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Sulla necessità di schierarsi

di Elisabetta Teghil

Il 26 luglio del 1956 Nasser annunciò la nazionalizzazione del canale di Suez. In risposta Israele il 29 ottobre occupò la striscia di Gaza e la penisola del Sinai. Il 31 ottobre gli Inglesi e i Francesi bombardarono Il Cairo e il 5 novembre occuparono Port Said.

Nasser affondò le 40 navi presenti nel canale di Suez per impedirne la navigazione.


Secondo una lettura che oggi serpeggia a sinistra, le manifestazioni fatte, a suo tempo, a sostegno dell’Egitto e di Nasser sarebbero state improvvide e sbagliate perché avremmo dovuto dire né con Nasser, né con gli Israeliani, Francesi e Inglesi.

E, sempre secondo questa lettura, capziosa e pretestuosa, Nasser non era socialista, tanto meno comunista e, pertanto, non avremmo dovuto essere dalla sua parte.


Nell’aprile del 1962 gli Stati Uniti organizzarono/finanziarono un’invasione di Cuba, quella che è passata alla storia come l’invasione della Baia dei porci.

Anche in quell’occasione scendemmo in piazza a favore di Cuba contro gli Stati Uniti.

Altro errore, secondo la vulgata di quella sinistra di cui parlavamo prima, perché dietro Cuba ci sarebbe stata l’Unione Sovietica e quindi rientrava tutto nelle dinamiche della “guerra fredda”.


Giovanni Ardizzone che partecipò ad una manifestazione indetta il 27 ottobre del1962 a Milano in sostegno di Cuba e contro gli USA e la presenza delle loro basi in Italia, fu ucciso dalla Celere di Padova. Sicuramente, secondo i soliti di cui parliamo, non aveva capito niente. L’allora ministro degli Interni disse che era stato un incidente automobilistico, oggi raccontano che era un pacifista, omettendo volutamente che era un militante comunista e che partecipava ad una manifestazione antimperialista.


Tanti e dolorosi sono gli episodi che potremmo ricordare: Mossadeq in Iran, Sukarno in Indonesia…. a proposito, quando l’11 marzo del 1966 fu rovesciato da un colpo di Stato promosso dagli Stati Uniti, la prima iniziativa del generale golpista filo occidentale, Suharto, fu di uccidere 500.000 comunisti, per la maggior parte di origine cinese; evidentemente apparteneva alla stessa scuola che pensa che siano tutti imperialismi e che dietro Sukarno c’era l’imperialismo cinese… Che errore le manifestazioni a favore del Vietnam, dettate dalla giovane età e dall’inesperienza! Finalmente qualcuno ci avrebbe aperto gli occhi: dietro il Vietnam c’erano la Cina, l’URSS e gli equilibri imperialisti!


Ci dobbiamo fermare qui o dobbiamo continuare con Allende, Bosh, Aristides, Sankara….per non parlare di Lumumba e delle guerre interetniche promosse in Angola e Mozambico?


Questo modo di leggere le vicende nei paesi del terzo mondo si traduce, volente o nolente, in una forma di complicità con l’imperialismo occidentale, con una rilettura di quelle lotte di liberazione a cui viene tolta ogni valenza politica e vengono ridotte ad uno scontro tra imperialismi.

Risultato? L’aggressione alla Jugoslavia, all’Iraq, alla Libia e oggi alla Siria.


Il 9 ottobre del 1967 in Bolivia, in una località chiamata La Higuera, veniva ucciso Che Guevara. Nel dolore per la sua perdita almeno un conforto: oggi, in questa stagione , con il consenso e/o le prese di distanza di alcuni che si autodefiniscono di sinistra, sarebbe stato portato all’Aja per essere processato dal TPI per i così detti “crimini” commessi dal governo rivoluzionario cubano.

Lo stesso Che, nella sua ultima lettera scritta prima di lasciare Cuba e di andare in Bolivia, scrisse che i popoli non dovevano più fare il tifo nello scontro con l’imperialismo statunitense, ma entrare nell’arena e partecipare alla lotta.

Quando uno muore si dice sempre che la terra gli sia lieve, noi aggiungiamo almeno non hai dovuto assistere a queste miserie morali che accompagnano le vicende attuali.

Naturalmente oggi ci sono tutte le condizioni per invadere Cuba, perché in quel paese non ci sarebbe il socialismo, quella di Castro sarebbe una dittatura e noi dovremmo stare dalla parte della classe operaia cubana.


E’ il trionfo del neoliberismo, la stadio dell’autoespansione del capitalismo i cui valori ideologici sono introiettati da segmenti della sinistra ed il fatto che siano in buona o cattiva fede a questo punto diventa secondario.

E la delegittimazione delle lotte dei popoli del terzo mondo si trasforma in razzismo perché noi occidentali, buoni e disinteressati, portiamo loro la democrazia e, anche se loro non lo capiscono, lo facciamo per il loro bene.

Questo meccanismo si traduce nelle vicende nazionali con l’occupazione militare della Val di Susa, di L’Aquila e di tutti i territori sottoposti a servitù militari o alla presenza delle basi Nato, maniera elegante per dire statunitensi.

Una volta si discuteva: fuori l’Italia dalla Nato o fuori le basi Nato dall’Italia. Oggi dal dibattito il tema dell’Italia nella Nato o delle basi Nato in Italia è completamente rimosso.

Queste persone che perseguono la lettura di cui parlavamo, che si presentano tanto colte, che tutto sviscerano, non vedono il legame diretto tra le guerre umanitarie e lo smantellamento delle conquiste sociali nel nostro paese? Non leggono la correlazione tra il non schierarsi e l’essere partecipi della demonizzazione, di volta in volta, di una categoria sociale? e della demolizione di tutte le forme di resistenza al neoliberismo?


Noi lo ribadiamo con forza: siamo partigiane, ci schieriamo, siamo dalla parte dei popoli che resistono all’imperialismo.

Lo diciamo con chiarezza, in Siria come in Libia non c’è nessuna sollevazione popolare. E’ un’aggressione perpetrata da terroristi fondamentalisti islamici, finanziata dagli emirati arabi con mercenari addestrati e armati dai Servizi americani e inglesi.

Se avessimo voluto parlare di “pace”, saremmo andati tutte/i a San Pietro. E saremmo state/i ipocrite/i, perché sappiamo benissimo tutte/i che non esiste pace se c’è un aggressore e un aggredito.

Vogliamo la sconfitta dell’aggressore e questa passa attraverso la sconfitta dell’imperialismo occidentale.

Non ci facciamo irretire in discussioni pretestuose sul fatto che tutto è imperialismo e tanto meno che a noi interessano solo le sorti della classe operaia e dei popoli, perché gli interessi di questi ultimi passano attraverso la sconfitta dell’imperialismo statunitense. Conseguita quella andiamo a qualsiasi trattativa e ci mettiamo attorno a qualsiasi tavolo.

Ragionando come i soliti di cui parlavamo non avremmo dovuto fare neanche la Resistenza e Mao non avrebbe dovuto allearsi con Chiang Kai-Shek per cacciare i giapponesi dalla Cina.

Questo paese, sto dicendo l’Italia, che è stato sempre a sovranità limitata, in passato con tutti i limiti della democrazia rappresentativa si sceglieva i propri governanti, oggi è diventato un protettorato anglo americano e ci mandano i quisling.

Il neoliberismo è ideologia, è lotta di classe, quella a cui ci hanno convinto a rinunciare per averne il monopolio.

Tutto è cominciato con l’aggressione alla Jugoslavia e mira, attraverso la tattica delle foglie di carciofo, passando attraverso la preventivata guerra all’Iran, alla resa dei conti con la Russia e la Cina.

Non ci sono terze vie, non ci sono spazi di neutralità.

Nella vita tutto è politico anche quando qualche anima bella afferma che siamo apolitici o che qui non si fa politica, di fatto la fa e si colloca.

E quando, sempre le anime belle, dicono di essere né con una parte né con l’altra, ed evocano strumentalmente la classe operaia e non prendono posizione, non solo non la aiutano, ma contribuiscono a perpetuare l’oppressione dei popoli in questo paese e nel terzo mondo.

Dobbiamo schierarci , il neutralismo del governo del Fronte Popolare francese durante la guerra civile spagnola, ha contribuito in maniera importante alla vittoria del franchismo.

L’antimperialismo va calato nel concreto, non va annullato nell’indistinto magma “sono tutti imperialisti”.

Le prese di posizione non possono essere rinviate in attesa di una catarsi perché un evento rivoluzionario viene costruito nelle continue scelte dettate dall’agenda e dagli avvenimenti politici.

Ora e qui abbiamo il dovere di collocarci, di prendere posizione, di lottare contro l’imperialismo anglo-americano e il nostro contributo è di mettere all’ordine del giorno l’uscita dell’Italia dalla Nato e la chiusura di tutte le basi.

Secondo la lettura di cui parlavamo, non dovremmo appoggiare il movimento NoMuos, né quello NodalMolin e neanche la lotta della Val di Susa perché non parlano di classe operaia e di lotta di classe.

Ma che modo di procedere è questo di separare i momenti e non riportarli mai ad unità e non vedere le interconnessioni che ci sono!

Sempre secondo la lettura di cui sopra non dovremmo essere antiamericane/i, ma solo antimperialiste/i come se l’una e l’altra cosa fossero in contraddizione.

Annullando tutto nel calderone di un indistinto imperialismo si rimuove il ruolo centrale dell’imperialismo americano, quello con cui tutti dobbiamo fare i conti quando tentiamo di percorrere strade alternative a questa società.

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