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iltascabile

La signora delle merci

Breve storia della logistica

di Cesare Alemanni

Next City Storage City IV 2013Fino a marzo 2020 termini come “supply chain”, “filiere”, “catene del valore” circolavano solo tra specialisti. Negli ultimi tempi le cose sono cambiate. Il covid, la guerra in Ucraina e le tensioni sino-americane hanno messo alla prova i sistemi di produzione-distribuzione da cui dipende l’economia contemporanea. Gli effetti sono noti: l’inflazione che sta erodendo il nostro potere di acquisto ha origine dallo sfibrarsi delle catene di approvvigionamento, ancor prima che dalla crisi energetica.

Per questo motivo, ve ne sarete accorti, di recente si parla di supply chain anche al bar. Il dibattito, tuttavia, si è mantenuto sulla superficie delle cose. Non ci si è per esempio chiesti cosa, col tempo, abbia reso le filiere tanto fragili e conduttive per gli shock operativi ed economici. Quali siano i loro presupposti. Quali strumenti, in condizioni normali, ne garantiscano il funzionamento. L’interesse per i problemi delle “supply chain” non si è tradotto in pari curiosità per i temi della logistica. È curioso. La logistica non è solo responsabile del funzionamento delle filiere, è la ragione della loro stessa esistenza. Essa è molto più di un collante materiale delle supply chain e del loro modello socioeconomico (semplificando: la globalizzazione): è il loro orizzonte di possibilità, in senso materiale e concettuale. Già, ma cos’è la logistica?

Se ponessimo questa domanda a cento persone, otterremmo cento diverse risposte. La definizione che provo a fornire nel mio libro La signora delle merci (LUISS University Press, 2023), è che la logistica è una meta-disciplina che si occupa di progettare sistemi di distribuzione di cose – materiali e immateriali – nello spazio.

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intellettuale collettivo

Le menzogne sulla pandemia Covid

di Alessandro Pascale

Di seguito la relazione tenuta dal sottoscritto Alessandro Pascale, responsabile nazionale Formazione del Partito Comunista, nell’ambito della scuola popolare di formazione politica Antonio Gramsci. La presentazione è stata fatta a Milano il 16 aprile 2023 presso i locali della cooperativa Antonio Labriola di Milano. È disponibile la registrazione video caricata sulla pagina youtube del Partito Comunista Milano (@pcmilano). Segnaliamo anche, scaricabile in formato PDF, la relazione del prof. Marco Cosentino sugli aspetti medico-sanitari. Seguiranno in un secondo momento le pubblicazioni delle relazioni di Giuseppe Damiani e Andrea Zhok

9788899318154La relazione che andrò a esporvi è una sintesi del saggio Cause e conseguenze politiche della pandemia covid-19. L’opera, di una cinquantina di pagine è stata pubblicata dal sottoscritto in libera consultazione sul sito Intellettualecollettivo.it il 9 gennaio 2022 e il suo contenuto è stato assunto ufficialmente come punto di riferimento teorico dal Partito Comunista sulla questione pandemica nel IV Congresso, conclusosi lo scorso 26 marzo 2023.

Faccio presente che hanno collaborato in maniera significativa all’elaborazione del testo Alberto Lombardo, diventato recentemente Segretario Generale del Partito e Stefano Cipolloni. Hanno inoltre offerto spunti, pareri e indicazioni anche altri compagni noti per il proprio impegno politico-culturale e le proprie competenze scientifiche e sanitarie.

 

l Covid esiste? È una pandemia?

Il covid-19 è un virus mediamente più grave di una normale influenza, ma a distanza di 3 anni è lecito parlare di un’emergenza costruita politicamente da parte di un regime totalitario e spietato. Sono riusciti a terrorizzarci con un virus che lascia indenne il 40% degli infettati mentre oltre la metà dei casi ha presentato sintomi lievi che scompaiono dopo pochi giorni in soggetti dotati di un sistema immunitario sano. L‘indice di mortalità è stato particolarmente acuto per le fasce di età superiori ai 60 anni ma l’età media dei decessi riguarda persone di 80 anni circa con diverse patologie pregresse, il che accadeva anche con la vecchia influenza.

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paginauno

Il mondo di ChatGPT. La sparizione della realtà

di Giovanna Cracco

Cosa sarà reale nel mondo di ChatGPT? Per i tecnici di OpenAI, GPT-4 produce più false informazioni e manipolazione di GPT-3 ed è un problema comune a tutti gli LLM che saranno integrati nei motori di ricerca e nei browser; ci attendono l’“uomo disincarnato” di McLuhan e la “megamacchina” di Mumford

gabriella clare marino 2PV6wdWVAMM unsplash“Ricevendo continuamente tecnologie ci poniamo nei loro confronti come al­trettanti servomeccanismi. È per que­sto che per poterle usare dobbiamo servire questi oggetti, queste estensio­ni di noi stessi, come fossero dei.” Marshall McLuhan, Understanding me­dia. The Extensions of Man

Nel giro di breve tempo, la sfera digi­tale cambierà: l'intelligenza artificia­le che abbiamo conosciuto sotto la forma di ChatGPT sta per essere in­corporata nei motori di ricerca, nei browser e nei programmi di largo uti­lizzo come il pacchetto Office di Mi­crosoft. È facile prevedere che, pro­gressivamente, i ‘modelli linguistici di grandi dimensioni' (Large Language Model, LLM) (1) - ciò che tecnica­mente sono i chatbot AI - saranno in­seriti in tutte le applicazioni digitali.

Se questa tecnologia fosse rima­sta circoscritta a utilizzi specifici, l'a­nalisi del suo impatto avrebbe riguar­dato ambiti particolari, come quello del copyright, o la definizione del con­cetto di ‘creatività', o le conseguenze occupazionali in un settore del mer­cato del lavoro ecc.; ma la sua incor­porazione nell'intera area digitale in­veste ciascuno di noi. Quella con i chatbot AI sarà un'interazione uomo- macchina continua. Diventerà un'abi­tudine quotidiana. Una ‘relazione' quo­tidiana. Produrrà un cambiamento che avrà ripercussioni sociali e politi­che talmente estese, e a un tale livel­lo di profondità, da poterle probabil­mente definire antropologiche; an­dranno a colpire, intrecciandosi e in­teragendo fra loro, la sfera della di­sinformazione, quella della fiducia e la dinamica della dipendenza, fino a configurarsi in qualcosa che possia­mo chiamare la ‘sparizione della real­tà'. Perché gli LLM “inventano fatti”, favoriscono la propaganda, manipo­lano e traggono in inganno.

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sinistra

Covid-19: i conti cantano

di Luca Busca

eaef731ee45499f76b5cafbfcbd5e1ecMetodologia

Per l’acquisizione dei dati necessari allo studio è stata utilizzata una sola fonte, l’ISTAT, l’unica abilitata a elaborare questo tipo di informazioni. Sono stati acquisiti i numeri relativi ai decessi dall’anno 2017 al 2022 divisi per fasce di età di cinque anni ciascuna, come indicato nella tabella riassuntiva. Per il 2022 l’Istituto Nazionale di Statistica non ha ancora calcolato la suddivisione in fasce di età. Per tutti gli anni è stato riportato il totale dei decessi e la somma della divisione in fasce. Le due cifre non corrispondono ma dietro la discrepanza non si nasconde alcun complotto. La difformità, infatti, riguarda tutti i sei anni presi in considerazione ed è prodotta, probabilmente, da una diversa modalità di rilevamento dei dati.

Sulla base dei numeri raccolti è stata calcolata la media pre-pandemica (anni 2017, 2018 e 2019) sia delle singole fasce di età sia dei due totali e della differenza tra di essi. Per gli anni 2020, 2021 e 2022 è stato calcolato l’eccesso di mortalità per ogni singola fascia di età (escluso il 2022 di cui non ci sono ancora dati sufficienti), quello dei totali sia in numero di decessi sia in percentuale sull’anno precedente. È stato infine inserito il dato relativo alla popolazione residente, sempre da fonte ISTAT, che ha fatto registrare un calo costante in tutti gli anni presi in considerazione. La diminuzione è dovuta in gran parte alla drastica riduzione delle nascite, compensata solo parzialmente dall’immigrazione. Sulla decrescita della popolazione ha inciso anche l’aumento dei decessi che ha caratterizzato gli anni dal 2020 al 2022. Questo dato è stato utilizzato per calcolare il tasso di mortalità.

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rossellafidanza

Theaters of War: come la Cia e il Pentagono hanno conquistato Hollywood

di Rossella Fidanza

Il documentario Theaters of War mostra come il Pentagono detta le trame per adattarle a narrazioni, immagini e versioni alternative della storia che sono di suo gradimento

b1ee3d91 2d03 4047 be82 49575307f290 1280x720Il documentario del 2022 Theatres of War: how the Pentagon and Cia took Hollywood è un'agghiacciante esposizione della profonda collaborazione tra l'industria dell'intrattenimento americana e l'apparato statale statunitense. Dimostra come Hollywood e altri segmenti dell'industria glorifichino la macchina da guerra multimiliardaria, sbianchettino i suoi sanguinosi interventi globali e tentino di condizionare la popolazione a crimini ancora più gravi.

Uscito all'inizio del 2022 e disponibile su alcuni servizi di streaming (se cliccate il nome del documentario vi si apre un link dove potrete vederlo in lingua originale) il film, della durata di 87 minuti, è diretto, montato e narrato da Roger Stahl, professore di studi di comunicazione all'Università della Georgia.

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perunsocialismodelXXI

Si dice occhio ai rischi della IA ma si legge occhio alla minaccia cinese

2001Ricevo da Fosco Giannini (direttore della rivista "Cumpanis") questo articolo che riflette sugli obiettivi dell'appello di Elon Musk contro "i seri rischi per l'umanità" associati alla ricerca sull'Intelligenza Artificiale: il vero bersaglio del magnate americano, sostiene l'autore, non sono le minacce generate da una ricerca scientifica fuori controllo bensì il timore che i rapidi progressi della Cina in questo settore (che ha fondamentali ricadute sia in campo industriale che in campo militare) possano mettere in discussione l'egemonia americana sul piano tecnologico e scientifico [Carlo Formenti].

* * * *

Elon Musk e l’Appello del capitalismo contro la scienza e contro la Cina

di Fosco Giannini

Nel marzo 2023 il “Future of Life Institute” lancia un Appello attraverso il quale oltre mille accademici, intellettuali, tecnici e imprenditori delle tecnologie digitali, in buona parte nordamericani, denunciano, per ciò che specificamente riguarda l’Intelligenza Artificiale (Ai), “seri rischi per l’umanità”.

Innanzitutto: che cos’è il “Future of Life Institute”? È “un’associazione di volontariato impegnata a ridurre i rischi esistenziali che minacciano l’umanità, in particolare quelli che possono essere prodotti dall’Intelligenza Artificiale”. Un’associazione molto americana e con sede a Boston, e la doppia notazione potrà essere utile in sede di analisi dell’Appello che lo stesso “Future of Life Institute” ha lanciato.

L’Appello, all’interno della propria denuncia generale, chiede una moratoria di sei mesi per ciò che riguarda la ricerca relativa al sistema di Ai denominato Gpt4, un sistema ancor più sofisticato e potente rispetto al già rivoluzionario sistema ChatGpt.

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lacausadellecose

Il campo minato della fecondazione assistita

di Michele Castaldo

897239e2ecf08331b7e27606086b0e828987d9baSono obbligato a una dolorosa premessa: il compagno Luigi Garzone, che mi ha corretto per anni gli scritti, è stato ricoverato in ospedale e impossibilitato perciò a farlo. Pertanto il lettore dovrà sopportare qualche ridondanza o punteggiatura poco consona, nella speranza che risulti comunque chiaro il senso.

Si discute, e non da oggi, in modo particolare in Occidente, di fecondazione assistita con tutto ciò che intorno ad essa ruota in termini economici, etici, morali, culturali, religiosi ecc.

Ho premesso, nel titolo, che si tratta di un campo minato, cioè di una questione molto complicata e spinosa da affrontare e chi pretende di farlo sottovalutando tutti gli aspetti per estrarre dal cappello il cilindro l’et voilà come soluzione finisce per ridicolizzarsi.

Due errori da evitare: a) il ritenere l’uomo (specie), ancorché imperfetto, come parte separata e diversa della natura, in quanto bipede verticale, intelligente e dotato di parola; b) il ritenere che come specie, al cospetto di una natura, composta da infinite altre specie, da dominare.

Nel corso dei secoli, queste due convinzioni hanno costituito il motivo conduttore definito antropocentrico. Questa convinzione negli ultimi 500 anni ha raggiunto il suo apice in modo particolare in Occidente, dove il colonialismo e la rivoluzione industriale hanno esaltato in modo parossistico quei concetti fino elevare a l’individuo a capacità di libero arbitrio grazie ai risultati raggiunti.

Torniamo perciò sulla grigia terra e cerchiamo di ragionare come si conviene tra persone serie e non fra palloni gonfiati.

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lavoroesalute

‘La rivoluzione della cura’

La parola al filosofo

Alba Vastano intervista Marco Bersani

curanbvtg"Oggi le persone sono sole e isolate dentro una frammentazione sociale senza precedenti. Questo le fa scivolare nel panico e le fa sfociare nel rancore. Perché il panico diventi preoccupazione (ovvero la fase che precede l’occuparsi) e perché al rancore subentrino rabbia e speranza, il primo passo è ricostruire i luoghi della socialità, far incontrare le persone, permettere la socializzazione delle esperienze e dei saperi. Solo il sentirsi “parte” permette di iniziare a camminare” (M. Bersani)

Il capitalismo produce incuria. Affidando le leve della società alle logiche del mercato e prevedendo relazioni unicamente intermediate dalla compravendita di beni e servizi costringe l’esistenza delle persone dentro la dimensione della solitudine competititiva…” (Marco Bersani)

La soluzione c’è per uscire dal capitalismo che produce isolamento, noncuranza e fagocita le nostre esistenze trasformandoci in merce. La soluzione è fare la rivoluzione. Non quella di stampo bolscevico, ovviamente. Marco Bersani, la definisce ‘la Rivoluzione della cura’ descrivendone i vari aspetti nel suo ultimo saggio. Non è semplice da realizzare, ma si può fare. È una rivoluzione che prevede una profonda analisi politica e sociale riferita agli avvenimenti dell’ultimo trentennio. Soprattutto un’analisi che chiarisca le cause dei disastri in cui viviamo in full immersion. Disastri generati dalla continua serie di crisi concatenate, in cui stiamo navigando maldestramente, senza legarle l’una all’altra, prive del contesto che le accomuna. Occorrerebbe riappropriarci di un pensiero critico che ci consenta di uscire dal loop del pensiero unico, omologato, che fa tanto gioco al potere.

Marco Bersani, saggista, filosofo, nell’intervista che segue ci offre pillole di pensiero critico. Importante la lettura del suo ultimo saggio ‘La rivoluzione della cura- Uscire dal capitalismo per avere un futuro’ per comprendere le dinamiche e i contesti delle crisi attuali che hanno tutte una matrice comune: il capitalismo.

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sinistra

La società-fabbrica

di Lelio Demichelis

Demichelis20È in libreria e online (anche in e-book) il nuovo saggio del sociologo Lelio Demichelis. Titolo: La società-fabbrica. Digitalizzazione delle masse e human engineering (Luiss University Press, pag. 360). Ovvero, la fabbrica – e non l’impresa secondo l’ideologia neoliberale dominante – è il vero e reale modello di organizzazione del mondo e del nostro dover vivere. E a governare/ingegnerizzare la società trasformata in una fabbrica a ciclo continuo/h24 e a mobilitazione totale sono imprenditori e manager, finanza, marketing e tecnocrati e oggi soprattutto gli algoritmi e l’intelligenza artificiale, i nuovi meneur des foules con le loro tecniche sempre più raffinate di human engineering.

Perché il tecno-capitalismo ci vuole sempre più produttivi e consumativi e a pluslavoro crescente per la massimizzazione del profitto/plusvalore privato. Ma realizzare una società-fabbrica era l’obiettivo non tanto del capitale, quanto della razionalità strumentale/calcolante-industriale che predetermina e produce e incessantemente riproduce l’accrescimento tendenzialmente illimitato sia del capitalismo, sia il sistema tecnico. Ponendosi evidentemente in conflitto strutturale con la biosfera e la società e con il dovere di rispettare responsabilmente il concetto di limite. Il vero cambio di paradigma da realizzare è allora quello di uscire da questa (ir)razionalità strumentale/calcolante industriale e positivistica e costruire invece una ragione illuministica, ma umanistica ed ecologica. Un tema che riguarda soprattutto la sinistra, troppo positivista e industrialista nella sua storia.

Per gentile concessione dell’Editore, ne anticipiamo alcuni estratti.

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eticaeconomia

Merito e meritocrazia: proviamo a fare chiarezza

di Andrea Boitani, Elena Granaglia, Maurizio Franzini

Andrea Boitani, Maurizio Franzini e Elena Granaglia ricollegandosi ai diversi contributi sul tema del merito e della meritocrazia recentemente pubblicati sul Menabò tentano di portare chiarezza in un dibattito esposto al rischio di confusione anche per la complessità delle questioni da affrontare. I quattro autori ritengono che sia utile distinguere tra merito individuale e prestazione meritevole e illustrano le conclusioni alle quali giungono seguendo questa distinzione, anche in relazione al rapporto tra merito e mercato

Menabo 117 791x395.x17463“L’idea di meritocrazia può avere molte virtù, ma la chiarezza non è una di quelle virtù”. Così iniziava, nel 2000, Amartya Sen un suo breve saggio su “Merit and justice”. Dal 2000 i tentativi di definire, esaltare o criticare la meritocrazia sono stati numerosissimi, ma la chiarezza non è aumentata di molto. I contributi che abbiamo di recente pubblicato sul Menabò possono farci fare qualche passo avanti e con questo ambizioso obiettivo abbiamo discusso tra noi delle diverse questioni sollevate in quei contributi e l’esito (di certo non da approdo nella terra della massima chiarezza) è quello di cui diamo qui conto.

La considerazione di partenza è che affiancare la parola merito a “crazia” (dal greco, cioè forza, potere) implica che la meritocrazia sia da intendersi come sistema di potere fondato su una gerarchia tra persone definita dal merito di ciascuna di esse. “In effetti – come scrive Jo Litter (Culture, power and myths of mobility, 2018, p. 3) – il significato contemporaneo di meritocrazia è tale da supportare un sistema gerarchico lineare in cui, per definizione certe persone devono essere lasciate indietro. La cima non può esistere senza il fondo”.

Per prendere posizione sulla meritocrazia è, naturalmente, inevitabile chiarire cosa si intenda per merito.

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linterferenza

Il posto del padre e la deriva post–moderna

di Gerardo Lisco

336384738 165722869684489 8517136381636965251 nSu Il manifesto del 9 marzo, due pagine dedicate all’8 marzo festa della donna, titolo a carattere cubitale “Sciopero e cortei eco–trans femministi da Milano a Napoli. Manifestazioni in 38 città italiane indette dalla rete <<Non una di meno>>. Contro il “sistema patriarcale e il capitale”. Partendo dall’ultima affermazione ho provato ad analizzare la relazione esistente tra “patriarcato e capitalismo” soffermandomi sul posto del padre rispetto all’attuale deriva post–modernista. In un passaggio dell’articolo, a firma Giulia D’Aleo, leggo: <<Già dalla mattina, molte città avevano dato un’anticipazione dei cortei pomeridiani, con manifestazioni tematiche portatrici di una visione nuova della società, libera da un sistema patriarcale e capitalista basata sullo sfruttamento dei corpi, dell’ambiente, del sistema scolastico e di quello sanitario (…) oltre diecimila attiviste e attivisti hanno poi preso parte al ricordo delle vittime del naufragio di Cutro e assistito al flashmob finale, autodeterminazione della donna e la liberazione dallo sfruttamento del lavoro produttivo e riproduttivo>>. A mio parere, tutto ciò non è altro che un pout–porri senza né capo, né coda. Mi ha particolarmente colpito il riferimento critico al sistema patriarcale che, evinco dall’articolo, è per gli organizzatori delle numerose manifestazioni il principio di tutti i mali.

Insomma, Patria, Dio e famiglia sono stati sostituiti dai sinonimi: Patriarcato, Capitalismo, Maschio bianco eterosessuale.

Partendo dall’articolo, ho provato a ragionare sulla base del significato etimologico di “Padre”. Ai fini dell’economia del ragionamento che mi appresto a sviluppare, ritengo fondamentale prendere l’abbrivio dal significato etimologico del termine padre.

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neronot

La fine di internet

Il collasso sarà la nostra liberazione o la nostra rovina?

Alessandro Sbordoni intervista Geert Lovink

In questa intervista, ho parlato con Geert Lovink del suo ultimo saggio Extinction Internet, l’hauntologia di Mark Fisher, il ricordo di Bernard Stiegler, il movimento Extinction Rebellion e i fantasmi dell’accelerazionismo

LOVINK banner wordpressAlessandro Sbordoni: Oggi il realismo digitale ci fa sentire come se un altro Internet non fosse più possibile. In un tuo saggio intitolato Extinction Internet affermi che Internet sta volgendo al termine e che è tempo per teorici, artisti, attivisti, designer e sviluppatori di immaginare cosa resta dopo la fine di Internet per come l’abbiamo conosciuto. Che cosa possiamo fare come utenti di Internet?

Geert Lovink: In una situazione come la nostra, descritta da forme culturali ed economiche di stagnazione e recessione, la rivoluzione delle generazioni più giovani non è molto verosimile. Oggi, la sottocultura non può svilupparsi in opposizione alla cultura dominante. Questa è la ragione fondamentale per cui ci troviamo in questa situazione. Per quanto riguarda Internet, abbiamo visto la concentrazione del potere, la centralizzazione e la monopolizzazione che proviene sia dallo Stato che dalle aziende. Eppure, così come per il cambiamento climatico, tutti gli allarmi sono caduti nel vuoto. Internet è oggi caratterizzato da una strana sintesi di dipendenza digitale e sorveglianza statale. Tutto questo crea la sensazione che non ci sia via d’uscita; non sappiamo dove andare. Nel frattempo, siamo ancora impantanati nelle paludi della piattaforma.

 

La verità è che la capacità dell’individuo di impersonare il cambiamento è scomparsa. Mentre le forme avanzate della stagnazione si sono dimostrate molto pericolose.

 

AS: Mi ritorna alla mente ciò che diceva Mark Fisher riguardo la scomparsa di quei presupposti che hanno reso possibile il modernismo nel XX secolo.

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paginauno

Sui pericoli dei pappagalli stocastici: i modelli linguistici possono essere troppo grandi?

di Bender, Gebru, McMillan-Major, Shmitchell*

L’intelligenza artificiale è intelligente? L’analisi tecnica del funzionamento dei modelli linguistici svela cosa abbiamo davanti: nulla più di pappagalli stocastici. Uno studio dall’interno della Silicon Valley

drew dizzy graham s4dfrh7hdDU unsplash 750x375Lanciato a novembre 2022, la chatbot ChatGPT ha acceso il dibattito sul­le capacità raggiunte dall’intelligenza artificiale e sulle relative implica­zioni sociali e politiche. ChatGPT è di fatto un modello linguistico (LM) di grandi dimensioni, addestrato su set di dati raccolti nel web. Un aspetto ormai noto è la dinamica con cui la IA riproduce pregiudizi, stereotipi e narrazioni dominanti, meno diffusa è la consapevolezza di che cosa sia­no i modelli linguistici e se, e con quale significato, possano dirsi ‘intelli­genti’. È una questione fondamentale per comprendere cosa abbiamo davanti.

Lo studio di cui pubblichiamo qui un estratto esce nel marzo 2021 a firma, tra le altre, di Melanie Mitchell - accademica, si occupa di sistemi complessi, intelligenza artificiale e scienze cognitive (qui con lo pseudo­nimo Shmargaret Shmitchell), ha guidato il team di Google sull’etica nella IA, e la pubblicazione di questo paper le è valso il licenziamento -; lo studio ricostruisce tecnicamente i meccanismi per cui un LM può produrre un testo apparentemente fluido e coerente, ma la macchina che lo genera non ha alcun grado di comprensione: “La nostra percezione del testo in lin­guaggio naturale, indipendentemente da come è stato generato, è me­diata dalla nostra competenza linguistica, e dalla nostra predisposizione a interpretare gli atti comunicativi come veicolanti un significato e un intento coerenti, indipendentemente dal fatto che tali atti lo abbiano. Il problema è che se un lato della comunicazione non ha significato, allora la comprensione del significato implicito è una illusione derivante dalla nostra singolare umana comprensione del linguaggio. Contrariamente a quanto può sembrare quando osserviamo il suo output, un modello linguistico è un sistema per riassemblare insieme in modo casuale sequenze di forme linguistiche che ha osservato nei suoi vasti dati di addestramento, in base a informa­zioni probabilistiche su come si combinano, ma sen­za alcun riferimento al significato: un pappagallo sto­castico”.

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effettoseneca

Burioni ha ragione. Purtroppo per lui

di Ugo Bardi

BurioniScienzaIl tweet di Roberto Burioni riportato qui accanto è andato virale su molti social, dove è stato commentato con insulti e accidenti all'autore (C'è un altro tweet molto simile attribuito a Burioni che gira sul Web. Sembra che entrambi siano autentici, anche se non ne possiamo essere sicuri al 100%. In ogni caso, sono in linea con il pensiero e il modo di fare del personaggio e non sono stati smentiti). La reazione del pubblico è comprensibile di fronte a un'affermazione che contrasta così platealmente con la linea che Burioni e altri avevano sostenuto fino ad ora, ovvero "fidatevi della scienza, sappiamo noi cosa fare." Invece, questo tweet è una discreta zappata sui piedi (o lesione ad altre parti delicate del corpo) per tutti i televirologi che hanno imperversato negli ultimi 3 anni.

Burioni si trova in evidente difficoltà, costretto in difesa, cercando di giustificare i suoi molteplici errori e contraddizioni. Normalmente, lui usa la tecnica del "blastaggio," consapevole di generare una forte reazione negativa. La mette in conto: è un modo di far passare un certo messaggio generando polemiche. Ma è una tattica che si può usare soltanto in attacco, non in difesa.

Il tweet si limita a dire esplicitamente una cosa che è ben nota a tutti quelli che lavorano nel campo della ricerca, anche se risulta sorprendente per il pubblico in generale. Non c'è quasi nessun controllo sulla validità dei dati e dei risultati pubblicati su una rivista scientifica, anche fra quelle di "alto livello." Vi passo, più sotto, una discussione sull'argomento da parte di "Birbo Luddynski." Scusate il linguaggio scatologico, ma la sua descrizione di come funziona la scienza è valida, perlomeno nel complesso.

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altraparola

Sulla guerra

Editoriale del n.8 di Altraparola

di Mario Pezzella

Rembrandt2Introduciamo questo numero ricorrendo a un saggio di Simone Weil sull’Iliade, in cui lei riflette sulla negatività estrema della guerra, su una pulsione di morte, che non conosce limiti nel suo dispiegamento ed ha effetti devastanti sull’animo di chi è costretto a subirla. La guerra induce a perdere ogni nozione di limite e misura nell’uso della forza. La violenza segue in essa un percorso apparentemente inarrestabile: «La forza trasforma in una cosa chiunque le sia sottomesso. Quando è esercitata fino all’estremo, essa trasforma l’uomo in una cosa nel senso più letterale, perché lo trasforma in cadavere. C’era qualcuno, e, un attimo dopo, non c’è nessuno». È quasi fatale giungere a un punto in cui non è più in gioco la sottomissione dell’altro, ma la sua nientificazione.

Come nelle forme più estreme di schiavitù, viene tagliata alla radice la possibilità stessa della vita interiore: «Non si può perdere più di quanto perda lo schiavo; egli perde ogni vita interiore». Ma la guerra generalizza ed estende necessariamente la condizione di schiavitù, indipendentemente dalla volontà iniziale di chi si mette a combattere. Chi inizia una guerra commette perciò un male duplice: non solo è responsabile della violenza che fuoriesce direttamente dalle sue mani, ma suscita nel nemico una inevitabile reazione speculare e mimetica. Nell’ambito della guerra, la relazione con l’altro è caratterizzata dalla stessa assenza di pensiero e di reciprocità, che domina nella schiavitù.

La guerra è il dominio illimitato della forza: essa si manifesta allo stato puro nel potere di decidere sulla vita e la morte dell’altro, potere sulla sua nuda vita.

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megachip

Obbligo vaccini Covid: la Consulta ha tradito lo spirito dei Padri Costituenti

di Alessandra Chiavegatti*

Una lettura personale e approfondita delle sentenze della Corte Costituzionale sulla legittimità dell'obbligo vaccinale anti-Covid e sulla realtà sovranazionale in cui si collocano

sentensiaPerplessità sulle sentenze della Corte Costituzionale n. 14 e 15/2023

Attraverso questo scritto si fornisce una personale lettura delle recenti sentenze della Corte Costituzionale che hanno riconosciuto la legittimità della normativa sull’imposizione della vaccinazione anti-Covid, contestualizzandola nel momento storico del tutto peculiare che stiamo vivendo. La prima perplessità sollevata dalle sentenze riguarda l’indipendenza della Corte, evidenziando come il sistema di nomina dei suoi componenti (espressi per un terzo dal Parlamento, per un terzo dal Presidente della Repubblica e per un terzo dalle magistrature superiori ordinarie e amministrative) rifletta anche su tale organismo la grave crisi democratica in cui versa la politica, a livello sia interno che internazionale.

A tal proposito, sul piano nazionale, si rammenta come la legge elettorale consenta di votare non tanto le persone quanto i partiti, i quali per anni hanno fatto ricorso a governi “tecnici” retti da non eletti per adottare scelte politiche su cui non vi è stato alcun consenso popolare e su cui, perlopiù, non è nemmeno consentito il dibattito, visto il ricorso al decreto-legge e alla fiducia, con buona pace della separazione dei poteri. A livello sovranazionale, invece, l’art. 11 Cost. prevede che la Repubblica consenta, a condizioni di parità con altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad assicurare la pace e la giustizia tra le Nazioni, e ci si chiede se ad oggi queste finalità siano rispettate, visto che, ad esempio, nonostante la stessa norma affermi che “l’Italia ripudia la guerra”, siamo chiamati a concorrere con la NATO e l’Unione europea al finanziamento di Paesi in guerra estranei all’alleanza, rifiutando possibili trattative di pace.

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sinistra

Obsoleti nell’UE gli inceneritori per rifiuti solidi urbani (R.S.U.)

di Luca Benedini

inceneritore3Viene qui riprodotto in buona parte, e aggiornato, un intervento – apparso una decina d’anni fa in una rivista locale – che si muoveva tra il campo giuridico, quello tecnico e quello ecologico focalizzandosi sulle prescrizioni dell’UE nel campo dei rifiuti, sui modi di ottimizzarle e sulle possibilità di migliorare ulteriormente la loro capacità di incidere sulla realtà corrente della produzione e del consumo. Dal momento che la realizzazione di inceneritori (o, come è divenuto di modo definirli, “termovalorizzatori”) costituisce ancora oggi un argomento capace di scatenare grandissime discussioni e addirittura di far cadere in pratica un governo, appare essere il caso di puntualizzare la questione, nelle attuali circostanze, con la maggiore precisione e affidabilità possibile.

* * * *

Nell’esauriente articolo Gli inceneritori per R.S.U. sono ormai obsoleti e fuorilegge, redatto da Luca Benedini, Fausto Fraccalini e Caterina Di Francesco e pubblicato nel mensile locale lombardo La Civetta dell’ottobre 2011, si leggeva quanto segue (che è totalmente valido ancora oggi né se ne prevede alcuna significativa variazione nel breve e medio termine):

«La gestione dei rifiuti in Italia e negli altri paesi dell’UE è regolata dalla legislazione europea: precisamente, dalla Direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008, alla quale tutti gli altri livelli di legge devono adeguarsi.

L’art. 4 di questa direttiva stabilisce una precisa “gerarchia dei rifiuti”, in base alla quale negli Stati membri dell’UE va fatto il possibile per:

    1. ridurre i rifiuti (ad esempio, abbandonando l’“usa e getta”, facilitando il riuso dei prodotti ed estendendo il loro ciclo di vita);

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perunsocialismodelXXI

Didattica russa

di Piero Pagliani

547114 cyber attack cyber warRicevo dall'amico Piero Pagliani questo bell'articolo che, prendendo le mosse dalle traiettorie divergenti che hanno imboccato i sistemi formativi russo e americano (il primo che si prepara a tornare al modello sovietico, il secondo allegramente in marcia verso il degrado), approfondisce le riflessioni geopolitiche che Piero ci aveva ha già regalato in precedenti occasioni sulle ragioni profonde del conflitto, vale a dire sull'incapacità/impossibilità della superpotenza statunitense di adattarsi a un mondo multipolare. PS. Ho lasciato il titolo dell'autore anche se io avrei preferito qualcosa come "Usa: il declino inizia sui banchi di scuola"[C.F.].

* * * *

Vorrei porre l'accento su un passaggio del recente discorso di Putin alla Duma che è stato trascurato dai nostri media e dai nostri “esperti” cavernicoli (cioè che pensano solo la clava, di cui parlerò solo dopo). Il passaggio riguarda la necessità di una riforma del sistema formativo russo:

«Il primo punto è tornare alla formazione di base di specialisti con istruzione superiore tradizionale per il nostro paese. Il periodo di studio può essere da quattro a sei anni. Allo stesso tempo, anche all'interno della stessa specialità e di un'università, possono essere offerti programmi che differiscono in termini di formazione, a seconda della specifica professione, e della richiesta dell'industria e del mercato del lavoro. In secondo luogo, se la professione richiede una formazione aggiuntiva, una specializzazione focalizzata, allora in questo caso il giovane potrà continuare la sua formazione in un corso magistrale o residenziale. In terzo luogo, gli studi post-laurea saranno assegnati come livello separato di istruzione professionale, il cui compito è formare il personale per le attività scientifiche e didattiche».

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gasparenevola

Una ‘guerra civile’ sottotraccia tra società dell’iper-fiducia e società dell’ipo-fiducia

Scienza, politica e media nella crisi covidiana

di Gaspare Nevola

Schermata del 2023 02 25 15 07 59Dietro alle spalle un pescatore
E la memoria è già dolore
E’ già il rimpianto d’un aprile
Giocato all’ombra di un cortile
(F. De André)

I

Lo scrivevo già tra l’inverno e la primavera del 2020. Quando stavamo entrando sotto il regno del Covid. Oggi ritorno su quella stagione, a proposito del ruolo della scienza e delle decisioni pubbliche, ammonendo gli esperti dei salotti televisivi, i politici alla “si salvi chi può” e i mass media all’arrembaggio. Ritorno su alcune delle considerazioni fatte all’epoca per due motivi principali: 1) perché tali considerazioni non erano (né sono) ispirate dalla fregola di partecipare alle contingenti polemiche di un momento, e tanto meno erano (e sono) il riflesso di una paura obnubilante o di una “crisi di nervi” dettate dal virus e foraggiatrici di negazionismi scientifici vari o complottismi improvvisati “per dirne quattro a quel farabutto di nemico”; 2) affinché tali considerazioni tengano viva nella memoria collettiva gli equivoci e le responsabilità di chi ha operato scelte che hanno avuto un impatto devastante su tutti coloro che le hanno subite, con accondiscendenza o meno, ma spesso senza interrogarsi su come funzionano di fatto scienza, politica e mass media e su come invece dovrebbero funzionare una scienza, una politica e una comunicazione matura, se non virtuosa.

Torniamo con la mente ai primissimi mesi del 2020. Ci si chiede, tutti, da chi occupa posizioni apicali negli apparati politici, scientifici e mediatici, fino al comune uomo della strada, compreso il “personale di servizio” a collegare gli uni agli altri: come si propaga il virus? come fermarlo? quando e come ne usciremo?

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carmilla

Dal Bunga Bunga al Festival. Missione compiuta

di Sandro Moiso

mattarella san remoLa recente assoluzione del Cavaliere da cabaret non può stupire più di tanto, pertanto l’autore di queste righe non si protrarrà nel ricordare gli eventi e le polemiche che hanno accompagnato la vicenda. Già fin troppo tempo si è speso su un terreno che di opposizione politica reale ben poco aveva ma che, in compenso, è servito da paravento per segnare un passaggio epocale di tanta sinistra italica da una posizione di carattere ancora socialdemocratico ad una persa tra le spirali del liberalismo salottiero e moralista, oltre che economico, destinate soltanto a far smarrire qualsiasi riferimento alla guerra tra le classi e ai bisogni materiali delle fasce sociali meno abbienti della società.

Sì, le lunghe “battaglie”, soprattutto mediatiche, condotte sulle “malefatte” di un premier autentico erede del Marchese del Grillo, intravisto nel nostro futuro più che nel passato nazionale da quel geniaccio cinematografico che rispondeva al nome di Mario Monicelli, avranno pure alimentato tanta ironia, anche sulle pagine di «Carmillaonline» attraverso le “Schegge taglienti” di Alessandra Daniele, ma, soprattutto, sono servite a diffondere una tendenza al moralismo e al giustizialismo che, dopo aver rinvigorito l’immagine di Marco Travaglio e del suo giornale e aver costituito le fondamenta dei “Vaffa Day” di Beppe Grillo, che hanno preceduto l’entrata in scena del Movimento 5 Stelle, ha cancellato, o almeno ha cercato di farlo, ogni riferimento al fatto che la battaglia politica, soprattutto se condotta da Sinistra, dovrebbe fondare le sue radici nelle contraddizioni reali del modo di produzione capitalistico. E non nelle sue platoniche ombre mediatiche.

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gasparenevola

L’afonia di un disagio politico-esistenziale

Le società occidentali e la marginalità dell’intelligenza critica

di Gaspare Nevola

Le società occidentali contemporanee racchiudono un disagio spesso afono. Un disagio che nasce dalla storia (anche solo quella recente) e da spinosi problemi irrisolti da una società a dominanza neoliberale che reagisce rimuovendoli, equivocandoli o (più o meno dolcemente) reprimendoli. Un’afonia figlia della marginalità sociale, politica e culturale dell’intelligenza critica. Di questo trattano le riflessioni che qui consegno al lettore.

maxresdefaultvgyujhfds1. Da dove veniamo?

Su quale strada camminano le società occidentali? Quale cultura politica prevale nelle nostre liberaldemocrazie sotto tensione? A partire dagli anni ’70 dello scorso secolo, la cultura politica dominante tra le élites e, progressivamente, anche a livello di massa si è inchinata al modello di vita ispirato dal neoliberalismo. A ritmo incalzante, il neoliberalismo ha impresso il suo marchio al modo di concepire l’economia e la vita politica, il diritto e la cultura, le relazioni collettive e tra le persone.

Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati occidentali conobbero trent’anni di crescita economica e di diffusione del benessere sociale: sono i “trenta gloriosi” portati alla ribalta dallo storico Hobsbawm nel suo noto Il secolo breve[1]. Siamo all’epoca del “consenso keynesiano”, quando lo Stato interviene massicciamente (e con plauso trasversale tra gli schieramenti politici) a sostegno dei settori strategici dell’economia, a sostegno dell’occupazione, dello sviluppo economico e dei sistemi di tutela sociale delle fasce più deboli della popolazione. Nasce il moderno welfare state e i diritti sociali (istruzione, sanità, pensione, assistenza e sussidi sociali, tutela dei lavoratori) entrano a far parte del sistema democratico della cittadinanza[2].

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doppiozero

ChatGPT

di Pino Donghi

chatgptA stupire è lo stupore. Ma davvero c’era qualcuno che poteva dubitare che diventasse disponibile prima o poi – più prima che poi – un aggeggio come ChatGPT ? Davvero non ci eravamo accorti che Google translate, da un po’ – ormai da un bel po’ – aveva smesso di farci sbellicare, leggendo le improbabili traduzioni che ci proponeva agli esordi, per diventare un arnese assai utile, per molti di quotidiano utilizzo? È David Quammen, nel suo recentissimo Senza respiro, a raccontare di come la notte di Capodanno del 2020 Marjorie Pollock, vice-direttrice di un servizio di segnalazione epidemiologica, trovato un servizio giornalistico su un affidabile sito d’informazione in lingua cinese, lo copia in un sistema di traduzione automatica sul suo pc e capisce, per la prima volta, che un nuovo agente patogeno della famiglia dei Coronavirus sta per travolgere le nostre esistenze. Just simple as that: funziona! 

La domanda è come. E la risposta, a far data più o meno dagli inizi degli anni ’90 del secolo scorso, è: senza teoria! Nel caso di Google translate senza una teoria scientifica del linguaggio, senza simboli e senza logica; senza una teoria anatomica del volto, se ti chiami Clearview e vendi servizi di face recognition alle forze di polizia, utilizzando invece 3 miliardi di immagini disponibili sui social media (e poi, via di forza bruta, via di potenza di calcolo). Se ti chiami Cambridge Analytica… beh, lo sapete già! Ma c’è anche un inquietante IBorder Ctrl che un annetto e mezzo fa verificava la possibilità di usare un software automatico per intervistare i rifugiati ai confini, così da leggere micro espressioni del volto e scoprire eventuali dichiarazioni menzognere: e se vi si è acceso il fotogramma… sì, proprio come in Blade Runner (il cui futuro remoto era il 2019).

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carmilla

Come un’onda che sale e che scende*

di Sandro Moiso

Joshua Clover, Riot. Sciopero. Riot. Una nuova epoca di rivolte, Meltemi editore, Milano 2023, pp. 244, 20,00 euro

Oakland 2Fa piacere trovare e recensire un testo come questo, soprattutto per chi da anni cerca di svincolare logiche e strategie dei movimento antagonista dal pensiero operaista oppure da quello ancora basato su una concezione di classe operaia che, nel bene e nel male, le derive della storia economica, sociale e politica hanno fortemente ridimensionato.

Il secondo motivo per ringraziare Meltemi per averlo pubblicato, nella collana “Culture radicali” diretta dal Gruppo Ippolita, sta nel fatto che, al di là del bizzarro anti-americanismo culturale che ancora agita i sogni di tanti compagni di antica maniera che dimenticano che tale tipo di superficiale approccio a tante ricerche e produzioni culturali statunitensi è stata in realtà tipica dell’epoca fascista e dei suoi esponenti intellettuali e susseguentemente ereditata dallo stalinismo e dalle sue derive togliattiane, dal cuore dell’impero occidentale, e proprio perché tale, arrivano segnali di grande vitalità teorica, spesso derivata da una prassi diffusa di conflitto sociale. Vitalità che si presenta anche sotto le forme di una rivitalizzazione del pensiero di Marx, che sa, però, scartare sapientemente le interpretazione muffite di tanti suoi interpreti “ortodossi”1.

L’autore, Joshua Clover, oltre tutto, non è un marxista “di professione”, anzi questo, uscito negli States nel 2016 ma oggi accompagnato da un Poscritto all’edizione italiana che lo aggiorna al 2022, è il suo primo studio di carattere politico, poiché è professore di English and Comparative Literature alla University of California”Davis”, motivo per cui Clover è autore sia di libri di poesia che di saggi di critica culturale, tra i quali va segnalato 1989: Bob Dylan Didn’t Have This to Sing About del 2009.

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paroleecose2

Ridisegnare l'equilibrio

di Andrea Sartori

equilibrioIl problema dei giochi non cooperativi studiato da John Nash (1928-2015) a partire dall’inizio degli anni ’50 era all’epoca tanto più scottante, quanto più fredda era la guerra che coinvolgeva i due blocchi del mondo. USA e URSS, infatti, non erano inclini a cooperare, sebbene vi fosse per entrambi la necessità di non distruggersi a vicenda assieme a tutto il resto, ovvero alla Terra. L’idea di Nash, espressa in termini matematici, circa un punto d’equilibrio concernente le strategie d’un gruppo di giocatori – razionali – non disposti a cooperare gli uni con gli altri, nacque in quel contesto storico-politico (non a caso, in termini invece giornalistici, quello di allora era un “equilibrio del terrore”).

Oggi gli equilibri internazionali sono in fase di ridefinizione, e contemporaneamente ci si sta rendendo conto che la crisi climatica e ambientale – la crisi della Terra – non è compatibile con un modello di sviluppo implacabilmente lineare, che sfrutti ad libitum le risorse del pianeta, nella convinzione che benessere e ricchezza (per i più fortunati) siano incrementabili in maniera esponenziale, al pari dei profitti d’una impresa in perenne fioritura. In questi anni di crisi neo-modernista della modernità (più che di gioiosa liberazione post-moderna dai difetti della modernità medesima), si fa strada pertanto anche il sospetto che il modello della razionalità moderna, individuato a suo tempo da Max Weber nella correlazione profitable, testabile rispetto agli scopi, dei mezzi e dei fini, sia obsoleto.

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iltascabile

Viaggio nell’inferno invisibile della rete

di Giancarlo Cinini*

Data center, cavi, impatto ecologico e guerre geopolitiche: come e perché scoperchiare la realtà materiale di internet secondo Guillaume Pitron

DA577627 808E 4585 9387 CD8AF05190E6 1440x708L’ elefante nella stanza è un enorme palazzo senza finestre. Un centro di elaborazione dati come quello dell’azienda Equinix ad Amsterdam, un parallelepipedo striato, o quello di Facebook a Luleå, nel nord della Svezia, allungato tra gli alberi al limite del circolo polare artico. Sono immensi data center che trasmettono e archiviano i dati che ci scambiano online. Moltiplichiamo le stanze, i server, i cavi, le ventole di raffreddamento, per immaginare un unico data center che contenga tutti i bit che l’umanità produce. Una nuova versione della biblioteca di Babele immaginata da Borges: 5 exabyte per giorno, 47 zettabyte nell’anno 2020 (per intenderci, uno zettabyte sono mille exabyte, un exabyte è un miliardo di gigabyte). Una breve e-mail pesa solo un kilobyte e se un’email fosse mezzo bicchiere d’acqua allora quei 47 zettabyte di flusso annuo di dati sarebbero come il mar Mediterrano e il mar Nero assieme: una marea. Ma la produzione dei dati aumenta e si stima che nel 2030 arriveremo a 612 zettabyte all’anno.

Attraverso questa marea si fa strada un solitario like, che qualcuno mette a un post di qualcun altro, e che da un telefono raggiunge l’antenna dell’operatore, quindi percorre i cavi che portano ai locali tecnici dell’operatore, da lì sempre via cavo attraversa suolo e mare per arrivare a quei grandi data center, allora rifà la strada all’inverso, verso il telefono di chi sta cercando di vedere quanti nuovi like ci siano sul suo post. Questi dati ridiscutono il nostro rapporto con lo spazio, scrivono geografie: si muovono lungo precise rotte, attraversano effettivamente cavi e abitano fisicamente server.