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Ilva: (ri)sorge il paradigma radicale

di Karlo Raveli

Non è un caso che praticamente tutte le correnti ideologiche e teoriche che si richiamano alla classe operaia non abbiano ancora colto il terremoto realmente generale di classe che si è scatenato a Taranto. Cominciando dalle sinistre del sistema (partitocrazia, Il Manifesto, ALBA, ecc.) e senza escludere, purtroppo, parte del post-operaismo. Un cataclisma che presenta molti riflessi negativi, come a Roma, nel quartiere San Lorenzo, dove il paradigma lavorista consuma e abbrutisce tutto, senza che si prospettino vie d'uscita di classe.


Lotta all' Ilva, dell' Ilva o sull' Ilva?


È la più importante acciaieria europea ad essere al centro del “conflitto sociale”, ma non si tratta di una classica battaglia del settore lavoratore (della classe operaia). Non è solo una lotta sindacale, lavorista. Diretta da un movimento sociale istituzionalizzato - i sindacati, appunto – che rappresentano una figura operaia specifica. Coloro che lavorano come impiegati del Capitale (o dello stato), qui oltretutto sfruttati in un classico settore industriale. È qualcosa di ben più grosso, che va oltre questioni di prezzi, tempi e modi dello sfruttamento di fabbrica!

Nemmeno si tratta di lotta territoriale circoscritta a questioni di impiego, precarietà e disoccupazione regionale. Cioè uno scontro tra fabbrica dello sfruttamento contro “diritti” e “dignità del lavoro” (ALBA) generale (Fiat).

Quindi sempre e solo centrata sul paradigma dell'impiego/lavoro dell'operaio-lavoratore - dove teoria e ideologia equiparano sempre e solo il “soggetto di classe” con il lavoratore! - cioè rivolte prima di tutto agli occupati più o meno fissi della classe. Tra l'altro sempre più minoritari rispetto all'universo operaio complessivo.

Al contrario, le contraddizioni sono ben più estese dell'ambito del territorio-lavoro. Sono bioregionali in tutte le accezioni del termine.


Taranto e 99%.


Attorno all' Ilva esplodono quasi tutte le contraddizioni del sistema capitalista, ecologiche, culturali, e poi politiche e istituzionali. Dove la contraddizione reale e generale tra operai e padroni attraversa o si manifesta nelle contraddizione secondarie o interne delle due classi antagoniste, qui in particolare con una visibilità di tutti i rispettivi settori della classe operaia, oltre l'occupazione-sfruttamento plusvalorista, e il suo negativo di disoccupazione. Perché vi si affaccia la riproduzione-famiglia, l'ambito operaio dello studio-formazione, la precarietà-migrazione e, fondamentale, l' emergenza organizzata della coscienza ecologica operaia. Ormai irrefutabile. Tutto ciò come potenziale - per ora - forza di classe in una moltitudine che l' interclassismo nordamericano racchiude tuttavia nel famoso 99%.

Contraddizioni che poi si rispecchiano nei diversi settori della classe opposta, e quindi nel potere economico, istituzionale... tema su cui non urge soffermarsi per ora, se non per ricordarne gli agganci con le fasce operaie capitalizzate – siglate come ceto medio - non solo di capi, tecnici e capetti, ma ormai includendo le frange articolate nelle funzioni strategiche del sindacalismo...

...che appunto non accetta di mollare la presa sul suo terreno di caccia, i lavoratori. E che quindi opera per evitare che scatti o si acceleri - come a Taranto - la ricomposizione della classe sul binario di questioni sempre più essenziali di salute/sfruttamento, quindi temi più profondi del territorio, bioregionali e culturali, di cui la classe, l' INSIEME DELLA CLASSE OPERAIA, sta assumendo il protagonismo.

Ecco perché queste sinistre lavoriste, capitalizzate nel sistema, rifiutano nei fatti i due assi strategici di ricomposizione operaia e solidarietà proletaria (mondiale ormai): ripartizioni radicali d'impiego/lavoro, e redditi sociali universali e incondizionati! Intesi globalmente, come le otto ore di 120 anni or sono!

Quindi ecco le nuove figure politiche operaie che insorgono come movimenti sociali altri che i sindacati istituzionalizzati: a Taranto il centrale CCLLP, ormai cuore e cervello della lotta. Operaia e proletaria. Che rispecchia sempre più contraddizioni e arricchimenti di altri movimenti simili, europei o nordamericani. E, allo stesso modo, in connessione con altre figure del proletariato tarantino, oltre la classe operaia: contadini, raccoglitori, artigiani, turismo, ecc.


Paradigma radicale?


Sì, poiché appare evidente come non mai l'origine storica delle classi, la loro radice organica, generale e assoluta, definita da Marx per la nostra era come la contraddizione principale del capitalismo (appropriazione, depossesione-esproprio, e quindi proprietà privata dei beni comuni, contro realtà/necessità collettiva della produzione, cioè la sua intrinseca socialità).

Pertanto, in primo luogo, l'esproprio del comune. Legato agli altri due elementi che determinano la classe:

* l'alienazione generale, estesa dall'alienazione proprietaria (di spazi, materiali, mezzi di produzione) ai rapporti sociali - e di genere - di potere, alla cultura (conoscenza, informazione). E quindi sussunzione delle classi espropriate a leggi, etiche e processi di sviluppo delle classi proprietarie. Da cui sorge la dipendenza ancor più alienante del terzo condizionante:

* lo sfruttamento del lavoro operaio, la imperiosa necessità individuale di impiego per poter sopravvivere, la sua spesso abbrutente ricerca (migrazioni), con successivi nuovi processi d'alienazione (esproprio di tempo e di valore creato). Quest'ultima condizione assunta poi dall'etica e pensiero lavorista (sinistre del sistema e sindacati) per rinchiudere la definizione di classe nel solo lavoro/impiego/sfruttamento. Con i suoi derivati politici e le sue lotte esclusive. Seguendo la “stella polare” dell'ALBA, la centralità del lavoro. Sfruttato, chiaro.



Operaio Gaia


Quindi il paradigma reale di classe - che allora - ripetiamolo, porca miseria - non si fonda unicamente su lavoro e sfruttamento - scoppia attorno all' Ilva nel modo più clamoroso: la classe non è classe lavoratrice, ma operaia nel senso ampio, completo, radicale e originario. Dove anche proprietà e 360° di alienazione ne determinano caratteristiche, funzioni e centralità sociale. E quindi ne definiscono l'antagonismo radicale universale con il sistema. Contro tutti i suoi valori e principi: cominciando proprio negando l'assoluto esclusivo del Sacrosanto Lavoro Sfruttato! Più o meno repubblicano o costituzionale che sia. La “stella polare” del capitalismo ...socialista.

C'è chi parla di Classe Operaio Gaia, in altri paesi: la maturazione della classe nella sua coscienza bioregionale, ecologica e igienica. La classe al completo e cresciuta, che assume tutte le contraddizioni del modo di sviluppo dominante. Che rimette quindi nel contesto operaio generale il settore impiegato/lavoratore/produttore. Cioè: che vuole o tende a ricomporsi politicamente su tutto l'arco delle contraddizioni centrali e bioregionali del sistema, e non solo nella centralità lavorista, la sintesi epocale Capitale/Lavoro.


Non-operaismo. Operaismo non operativo, come operatore di comunismo

Una sfida al post-operaismo della “Italian Theory”: cosa significa veramente la lotta di Taranto contro stato e padroni? Che conricerca può servire ora nella Puglia per accelerare coscienza e ricomposizione (politica e per sé) di classe?

Visto che possiamo tuttavia considerare questa corrente, diciamolo così, di pensiero, ormai una realtà internazionale, e richiamo inevitabile e centrale di lavoro teorico e politico, cioè probabilmente la più avanzata e coerente nel discorso marxista, vorremmo, o sogneremmo, che invece di grandi voli pindarici sulle moltitudini, o di sarcastici appunti alla filologia marxista, affronti invece una severa autocritica su certe forme di lavorismo - non certo superate con lo storico “rifiuto del lavoro” - con cui si è assunto fin'ora il concetto di operaio. Che NON PUÒ ESSERE SINONIMO di lavoratore, e “lavoro vivo”. Almeno che si inventi qualcos'altro per denominare la classe “al completo”, reale.

Se anche chi NON lavora con impiego sfruttato lo chiamiamo “lavoratore”, e quindi ogni operaio disoccupato, riproduttore, in formazione, ... sarebbe un lavoratore, come nominiamo la classe dei deposseduti e alienati, e per questo costretti alla RICERCA di un impiego dignitoso, anche come migranti (Roma!), precari, stagisti, ecc? Cioè la classe come corpo vivo integro, e contraddizione antagonista, radicale e generale di questo modo di sviluppo? Oltretutto oggi mondialmente integrata, connessa, o inter-articolata, con i settori d'impiego stabile sfruttato e produttivo classico sempre più minoritari?

Classe operaia mondiale, con le sue migliaia di estensioni bioregionali, ognuna con differenti composizioni, lingue e culture.


Per finire, sulla filologia


Una volta per tutte: i concetti sociologici di classe sono armi del capitale. Spesso, o quasi sempre nel senso della classe presuntuosamente antagonistica (quella dei “lavoratori”) sono strumenti essenziali delle sinistre. Sinistre lavoriste del Capitale. Del suo sistema - politico-istituzionale, per cominciare - e nel fondo anticomuniste. Anche se pretendono o sVentolano ideologie anticapitaliste, fino al punto da manifestarsi o definirsi comunisti...

Classe è strumento teorico, di dialettica analitica e politica, come il radar che ci guida nel chiarire processi sociali, economici, culturali, politici..! Non esiste classe come corpo fisico solo ideologicamente ricomposto, o nelle statistiche, che molti continuano a cercare e convocare dietro striscioni.

Mai come oggi la classe operaia è una composizione cambiante, intrecciata e infinita di settori, figure, estensioni territoriali - cioè bioregionali o culturali - come gran parte del proletariato mondiale. La cui RICOMPOSIZIONE si verifica unicamente, come ora a Taranto, innestata nelle radicalità più profonde dei processi sociali. In tutte le contraddizioni più o meno laceranti del sistema. Non privilegiandone sempre solo una, anche se chiave di volta del processo di sviluppo economico: nell'ambito della valorizzazione produttivistica. Valorizzazione tradizionale o industriale, parlando dell'Ilva.

La classe operaia non si definisce solo all'interno della valorizzazione classica, industriale, con le sue vittime immediate e dirette: il settore produttore della classe, coloro che il capitale ha scelto da spremere. Nemmeno cercando di includervi prosumer e prousuari, cioè nuove forme e figure della valorizzazione bio-cognitiva. Bensì sulla base di tutte le coordinate di riproduzione del sistema. La proprietà, la depossessione, l' accesso e le nuove forme di relazione proprietaria, per cominciare, e torniamo quindi all'inizio. Taranto: ri-collettivizzazione reale - senza trucchi socialisti - dei Beni Comuni. Quindi comunismo con tutti i suoi contenuti, non ideologici ma materiali e disalienanti...

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