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Una recensione a "Colonialismo cognitivo"*

di Alessandro Pallassini

Introduzione

In che rapporto stanno scienza, religione e capitalismo? E’ questa una delle tante domande a cui il nuovo libro di Franco Soldani cerca di dare risposta.

Il testo si inserisce nel solco delle analisi che l’autore porta avanti da ormai quasi due decenni e ne rappresenta, allo stesso tempo, sia una sintesi, che un approfondimento. In particolar modo, il lavoro si pone come conclusione provvisoria delle tematiche affrontate negli ultimi lavori dell’autore, riprendendo le analisi de Le Relazioni Virtuose (Ed. UNI Service, Trento, 2007) e de Il Pensiero Ermafrodita della Scienza (Ed. Faremondo, Bologna, 2009) per quanto riguarda la teoresi del rapporto tra scienza e capitale e, dall’altro lato, de Il Principio Determinante (Ed. Faremondo, Bologna, 2006) e de Il Porto delle Nebbie (Ed. Faremondo, Bologna, 2008) per quanto riguarda gli inganni del capitale e le cortine fumogene che esso ci pone costantemente davanti agli occhi. Ma i temi affrontati aprono anche nuovi orizzonti di indagine e tracciano nuove prospettive per chi voglia liberarsi dai condizionamenti a cui la società in cui viviamo ci sottopone.

Nello specifico, Colonialismo Cognitivo incentra le proprie analisi sul rapporto tra religione, capitalismo e scienza e ha come obiettivo quello di fornire una chiave di lettura alternativa della realtà in cui siamo immersi e crediamo di operare liberamente. Soldani non solo prende le distanze dal pensiero “alternativo” dell’occidente, in particolar modo da quello marxista nelle sue variegate declinazioni, ma cerca anche di mostrare come l’intero pensiero occidentale, a partire dalla sua genesi nella Grecia classica, determini una progressione e uno sviluppo funzionale all’affermazione del capitalismo così come oggi ci si mostra.

In questo senso, anche i paradigmi cognitivi che a prima vista possono presentarsi come eversivi della logica occidentale, in realtà, non ne rappresentano altro che delle sofisticate varianti interne, del tutto compatibili con l’impianto del pensiero occidentale e funzionali alla sua riproduzione.

Il discorso di Soldani procede, a nostro avviso, all’interno della complessiva coerenza delle argomentazioni, per tappe progressive che forniscono, però, un quadro globale organico e capace di manifestare la complessità del sistema societario capitalista. Abbiamo pertanto cercato di enucleare i focus tematici fondamentali per esporre in maniera più accessibile le sofisticate analisi svolte nel testo.

 

Scienza, religione e capitalismo

L’Autore riprende le analisi svolte nei lavori precedenti e mostra come lo statuto della scienza sia l’esatto contrario di quel regno dell’oggettività, così come è inteso dalla vulgata comune. In particolare, la scienza è caratterizzata dalla LOVE, ovvero dalla logica versatile, capace di affermare tutto e il suo contrario nello stesso tempo (pp. 67 – 70) e di secernere dal proprio interno un universo di realtà in cui il falso è vero e il vero è falso ed in cui il principio di non contraddizione, a cui il pensiero scientifico si richiama costantemente, viene sistematicamente, sebbene in maniera occulta, violato. Ma se la scienza non è quel sistema asettico e disinteressato che ci si aspetta che sia, che cosa è allora e con chi è imparentata? Il primo imparentamento è abbastanza notorio, per chi conosce le opere di Soldani, ed è documentato con rigore logico e perizia di riferimenti: la scienza va a braccetto – si sposa – con il capitalismo. E’ un matrimonio vero e proprio in cui i due sposi si influenzano, si preformano – nel lessico di Soldani – a vicenda. Non è una tesi nuova, per chi ha familiarità con le opere di questo studioso, ma è un paradigma interpretativo che emerge e si affina lungo l’arco di tutta la sua produzione teorica. Basti pensare che all’affermarsi della razionalità occidentale e del capitalismo Franco Soldani aveva, in tempi non sospetti, dedicato un corposo volume dal titolo: Sistemi di Conoscenza e Potere nella Società Capitalistica (Antonio Pellicani Editore, Roma, 1997).

Il secondo matrimonio di quello che ormai si sta palesando essere un blasfemo ménage à trois è, però, molto più stupefacente anche per il lettore non neofita, perché riguarda il pensiero teologico. Paradossalmente, la teologia, la scienza e il capitalismo, nell’analisi portata avanti, condividono il medesimo statuto; sono tutte facce di un medesimo prisma che, come vedremo, danno vita ad una realtà multistratificata in cui tutto ciò che pensiamo essere vero e ci appare come tale è in realtà falso. A prima vista la tesi può sembrare insostenibile: che cosa hanno da spartire Odifreddi e la teologia? Il primo afferma l’oggettività di giudizio, l’uso estremo e disinteressato della ragione umana, mentre la seconda dovrebbe rivolgersi a ben altri universi. Soldani, però, riesce a mostrare come la logica del pensiero scientifico e quella del pensiero teologico siano direttamente coese, parlino la medesima lingua e siano parti costituenti di un medesimo universo cognitivo.

Al di là delle apparenze, il pensiero scientifico non è affatto un pensiero democratico e disinteressato, come a più riprese viene detto dall’Autore, mutuando un’affermazione del filosofo della scienza Lakatos secondo il quale giustamente: “La scienza non è un’assise democratica”. E, per quanto possa suonare paradossale in prima istanza, il pensiero teologico si mostra al suo interno l’esatto contrario di ciò che appare all’esterno.

Procedendo in questa direzione, Soldani elimina tutta una serie di luoghi comuni, relativi solo apparentemente a differenti campi dello scibile umano ma che, in realtà, condividono il medesimo statuto, ovvero sono funzionali, nascono e si sviluppano insieme al modo di produzione capitalistico. La scienza, così come comincia a formarsi a partire dal ’500, la teologia, fin dalle sue origini, il logos del pensiero delle nostre società occidentali, fin dalle sue origini nell’antica Grecia, sono parti e partecipano della formazione e all’affermazione del capitalismo, alla definizione delle società per come si sono venute strutturando nell’arco dei secoli e, cosa per niente marginale, preformano i nostri stessi universi cognitivi. Formano le nostre menti, il nostro modus cogitandi, ci concedono l’illusione di poterci pensare liberi, di poter pensare diversamente, pur non rinnegando le nostre origini. L’esempio più tipico, su cui Soldani scandalosamente insiste, è quello della tradizione marxista (non di Marx, il cui pensiero è oggettivamente invecchiato ma che non può essere tout court assimilato ai suoi successivi epigoni). Il pensiero marxista, che in apparenza si è proposto e si propone – attraverso i suoi pochi e ormai non più utilizzabili superstiti – come alternativa a questo sistema, in realtà, non solo è completamente compatibile con il sistema stesso, ma, de facto, è complice della sua stessa riproduzione. Rappresenta, in altri termini, una delle molteplici cortine fumogene, delle Red Herrings con cui il capitale, la scienza e la teologia creano un universo parallelo all’interno del quale c’è posto anche per le finte opposizioni al sistema stesso. Meglio ancora: le finte opposizioni sono necessarie perché la finzione della società occidentale possa risultare credibile. Finte opposizioni, ma vere complicità.

Di particolare interesse, per palesare la falsità del pensiero religioso ufficiale, è l’analisi che l’Autore fa del Racconto del Grande Inquisitore ne I Fratelli Karamazov di Dostoevskij, attraverso il quale viene svelata la vera logica del pensiero teologico e ciò che veramente la Chiesa è: “la Chiesa ufficiale si regge su un inganno originario, connaturato alla sua stessa nascita e che questa secerne dalla sua stessa natura. Deve farlo, tra l’altro, in modo necessario, giacché solo così può esistere e sopravvivere” (p. 131).

Il pensiero teologico, come quello scientifico, è pensiero circolare che sempre ritorna a se stesso, impedendo che dal suo interno trapeli qualcosa che non sia nuova fede e subordinazione ad essa. Le relazioni tra scienza e teologia sono quindi molteplici e variegate e i due sistemi si confermano e preformano a vicenda secernendo un mondo apocrifo popolato di inganni ovunque.

 

Inganni a perdita d’occhio

Da quanto detto in precedenza, emerge un assetto societario basato essenzialmente sull’inganno. Fin dalle sue origini, la cifra delle nostre società è stata proprio l’inganno. Tutto il loro sviluppo è cresciuto su inganni: un inganno originario, quello che ha fatto sposare capitalismo, religione, e scienza, dissimulandoli come relativamente autonomi – e anche in contrapposizione tra di loro – mentre nella realtà erano attori di un medesimo progetto e gli inganni che, mano a mano, sono stati necessari per legittimare gli assetti societari, che pervadono le nostre società e che derivano da questo primo sostrato primordiale. Sono tre infatti i livelli di inganno costitutivi della società occidentale.

Un primo livello: quello descritto in precedenza. Il vero e proprio peccato originario, che ha fatto sposare pensieri apparentemente opposti tra di loro, dando origine al vero nocciolo duro della società occidentale. Un secondo livello di inganno: l’inganno come funzione (il capitale), che prevede l’esistenza di individui senzienti come funzionari ed agenti del capitale stesso. “Sono al mondo, in altri termini, per personificare l’ordine sovrano da cui sono a suo tempo emersi e possono farlo solo adottando dei contegni latamente politici, basati su disegni preliminari e condotte congruenti” (p. 171). Si presentano cioè con un duplice statuto: quello di espressioni del capitale, dotati però, nel medesimo tempo, di libero arbitrio e capaci di condotte finalizzate alla realizzazione di fini particolari, ma necessariamente funzionali all’autopoiesi dell’ordine sovrano. Infine, un terzo livello di inganno: l’inganno deliberato (i soggetti) attraverso il quale il soggetto dominante “organizza il suo governo della società tramite l’inganno e la creazione di più mondi artificiali nei quali far vivere, se possibile, le moltitudini” (p. 172). Si tratta degli arcana imperii (servizi segreti, agenzie di stato etc etc) che deliberatamente programmano e portano a termine crimini, in violazione dei medesimi principi che loro stessi dicono di dover rispettare, dei megamedia, che creano a getto continuo realtà parallele con cui investono le moltitudini planetarie, dei sistemi di formazione e delle Accademie, che formano e riproducono un sapere del tutto funzionale al sistema descritto.

Il disegno che ci viene presentato è quindi quello di una società nata sull’inganno e che sull’inganno vive e prolifera. In questo senso, i fatti dell’11 settembre sono una sorta di cartina di tornasole della potenza di questo sistema perverso: una sorta di Matrix massmediatico che ha convinto moltitudini intere della veridicità della versione ufficiale, contro ogni evidenza e contro moli di prove – raccolte dai movimenti per la verità sul 911 – che smontano dalle fondamenta la vulgata comune su quegli eventi. Un mondo di inganni che ci circonda e all’interno del quale viviamo fin dalla nostra nascita e, proprio per questo, ci appare come l’unica vera realtà. Una prospettiva da far impallidire Orwell e, di fronte alla quale, il film Matrix risulta essere un affresco di assoluto ottimismo.

 

Molteplici livelli di realtà

La realtà quindi non è come appare: non solo perché ciò che ci appare è profondamente intriso di inganni, ma anche perché ciò che appare è generato da un motore più profondo che tende a riprodurre se stesso sempre in forma uguale e da cui promanano le forme fenomeniche della realtà così come le conosciamo. Forme fenomeniche che, nella loro complessità, tendono e ritornare a questo principio fondante ed al contempo necessariamente nascosto ai nostri occhi.

La realtà non è quindi ciò che ci appare in superficie: “L’illusione più pericolosa è che esista una sola realtà” chiosa efficacemente Soldani, citando Paul Watzlawick.

La società del capitale si regge pertanto su un sofisticato castello di principi, che ha accresciuto il suo livello di complessità dalle sue origini fino ai giorni nostri. In primo luogo, la realtà che noi crediamo di conoscere de facto non esiste nelle forme che ci appaiono immediatamente, ma è costituita di almeno due livelli, come detto in precedenza: un nucleo fondante e nascosto e le forme che promanano da questo nucleo. In secondo luogo, da questo nucleo fondante e attorno ad esso, direttamente ed indirettamente formandolo, si sviluppano una serie di apparati cognitivi (principalmente la scienza e la teologia) che sono alla base della creazione della realtà che noi crediamo di conoscere e che invece è una sorta di ologramma all’interno del quale siamo confinati e condannati a vivere. Infine, da questa prima mediazione, promanano gli agenti della società del capitale che agiscono secondo la loro duplice natura, ovvero quella di funzionari diretti della logica più profonda della società capitalistica e, al contempo, di soggetti dotati di libero arbitrio e, con loro, si stratificano i differenti livelli di realtà e le differenti istituzioni che corroborano la matrice fittizia all’interno della quale siamo immersi: costituzioni repubblicane, vigenti sulla carta e violabili/violate costantemente nella realtà; megamedia capaci di creare un’opinione pubblica funzionale alla riproduzione della società stessa; arcana imperii (servizi segreti, organizzazioni criminali transnazionali con annessi omicidi di stato), che agiscono di nascosto violando gli stessi principi che, in superficie, le loro società si sono date; organi di riproduzione delle conoscenze cognitive di massa (scuole, accademie, organi di formazione ed informazione etc); le varie Chiese e i loro apparati gerarchici ed infine i sistemi politici latamente intesi e le opposizioni – esse stesse create ad arte come cortine fumogene – agli stessi. Un prisma multiforme che disegna la matrice cognitiva delle nostre società e che fa tornare alla mente le parole di Giorgio Gaber: “Il tutto è falso, il falso è tutto”!

 

Conclusioni

Il testo di Franco Soldani, come abbiamo detto in apertura di questo scritto, si muove in continuità dinamica con i precedenti lavori dell’autore e rappresenta al contempo una loro sintesi e un loro approfondimento. Il lettore, in particolare quello neofita, si troverà immerso in un universo differente da quello che la letteratura e la vulgata diffondono. Un universo in cui i capisaldi della nostra società vengono sottoposti a critica radicale fin dalle loro radici e in cui anche i sedicenti oppositori dell’attuale ordine societario vengono smascherati essere, nel migliore dei casi, coevi e funzionali allo stesso, ma molto più probabilmente complici consapevoli del sistema del capitale.

Quello che ci invita a fare Soldani, attraverso le sue dense analisi, è abbandonare la matrice del pensiero occidentale, così come si è costituito fin dalle sue origini e come si è raffinato nel corso della sua evoluzione secolare con la moltitudine di strutture funzionali alla sua riproduzione autopoietica.

Per fuoriuscire da questo incubo orwelliano occorre, attraverso un cammino che certo non sarà breve e nemmeno indolore e che si esporrà sempre a possibili e probabili infiltrazioni cognitive, abbandonare il pensiero da cui è nato il Leviatano descritto in precedenza. “Per poter “far politica” e cioè agire sensatamente in senso radicalmente differente bisogna voltare pagina e apprendere a pensare differentemente e a rappresentartisi finalmente in maniera originale – vale a dire in maniera profondamente distinta da tutta la storia pregressa dell’Occidente – lo stato delle cose” (p. 179).

Con queste parole, poste in chiusura del suo saggio, Franco Soldani ci consegna un programma per il futuro che, se da un lato, fa tremare le vene e i polsi, dall’altro, si impone come necessario per chiunque voglia provare a pensare una organizzazione societaria differente dall’attuale regno dell’inganno.

 

*Franco Soldani, Colonialismo Cognitivo, Ed. Faremondo, Bologna, 2011, pp.189

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