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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

Intervista a Carla Filosa

Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie

istockphoto 851154908 170667baD. Lo sviluppo di una società socialista presuppone condizioni oggettive e soggettive ben precise. A tuo avviso, queste condizioni sono presenti oggi o sono ancora molto al di là da venire?

R. Ponendo attenzione alle contraddizioni immanenti al processo di accumulazione, si entra nel cuore della crisi attuale, di massa di plusvalore prodotta che non può essere realizzata, cioè trasformata in profitto. Per questo si licenzia senza grossi intralci normativi, riducendo il più possibile i costi relativi al capitale variabile, cercando contemporaneamente di stabilire accordi vantaggiosi per l’acquisto di materie prime a prezzi minori, e se non è possibile mediante la diplomazia, lo spionaggio o i servizi segreti, si destabilizzano paesi con guerre a bassa intensità o per interposta persona a scopo di rapina delle risorse, come possibile. In altri termini lo sfruttamento lavorativo, mai sufficiente per l’accumulazione di plusvalore, dev’essere integrato con la ricerca delle priorità immediate sulla concorrenza internazionale, nella corsa infinita alla supremazia pena la distruzione o vendita necessitata della propria attività produttiva, o in forma mediata, finanziaria. Il ricorrente fenomeno delle controverse dislocazioni produttive mostra inoltre non solo l’attivazione continua del dumping salariale, ma soprattutto la concorrenza tramite l’uso degli stati nell’ottenimento di facilitazioni fiscali, legislazioni depenalizzanti, fruizione di infrastrutture gratuite, appalti per investimenti a basso rischio, ecc.

Questo per quanto concerne la produzione. Per quanto invece riguarda la distribuzione del valore e plusvalore prodotto, a sfruttamento compiuto, i problemi delle proporzioni tra diversi rami produttivi e delle capacità di consumo delle società cui ci si rivolge (nazionali o estere) consistono nella distribuzione antagonistica, propria del capitale, per cui questa avviene in modo sperequato tra una grande massa di persone e una più ristretta di ceti abbienti.

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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

Alessandro Testa intervista Alessandro Volponi

Immagine secondo editoriale 1Alessandro Volponi, laureato in filosofia e giurisprudenza, ha insegnato per qualche decennio storia e filosofia nel liceo classico di Fermo; durante gli anni ‘70, militando nel P.C.I., ha ricoperto ruoli istituzionali come consigliere e assessore comunale e in seguito, negli anni ‘90, consigliere e assessore provinciale con Rifondazione. Collabora con diverse riviste, tra cui “Cumpanis”, nonché con l’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione. È membro del direttivo della sezione provinciale dell’A.N.P.I. 

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Le teorie degli economisti classici, “eretici” e marxisti, al di là delle inevitabili e ben conosciute differenze, manifestano talora inaspettati e sorprendenti punti di convergenza; potresti dirci cosa ne pensi?

Se c’è un “eretico” divenuto nel tempo un classico, quello è certamente John Maynard Keynes, protagonista inconsapevole del più straordinario caso di convergenza tra economisti dal background così diverso quale quello dell’accademico inglese e quello di Michal Kalecki. 

Lord Keynes rifiuta persino di leggere Marx, malgrado l’insistenza dell’amico Sraffa, arriva a rivalutare Malthus per affermare la centralità del problema della domanda effettiva, scopre delle verità contro-intuitive come il fatto che è falso che la flessibilità dei salari renda impossibile la disoccupazione e finalmente sconcerta il mondo proponendo il deficit di bilancio come rimedio alla crisi; Kalecki, scrivendo in polacco tre anni prima della Teoria generale e poi ancora un anno prima, formula nel modo più preciso ed essenziale i temi sostanziali della “rivoluzione keynesiana”. 

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cumpanis

L’attualità e la necessità storica del partito comunista

Intervista a Marco Rizzo

Intervista de “La Pravda”, organo del Partito Comunista della Federazione Russa, al segretario generale del Partito Comunista Marco Rizzo

immagine sez.Interviste RizzoMarco Rizzo, nato a Torino il 12 ottobre 1959, figlio di un operaio della FIAT, si dedica alla politica fin da giovane e si iscrive al PCI nel 1981. Fa parte dei circoli culturali marxisti che venivano definiti “filosovietici” da chi stava mutando genericamente l’anima di quel partito. In quel frangente entra in contatto con grandi dirigenti comunisti, intellettuali e partigiani come Arnaldo Bera, Aldo Bernardini, Armando Cossutta, Raffaele De Grada, Gianni Dolino, Ludovico Geymonat, Lucio Libertini, Sergio Ricaldone, Pino Sacchi, Alessandro Vaia, che segneranno la sua vita politica di militante e dirigente. Tra gli ideatori di Rifondazione Comunista, dopo lo scioglimento del PCI, arriva a ricoprire l’incarico di segretario di Torino e poi di Coordinatore Nazionale. Fondatore insieme a Cossutta e Diliberto del Partito dei Comunisti Italiani. Deputato Europeo e tre volte Deputato Nazionale. Infine, fonda nel 2009 Comunisti Sinistra Popolare, che si trasforma in Partito Comunista col I° Congresso del 2014, seguito poi dal II Congresso del 2017 e il III Congresso del 2020, in cui viene eletto è confermato Segretario Generale. Ha tre figli, laureato in scienze politiche, giornalista e amante della storia e del cinema.

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D. Pandemia, crisi economica globale, collasso del lavoro e delle prospettive per il “futuro”. In Italia, in Europa e nel mondo, da questo stato delle cose la coscienza e lotta di classe ne escono rafforzate, indebolite o del tutto sconfitte? A che punto siamo e cosa ci aspetta?

R. La lotta di classe è il motore della storia. Essa sta continuando in Italia, in Europa e in tutto il mondo. Il punto che caratterizza fondamentalmente oggi la situazione politica tra i vari paesi è il rapporto tra la politica da un lato e l’economia e la finanza dall’altro.

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cumpanis

Unire i comunisti, incendiare l’autunno!

di Fosco Giannini

Immagine per secondo editorialeGli USA di Joe Biden stracciano violentemente, irridendola, la bandiera della lotta imperialista alla Donald Trump, tutta guerre doganali e neo-protezionismo, e fanno di nuovo garrire nel vento planetario quella della minaccia militare, dell’aggressione diretta alla Russia e alla Cina, della messa in campo delle truppe USA-NATO-Ucraina per la conquista del Donbass e della Crimea, con i marines collocati direttamente sul fronte russo, per una guerra “regionale” come premessa inevitabile e preventivata alla guerra mondiale.

Qualcuno può credere davvero, infatti, che un’eventuale e sempre più cercata, da Biden, guerra Ucraina-Russia, con gli USA e la NATO a dirigere le operazioni a Kiev, circoscriverebbe il fuoco in Crimea, nel Donbass, con una Cina, sul fronte antimperialista, silente e un Giappone, sul fronte filoamericano, dormiente?

Di nuovo risuonano ora, drammaticamente, come ai tempi delle guerre in Vietnam, in Jugoslavia, in Iraq, in Libia, in Siria, in Afghanistan, le parole dense di denuncia e apprensione che pronunciò il presidente Dwight Eisenhower, nel suo discorso di saluto alla nazione il 17 gennaio 1961, quando, attraverso le radio e le televisioni, si rivolse al popolo americano e ai popoli del mondo avvertendoli del pericolo immane, per la pace mondiale, rappresentato dal “complesso militare-industriale” americano e dalla sua fame di guerra.

Con l’espressione complesso militare-industriale-politico, coniata proprio in quello storico discorso di commiato, Eisenhower si riferiva all’intreccio inestricabile di affari e interessi tra i gruppi del capitalismo industriale militare americano, gli Stati ove queste industrie erano e sono tuttora collocate, le più alte gerarchie delle Forze Armate americane e gli influentissimi rappresentanti politici di questo fronte all’interno del Congresso, del Parlamento americano.

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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”. Intervista ad Ascanio Bernardeschi

a cura di Alessandro Testa

Il problema vero è il partito: senza un partito effettivamente internazionalista e rivoluzionario, i comunisti sono tali solo idealmente, in quanto manca lo strumento per “abolire lo stato di cose presente”

Immagine Primo EditorialeAscanio Bernardeschi si è a Siena con la tesi "La teoria della crisi economica nel sistema di analisi di Marx”. La tesi venne premiata dalla rivista del Pc "Politica ed economia". Militante della Fgci e poi Pci dal 1963 fino allo scioglimento del partito. Ha aderito subito a Rifondazione di cui è stato segretario di circolo, membro della Segreteria provinciale e del Comitato politico regionale; è stato anche Consigliere provinciale per due legislature. Ha scritto per diverse riviste sia stampate che online ed è attualmente responsabile Economia e Lavoro del giornale comunista La Città Futura.

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È cosa nota che il modello di produzione capitalistico passa per crisi ricorrenti, che sono un inevitabile prodotto delle sue contraddizioni interne. Per prima cosa, ci farebbe piacere discutere con te della natura della crisi globale che l’occidente sta vivendo oggi, a partire da elementi storico-economici che mettano in luce le basi teoriche di quello che sta succedendo.

Occorre prima di tutto sgombrare il campo dalla diffusa opinione secondo cui questa crisi sia provocata dalla pandemia, come pure da quella che la crisi del 2007/8 fosse provocata dalla cattiva finanza; certamente il coronavirus oggi e i mutui subprime precedentemente hanno fatto da detonatore, rendendo la crisi ancora più devastante, ma le cause vengono da molto più lontano e hanno a che vedere con il processo di accumulazione capitalistica.

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marx xxi

Sul documento-appello “Costruire l’opposizione al governo Draghi”

di Andrea Catone*

Alcuni compagni mi sollecitano alla lettura e a un commento sul documento-appello “Costruire l’opposizione al governo Draghi”, elaborato e diffuso qualche settimana fa. Rispondo volentieri, scusandomi del ritardo

GOVERNO DRAGHI ARTICOLO 1200x900Condivido ciò che mi sembra essere il “nocciolo duro” dell’appello: la proposta di (traduco in un linguaggio politico della tradizione comunista) dar vita a un fronte ampio di forze sociali, culturali, politiche, unito sulla base di un programma minimo di classe adeguato ai mutamenti della fase economico-politica attuale sul piano internazionale (presidenza Biden) e nazionale (governo Draghi). Esprimo quindi la disponibilità a lavorare alla costruzione di tale fronte, per trasformare la buona intenzione che esso esprime in concreta realtà vivente, renderlo operativo, dargli testa, corpo e gambe. Cosa che è, nella situazione attuale – come gli stessi estensori dell’appello non si nascondono – molto difficile.

Per affrontare la grande questione che l’appello pone occorre definire con la massima chiarezza possibile:

– la fase politico-economica attuale analizzata dal punto di vista delle “classi subalterne”;

– gli obiettivi di fondo che, rispetto all’analisi di questa fase determinata, il fronte unito deve porsi;

– i soggetti – sociali, politici, culturali – che possono essere uniti nel fronte sulla base del programma.

In merito al contesto internazionale e alle sue implicazioni a livello nazionale

Il documento scrive (le sottolineature sono mie, AC):

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cumpanis

Liquidare il dogma

Intervista a Carlo Formenti

“Liquidare il dogma secondo cui il socialismo è possibile solo laddove le forze produttive hanno raggiunto un elevato grado di sviluppo”

a apoCarlo Formenti, politico, giornalista e scrittore ben conosciuto nell’ambiente marxista, nasce a Zurigo nel 1947 e si trasferisce a Milano pochi mesi dopo; la sua vita politica inizia nei primi anni Sessanta, quando il padre lo inserisce nella formazione bordighista in cui militava.

A partire dal 1967, frequenta i gruppi maoisti, finché contribuisce a fondare il Gruppo Gramsci; dal 1970 al 1974 si dedica all’attività sindacale, che interrompe per completare gli studi, laureandosi nel 1976, con una tesi sull’impatto delle tecnologie informatiche sull’organizzazione del lavoro, pubblicata da Feltrinelli con il titolo Fine del valore d’uso.

Dalla fine degli anni Settanta abbandona la politica attiva, limitandosi alla lotta ideologica e teorica; negli anni ‘80 è caporedattore del mensile “Alfabeta”, e ai primi del Duemila diviene ricercatore all’Università di Lecce, dove riprende le ricerche sulle conseguenze economiche, politiche, sociali e culturali della rivoluzione tecnologica.

Torna alla vita politica attiva negli ultimi cinque anni, militando in alcune formazioni della sinistra sovranista, per avvicinarsi infine al Partito Comunista guidato da Marco Rizzo. Fra i suoi libri più recenti: Utopie Letali (Jaka Book 2013), La variante populista (DeriveApprodi 2016), Il socialismo è morto viva il socialismo (Meltemi 2019).

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Innanzitutto grazie per aver accettato di condividere con noi alcune tue riflessioni su tematiche di grande respiro internazionale e italiano. Come prima questione, ci piacerebbe chiederti quali riflessioni possono essere fatte sul cosiddetto “socialismo con caratteristiche cinesi”, e in particolare cosa questo ci può insegnare riguardo alla transizione tra il modello capitalista e quello socialista.

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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”. Intervista ad Alberto Lombardo

a cura di Alessandro Testa

IMMAGINE PER PRIMO EDITORIALE. LOMBARDO 1024x767Alberto Lombardo è nato a Caltanissetta il 22 aprile 1958 e lì ha fatto i suoi studi primari, frequentando il locale Liceo Classico; ha studiato poi a Palermo Statistica e Scienze Economiche, dove allora insegnavano alcuni tra i più importanti fondatori della statistica e della demografia italiana. Ricercatore nella Facoltà di Ingegneria a 25 anni, dopo 9 anni Associato e dopo altri 9 Ordinario di Statistica per le Scienze sperimentali e Tecnologiche, con interessi scientifici rivolti prevalentemente alle metodologie di sperimentazione nel campo tecnologico e agrario. Membro del Consiglio Direttivo della Società di Statistica dal 1998 al 2002. Iscritto a sedici anni all’Unione della Gioventù Comunista (m-l), partecipa al ’77 palermitano. Brevi e contrastati passaggi al momento dei primi passi di Rifondazione Comunista nel 1991. Successivamente svolge una breve attività nel Confederale dei Cobas. In seguito si iscrive al PdCI per pochi anni. Nel 2007 incontra Rizzo e nel 2009 partecipa alla fondazione di Comunisti-Sinistra Popolare, che nel 2014 diventa Partito Comunista, dove viene eletto nel Comitato Centrale e nell’Ufficio Politico, incarico che mantiene tutt’ora. Attualmente nell’UP del PC ha la responsabilità del Dipartimento Esteri, del Dipartimento Formazione e dirige l’organo on-line lariscossa.info. Per il Partito ha redatto due testi di divulgazione interna: MARX200 e ENGELS220-LENIN150.

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Ogni volta che si affrontano tematiche “alte”, si vedono spesso inarcare i sopraccigli di coloro i quali pensano che certe tematiche al giorno d’oggi siano puro divertissement per intellettuali annoiati. Cosa ne pensi?

La lotta nel campo teorico è di primaria importanza per l’organizzazione proletaria rivoluzionaria.

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machina

Mattarella e il passato oppresso

di Paolo Virno

Un intervento di Paolo Virno che prende spunto dalle esternazione del presidente della Repubblica in occasione della commemorazione di Aldo Moro lo scorso maggio. Una rivendicazione degli anni in cui «si sviluppò uno scortesissimo potere operaio ed ebbe luogo il primo e unico tentativo di rivoluzione comunista in seno al capitalismo maturo»

0e99dc fe485a9a693b420e99978925bc1ee0abmv2Si stanca qualsiasi parola, di più non puoi farle dire. Non è sempre vero, però. Ero sicuro che le parole mie, e di Gianni Riotta e degli altri ragazzi del coro, in lode del presidente Mattarella fossero ormai esauste, simili a moscerini tramortiti dal falò. Poi ho ascoltato le meditazioni presidenziali sugli anni Settanta, pronunciate il 9 maggio, anniversario della morte di Aldo Moro. E ho letto l’intervista pensierosa sullo stesso argomento, rilasciata poco dopo a «la Repubblica» dal custode della Costituzione. Mi devo ricredere: nomi e aggettivi, d’un tratto rinvigoriti, scalpitano per migliorare e correggere e ampliare gli elogi già archiviati. 

Ho esitato a lungo a scrivere, convinto che i fatti su cui ha indugiato Mattarella siano noti a coloro che hanno più di sessant’anni, ma non ai giovani lavoratori precari che, soli, potrebbero seminare disordine e panico nel capitalismo contemporaneo. Se mi sono deciso, è perché non riesco a mettere la sordina al monito di un filosofo ebreo morto suicida, secondo il quale la redenzione del passato oppresso (gli anni Settanta, nel nostro caso) è affidata per intero ai conflitti più attuali, ingaggiati da uomini e donne che con quel passato non hanno dimestichezza alcuna. Uno sciopero riuscito dei dipendenti di Amazon riscatterà certi episodi tumultuosi di mezzo secolo fa, restituendo loro verità e buonumore. Per questo, però, non sembra inutile dare qualche notizia, scarna quanto un segnale stradale, sul passato oppresso che attende redenzione dai dipendenti di Amazon. Pongo dunque rimedio, con un ritardo imbarazzante, al peccato di omissione di cui mi sono macchiato nei confronti del suggestivo album di ricordi che il garante della democrazia, in balia di mutevoli stati d’animo, ha sfogliato nello scorso maggio. 

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cumpanis

“Speciale”! L’essenza, per le fondamenta

A giorni su "Cumpanis"!

Progetto politico-editoriale di Fosco Giannini e Alessandro Testa. Interviste a cura di Alessandro Testa

Immagine per il lancio dello Speciale 696x518Quadro internazionale e pericoli di guerra; imperialismo/antimperialismo dopo la caduta dell’URSS; crisi del movimento comunista in Italia; percorsi per l’unità dei comunisti e delle comuniste. “Cumpanis” interroga i dirigenti, gli intellettuali, gli economisti, i filosofi comunisti, marxisti italiani per contribuire a una prima “accumulazione intellettuale originaria” da investire per il grande compito che la fase oggettivamente richiede: ricostruire un partito comunista nel nostro Paese all’altezza dei tempi e dell’odierno scontro di classe, un partito di quadri con una linea di massa.

Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario. Non si insisterà mai troppo su questo concetto in un periodo in cui la predicazione opportunistica venuta di moda è accompagnata dall’esaltazione delle forme più anguste di azione pratica”. Lenin, 1902, Che fare.

La prima parte di questa affermazione di Lenin è tanto nota da essere divenuta una sorta di litania tra i militanti comunisti: litania, certo, ma mai “prassi teoretica” da parte dei gruppi dirigenti comunisti italiani successivi alla lunga “cronaca annunciata” del suicidio del PCI.

Mai questa litania si è concretizzata nell’impegno a sciogliere i grumi teorici che la storia del dissolvimento e depauperamento del movimento comunista italiano – che tra il lungo processo di socialdemocratizzazione del PCI e questi ultimi, “nostri”, tre decenni è giunta al mezzo secolo di azione attiva nefasta – è andata moltiplicando.

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rete dei com

“Il capitalismo distrugge il mondo. Una sfida per i comunisti nel XXI Secolo”

Assemblea nazionale della Rete dei Comunisti – Roma, 2 e 3 luglio 2021

di Rete dei Comunisti

“Dopo oltre venti anni nel terzo millennio, è tempo che i comunisti di questo Paese e di quest’area del mondo si mettano di nuovo al passo con la Storia, individuando gli assi portanti del prossimo futuro nonché delle modalità con cui è possibile esercitare un ruolo attivamente rivoluzionario in questi tempi. Saper guardare al futuro è la chiave di volta per superare definitivamente la sindrome da sconfitta che ha afflitto tutta la cosiddetta “sinistra” dopo la Caduta del Muro”

AssembleaNazionale rdc 2021Così recita l’incipit della prima tesi che la Rete dei Comunisti porterà in discussione nella sua assemblea nazionale di inizio luglio. Una assemblea che cade al termine della fase più acuta – per i paesi occidentali –della pandemia, formidabile acceleratore di quella crisi sistemica del modo di produzione capitalistico sulla quale, in questi anni, abbiamo concentrato la nostra analisi e la nostra critica militante.

I fatti che si susseguono ogni giorno ci pare diano ragione, ancora una volta, ai fondamenti della teoria marxista sulla formazione sociale dominante e sulla sua potenziale caducità. In forme sempre originali si ripropongono ciclicamente le storture di fondo di un sistema che non riescea rispondere ai bisogni di sviluppo armonico dell’umanità, per sé e nella sua interazione con la natura e la biosfera.

La gestione criminale della pandemia è stata, e continuerà ad essere, una cartina di tornasole della condizione sociale entro la quale i vari modelli di capitalismo tenteranno di imporre, per il prossimo futuro, la continuità dello sfruttamento della mano d’opera e della natura.

Con il progressivo venir meno dei rapporti di forza determinati dalla spinta dell’Ottobre e dal potente conflitto di classe del ‘900, gli “spiriti animali” del capitale rispondono all’attuale crisiaccelerando i tempi della competizione globale, in uno scontro di tutti contro tutti,soprattutto controquei nuovi soggetti statuali – in primis la Cina – in grado di mettere in discussione l’egemonia affermatasi nella breve epoca della globalizzazione ad egemonia statunitense, seguita all’89.

In questo frangente storico i comunisti sono chiamati a dare risposte all’altezza delle sfide che hanno di fronte. L’assemblea alla quale vogliamo chiamaretutti i nostri iscritti, ma anche tutte le soggettività comuniste e conflittuali, organizzate o meno, intende proporre un confronto sulle sfide che emergono dalla crisi di egemonia del presente modo di produzione.

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perunsocialismodelXXI

Cinque buone ragioni per essere comunisti (e non di sinistra)

di Carlo Formenti

In coda a un dibattito sulle "Prospettive del comunismo oggi" al quale ho partecipato ieri sera (trovate qui il video: https://fb.watch/5BfY9aMSQW/ ) Marco Rizzo ha annunciato la mia candidatura come capolista del Partito Comunista alle prossime elezioni municipali di Milano. I motivi che mi hanno convinto a compiere questa scelta erano già impliciti nel post "Riflessioni autobiografiche di un comunista (finora) senza partito", che avevo pubblicato non molti giorni fa su questo blog. Ma ho ritenuto che fosse il caso di ribadirle e sintetizzarle qui di di seguito

komintern 5Perché il comunismo è un’ideologia più giovane e vitale del liberalismo

Chiarisco che il termine ideologia è qui inteso nel senso forte, positivo che Gramsci e Lukacs gli attribuivano: non falsa coscienza bensì l’insieme dei valori, principi, visioni del mondo, conoscenze, memorie collettive, ecc. che costituisce l’identità sociale e antropologica di una determinata classe (anche quando essa perde consapevolezza di sé dopo avere subito una dura sconfitta da parte degli avversari). Ciò posto, va ricordato che l’ideologia comunista è giovane: se ne fissiamo la nascita alla pubblicazione del Manifesto di Marx ed Engels (1848) non ha ancora due secoli di vita (mentre il liberalismo ne ha almeno sei). I suoi fondatori furono troppo ottimisti nel prevederne il trionfo in tempi brevi. Oggi sappiamo che la via è lunga e difficile, costellata di avanzate e ritirate, vittorie (come quelle del 1917 in Russia e del 1949 in Cina) e sconfitte (come quella del 1989 che ha visto il crollo dell’Urss). Ma sappiano anche che, malgrado i cinque monopoli (Samir Amin) sui quali può contare il nemico di classe (sui mezzi di produzione, sulla finanza, sulle tecnologie, sulle conoscenze scientifiche, sui media), e malgrado il disastro dell’89, la via socialista ha dimostrato una poderosa capacità di resilienza, soprattutto nell’Oriente e nel Meridione del mondo, al punto che oggi, grazie ai trionfi dello stato/partito cinese, è di nuovo in grado di contendere al capitalismo occidentale il dominio mondiale, come dimostrano

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cumpanis

Sinistra, disciplina e libertà

di Alessandro Pascale

Dialogo Magris-Rizzo, "Corriere della Sera", 28 marzo u.s.: alcune considerazioni

Foto per articolo PascalePerchè ancora  un partito comunista?

Magris fa notare come il Partito Comunista guidato da Rizzo sia «un partito nel senso classico del termine anziché una fluida formazione come molti altri attuali raggruppamenti politici, numericamente più forti»; «il suo Pc è piccolo, ma non è un gruppuscolo; è immune dalla superbia ideologica, culturale e vagamente esoterico che caratterizza spesso le cerchie dei pochi fieri di essere pochi, una supponente aristocrazia d’accatto». Più avanti caratterizza l’azione del partito così: «l’elemento più originale del suo discorso è la critica a chi si proclama di sinistra mentre ne ignora o ne viola, a suo avviso, alcuni valori fondamentali».

La sorpresa di Magris riguardo alla tenuta “solida” del PC merita una riflessione. Il sociologo Zygmunt Bauman ha descritto la società occidentale con la formula della “modernità liquida”, caratterizzata dal dissolvimento di ogni legame stabile e duraturo. L’egemonia ideologica in questa società è la cosiddetta “condizione postmoderna”, ossia la morte delle “ideologie”, o dei “pensieri forti” (Vattimo) che dir si voglia. La caduta della modernità in questo pastiche che propugna politeismo dei valori, relativismo estremo, fino addirittura all’aperto scetticismo moderno è un processo che si è accompagnato cronologicamente all’offensiva neoliberista. Il testo fondamentale del postmodernismo, firmato Lyotard, data 1979, esattamente lo stesso anno in cui la Thatcher e Reagan annunciavano il ritorno in grande stile della pratica mercantile spinta a livelli fondamentalisti. 

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operaviva

Lotte di classe nel capitalismo avanzato

Avventure della dialettica nel lavoro di Hans-Jürgen Krahl

di Andrea Cavazzini 

l portavoce dellUnione degli Studenti Socialisti SDS Hans Jurgen Krahl r al leggio. Il 28 maggio 1968 nella Grand Broadcasting Hall dellHessisc 940x704Un teorico critico e la sua congiuntura

Questa rapida esposizione dedicata a Hans-Jürgen Krahl (1943-1970) è strettamente connessa ad altre riflessioni sviluppate in altri testi dedicati alla Germania e al movimento studentesco in generale1. In effetti, Krahl riflette sull’aporia connessa alla relazione esistente tra il proletariato e la sua coscienza (che possiamo formulare come relazione tra classe e coscienza di classe, o perfino tra strutture sociali e determinazioni politiche). Una riflessione che si incontra anche pensando alla congiuntura dell’Europa centrale e del marxismo tedesco nel periodo immediatamente precedente e immediatamente successivo alla Rivoluzione d’ottobre, alla I guerra mondiale, e al fallimento della Rivoluzione tedesca. Prima della I guerra mondiale, queste aporie riguardavano in prima battuta la contraddizione tra, da una parte il peso sociale e politico del movimento operaio tedesco, la forza e il prestigio delle sue organizzazioni, dall’altra la sua drammatica impotenza politica, la sua posizione subalterna nei confronti dello Stato imperialista, la sua acquiescenza alle ideologie conformiste, la sua impreparazione tattica e strategica al tempo della caduta del Reich. Dopo la guerra, questa contraddizione prese la forma di una distanza tra la radicalizzazione politica degli strati intellettuali verso destra e verso sinistra (che sublimò la crisi della civiltà borghese, l’espansione di una accesa, perfino apocalittica atmosfera ideologica, la formazione di uno strato di militanti preparati per l’azione rivoluzionaria professionale – diffusione di discorsi e pratiche bolsceviche, la fondazione della Terza Internazionale); e una offensiva delle masse che sembrava definitivamente bloccata a Ovest, e destinata a una stabilizzazione di lungo termine nella Russia sovietica.

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osservatorioglobalizzazione

Raniero Panzieri, i “Quaderni Rossi” e la nascita del neomarxismo italiano

di Lorenzo Villani

panzieriLa figura di Raniero Panzieri ci conduce a mettere in luce le radici del neomarxismo italiano. Personaggio controverso, è stato uno dei principali esponenti di una delle maggiori esperienze teoriche del nostro Paese. Fondatore dei Quaderni Rossi e principale esponente dell’operaismo italiano, nasce nel 1921 a Roma e muore nel 1964 a Torino.

Occorre soffermarsi brevemente sulla sua vita. Laureatosi, ottiene una cattedra presso l’Università di Messina, ove intraprende un’impegnata attività militante fra le fila del Partito Socialista Italiano, divenendone dirigente locale. Sono infatti molteplici i settori di lotta che lo vedono protagonista: dalle occupazioni delle terre agli scioperi presso le miniere di zolfo. Attività militante che, però, lo porterà ben presto a terminare la sua carriera accademica[i]. L’università infatti lo escluderà dall’insegnamento alla luce del suo impegno politico. Conclusa tale fase, Panzieri si trasferirà a Roma. Nella capitale continuerà il suo lavoro da dirigente del partito, divenendo poi co-direttore della rivista Mondoperaio, organo ufficiale del Psi il cui direttore era Nenni. Tutto cambierà in occasione del congresso del ’57. È in tale momento che Panzieri evidenzierà le contraddizioni e le criticità di quest’ultimo.

Si giunge così alla fondazione dei Quaderni Rossi, i quali daranno vita ad una fase inedita nella quale occorre evidenziare l’ampia portata rivoluzionaria sia in termini teorici che pratici.