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sinistra

Sostituzione ed estinzione

di Jacques Camatte

c5e04af61668174cb3944eb774f111ed XLIl capitale offre tutti i miliardi
dei quattro secoli di accumulazione per lo scalpo
del suo grande nemico: l’Uomo.

A. Bordiga

L’impianto dell’agricoltura, del­l’al­leva­mento e poi l’invenzione della ceramica nel corso del neo­litico portano a far sí che la produzione di­venga l’agire fondamentale della specie. Ora, a seguito della separazione dalla natu­ra che ne deriva, s’impone la rottura di contin­uità e, in modo artificiale, l’impianto di una dinamica di sostituzione di ciò che è naturale da parte dell’artificiale, che fonda la dualità naturale-artificiale: la naturalità che con­serva il legame col passato e l’artifi­cialità quel­lo col presente e soprattutto col futuro, che diverrà predominante. Tutto ciò che è im­mediato, in relazione con la conti­nuità na­turale, sarà sostituito, in particolare le re­lazioni umane. A seguito del­l’emergere della dia­de amicizia-inimicizia, an­ch’essa derivan­te dalla rottura di continuità in cui la se­conda diventa preponderante in quanto gene­ratrice di una nuova continuità a parti­re dal discon­tinuo, che compensi la perdita di quella na­turale. Per ciò, occorre che si effet­tui un mo­vimento che colleghi i di­scontinui, occorre che si stabiliscano legami tra gli ele­menti so­stituiti al fine di unirli. Ora, legare contiene un’ambiguità, prima di tutto l’idea di unione già menzionata e quella di allaccia­re per im­prigionare. Per cui non essere le­gati è non dipendere, non essere schiavi o servi. Dato che il bambino è considerato un essere di­pendente, diventare adulto significa uscire dalla minorità.

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mondorosso

Il pensiero di Xi Jinping come marxismo del Ventunesimo secolo

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

xi jinping cina scaledB. Brecht: il comunismo “è la semplicità che è difficile a farsi”.

V. I. Lenin: “l’esito della lotta” (tra comunismo e imperialismo) “dipende in ultima analisi dal fatto che la Russia, l’India, la Cina costituiscono l’enorme maggioranza della popolazione” (mondiale).[1]

He Yiting: “finché il socialismo cinese non cadrà, il socialismo del mondo starà sempre in piedi. Oggi, il grande successo ottenuto dal socialismo con caratteristiche cinesi ha permesso di scrivere il capitolo più splendido dei 500 anni di socialismo mondiale”.[2]

 

Il pensiero di Xi Jinping come marxismo del Ventunesimo secolo

Dopo la celebrazione da parte di Xi Jinping del bicentenario della nascita di Marx un importante dirigente del partito comunista cinese, il compagno Wang Huning, aveva affermato nel maggio del 2018 che il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era ha “arricchito e sviluppato il marxismo con una serie di importanti visioni e pensieri originali e strategici”, ed è il “marxismo nella Cina contemporanea e del Ventunesimo secolo”.[3]

Nel giugno del 2020 l’importante rivista teorica Tempi di studio pubblicò un articolo del vicepresidente della prestigiosa Scuola centrale del partito comunista cinese, He Yiting, nel quale si affermò nuovamente che il pensiero di Xi Jinping equivaleva al “marxismo per il Ventunesimo secolo”.

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scienzaepolitica

A proposito di Enzo Traverso, Rivoluzione. 1789-1989: un’altra storia

di Maurizio Ricciardi

Enzo Traverso, Rivoluzione. 1789-1989: un’altra storia, Milano, Feltrinelli, 2021

Lamartine1848PhilippoteauxPIl saggio di Enzo Traverso sulla storia delle rivoluzioni si colloca all’interno, e forse all’apice, del suo lungo lavoro di ricostruzione di alcuni elementi costitutivi della storia poli­tica e intellettuale dell’ultimo secolo. L’indagine sul concetto di totalitarismo1, la ricerca sulla genesi e le strutture fondamentali della violenza nazionalsocialista2, gli studi sulla svolta con­servatrice che ha mutato il segno politico dell’ebraismo nella cultura mondiale3 sono passaggi importanti per comprendere il percorso che porta a questo testo, nel quale l’intento dichia­rato di Traverso è di riabilitare il concetto moderno di rivoluzione dopo e nonostante tutti i suoi fallimenti4. L’estetica del naufragio che apre il volume è da questo punto di vista assolu­tamente significativa. Le pagine dedicate a La zattera della Medusa di Théodore Géricault annunciano molti dei temi destinati a ritornare successivamente nel testo. L’analisi iconolo­gica proposta da Traverso si sofferma sui molti soggetti che non hanno trovato posto sulle navi che si sono allontanate dalla tempesta, lasciando indietro «marinai, soldati, operai e fa­legnami, rappresentanti delle classi inferiori». Assenti le donne, il marinaio nero - ritratto solo di schiena - diviene il significante di chi è stato relegato ai margini dal concetto contem­poraneo di rivoluzione, se non posto completamente al di fuori della sua scena principale. L’intera ricostruzione inizia così mostrando, letteralmente, l’ipoteca che grava sull’intero svi­luppo dei processi rivoluzionari.

La scelta di partire dal quadro di Géricault non è estemporanea, dal momento che l’intero testo è arricchito da un apparato iconografico, utilizzato costantemente come parte integrante della spiegazione storica.

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materialismostorico

Sulla relazione tra classe ed egemonia1

di Javier Balsa*

10«La fede nei concetti solidi, da un lato, e nella certezza delle cose reali, dall’altro, sono all’origine delle posizioni antidialettiche più inveterate»2.

Nell’ambito dell’analisi politica, c’è una domanda che mi preoccupa da molto tempo: perché negli ultimi decenni c’è stato un abbandono degli approcci classisti, anche da parte degli analisti e delle analiste di “sinistra”? Pochi sembrano ricordare la formulazione di Karl Marx secondo cui, nonostante «a prima vista» le controversie politiche nella Francia di metà Ottocento sembrassero una lotta tra monarchici e repubblicani, tra la reazione ed «i “diritti eterni dell’uomo”», «se si considerano la situazione e i partiti più da vicino, questa apparenza superficiale, che nasconde la lotta di classe e la peculiare fisionomia di questo periodo, scompare.. .»3.

Due sono le cause relativamente riconosciute di questa dimenticanza'. la progressiva riduzione dell’incidenza diretta dell’appartenenza di classe sul comportamento politico, e la crisi dello stesso progetto socialista, che ha fatto perdere la fiducia che la classe operaia fosse la classe dirigente di un processo anticapitalista4. Tuttavia, credo che ci sia una terza causa: la stessa complessità della disputa per l’egemonia è ciò che rende difficile leggere la lotta politica in termini di lotta di classe; difficoltà che è stata aggravata dall’abbandono di una prospettiva dialettica.

Due fattori influenzano questa difficoltà a collegare egemonia e classi. Da un lato, la stessa lotta per l’egemonia contiene una componente universalistica e una discorsività retorica che, intenzionalmente, tendono a non spiegare le sue basi di classe. E, d’altra parte, lo scarso sviluppo di una teoria sistematica dell’egemonia ha generato un deficit concettuale per affrontare il rapporto tra classe e lotta per l’egemonia.

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machina

Marx, la tendenza tendenziosa e l'antimperialismo dei lupi/agnelli (prima parte)

A proposito de La guerra capitalista (Mimesis, 2022)

di Carmelo Buscema

Carmelo Buscema è ricercatore di sociologia dei fenomeni politici presso l’Università della Calabria, dove insegna Geopolitica e Rapporti internazionali e si occupa di neoliberismo e processi di finanziarizzazione. Il testo che segue è una critica al lavoro di Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli, La guerra capitalista (Mimesis, 2022), volume che abbiamo discusso in questa sezione (vedi: https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-guerra-capitalista) e del quale seguiamo il vivace dibattito che le tesi lì espresse stanno suscitando.

0e99dc 657b1a94f4404a91a3391e5096088d0bmv2Life on Marx?

Dal parapetto affacciato sullo spettacolo della fine della storia, nel 1990 David Bowie cantava la famosa canzone sulla ragazza dai capelli color topo, che per sfogare la tristezza del suo sogno manifestamente infranto – come il nostro –, camminava verso la consolazione di uno schermo cinematografico argentato. Ma il film dato era di una noia mortale, e a lei risultava esasperante lo stupido entusiasmo per quel freakest best selling show, dei ciechi spettatori vocianti al suo fianco. Is there life on Mars? – allora si chiedeva, desolata, la ragazza, alla ricerca di una speranza più lontana da sperare.

Se l’autore della monumentale opera di cui «Il Capitale» è la summa, fosse un pianeta – e Karl Marx è un intero pianeta, conosciuto e da esplorare– formuleremmo alla stessa maniera, oggi, la nostra inquietudine al cospetto dello spaventoso «destino da carne industriale e da cannone» che ci aspetta: c’è (ancora) vita su Marx?

 

Arrivano i vostri! (Rimpiazzano i nostri)

Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli arricchiscono di molti rilevanti contributi il loro recente libro «La guerra capitalista.

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sinistra

Pašukanis ieri e oggi. Una introduzione

di Carlo Di Mascio

Da Pašukanis e la critica marxista del diritto borghese, Phasar Edizioni, Firenze, 2013, pp. 268.

c5e04af61668174cb3944eb774f111ed XLI.

Norberto Bobbio, in un saggio pubblicato nel 1954 dal titolo Democrazia e dittatura, osservava che gli enormi progressi, che l’Unione Sovietica stava in quel tempo compiendo in direzione di uno Stato fondato sul diritto, dovevano in gran parte essere ascritti alla cosiddetta «riscoperta del diritto», e ciò in particolare per merito della scuola facente capo a Vyšinskij, la quale, concependolo «come complesso di norme coattive imposte dalla classe dominante al fine di salvaguardare le relazioni sociali ad essa vantaggiose», si poneva in netta sintonia con quanto tracciato dalla più avanzata dottrina borghese di matrice kelseniana, tendente a considerare il diritto «come una tecnica speciale per la organizzazione di un gruppo sociale (qualunque esso sia)». Ma per Bobbio questi progressi dovevano ritenersi attribuibili anche ad un altro motivo, e cioè alla piena «sconfessione delle dottrine giuridiche estremistiche di Pašukanis e compagni, secondo cui il diritto era una sovrastruttura della società borghese e come tale destinato a scomparire con l’avvento della società socialista»1.

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marx xxi

Note critiche sulla guerra, la competizione, la centralizzazione, e il nuovo conflitto imperialista

di Alberto Gabriele

libri cultura Sara Bertrand Territorio di fuga Edicola Edizioni 510x2651. Il libro di Brancaccio, Giammetti e Lucarelli La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista (Brancaccio et al. 2022 e’ probabilmente il lavoro di ispirazione marxista più diffuso e apprezzato oggi in Italia ( vedi Cremaschi 2022, Schettino 2023, Zolea 2023, Ciccarelli 2023; per una valutazione più critica, vedi Bargigli 2023). Il fatto stesso che uno studio come questo abbia raggiunto un certo grado di popolarità e di diffusione e’ certamente un fatto positivo. Queste brevi note, dando quasi per scontata la correttezza della principale tesi di fondo che gli autori corroborano con nuovi risultati statistici ed econometrici di grande valore, si focalizzano su quella che io ritengo essere una debolezza di fondo della loro analisi, che può purtroppo indurre i lettori a una grande confusione su un punto cruciale: which side are you on1? (da che parte stai?).

 

2. Brancaccio et al. criticano giustamente la timidezza degli scienziati sociali gli studiosi contemporanei appaiono in larghissima parte timorati dinanzi a qualsiasi tentativo di generalizzazione del corso degli eventi storici. 2 Al punto che la negazione di ogni “legge” generale di tendenza potrebbe esser considerata la base metodologica comune dell’economia, della sociologia, della storiografia, e di tutto il complesso delle scienze sociali del nostro tempo. ”3 (p.8). Al contrario, gli autori rivendicano la legittimità e la necessità di identificare, analizzare e dimostrare empiricamente le leggi di movimento del capitalismo. Una tra le più importanti e’ la legge della centralizzazione (LC), che afferma che in regime capitalista la proprietà e il controllo del capitale- già di per sé diseguale, per definizione, in questo modo di produzione – tendono a concentrarsi sempre di più in poche mani.4

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materialismostorico

Giovanni Arrighi, dalla critica dell’imperialismo alla teoria dell’egemonia1

di Giulio Azzolini*

Da Materialismo Storico, Rivista Di Filosofia, Storia E Scienze Umane, V. 13 N. 2 (2022)

tiziano veccellio supplizio di marzia 1570 76 particolare1. La critica all'imperialismo (1963-1969)

Tra il 1963 e il 1969 Arrighi è in Africa, dove insegna prima all’Uni­versità di Harare, allora Rhodesia oggi Zimbabwe, e poi all’Università di Dar es Salaam, in Tanzania. L’Africa subsahariana è in bilico tra decolo­nizzazione e neocolonialismo. E lui lavora su due piani, scientifico e po­litico, come attesta il suo primo libro, Sviluppo economico e sovrastrutture in Africa, che, pubblicato nel 1969 per la serie viola di Einaudi, raccoglie tutti i suoi primi saggi di africanista.

Arrighi, nato a Milano nel 1937, aveva studiato economia alla Bocconi, formandosi in un ambiente improntato alle dottrine neoclassiche, sordo al keynesismo e tanto più al marxismo. Ma Veconomics gli parve da subito inadeguata ad affrontare il problema economico-politico che l’Africa gli spalancò sotto gli occhi: le disuguaglianze indotte dall’estensione del capitalismo o, per usare la formula coniata all’epoca da Andre Gunder Frank, la «sviluppo del sottosviluppo»2. In altre parole, il giovane Arrighi è impegnato nella critica al neoimperialismo, inteso, secondo l’indica­zione di Paul Sweezy, non tanto come ampliamento del mercato aperto alle merci prodotte dagli Stati dominanti, bensì come rafforzamento degli investimenti diretti all’estero da parte delle corporations legate alla po­tenza statunitense.

Ma il periodo africano è determinante anche per la formazione poli­tica e personale di Arrighi. Nato in una famiglia borghese antifascista, egli partecipa alle lotte di liberazione nazionale, lotte che nel 1966 gli costano il carcere e l’espulsione dalla Rhodesia. A quella fase risale inoltre l’ami­cizia con esponenti di rilievo della New Left, come Samir Amin, Imma­nuel Wallerstein, Walter Rodney e John Saul.

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citystrike

Percorso: Internet, Marx e la teoria del valore

di Collettivo Genova City Strike

Questo testo e questa presentazione sono basati, in gran parte, sul testo di Guglielmo Carchedi “Lavoro Mentale e classe operaia”. Le restanti parti sono a cura del Collettivo Genova City Strike

Luigi Ghirri Lido di Spina 1974 C Print 9 x 14 cm Eredi Luigi Ghirri 696x476 1 696x445La rete internet, sviluppata per motivi inizialmente militari durante la guerra fredda, ha assunto un’importanza centrale nella vita quotidiana degli uomini, in ogni parte del mondo. Con internet si lavora, si compra e si vende, si comunica, si gioca, si consuma tempo libero. Tutto questo rientra nella teoria del valore di Marx e in quali modi? E’ quello a cui cercheremo di rispondere. Per farlo occorre dapprima riprendere le categorie (aggiornandole) di lavoro produttivo e improduttivo e di comprendere il nesso tra fase della produzione di merci e fase di consumo delle stesse.

 

Sezione 1) Produzione e consumo

a) Il lavoro produttivo

In generale possiamo definire produttivo qualsiasi lavoro che sia inserito all’interno dei cicli di riproduzione del valore. Cioè un lavoro che determina variazioni nel valore d’uso di una merce e che abbia un valore di scambio. A questo punto si aprono una serie di subordinate legate a lavori che determinano variazioni nei valori d’uso ma non immediate nei valori di scambio (ad esempio i lavoratori nel campo dell’istruzione o della sanità). Oppure a lavori che determinano variazione nei valori di scambio ma in cui la merce non ha nessun cambio di valore d’uso (ad esempio il commercio o la logistica). La categoria del lavoro produttivo rimane quindi valida ma va comunque specificata in un contesto che varia nel tempo.

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perunsocialismodelXXI

Guerra e rivoluzione

Prefazione

di Carlo Formenti

Il testo che anticipo in questo post è la Prefazione del libro "Guerra e rivoluzione" il cui primo volume, "Le macerie dell'impero" sarà in libreria fra pochi giorni per i tipi di Meltemi, mentre il secondo, "Elogio dei socialismi imperfetti" seguirà fra un paio di mesi.

d67d098fe25caea5139ca2b7624c16a9 XLL'autore del lavoro che vi apprestate a leggere verrà verosimilmente accusato di eccessiva ambizione: sia per le dimensioni dell'opera (due volumi per un totale di diverse centinaia di pagine), sia per la vastità dei temi trattati (presa di distanza da certi dogmi cari alla tradizione marxista; impatto della controrivoluzione neoliberale sulla mutazione dei sistemi politici e della composizione di classe, nonché sulla morte delle sinistre in Occidente; rinascita del progetto socialista in Oriente e nel Sud del mondo; abbozzo di linee strategiche per la ricostruzione di un movimento comunista occidentale). Forse l'accusa non è priva di fondamento, tuttavia ritengo che la mia vera colpa consista nel non essere stato abbastanza ambizioso, considerato che la situazione del movimento anticapitalista in Occidente è oggi talmente tragica da poter essere affrontata solo coltivando un'ambizione smisurata. A discolpa del fatto di essere rimasto al di sotto di quanto richiederebbe la situazione, posso addurre due giustificazioni: in primo luogo, i miei limiti soggettivi mi hanno impedito di approfondire ulteriormente l'analisi; inoltre, quand'anche le mie capacità fossero state maggiori, le sfide con cui ardisco qui misurarmi richiederebbero l'apporto di una mente collettiva che oggi, dopo decenni di sistematico smantellamento di partiti, istituzioni, centri di ricerca (nonché di frammentazione organizzativa di quanto ne restava), non esiste più.

Perché mi sono imbarcato in cotanta impresa? Perché sono convinto che sia urgente trovare il coraggio (non dubito che molti lo definiranno piuttosto arroganza) di porvi mano.

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moneta e credito

Ordoliberalismo. Costituzione e critica dei concetti

Recensione di Stefano Lucarelli*

Zanini A. (2022), Ordoliberalismo. Costituzione e critica dei concetti (1933-1973), Bologna: Il Mulino, pp. 567, ISBN: 9788815294746.

postmodernismo reggia di caserta 1 1024x793Nonostante l’ordoliberalismo sia un sistema di pensiero che ha origine in una precisa area culturale - la scuola di Friburgo -, soprattutto nel nostro paese la conoscenza dei concetti che hanno caratterizzato la storia di questa dottrina non appare scevra da imprecisioni e incomprensioni. Non lo era certamente durante la costituzione della Unione Europea quando il modello tedesco di economia sociale di mercato veniva presentato all’opinione pubblica come una alternativa all’economia di mercato rilanciata negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dalla rivoluzione conservatrice di Ronald Reagan e di Margareth Tatcher.1 In altri termini, la Soziale Marktwirtschaft, per usare l’espressione originaria coniata da Alfred Muller-Armack, veniva presentata come qualcosa di distante dal neoliberismo. Questa parola-guida della scuola di Friburgo si ritrova nell’articolo 3 del Trattato di Maastricht (1992), che, al comma 3, stabilisce che l’Unione Europea “si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, e [proprio] su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva”, modello in cui l’aggettivo “sociale”, secondo von Hayek, è un pleonasmo grazie al quale “alcuni miei amici tedeschi (e ultimamente anche inglesi) sembrano essere riusciti a rendere appetibile a circoli più ampi il tipo di ordine sociale che io difendo” (cfr. von Hayek, cit. in Cavallaro, 2020, pp. 33-34). Un ordine sociale, quello hayekiano, che indica un sistema ordinato di regole incorporato nel processo di evoluzione del sistema di mercato, cioè nella forma di norme di comportamento interiorizzate, e non nella forma della programmazione statuale.2

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consecutiorerum

Due libri di Silvio Maresca

di Roberto Finelli

Silvio Maresca, Socialtotalitarismo (Armando, Roma 2021) e La doppiezza dell’Occidente (Armando, Roma 2022)

foto decadenzaSocialtotalitarismo e La doppiezza dell’Occidente sono due testi di Silvio Maresca che formano un’endiadi, un percorso cioè che va letto unitariamente, per comprenderne la significativa attualità: non solo quanto a discorso sul presente ma anche, più in generale, sulla natura e sulla destinazione ontologico-storica di ciò che è “modernità”.

In Socialtotalitarismo la riflessione è svolta sulla rivoluzione digitale, sul suo carattere epocale, sui modi profondissimi, che ne vengono conseguendo, di trasformazione dell’esperire individuale e collettivo, di nuovi generi di socialità e di identità personale, di nuove configurazioni nelle istituzioni della democrazia politica.

Riguardo alla scoperta e alla diffusione del digitale Silvio Maresca non è certamente affetto da tecnofobia e da rifiuto verso i nuovi dispositivi inventati dall’informatica e dalla scienza dell’informazione. Egli infatti mostra di essere ben consapevole che il presente vada analizzato senza atteggiamenti tradizionalisti e conservatori e che le nuove tecnologie rappresentano una risorsa, fatta di una strumentazione sorprendente e innovativa, che potrebbe sollecitare ed aiutare l’umanità intera a entrare in una più estesa unificazione ed autocoscienza di sé. Proprio secondo quell’istanza definita da J. Habermas “costellazione postnazionale” che vede kantianamente un processo di nuova teoria e pratica della democrazia attraverso il progressivo allargamento, quanto più esteso possibile, di una “sfera pubblica illuminata”, capace cioè di reciprocità di discorso e di confronto tra le ragioni.

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poliscritture

Come ho cominciato ad amare la bomba ….. ovvero …… la fisica sul tavolo di casa

di Paolo Di Marco

bomba1La Fisica è associata, nei titoli di giornali e nell’immaginario, a esperimenti costosi in laboratori con attrezzature esotiche: dai grandi acceleratori di particelle ai razzi interplanetari. E così appare sempre più qualcosa riservato a un mondo alieno e rarefatto di cui poco è dato sapere e soprattutto comprendere ai comuni mortali.

Ma non solo la ‘Fisica povera’ dei laboratori scolastici, ma anche quella esotica può essere fatta a casa propria, anche da qualcuno digiuno di scienza.

 

1- il caos (il rubinetto di Henon)

Nonostante se ne sia fatto molto parlare tempo fa il caos è ancora oggetto misterioso per la maggior parte di noi. Il fatto che evochi l’eterna lotta con l’ordine lo carica anche di significati morali tanto drammatici quanto impropri.

L’unico modo di esorcizzarlo è capirlo, e la strada migliore gli esperimenti.

Quello che vi proponiamo richiede solo un recipiente con un rubinetto di quelli classici.

Mettiamo il recipiente sul tavolo, e per terra una vaschetta con della carta argentata sul fondo (Se avete un rubinetto di quelli classici, cilindrici, potete farlo anche nel lavandino di casa..).

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lavocedellelotte

La via governista al potere: perché il neoriformismo non può vincere

di Giacomo Turci

La crisi storica delle vecchie correnti riformiste europee ha agevolato l’emersione di un nuovo tipo di strategia politica a sinistra, il neoriformismo. Un’opzione che, nella sua logica di fondo e nelle sue esperienze più mature, non costituisce un’alternativa valida per il rilancio della lotta di classe e di quella per la rivoluzione e il socialismo

Tsipras Iglesias 1152x759Il problema del soggetto politico mancante e la risposta neoriformista

La questione dell’evoluzione in soggetto politico dei dominati nella società capitalista, a partire dalle loro attività e lotte sociali, è tanto antica quanto di imperiosa attualità. Antica, perché si riconnette alla storia millenaria dell’azione e della soggettivazione politica degli sfruttati lungo la storia della società divisa in classi: per fare un solo esempio, Gramsci nei Quaderni (1975: 2284) nota come i coinvolgimenti crescenti dei ceti bassi nei conflitti tra i Comuni “davano la coscienza della loro forza ai popolani e nello stesso tempo ne rinsaldavano le file (cioè funzionarono da eccitanti alla formazione compatta e solidale di gruppo e di partito)”. In questo senso, si può notare con Lenin (1967: 70) che la guerra, se la intendiamo come parte e prosecuzione della politica con altri mezzi, è “espressione concentrata dell’economia”, dunque per nulla estranea alla vita e alla lotta economico-sociale dei salariati, e svariate volte ha giocato un ruolo di radicalizzazione e, appunto, soggettivazione dei subordinati; una dinamica che si potrebbe ripetere ‘in grande stile’ in questo tempo che assomiglia sempre più a quello di crisi, guerre e rivoluzioni (cfr. Albamonte 2021) che sconvolse il mondo un secolo fa. Dunque, dicevamo, una questione antica ma anche attuale, in modo particolare nel nostro paese: mentre i cicli storici passati di evoluzione e trasformazione della classe lavoratrice hanno finito per trovare ciascuno le sue forme di identità e organizzazione politica (nel senso ampio del termine), più o meno antagoniste rispetto alla classe dominante, quello posteriore alla crisi mondiale del 2008 ha sì visto un’evoluzione complessiva della classe lavoratrice in Italia, attraverso una serie di fenomeni (come la sua femminilizzazione, la precarizzazione sistematica delle nuove generazioni, la concentrazione di forza-lavoro immigrata in alcuni settori, eccetera), ma a quest’evoluzione non è corrisposta una nuova espressione politica sistematica; anzi, vi è tuttora una crisi, o quanto meno una stagnazione, delle correnti e delle organizzazioni politiche già esistenti prima di questo ciclo, e che ancora costituiscono la direzione delle istituzioni della classe lavoratrice.

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consecutiorerum

Ordinamenti e sguardo antropologico

Su Ordoliberalismo di Adelino Zanini

di Ubaldo Fadini

9788858339602 0 350 0 75Leggendo il recente e magistrale studio di Adelino Zanini, Ordoliberalismo. Costituzione e critica dei concetti (1933-1973), il Mulino, Bologna 2022, mi è venuta in mente un’immagine, tra Lyotard e Deleuze, che ne può restituire il disegno teorico che si delinea in più di 500 pagine, vale a dire quella del ‘figurale’, con il suo intento di fondo di carattere anti-rappresentativo, anti-narrativo e decisamente performante in senso radicalmente critico, per così dire.

Può avere un qualche senso questa associazione nel momento in cui questo libro di Zanini si presenta innanzitutto come un tentativo di segno storico-concettuale di ricostruzione di una costellazione di temi e figure, quella dell’‘ordoliberalismo’, così contraddistinto dall’emergere di tante differenze e sfumature non insignificanti da risultare infine come estremamente spregiudicata? È a tale spregiudicatezza, messa ulteriormente a valore dal suo parziale fluire in ciò che è noto come ‘parola-baule’ che ha segnato buona parte della vita economica, sociale e politica del nostro Continente: ‘economia sociale di mercato’, che vorrei fare riferimento in questo mio contributo, virando in particolare e per concludere verso questioni che mi sono più vicine e che riguardano il complesso teorico dell’antropologia filosofica moderna.

Ma prima di arrivare a ciò mi pare opportuno indicare le componenti essenziali di Ordoliberalismo che sono da rinvenire nell’analisi puntuale, quasi a formare delle distinte e accurate monografie, dell’opera di tre studiosi imprescindibili come Walter Eucken, Franz Böhm e Alfred Müller-Armack.