fascista, che nel mio piccolo conosco molto bene, praticato in maniera ricorrente dai professionisti dell’antifascismo immaginario. Lo ha esplicitato senza troppi complimenti Marco Revelli in uno sciagurato commento su Facebook, in cui rimbrottava un suo amico per aver rotto la congiura del silenzio nei confronti di Carlo, reo – l’accusa è sempre quella – di fare il gioco dell’avversario (anzi, di essere ormai totalmente nel campo dell’avversario). Guai a concentrarsi sul merito delle idee. Io non mi rassegno a questo tritacarne. Non mi rassegno al fatto che il successo a sinistra sia direttamente proporzionale al vuoto di pensiero (sardina docet). Si può essere o meno d’accordo, ma i libri di Carlo Formenti (e di tanti reprobi come lui) sono tra le poche cose che meritano oggi di essere discusse. Buona lettura.

* * * *

Ebbene sì, caro Carlo Formenti. Il tuo libro, “Il socialismo è morto, viva il socialismo!” (Meltemi 2019), è il nuovo manifesto del partito comunista, in versione tragica. Di questo ti fai carico. Di questo dobbiamo farci carico.

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nuovadirezione

Tesi sull’Italia e il socialismo per il XXI secolo

a cura di Nuova Direzione

Documento finale approvato dall’Assemblea Nazionale di Nuova Direzione

9788883512148 0 436 707 751. Contro la mondializzazione

L’esposizione senza protezioni all’uso capitalistico della rivoluzione tecnologica e alla globalizzazione finanziaria sono fondamentali fattori distruttivi nel mondo contemporaneo. L’interconnessione non è un valore in sé. In assenza della capacità di mutuo riconoscimento delle identità storiche e degli ordinamenti istituzionali differenti ciò che resta è semplicemente competizione rivolta ad instaurare rapporti di dominazione. La modernità capitalistica, dissolvendo sistematicamente tutte le barriere, non produce autodeterminazione né emancipazione, ma dipendenza e servitù (talvolta coattiva, talaltra servitù ‘volontaria’, come nel caso italiano). Capitalismo è l’asservimento di ogni funzione sociale e antropologica al fine della riproduzione e accrescimento del capitale, mercificando ogni relazione, quali che siano le conseguenze.

La cosiddetta ‘finanziarizzazione dell’economia’ rende esplicito questo aspetto, in quanto indebolisce le componenti fisse, territoriali, della produzione, rendendo più facili gli spostamenti di capitale e con ciò il potere di ricatto dello stesso. I mercati finanziari (azionario, obbligazionario e monetario) appaiono come il motore centrale dell'accumulazione, indebolendo il potere contrattuale del lavoro, che viene marginalizzato. Fusioni, acquisizioni, outsourcing, riacquisti azionari, precarizzazioni, cartolarizzazioni, piramidi di controllo, elusione fiscale, sono fenomeni connessi che abbiamo sotto gli occhi costantemente. Il gigantismo dell’apparato finanziario, lungi dall'aiutare l'economia reale, sottrae risorse attraverso interessi e provvigioni, aumenta la concorrenza internazionale e alimenta la mobilità del capitale industriale.

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nuovadirezione

Oggi destra e sinistra sono divenute due facce del liberismo

di  Carlo Formenti

Intervento all’Assemblea nazionale di Nuova Direzione

Screenshot from 2020 02 03 09 10 54I. Sulle sinistre

Se oggi destra e sinistra sono divenute due facce del liberismo, non è perché le sinistre abbiano tradito. Questa evoluzione - certificata dalle ricerche di Thomas Piketty che dimostrano come oggi, negli Stati Uniti e in Europa, le sinistre raccolgano quasi esclusivamente i voti degli strati più elevati in termini di livelli di reddito e di educazione delle classi medie (i cosiddetti ceti medi riflessivi) – è piuttosto l’esito dei radicali processi di trasformazione che le società capitalistiche hanno subito nella fase della finanziarizzazione, globalizzazione e terziarizzazione dell’economia.

A incidere profondamente nell’antropologia degli strati sociali di cui stiamo parlando hanno contribuito, fra gli altri, fattori come i processi di scolarizzazione di massa degli anni Sessanta e Settanta, la terziarizzazione del lavoro, con l’emergenza di nuove professioni nei settori della cosiddetta economia della conoscenza e della net economy, l’immissione di larghe masse di forza lavoro femminile nel processo produttivo, i processi di deindustrializzazione, l’emergenza di valori e bisogni post materiali nelle popolazioni dei Paesi occidentali, lo spostamento dell’attenzione dei movimenti sociali dai temi della ridistribuzione economica ai temi del riconoscimento identitario.

Questi e altri fattori hanno fatto sì che al ricambio generazionale nelle file dei partiti e movimenti di sinistra si sia associato un radicale ricambio di principi e valori: dal solidarismo comunitario all’individualismo, dall’internazionalismo proletario al cosmopolitismo borghese, dall’egualitarismo alla meritocrazia, dalla rivendicazione del primato della politica sull’economia e del pubblico sul privato all’antistatalismo, dal realismo politico al moralismo.

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tempofertile

Passare tra Scilla e Cariddi, il nostro compito

di Alessandro Visalli

scilla e cariddi“Navigavamo gemendo attraverso lo stretto: da una parte era Scilla, dall’altra la chiara Cariddi cominciò orridamente a succhiare l’acqua salsa del mare. Quando la vomitava, gorgogliava tutta fremente, come su un gran fuoco un lebete: dall’alto la schiuma cadeva sulla cima di entrambi gli scogli. Ma quando succhiava l’acqua salsa del mare, tutta fremente appariva sul fondo, la roccia intorno mugghiava orridamente, di sotto appariva la terra nera di sabbia. Li prese una pallida angoscia. Noi volgemmo ad essa lo sguardo, temendo la fine, ed ecco Scilla mi prese dalla nave ben cava i sei compagni migliori per le braccia e la forza”.

Odissea, canto XII

Per passare indenni tra Scilla e Cariddi servono alcune cose: una nave, quindi un collettivo che abbia in sé il senso del viaggio, e una rotta. Ma bisogna anche capire bene cosa sia Scilla, il mostro con dodici zampe e sei teste che ci può prendere uno per uno, e nello stesso modo cosa sia Cariddi, il gorgo nel quale possiamo esser inghiottiti tutti. Dobbiamo sapere da dove veniamo, come siamo giunti qui, cosa abbiamo perso e cosa guadagnato.

 

La crisi

Tutto è partito con la crisi del modello fordista e, in modo indissolubile, della prima fase del dominio geopolitico statunitense. Una fase che si chiude con la sconfitta in Vietnam e con la crisi del dollaro-oro[1]. È in queste circostanze che tramonta il keynesismo, per quanto ‘bastardo’, e sorge l’egemonia neoliberale. Si tratta di processi lunghi e largamente interconnessi, e che si sviluppano sul piano geopolitico, economico e socio-culturale con sovrapposizioni e slittamenti[2]. La crisi egemonica si compie come intreccio di più ragioni:

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rifonda

A proposito del libro di Paolo Ferrero, operaio alla Fiat

di Maria Grazia Meriggi

083C5FDC 49A2 4D8D B6E6 50704120A919Il libro di Paolo Ferrero sul ’69[1] chiude un anno di convegni, seminari, volumi di ricerca storica anche accademica sullo stesso argomento, ma si propone esplicitamente come un testo militante, di sollecitazione politica. Il che non significa – al contrario – che non tenga conto di molte acquisizioni storiografiche e non fornisca validi elementi di conoscenza per un pubblico di potenziali lettori giovani, molto lontani da quegli eventi. Polemizza esplicitamente e con efficacia contro una lettura che più che dagli storici è stata data dalla stampa e dai media in generale: il ’68 come una ribellione culturale e di costume di studenti della piccola e media borghesia, momento festoso di modernizzazione dei costumi, nel senso delle “fratture post-mterialistiche”, il ’69 come momento novecentesco e “arcaico” di rivendicazione economica e sociale tradizionale, insidiata dalle anticipazioni della violenza degli anni ’70.

Di questa immagine caricaturale e ideologica il libro fa giustizia mettendo costantemente in luce il carattere composito socialmente dei protagonisti del ’68 studentesco come del ’69 operaio, dove entrano in campo – qui anticipiamo il discorso che seguirà – operai e operaie giovani, con una scolarità più elevata dei loro padri ma di prima immigrazione dal Sud, privi di una cultura del mestiere e di una acclimatazione agli ambienti e all’intensità dello sfruttamento del lavoro industriale. Nel “biennio rosso” alla liberazione dei corpi dal perbenismo soffocante delle famiglie praticata nel ’68 rispondeva la libertà e l’integrità dei corpi dalle costrizioni intollerabili dei ritmi e della nocività praticate nel ’69, con scambi continui fra studenti e lavoratori, resi possibili dal “lavoro alle porte” in cui si impegnarono tutti i gruppi politici in quegli anni.

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voxpopuli

Intervista al professor Franco Berardi

di Vox Populi

lenin e trockijFranco Berardi, detto Bifo, nasce a Bologna il 2 novembre del 1949. Tra i protagonisti del movimento del ’77, in particolare della sua ala creativa e fuori dalla tradizione leninista sorta intorno alla rivista A/traverso, ha partecipato attivamente all’esperienza politica di Potere Operaio.

Tra i fondatori di Radio Alice, alle fine degli anni ’70, dopo la chiusura della radio, spicca nei suoi confronti un mandato per “istigazione di odio di classe per mezzo radio”. Ripara a Parigi, dove ha modo di frequentare Felix Guattari e Michel Foucault. Tornato in Italia, ha modo di collaborare con molte riviste tra cui DeriveApprodi, alfabeta2 ed anche il giornale di Rifondazione Comunista “Liberazione”. Tra i suoi libri più importanti ricordiamo: Contro il lavoro del 1970; Mutazione e cyberpunk. Immaginario e tecnologia negli scenari di fine millennio del 1994; Neuromagma. Lavoro cognitivo e infoproduzione del 1995; Il sapiente, il mercante, il guerriero. Dal rifiuto del lavoro all’emergere del cognitariato del 2004; Dopo il futuro. Dal futurismo al cyberpunk. L’esaurimento della modernità del 2013; e Futurabilità del 2019.

* * * *

1) Hai partecipato da protagonista al movimento del ’77, durante questo periodo hai fondato la rivista A/traverso e Radio Alice. Volevo chiederti che legami hanno queste esperienze con il situazionismo e che ruolo hanno avuto nel contestare il partito leninista come forma di organizzazione della lotta del movimento comunista.

Ho letto Debord per la prima volta nel 1977, lo avevo sentito nominare, avevo qualche vaga informazione sul situazionismo anche prima, ma non era qualcosa di ben definito nella mia mente.

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nuovadirezione

Il 25 e 26 gennaio nasce Nuova Direzione

di Nuova Direzione

A Milano si costituisce Nuova Direzione. Approveremo le tesi politiche e lo statuto e decideremo insieme come avviare una serrata presenza sulla scena politica italiana. Chi ci conosce o approva le nostre idee può partecipare da subito, entrare nella discussione delle tesi ed aiutare a definire un nuovo modo di fare politica.

BANKSY E LA STREET ART NORVEGESE IN UNOPERA DI SKURKTUR 003Una Nuova Direzione. Perché?

Oltre la destra, oltre la sinistra. Per il socialismo.

Questa è la nuova direzione che il paese deve scegliere. Un socialismo tutto da inventare, integralmente nuovo. Legittimato dalle diseguaglianze, dalle crisi, dal disastro ambientale e dai rischi di guerra prodotti dal capitalismo. Un socialismo necessario anche per l’Italia, perché solo un forte intervento pubblico può far rinascere il paese e aumentarne la capacità di autodeterminazione, ma solo una gestione socialista e popolare può evitare che esso funzioni come sostegno ai grandi gruppi privati.

Un socialismo che non è un modello predeterminato, da applicare ovunque, ma la ricerca dei modi più adeguati, e quindi diversi da luogo a luogo, per limitare il potere del capitale e favorire quello dei lavoratori.

Un socialismo che, così considerato, non è affatto morto nel novecento, ma si presenta in gradi diversi e con le inevitabili contraddizioni sia nell’esperienza cinese, sia in quella sudamericana, sia nei nuovi orientamenti che sorgono in Inghilterra e negli stessi Stati Uniti. E che può ripresentarsi in Italia dimostrando di saper coniugare l’interesse delle classi subalterne e l’interesse nazionale.

 

Destra e sinistra in Italia, due facce del liberismo

Entrambe vogliono precarizzare il lavoro (salvo inventarsi adesso correttivi di facciata). Entrambe puntano sull’immigrazione, sfruttandola in modi diversi, per indebolire i lavoratori. La destra con politiche minacciose, che avvelenano la cultura del paese, ma lasciano volutamente irrisolto un problema che è fonte perpetua di voti; la sinistra con la vantata propensione all’accoglienza illimitata, che si accompagna a goffi tentativi di limitazione dei flussi.

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militant

Né sardine, né pesci in barile

di Militant

Sardine europeiste superL’istantanea migliore, a livello di analisi delle “sardine”, l’ha fornita probabilmente “La Stampa”, lo scorso 11 dicembre, vale a dire il giorno dopo la manifestazione di Torino. Il quotidiano padronale, infatti, accomunava la piazza torinese alla contemporanea iniziativa di Milano, in cui seicento sindaci accompagnavano la senatrice a vita Liliana Segre in una passeggiata in Galleria, insieme a migliaia di milanesi, per protestare contro la campagna di offese di cui, incredibilmente, era stata fatta oggetto una sopravvissuta ad Auschwitz. Le due piazze, in effetti, erano assolutamente speculari: promossa dal basso (Torino) e suggerita dall’alto (Milano) si incontravano le due facce dell’Italia “civica e civile”, nella tappa intermedia di un percorso che, nato poco più di un mese fa, avrebbe visto molte città italiane aderire ai flash-mob delle “sardine”.

E la sinistra di classe, e quelli come noi? Infastiditi, inorriditi, incuriositi, indifferenti: abbiamo manifestato, da un mese a questa parte, una gamma di atteggiamenti così vari da confermare l’inossidabile difficoltà a incontrarsi, oggi, nelle idee, prima ancora che nelle lotte e nelle vertenze. Ne deriva che la posizione di chi manifesti una lontananza totale – difficilmente eccepibile, peraltro – dalle sardine finisca quasi per essere giudicata come ‘rozza’, ‘elementare’ e ‘superficiale’, lontana – quel che è peggio – dalla necessaria complessità che caratterizza oggi la politica post-ideologica. Sgomberiamo il campo dagli equivoci: nessuna struttura della sinistra radicale rivendica una piena adesione al neonato movimento, né paiono esserci entusiasti endorsement da parte di intellettuali e testimonial di riferimento, a eccezione del compagno Erri De Luca, che avrà avuto i suoi buoni motivi. Al netto di ciò, non manifestare quantomeno interesse verso le occasionali piazze animate da pesciolini di carta e di cartone era considerato pari a rinunciare a un approccio che mischia Machiavelli e realpolitik e che oltraggia quel tempismo, quella capacità di stare con gli occhi aperti, quella propensione a cogliere l’attimo che dovrebbe caratterizzare ogni militante politico.

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vocidallestero

“È giunto il momento di chiudere la triste parentesi politica della sinistra liberale”

Dissent intervista Jean Claude Michéa

Mentre la Francia è paralizzata dalle proteste contro l’ennesima riforma di stampo neoliberale, proponiamo un’intervista al filosofo Jean Claude Michéa. Egli smaschera la sottomissione alle logiche del capitale della cosiddetta sinistra “liberale”, sensibile solo alle battaglie contro le minoranze sostenute dalla “società civile” – ma in realtà strumentalizzate dai ceti dominanti per sviare l’opinione pubblica con obiettivi sostitutivi e impedire il ritorno di una critica socialista al nuovo ordine liberale. Una sedicente sinistra cieca e sorda, quando non connivente, all’ingiustizia di classe. Questa sinistra, gonfia di pregiudizi contro le classi popolari, manifesta idee (se così si possono chiamare) che portano alla società prodotta dall’ideologia neoliberale: una società di monadi disgregate, inevitabilmente disumana. Bisogna chiudere la parentesi rappresentata da questa cosiddetta sinistra, conclude il filosofo francese, come si è chiuso con lo stalinismo

PrideDopo un articolo scritto da Michael C. Behrent sul suo pensiero, la rivista americana Dissent pubblica una lunga intervista al filosofo Jean-Claude Michéa. Questa è stata rilasciata a gennaio 2019, quando i gilet gialli celebravano i loro primi due mesi. Il governo ha iniziato a screditare il movimento e scollegarlo dalle sue basi popolari, puntando l’indice in particolare sulla presenza di “Black block” e gruppi di estrema destra ai raduni di Parigi. Mentre Michael Behrent ha deciso, con l’accordo di Michéa, di tagliare alcuni passaggi che potrebbero essere incomprensibili per i lettori americani, il nostro sito offre la traduzione completa dell’intervista. Nella prima parte, il filosofo è tornato alle sue critiche al liberalismo e alla sua difesa dei gilet gialli. In questa seconda parte, sviluppa le sue critiche alla sinistra liberale.

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Dissent – La xenofobia e l’intolleranza sono in aumento. Combattere il razzismo in questo contesto sembra più necessario che mai. Penso, ad esempio, alla critica al “privilegio bianco” molto diffusa tra i progressisti americani. Per lei, al contrario, l’antirazzismo e le lotte sociali simboleggiano tutto ciò che c’è di falso nel liberalismo culturale. Questa visione non rischia di delegittimare queste lotte in un momento in cui sembrano particolarmente necessarie?

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voxpopuli

Intervista a Carlo Formenti

di Vox Populi

carlo formenti1Carlo Formenti, sociologo, giornalista e militante della sinistra radicale nasce a Zurigo il 25 settembre del 1947. Si laurea in Scienze Politiche a Padova. Negli anni ’70 milita nel Gruppo Gramsci sorto durante la disgregazione del Partito Comunista d’Italia mentre lavora, tra il 1970 e il 1974, come operatore sindacale della Federazione dei Lavoratori Metalmeccanici in cui ricopre il ruolo di responsabile per gli impiegati e i tecnici.

Dopo lo scioglimento del Gruppo Gramsci partecipa all’esperienza dell’Autonomia Operaia da cui si allontanerà progressivamente dopo la prima metà degli anni ’70.

Negli anni ’80 è caporedattore della rivista culturale Alfabeta e lavorerà per il Corriere della Sera e L’Europeo. In questo periodo pubblica libri molto interessanti come “La fine del valore d’uso” in cui analizza i mutamenti avvenuti nell’organizzazione del lavoro con l’introduzione delle nuove tecnologie. Il rapporto tra lavoro, democrazia e nuove tecnologie sarà portato avanti in “Mercanti di futuro. Utopia e crisi della Net Economy” e “Cybersoviet. Utopie postdemocratiche e nuovi media”. In “Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro” si confronta con il lavoro cognitivo e lo sfruttamento nella società post fordista, elaborando un’analisi del plusvalore nella società digitale.

Negli ultimi anni ha pubblicato numerosi libri sul populismo, una sua possibile declinazione da sinistra e l’UE come “La variante populista. Lotta di classe nel neoliberismo” e “Il socialismo è morto. Viva il socialismo! Dalla disfatta della sinistra al momento populista”.

Segnalo inoltre “Tagliare i rami secchi. Catalogo dei dogmi del marxismo da archiviare” in cui si confronta con la tradizione teorica marxista.

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Formenti, dalla lettura dei suoi libri mi sembra di capire che cerca di leggere i conflitti dell’attuale società con il prisma del populismo. Parla di scontro tra alto e basso. Che legami ha la sua lettura con quella offerta in merito da Ernesto Laclau, grande filosofo marxista argentino vicino al peronismo di sinistra?