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poliscritture

L’Energia, i suoi equilibri e le forme sociali /1/

di Paolo Di Marco

di marco 11- L’auspicabile sparizione di Energia Oscura e Materia Oscura

L’Energia è uno dei concetti più semplici e insieme più abusati della Fisica.

Ovunque vi sia una forza se questa sposta un oggetto compie lavoro. (L≈FxS)

L’energia è la capacità di compiere lavoro, e a ogni campo di forza quindi è associata un’energia, che si può misurare, combinare, trasformare (ad esempio da energia potenziale a energia cinetica).

È un po' più complicato con l’uso in ambiti meno definiti, dato che è difficile stabilire una metrica e delle operazioni (controllabili e condivisibili) per l’energia morale o affettiva o mistica, per quanto uno senta di poterle descrivere e anche valutare.

Uno degli ultimi arrivati, stavolta in cosmologia, è l’Energia Oscura.

Malgrado il nome minaccioso il termine rappresenta semplicemente il fatto che l’Universo si sta espandendo, e viene quindi ipotizzata l’esistenza di un’energia (e quindi Forza) che causi questa espansione.

Ma dato che l’unico effetto visibile è proprio l’espansione (l’allontanamento delle galassie avviene come se qualcuno gonfiasse un pallone sulla cui superficie le galassie si appoggiano) e non si vedono responsabili diretti è stata chiamata oscura; e molti ricercatori basano la loro carriera su questa indagine.

Peccato che, come Rovelli si sgola a spiegare da molti anni (anche sul tubo), questa energia è così oscura che proprio non c’è: infatti l’espansione è già contenuta nell’equazione fondamentale della Relatività Generale, e specificamente in una piccola costante chiamata appunto costante cosmologica.

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linterferenza

Partiti politici e cicli economici. Spunti di riflessione rispetto all’oggi

di Gerardo Lisco

LAPR0245 kLfC U33601682112816QXD 656x492Corriere Web Sezioni.JPGQuesto mio intervento vuole essere una riflessione sul capitolo dedicato ai partiti o meglio un ragionamento sul III “racconto” del saggio dal titolo “Fare la guerra con altri mezzi. Sociologia storica del governo parlamentare” del sociologo della politica Alfio Mastropaolo. I partiti politici, seguendo la narrazione del prof. Mastropaolo, traggono origine dal conflitto politico che dall’Inghilterra del XVII secolo attraversò l’Oceano Atlantico per radicarsi, a seguito della Guerra d’Indipendenza, in quelli che sarebbero diventati gli Stati Uniti d’America. In Inghilterra la differenza tra Wighs e Tories è strettamente legata al conflitto tra prerogative del Parlamento da una parte e prerogative del Re dall’altra. Conflitto questo che si accentuò, e molto, nella seconda metà del XVIII secolo durante il Regno di Giorgio III. La figura di John Wilkes è fondamentale ai fini del quadro politico britannico del tempo e per comprendere come le profonde trasformazioni allora in atto determinarono la tradizionale divisione tra i Wighs e i Tories. Forzando, se volessimo utilizzare categorie post moderne, dovremmo dire che in quell’epoca si verificò il primo superamento delle differenze di destra e sinistra. Il mescolamento dei due schieramenti, finalizzato al mantenimento del potere da parte di gruppi di interesse, portò all’emergere di nuovi soggetti politici come la Society of Supporters of the Bill of Right (SSBR). L’organizzazione, nata a Londra nel 1769, adottò un programma in tre punti: riduzione della durata della legislatura a tre o addirittura a un anno; richiesta di una maggiore rappresentanza del popolo; eliminazione del placement dalla Camera dei Comuni. Si potrebbe dire di essere in presenza di istanze di tipo democratico e di maggiore partecipazione. Le rivendicazioni delle classi popolari rappresentate dalle classi urbane e commerciali sono il sintomo delle trasformazioni in atto nella struttura sociale ed economica dell’Inghilterra dell’epoca.

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machina

Cattivo per natura. L'antropologia del realismo politico

di Damiano Palano

Estratto da L'uomo non è buono. Per la critica del progresso 

Schermata del 2024 02 15 17 16 41.pngIn occasione dell'uscita di L'uomo non è buono. Per la critica del progresso, curato da Veronica Marchio e uscito per il nuovo marchio editoriale MachinaLibro - legato al lavoro della rivista e di DeriveApprodi -, pubblichiamo un estratto dal saggio di Damiano Palano che s'interroga sulla tradizione filosofica del realismo politico.

Il libro, ripercorrendo le fondamenta e i principali autori di quella che viene definita «antropologia negativa», formula un'importante ipotesi di ricerca teorico-politica: bisogna spezzare l'alternativa tra progresso e conservazione, tra fede nella bontà umana e inevitabilità dell'autodistruzione, usando anche il grande pensiero conservatore e reazionario piegandolo contro i propri fini.

Gli altri autori del libro sono Dario Gentili, Ubaldo Fadini, Maria Russo, Miguel Mellino, Franco Piperno, Marco Spagnuolo e Mario Tronti.

È possibile acquistarlo qui.

* * * *

In un famoso passaggio del Concetto del «politico», Carl Schmitt scrive che tutte le dottrine politiche potrebbero essere classificate in base alla loro antropologia e suddivise «a seconda che esse presuppongano, consapevolmente o inconsapevolmente, un uomo "cattivo per natura" o "buono per natura"» (Schmitt 1972, p. 143). Benché non sia facile rinvenire nei suoi testi una nitida esplicitazione dei presupposti antropologici della sua visione del ‘politico’, le simpatie di Schmitt vanno naturalmente alla prima di queste due prospettive, ossia a quella che propone l’immagine sinistra di un essere umano «cattivo per natura».

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materialismostorico

Sullinsegnamento della filosofia nella scuola e nelluniversità*

Una risposta a Massimo Mugnai

di Giovanni Bonacina (Università di Bologna)

de chirico 1.jpgGrazie per questo invito e grazie all’autore per avermi mandato le bozze del suo libro, senza le quali – da storico della filosofia aggrappato al materiale cartaceo come àncora di salvezza – non avrei saputo che cosa dire... È vero – ha perfettamente ragione il collega Enzo Fano – si tratta di un libro vivace e frizzante; di conseguenza ho preparato anch’io un intervento che almeno in parte abbia questo taglio, come di solito i miei colleghi storici della filosofia non praticano. Perciò incomincerò con un apologo.

Immaginate di starvi recando a prendere il treno la mattina presto e di aver molta fretta e di non sapere che ore siano, poiché avete dimenticato a casa l’orologio e il vostro telefono cellulare è maledettamente scarico. Finché non sarete seduti in treno, non potrete collegarlo alla corrente. Per vostra fortuna vedete venirvi incontro leggendo il giornale un signore molto distinto, al quale subito pensate di rivolgervi.

Prima possibilità: il signore che avete di fronte è Massimo Mugnai. La risposta suonerà: «Sono le ore 6 e 14 minuti primi, 56 secondi». Avrebbe potuto dire: «Le sei e un quarto» obietterete! Ma poiché la filosofia deve il più possibile assomigliare a una scienza esatta, dotata di un linguaggio incontrovertibile e aderente all’esperienza, è così che il nostro collega vi avrà dato la risposta. Riuscirete a prendere il treno.

Seconda possibilità: siete un po’ più sfortunati, il signore molto distinto che vi viene incontro è chi vi parla, è Giovanni Bonacina. Gli domandate l’ora. Estrae dal taschino il suo orologio e vi legge: «Vacheron et Constantin, Genève». E aggiunge: «Genève... la città di Jean-Jacques Rousseau! Ma Lei sa che quando Jean-Jacques faceva Rousseau, o quando Rousseau faceva Jean-Jacques… perché Lei sa che fu autore di un’opera dal titolo Rousseau juge de Jean-Jacques, nevvero? anno di pubblicazione? 1780!

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materialismostorico

Le radici valutarie del conflitto in Ucraina

di Francesco Schettino (Università della Campania L. Vanvitelli, Napoli/Caserta)

UCRAINA RUSSIA 2 BRK ART.jpg1. L’ultima grande crisi e la conflittualità valutaria

Anche il più grande sostenitore delle logiche dell’attuale modo di produzione, se mosso da onestà, non potrebbe negare che da almeno 25 anni il capitale mondiale, nella sua interezza, versa in uno stato di difficoltà, come mostrato dalla Figura 1, seguendo una tendenza ribassista già emersa almeno dalla fine degli anni sessanta, come avremo modo di spiegare più avanti.

Il denominatore comune di questa tendenza di medio-lungo periodo può essere individuato nell’eccesso patologico di sovrapproduzione1 che impedisce a tutto il valore prodotto di essere collocato adeguatamente o, in altre parole al plusvalore complessivo di tradursi in profitto a causa della limitatezza del mercato mondiale e della domanda pagante in grado di assorbire tale sistematico eccesso. In questo capitolo tenteremo di focalizzare il nostro campo di indagine sulle evoluzioni del ritmo di accumulazione delle ultime due decadi, ossia a partire dal biennio 2007/2008, periodo ricordato da molti come quello della “crisi finanziaria”. Già l’adozione diffusa di questa limitativa definizione, ormai ampiamente acquisita e sussunta, descrive adeguatamente la natura e l’entità del tentativo di nascondere le vere peculiarità della crisi emersa nel 2008 come epifenomeno di un problema che, come abbiamo già iniziato a vedere è più antico ed endemico al sistema.

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machina

L'attualità della rivoluzione. Il Lenin del giovane Lukács

di Mario Tronti

Schermata del 2024 02 06 17 35 32.pngA cent’anni dalla morte del grande rivoluzionario, un estratto di un testo inedito di Mario Tronti sul Lenin del giovane Lukács. Il saggio completo farà parte di «Che fare con Lenin? Appunti sull’attualità della rivoluzione», a cura di Andrea Rinaldi, con contributi di Guido Carpi, Rita di Leo, Maurizio Lazzarato, Damiano Palano, Gigi Roggero, di prossima pubblicazione per DeriveApprodi.

«Il politico è portato a proseguire sulla stessa strada che ha dato il via alla rivoluzione; il teorico della politica è capace di vedere la necessità di passare a una fase ulteriore, che in qualche misura smentisce anche i presupposti della Rivoluzione stessa».

* * * *

Il primo capitolo di Lenin. Teoria e prassi nella personalità del rivoluzionario porta il titolo «L’attualità della rivoluzione».

Quali sono gli elementi per cui una rivoluzione operaia di stampo marxista si può considerare attuale? Ci sono due condizioni che si devono incontrare, ma storicamente succede molto raramente: una crisi di sistema di fondo, che non si può più gestire, che non si può più risolvere, quindi un dato oggettivo che favorisce evidentemente l’iniziativa rivoluzionaria; una soggettività rivoluzionaria già pronta, che sta lì, già organizzata, pronta a cogliere il momento e portare a termine l’evento rivoluzionario. Quella di Lukács era l’epoca in cui queste due condizioni si erano incontrate proprio in Russia, paese sconfitto nella Seconda guerra mondiale e allo sbando, tra guerra e miseria. Lì era presente un nucleo bolscevico, un’organizzazione che aveva già attraversato un momento rivoluzionario – dal carattere cosiddetto «democratico», non ancora socialista – nel 1905, che vede l’occasione di sfruttare questa situazione di crisi.

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futurasocieta.png

Cento volte Lenin

di Gianmarco Pisa

Il contributo di Lenin, nella storia del movimento operaio e democratico, in tutta la sua profondità e attualità

leninnhygb.jpgMovimenti democratici, lotte partigiane, resistenze antifasciste e antiautoritarie, lotte di liberazione dei popoli, scalate al cielo rivoluzionarie, tutte devono qualcosa a Lenin, ai contenuti dei suoi scritti, alle iniziative della sua direzione politica, alle realizzazioni dell’esperienza sovietica.

Tra i più grandi, se non il più grande, dei prosecutori e innovatori del pensiero dei fondatori, Karl Marx e Friedrich Engels, Lenin (Vladimir Il’ič Ul’janov: Simbirsk, 1870 – Gorki, Mosca, 1924) ha fornito un impulso formidabile, essenziale, allo sviluppo del marxismo e, in generale, del pensiero e della prassi del movimento operaio, e ha rappresentato un’ispirazione luminosa, prospettica, per generazioni di comunisti, partigiani, rivoluzionari, per l’oggi e per il domani, letteralmente ai quattro angoli del pianeta.

Organizzatore della frazione bolscevica in seno al marxismo russo; principale protagonista dell’Ottobre rosso, la vittoriosa rivoluzione d’Ottobre del 1917; capo del primo governo della Russia sovietica, il primo compiuto Stato socialista della storia, e poi, dal 1922, dell’Unione sovietica; teorico e costruttore della democrazia consiliare attraverso il sistema dei Soviet, della programmazione economica, della Nuova Politica Economica, delle grandi conquiste sociali da lui inaugurate e quindi proseguite dalla successiva direzione politica dell’Unione sovietica; e ancora, ispiratore della moderna teoria dell’imperialismo e teorico del moderno diritto dei popoli all’autodeterminazione, è impossibile sintetizzare grandezza e attualità del contributo di Lenin, sul piano politico e filosofico, alla storia e al pensiero del movimento operaio.

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perunsocialismodelXXI

La cassetta degli attrezzi

Postille a "Guerra e rivoluzione"

di Carlo Formenti

morales chavez 0.jpgIn "Guerra e Rivoluzione" (2 voll. Meltemi, Milano 2023) ho affrontato alcuni temi "scabrosi" sui quali il marxismo occidentale non può esimersi di riflettere, se vuole uscire dalle secche in cui lo hanno impantanato decenni di opportunismo, settarismo e dogmatismo. Personalmente ritengo che l'opportunismo (vedi le ricorrenti tentazioni elettoralistiche e la conseguente disponibilità al compromesso con le borghesie liberali), benché pernicioso, abbia causato meno danni del settarismo e del dogmatismo, cioè della riproposizione rituale e ottusa di dogmi che un secolo di storia ha impietosamente falsificato. È questo crampo ideale che ha impedito alle formazioni neo comuniste di radicarsi nel sociale e raccogliere consensi (mi riferisco all'arruolamento di nuove leve di militanti, non a qualche manciata di voti) fra i lavoratori e le giovani generazioni. In questo articolo propongo alcuni approfondimenti relativi ai temi affrontati nel libro uscito qualche mese fa. Non toccherò - se non marginalmente - le questioni relative alle trasformazioni strutturali del tardo capitalismo e alle nuove forme di socialismo emerse in Cina e America Latina, perché si tratta di problemi sui quali sono già tornato su queste pagine, per concentrarmi invece: 1) sulla critica degli "ismi" (economicismo, progressismo, eurocentrismo, universalismo, ecc.) che hanno sterilizzato il marxismo occidentale; 2) sulla questione della forma partito.

PS. In questa seconda parte ho cercato di ridurre al minimo l'apparato di note in quanto si tratta di un testo assai lungo (il doppio del precedente) quindi, se avessi applicato gli stessi criteri, le note sarebbero state più di cinquanta e forse avrebbero sfiorato il centinaio, appesantendo la lettura. Per riferimenti bibliografici più esaustivi rinvio alla bibliografia generale di "Guerra e rivoluzione". Mi preme infine precisare che l'ultimo libro di Alessandro Visalli ("Classe e partito", Meltemi 2023) ha ispirato molte delle riflessioni che troverete nelle prime pagine anche se non è citato direttamente.

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doppiozero

L’occhio del padrone

di Tiziano Bonini

64c01aa967f140001d00706e.jpgGuidare un camion è un’attività molto complessa: richiede forza fisica, concentrazione mentale per lunghi periodi di tempo, destrezza nei movimenti, controllo delle proprie emozioni, capacità di cooperazione con altri camionisti, un’attività cognitiva continua, per evitare di fare incidenti o mantenere a lungo la stessa direzione di marcia. Eppure, quando si parla di professioni che implicano un lavoro cognitivo, ci si riferisce sempre ad altri tipi di lavori, come la designer, la programmatrice informatica, la manager di azienda…, tutte professioni diventate centrali con l’emergere della società dell’informazione e con la diffusione dei computer nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni e nelle case private. Il camionista non è considerato un lavoro prettamente “cognitivo”. Eppure, gli attuali sistemi di intelligenza artificiale fanno ancora molta fatica ad automatizzare i complessi processi cognitivi che stanno alla base della guida umana di un camion. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha inavvertitamente dimostrato che lavori apparentemente poco qualificati come guidare un camion richiedono molta “intelligenza”, destrezza fisica e qualità emotive, e sono a tutti gli effetti dei lavori “cognitivi”. I veicoli a guida autonoma, infatti, dipendono dall'IA che impara via via a imitare le decisioni intelligenti dei conducenti sulla strada. “Se, infatti, la capacità di guidare un veicolo può essere tradotta in un modello algoritmico è perché guidare è un’attività con una componente logica, – perché, in ultima analisi, all labour is logic”, (p. 3), tutte le attività lavorative per essere eseguite presuppongono operazioni mentali logiche, che possono essere misurate, calcolate e riprodotte da un sistema logico come una rete neurale.

Questa è la constatazione da cui parte il bellissimo libro di Matteo Pasquinelli, The Eye of the Master, A Social History of Artificial Intelligence (Verso Books, 2023, di prossima traduzione italiana presso Carocci), per dimostrare come l'intelligenza artificiale sia una serie di tecnologie che emergono dal tentativo di “cattura” dell'intelligenza sociale incorporata nelle relazioni umane.

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citystrike

Le guerre di religione non esistono

di CityStrike

unnamedndnfhgyehVale la pena di approfondire la tendenza, abbastanza diffusa, che porta a considerare la guerra tra Israele e Palestina come un conflitto religioso. Conflitto da cui i comunisti dovrebbero tenersi fuori dal momento che, per chi guarda alla realtà attraverso la prospettiva del materialismo dialettico, la religione va considerata come l’oppio dei popoli.

Per approfondire la questione è necessario fissare due punti:

cosa intendiamo, riferendoci a Marx, per religione;

cosa intendiamo con l’espressione “guerre di religione” (espressione che abbonda non soltanto nei resoconti dei media ma anche sui libri di storia nell’analisi dei conflitti e delle guerre).

 

L’oppio dei popoli

Questa definizione si accompagna sempre alla locuzione “come ha detto Marx la religione è…”. Ma se vogliamo veramente entrare nel senso di questa celebre espressione, dobbiamo sottrarci a qualsiasi semplificazione da social network: Marx non poteva certo accompagnare questa frase all’immagine di qualche pittoresca sfilata di santi, icone o flagellanti – come fosse autoevidente nel suo significato. Per coglierne il senso originario nella sua complessità vale quindi la pena di riportarla per esteso, nel suo contesto discorsivo:

«Il fondamento della critica irreligiosa è: l’uomo fa la religione, e non la religione l’uomo. Infatti, la religione è coscienza di sé e il sentimento di sé dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l’uomo non è un’entità astratta posta fuori dal mondo.

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carmilla

Il nuovo radicalismo di destra secondo Adorno (e come potremmo contrastarlo)

di Marco Rizzo

theodor w adorno tazza.jpgParte I

Poco più di tre anni fa è stata tradotta ed edita per la prima volta in Italia una conferenza che Adorno tenne nel 1967 presso l’Università di Vienna, su invito dell’Unione degli studenti socialisti dell’Austria1. Oggetto della conferenza, la riemersione e la crescita elettorale in Germania del neofascismo, nella fattispecie dell’NPD (Partito Nazional Democratico di Germania), allora appena fondato. Nel momento in cui si tiene questa conferenza l’NPD è in una fase di ascesa, tale da lasciar presagire un suo possibile ingresso nel parlamento tedesco alle elezioni federali del 1969; da qui la misurata ma ferma preoccupazione che fa da filo conduttore al discorso di Adorno.

Vale la pena riprendere in mano anche oggi questo breve testo per due motivi. In primo luogo occorre evidenziare che quando Adorno identifica alcuni caratteri ricorrenti della propaganda della nuova destra, quando descrive gli strumenti di cui questa si serve per catturare le menti di alcuni ceti sociali specifici, ha il pregio di impostare l’argomento su un piano che è già direttamente volto alla lotta politica: si tratta di costruire una cassetta degli attrezzi, un insieme di pratiche di base, degli strumenti di osservazione e di analisi da cui partire e mettersi al lavoro per contrastare un pericolo che avanza. Il secondo motivo deriva conseguentemente dal primo, ed è, un poco sorprendentemente, lo stile della conferenza. A differenza della complessità concettuale e della densità di riferimenti letterari ben noti ai lettori e alle lettrici di opere come Dialettica dell’illuminismo o Minima moralia, il linguaggio a cui Adorno ricorre in questo discorso risulta invece sobrio e comunicativo. Forse a causa della presenza di un uditorio e della conseguente natura orale della trattazione, o forse a causa dell’argomento in questione, che non ammette elitarismi di sorta, il fondatore dell’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte ha insomma cura di far sì che i suoi spunti possano essere compresi e raccolti senza troppa difficoltà anche da un pubblico di non iniziati.

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girodivite

Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente

di Luca Cangemi

Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi

10pg07Lenin è tornato, o forse non se è n’è mai andato in questo secolo trascorso dalla sua morte, anche se nell’ultimo trentennio l’abbattimento delle sue statue è stato uno sport abbastanza diffuso. Oggi qui e lì qualche statua viene ripristinata ma soprattutto in modo abbastanza improvviso (specie per i più distratti) riemerge il valore fondativo della frattura politica e, diremmo, epistemologica operata da Vladimir Ilic.

Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.

Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.

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perunsocialismodelXXI

La cassetta degli attrezzi

Postille a "Guerra e rivoluzione"

di Carlo Formenti

720x410c50muyhgw.jpgPremessa

In "Guerra e Rivoluzione" (2 voll. Meltemi, Milano 2023) ho affrontato alcuni temi "scabrosi" sui quali il marxismo occidentale non può esimersi di riflettere, se vuole uscire dalle secche in cui lo hanno impantanato decenni di opportunismo, settarismo e dogmatismo. Personalmente ritengo che l'opportunismo (vedi le ricorrenti tentazioni elettoralistiche e la conseguente disponibilità al compromesso con le borghesie liberali), benché pernicioso, abbia causato meno danni del settarismo e del dogmatismo, cioè della riproposizione rituale e ottusa di dogmi che un secolo di storia ha impietosamente falsificato. E' questo crampo ideale che ha impedito alle formazioni neo comuniste di radicarsi nel sociale e raccogliere consensi (mi riferisco all'arruolamento di nuove leve di militanti, non a qualche manciata di voti) fra i lavoratori e le giovani generazioni. In questo articolo propongo alcuni approfondimenti relativi ai temi affrontati nel libro uscito qualche mese fa. Non toccherò - se non marginalmente - le questioni relative alle trasformazioni strutturali del tardo capitalismo e alle nuove forme di socialismo emerse in Cina e America Latina, perché si tratta di problemi sui quali sono già tornato su queste pagine. Mi concentrerò invece: 1) sulla critica degli "ismi" (economicismo, progressismo, eurocentrismo, universalismo, ecc.) che hanno sterilizzato il marxismo occidentale; 2) sulla questione della forma partito.

 

I. Gli "ismi"che hanno affossato il marxismo occidentale

In un dialogo con Onofrio Romano, pubblicato da DeriveApprodi nel 2019 (1), elencavo cinque temi da affrontare per il rinnovamento del marxismo:

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tempofertile

I soggetti non emergono dalla terra

di Alessandro Visalli

Da Alessandro Visalli, Classe e Partito, Meltemi 2023[1]

danilo bucchi.jpgIn un agile libricino del 2019, Tagliare i rami secchi[2], Carlo Formenti e Onofrio Romano, hanno prodotto un agile e perspicace riassunto delle tesi ‘datate, incomplete, contraddittorie’ della lunga tradizione marxista. Tra queste emerge il bersaglio delle “Tesi sulla filosofia della Storia[3] di Benjamin: la rivoluzione, e quindi il suo ‘agente’ la ‘classe’, interpretata come immanenza nell’evoluzione della Storia, e la natura cristologica dello stesso ‘proletariato’. Per come lo riassume, a un certo punto, Onofrio Romano:

“Non è un caso che l’anti-filosofo di Treviri non prefiguri mai una società comunista, non si cimenti a immaginare, vale a dire, il funzionamento ordinario della società liberata. Non si tratta di mera diffidenza nei confronti dell’atteggiamento eccessivamente prefigurativo dei socialisti utopisti. È una scelta che rinviene all’idea generale di trasformazione, come evento immanente allo sviluppo capitalistico, rispetto al quale ogni velleità di direzione politica dei processi è considerata un’ingenuità. È quindi inutile partorire disegni della società futura sulla base dei propri desideri. La società fa da sé. Occorre solo prenderne atto”[4].

Questa idea, profondamente radicata nella tradizione marxista e ripresa dal grande idealismo tedesco[5], poi funziona dentro la ‘grande committenza’ del socialismo novecentesco[6], nel senso antevisto da Antonio Labriola e da Rosa Luxemburg, come ottima scusa per non agire e affaccendarsi nella cucina, affidando il futuro alla ‘provvidenza’ laica dei destini progressivi della classe. Il filosofo cassinese, nel rifiutare nettamente le idealistiche distinzioni di vero e falso in sé, o giusto e ingiusto, ricondotte a una totalità che dispone di leggi immanenti nel divenire, rifiuta anche di interpretarle in senso deterministico o evoluzionistico.

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Vincenzo Costa, “L’assoluto e la storia. L’Europa a venire, a partire da Husserl”

di Alessandro Visalli

costa lassoluto.jpgIl libro di Costa è del 2023, decisamente un anno di crisi.

Legge questa crisi attraverso la rilettura, tagliente e militante, di un altro libro della Crisi. La “Crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale[1] di Husserl, determinando a sua volta un testo difficile, costantemente in bilico, che cerca la traccia di una lettura, la quale al contempo tradisce/rispetta il testo. Nel quale testo è, in altre parole, cercato un filo interno in grado di leggerlo alla luce del più alto presente al prezzo di qualche tradimento. Mi pare che la chiave sia la tensione a muoversi su un confine esile, un’aporia chiaramente espressa. È, insomma, un libro politico dall’inizio alla fine.

Si tratta degli unici libri che vale la pena di leggere.

Tutto il testo è compreso nell’impossibile obiettivo iniziale: “interrogarsi sull’Europa significa, da un punto di vista filosofico, chiedersi quale sia la sua identità, che cosa la distingua da altre culture[2]. Domanda pienamente legittima, chiaramente, ma dalla risposta quanto mai difficile. Ora, l’interpretazione di Husserl a questa domanda (alla quale si potrebbe rispondere, semplicemente, che a distinguerla è la sua storia, ovvero che non si distingue) riecheggia temi del tempo: “l’Europa non è una storia, ma è la domanda stessa sulla storia”.

Incontrare un testo (nella fattispecie “La Crisi” di Husserl) significa avvertirne il distacco e l’alterità, la distanza, e proporre al lettore quali domande ci siano nel frattempo diventate estranee, ma, al contempo, lasciarsi attraversare dal testo. In modo che, riguardando l’oggi a partire dalla traccia degli anni presenti nelle pagine ri-lette, sia possibile esserne dislocati.