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manifesto

Le false pensioni

 di Galapagos

pensionati3L'Ocse ha diffuso ieri un rapporto sulla spesa pensionistica nel 2005. Quello che ne emerge sono dati terrificanti per l'Italia: spende per la previdenza il 14% del Pil, quasi il doppio rispetto ai paesi concorrenti. Dopo la diffusione del rapporto c'è stata una corsa a reclamare una nuova riforma. In testa al gruppo, si è messo a tirare Enrico Letta. Ma c'è un «inghippo»: i dati Ocse sono palesemente falsi (magari ai pensionati italiani finisse veramente il 14% del Pil) e confrontano metodologie fra loro non confrontabili. Vediamo perché.

Con una premessa: oggi l'Ocse presenterà le nuove previsioni sulla crescita del Pil: l'anticipazione è che la ripresa slitterà al 2011. Nel frattempo, però, da Parigi chiedono una riforma che deve essere pagata dai lavoratori (quelli italiani sono già i più tartassati dal fisco) e non dal capitale finanziario che ha generato le bolle speculative che hanno innescato la recessione dell'economia mondiale.

Da parecchi anni in Italia viene pubblicato (a cura di Roberto Pizzuti) dal Dipartimento di economia pubblica dell'Università La Sapienza di Roma, un «Rapporto sullo stato sociale» che spiega - da tutti apprezzato - quello che l'Ocse nasconde. Apparentemente si tratta di questioni metodologiche, ma non lo sono. La spesa previdenziale pubblica è estremamente disomogenea rispetto a quella degli altri paesi.

Ci sono almeno cinque voci che contribuiscono a gonfiarla: a) vengono considerate previdenza anche i Tfr e le liquidazioni dei dipendenti pubblici (incide per circa 1,5 punti percentuali); b) la spesa viene calcolata al lordo delle ritenute fiscali: cosa che non avviene in Germania (ancora 1,5%); c) in molti paesi è presente una previdenza privata molto ampia (Gb e Olanda) che non viene conteggiata nei sistemi pubblici: d) in quasi tutti i paesi i prepensionamenti vengono considerati come spesa di politica industriale o assistenziale; e) c'è, infine, una spesa totalmente impropria che viene inserita nella previdenza: si chiama Gias, gestione interventi assistenziali, e pesa per oltre lo 0,5%.

Nel 2007, sottraendo tutte queste spese improprie, la gestione previdenziale si è chiusa con un attivo pari allo 0,8% del Pil: il sistema previdenziale italiano non crea deficit e debito pubblico, ma lo riduce. Di più: dopo il 2005 segnalato dall'Ocse, è stata varata una nuova riforma pensionistica che ha eliminato lo scalone, introducendo gli «scalini» che sono anche peggio dello scalone. Probabilmente nel 2008 la spesa pensionistica rispetto al Pil risulterà in crescita, ma la colpa è tutta nella crisi che ha fatto diminuire il denominatore del rapporto. Cioè il Pil.

E nonostante i blocchi al pensionamento previsti dalla riforma Damiano che impediscono a molti l'uscita dal mondo del lavoro, il rapporto peggiorerà ulteriormente nel 2009, mentre, terminata la crisi, si ridurrà notevolmente. Anche perché il nuovo sistema previdenziale è molto penalizzante per i lavoratori e chi uscirà dal lavoro dopo il 2030 rischia di ricevere una rendita pari al 45-50 per cento dell'ultimo salario. Ma per l'Ocse (che non ne ha azzeccata una sulla crisi) tagliare la previdenza è la ricetta giusta.

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