Print
Hits: 2300
Print Friendly, PDF & Email

Elezioni in Grecia

==================================================

 

12049161 10206704854594979 7204774056546502939 n e1442793359789

 

sollevazione2

Elezioni in Grecia: t.i.n.a. ha vinto un'altra volta

Più sotto la tagliente dichiarazione di Varoufakis all'uscita dal seggio.

La vera vincitrice, in Grecia, è stata la rassegnazione. E la rassegnazione, di norma, premia  l'astensione ed il "male minore". Tsipras ha ottenuto il  35% dei voti, ma con una percentuale dei votanti scesa dal 64% di gennaio al 51 di oggi. Tsipras festeggia ma la fiducia di cui gode ancora (e siamo sicuri per poco, poiché ora dovrà tenere fede ai patti siglati con la troika) è quella di una minoranza ben più esigua, essendo, il 35% del 51, meno del 20% dell'intero corpo elettorale.

E siccome rassegnazione e astensione si sono rivelati i tratti salienti di questa tornata elettorale, di converso, sono restate al palo le forze che hanno condannato come una "capitolazione umiliante" la firma del "terzo memorandum", chiamando dunque a punire le forze che lo hanno sottoscritto, SYRIZA in testa.

Unità Popolare (siamo, mentre scriviamo, ore 00:30 del 21 settembre, all'86% delle schede scrutinate) sembra, seppure per un soffio, non riuscire nemmeno a superare lo sbarramento del 3%. Una sconfitta, se si considera che la speranza dei compagni era quella di oltrepassare di slancio questa soglia.elezioni greciaCi sarà tempo per analisi più approfondite, per seguire cosa per vedere come questa sconfitta (salvo sorprese che vengano dai seggi ancora non scrutinati) si riverbererà in Unità Popolare, per capire quali siano le ragioni, anche soggettive, della batosta. Stupisce, al netto della crescita dell'astensione (+12%), che i risultati siano una fotocopia di quelle di gennaio, malgrado tutto il trambusto dei mesi scorsi.

I beccamorti ora esulteranno. Con Tsipras tirano un bel sospiro di sollievo l'eurocrazia e gli euristi di varia razza: "Tutto va bene Madama la marchesa, gli anti-euro hanno fatto fiasco". T.I.N.A. (there is not alternative) vince un'altra volta.

Tuttavia, e non sembri consolatorio, ride bene chi ride ultimo. Nessuno desidererebbe stare nei panni di Tsipras, nelle condizioni di un governatore dalle mani legate di un paese sotto libertà vigilata, dovendo applicare politiche non solo antipopolari ma destinate, come lucidamente sostiene Varoufakis, al totale fallimento.

Un fatto è certo, il popolo greco, che con il suo referendum si era posto al centro dell'attenzione generale e che con la vittoria del "NO" aveva suscitato tante speranze, scomparirà per un po' di tempo dal centro della scena. Centro che ora si sposta necessariamente più ad Occidente.

Dalle nostre parti.

La dichiarazione di Varoufakis:

https://www.youtube.com/watch?v=ZNsl0A7gh-w

 

*****

popoff

Grecia, Tsipras vince. Da domani l’inferno del memorandum

Checchino Antonini

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum, dice Panagiotis Lafazanis, leader di Unità popolare, mentre lascia il gazebo ai Propilei che ha funzionato da quartier generale di Lae in questa campagna elettorale sfortunata – per un pugno di voti non sfonda il quorum del 3% – per il cartello elettorale dei dissidenti di Syriza e altre organizzazioni anticapitaliste che non hanno voluto ingoiare la logica del meno peggio e del voto utile.

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum ma di questo non c’è traccia nel discorso di esultanza di Tsipras che si guarda bene dal nominare quella parola ma esibisce il leader di Anel, partito di destra che ce l’ha fatta a superare l’asticella, con cui replicherà la compagine governativa per questa fase di applicazione delle pretese della Troika senza, per ora, ricorrere ai puntelli di Pasok e To Potami.

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum ma Tsipras ha fatto bene i suoi calcoli: andare alle urne, prima che si sentano gli effetti dell’intesa e dopo essersi sbarazzato della sinistra interna che in meno di due mesi non è riuscita a mettere le radici necessarie. Syriza oramai solo di nome è la ”Coalizione della sinistra radicale” da quando la sottoscrizione del terzo memorandum ne ha geneticamente modificato la natura di partito contro l’austerità e la scissione. Tsipras nei due mesi dopo il referendum ha imposto la svolta programmatica del partito, ha impedito la consultazione dei delegati dell’ultimo congresso che aveva definito il programma radicale poi assunto a Salonicco.

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum ma non ci sarà più, nella rappresentanza parlamentare, lo slancio dell’Oxi di luglio, il 62% di greci che aveva detto No all’accordo con Ue, Bce, Fmi. Un ciclo di lotte popolari iniziato nel 2008 rischia di essere mandato in soffitta per sempre mentre in Italia, sui social, inizia la sarabanda della grottesca esultanza dei filo Tsipras di casa nostra che si apprestano a mettere su un nuovo soggetto della sinistra – prendendo a prestito il logo di Syriza – con un ex sottosegretario del governo Monti e i reduci della sinistra del Governo Prodi.

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum dopo la campagna elettorale meno entusiasmante degli ultimi anni. Il partito dell’astensione è quello che ha fatto registrare il maggior incremento. «Sono voti nostri!», ha detto, preoccupatissima, la rappresentante di lista di Lae in un seggio di Zoografo, già nel pomeriggio. Un milione di elettori che pure erano andati a votare il 25 gennaio scorso sono rimasti a casa. Anche rispetto al referendum del 5 luglio i voti validi sono stati 700.000 in meno. Neanche la estrema polarizzazione tra il partito di Syriza e la destra di Nea Democratia ha convinto questo settore di elettori a mobilitarsi nel voto. Per il resto è un voto che fotografa i risultati di gennaio, un punticino meno a Syriza, uno in più a Nuova democrazia, ma senza la speranza che aveva suscitato in Grecia e in tutta Europa tra lavoratori e disoccupati stremati da sette anni di austerità.

Ha vinto la paura, questa volta.

 

*****

 

aldogiannuli

Grecia: vince Tsipras. Per ora

di Aldo Giannuli

Tsipras ha avuto il miglior successo possibile: è innegabile. Considerato che esce da mesi terribili, che il suo partito ha avuto una scissione, che ha perso il numero due del governo, che ha fatto e sconfessato un referendum, che ha dovuto accettare i diktat della troika abbandonando tutte le promesse elettorali, non era pensabile un risultato migliore di questo.

Ha ridotto le perdite elettorali in termini percentualmente insignificanti, ha liquidato il suo dissenso interno costringendolo ad una scissione che ha mancato il risultato di entrare in Parlamento, ha ottenuto seggi sufficienti a fare maggioranza con Anel, con il Pasok e To Potami senza dover imbarcare Nea Democratia. Meglio di così non gli poteva andare.

A che si deve questo successo? In primo luogo al prestigio personale dell’uomo che può permettersi di stracciare un patto elettorale ed un referendum ed essere ancora creduto quando si propone come quello che rinegozierà il debito. Questo è in parte il risultato dell’immagine di sé che ha saputo costruire, in parte dell’inesistenza dei rivali: Nea Democratia, con Meimarakis non era certo in grado di cancellare l’immagine di partito di corrotti che (insieme al Pasok) detiene la maggior quota di responsabilità nel disastro finanziario del paese. La scissione di Lafazanis ha inciso pochissimo: troppo poco tempo a disposizione, troppa accondiscendenza a Tsipras sino ad un momenti prima, troppo poca chiarezza nel programma. E, comunque, ha pagato il prezzo del “voto utile”: di fronte alla prospettiva del ritorno dei pescecani di Nd, gli incerti fra Siryza e Unità Popolare si è riversata in massa sulla prima, che è un altro dei motivi della vittoria odierna. Peraltro anche il Kke non ha avuto che un piccolissimo incremento confermando sostanzialmente il suo insediamento.

D’altra parte, il Kke è di uno stalinismo patologico e non gode affatto di buona reputazione per la caterva di errori politici fatti. Auspicavo una sua affermazione insieme a quella di unità popolare perché resta il principale nucleo esistente di una possibile sinistra alternativa a Siryza, ma ero e sono perfettamente cosciente dei suoi terribili limiti e non mi stupisce questa stagnazione.

Degli altri non mette conto parlare, se non per notare come Alba Dorata non rappresenti nessun pericolo reale, attestandosi su valori largamente sottomaggioritari. Tsipras, peraltro ha saputo essere tempista (gli va riconosciuto) capitalizzando il seguito di consensi ottenuti come quello che “ha tenuto testa alla Bce e Berlino per cinque mesi”, andando a votare prima che si facessero sentire gli effetti del “Pacchetto” concordato con la Bce. Il resto lo ha fatto l’orgoglio nazionale dei greci (“Non volete Tsipras? E noi lo rivotiamo”).

Ma c’è anche una ragione “negativa” in questo successo che è tale in termini percentuali e non assoluti: i votanti sono scesi al 55%, il che ha “rivalutato” la base di voto si Siryza che, in termini assoluti perde un bel po’ di voti (circa un milione, ma aspettiamo i risultati definitivi per saperlo). La gente ha preferito non votare piuttosto che votare altro e questo dovrebbe far riflettere soprattutto quelli di Unità Popolare che sono apparsi come numericamente irrilevanti, ambigui politicamente ed, in definitiva, inefficaci. Però, questo è motivo di riflessione anche per Tsipras, non è detto che questa corrente elettorale si dissolva e non torni a materializzarsi in positivo se l’offerta politica dovesse cambiare.

E qui iniziano i dolori per il giovane Alexis: intanto deve fare un governo di coalizione che non è detto sia una gita di piacere, poi, man mano le si sentiranno gli effetti delle misure di austerità, non ci vuol molto a capire che il consenso calerà. Ma, soprattutto, la vera scommessa sta ancora in piedi: ce la farà Atene ad evitare il default e l’uscita dall’Euro? Una valutazione realistica riduce le probabilità di riuscita della manovra a percentuali molto, molto modeste ed, in ogni caso, a queste condizioni non si parla di crescita. Il piano di risanamento è molto probabilmente insostenibile per la Grecia e bisognerà vedere se la Bce e compagnia cantante saranno disposti ad un quarto bailout. Peraltro occorrerà vedere quanto costerà alla Grecia, in termini di espropri, l’eventuale default.

Tsipras è stato abile e tempestivo, ma ha solo ottenuto una dilazione per la sua verifica finale. Le forche caudine del debito sono sempre lì che lo aspettano alla fine del corridoio di lacrime e sangue che farà percorrere al suo popolo.

Alexis ha vinto, ma questo non vuol dire che abbia avuto ragione a luglio o la abbia adesso.

 

*****

 

ilsimplicissimus

La capitolazione greca

di ilsimplicissimus

Ha vinto la troika. Ed ha vinto nelle peggiori condizioni possibili, dopo uno dei più sfacciati tradimenti della volontà popolare avvenuto nel dopoguerra, con l’imposizione di un programma lacrime e sangue, con la svendita di un intero Paese. La vittoria della “nuova Syriza” andata al potere per contrastare i diktat europei e riconfermata per assecondarli con diligenza, dimostra come la paura, l’incertezza, la mancanza di un orizzonte alternativo, la persuasione palese e occulta dei media, rendono ormai impensabile un ribaltamento della situazione attraverso i canali della ritualità democratica. L’egemonia culturale del liberismo è ormai pervasiva e le classi dirigenti possiedono i mezzi e la disonestà per ribadirla quotidianamente per cui alla fine l’unico atto di ribellione possibile è non  andare alle urne, non prestarsi più alla finzione. Cosa che disgraziatamente non serve a nulla.

Come è appunto accaduto in Grecia, che da questo punto di vista è una sorta di laboratorio drammatico e inquietante: in nove mesi di tormenti non è accaduto assolutamente nulla, le percentuali dei partiti sono rimaste praticamente identiche, persino le idee, le incertezze, i toni del discorso pubblico e gli slogan della campagna elettorale sono rimasti uguali nonostante una situazione completamente ribaltata: un Paese è stato svenduto e gli abitanti sono indotti a pensare che sia il meno peggio; interi ceti sono impoveriti fino al limite della crisi umanitaria, ma gli interessati pensano che è meglio questo piuttosto che correre il rischio di riprendersi le libertà politiche che consistono in gran parte nel gestire i meccanismi di creazione e redistribuzione del reddito; il futuro promette decenni di vita economica sempre più grama e di vita civile ridotta a cenere, ma lo si preferisce alla turbolenza e al rischio del cambiamento, confusi dai fuochi fatui alla fine del tunnel. Fino a che si spera che un “no” possa essere efficace a strappare qualcosa, un’illusione e un vuoto che hanno fatto la fortuna di Syriza, si corre in piazza, ma quando c’è da oltrepassare la soglia, si resta a casa e non si va a nemmeno a votare per chi ha denunciato e rifiutato il tradimento. Non ci si può ingannare attribuendo  il pessimo risultato di Unità popolare solo al pochissimo tempo a disposizione: certo potendosi organizzare avrebbero raddoppiato i voti, ma andare fino in fondo è proprio quello che l’elettorato non ha il coraggio di fare e di pensare.

Probabilmente nei greci è stato lentamente inoculato un complesso di colpa per avere avuto accesso a una moneta forte a fronte di un’economia minima e una società civile debole, afflitta da una gigantesca corruzione endemica delle classi dirigenti. Ma giovani allevati nell’idea della precarietà, ceti popolari sottoposti al continuo ricatto del lavoro, piccola borghesia di recente o recentissima formazione storica disperatamente appesa alla chimera di conservare ciò che rimane, religione del consumo come fondamento dell’esistenza, costituiscono un insieme troppo debole per resistere alla propria stessa rovina. Purtroppo non c’è da illudersi: si tratta delle stesse caratteristiche che in modo o nell’altro sono presenti in tutta l’Europa mediterranea, la quale dopo queste elezioni greche – occorre essere realisti – esce di scena come possibile motore di cambiamento della Ue o contestatrice della governance continentale: questo insieme non vuole vedere che l’austerità è il correlato dell’euro ed entrambi sono il frutto di visioni politiche oligarchiche. Se qualcosa cambierà nella palude del “non ci sono alternative” avverrà paradossalmente nel nord del continente o sarà imposto prima o poi dalla geopolitica. E per geopolitica intendo anche le grandi migrazioni sviluppatesi dopo che l’Occidente ha distrutto il tessuto sociale dell’Africa rendendo di fatto impossibile a masse immense di restare in aree dove non vi sono più le condizioni della sopravvivenza. Parlare di migranti economici è una sordida ipocrisia per cercare di evitare le conseguenze dei propri atti e delle ideologie che li hanno accompagnati, cioè di una guerra di fatto. Allora forse non ci sarà più un rifugio per  quelli che non vedono alternative.

 

*****

 

contropiano2

Grecia. Rivince Tsipras, metà della popolazione non va a votare

Redazione Contropiano

Nel disincanto di una popolazione che ha ormai subìto di tutto, le elezioni anticipate in Grecia hanno visto riconfermare l'ozpione di Tsipras e del governo di Syriza. Con un astensionismo che ha raggiunto quasi il 50%, il partito di Alexis Tsipras ha ottenuto il 35% dei consensi.
L'ex premier di sinistra, nonostante il tradimento delle promesse elettorali di gennaio e l'accettazione del memorandum capestro dell'Unione Europea, ha confermato la vittoria elettorale di gennaio e si prepara a guidare il Paese nuovamente in coalizione con i nazionalisti di Anel. Il suo partito Syriza ha ottenuto poco piu' del 35% e 145 seggi, un punto percentuale e quattro seggi in meno del voto di gennaio, ma con i dieci seggi di Anel la maggioranza dei 300 seggi del parlamento di Atene é assicurata. I neonazisti di Alba Dorata si confermano come il terzo partito. Ma il primo partito nelle elezioni di ieri é stato di gran lunga quello dell'astensione: questa volta ben il 45% degli elettori greci e' rimasto a casa, otto punti percentuali in piu' rispetto a gennaio. Nessuno dei 25 deputati ribelli di Syriza tornerà in Parlamento visto che Unità popolare, nata dalla scissione di Syriza non ce l'ha fatta a superare la soglia di sbarramento del tre per cento. Ce l'ha fatta invece il Kke, il Partito Comunista di Grecia, irriducibile oppositore di Tsipras e del suo governo, che ha superato il 5% e ottenuto 15 deputati. Il partito conservatore Nea Dimokratia, ha raccolto il 28% migliorando di qualcosa il risultato di gennaio, ma ha ammesso la sconfitta.

Il risultato greco conforta i tecnocrati di Bruxelles. Il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbolem si è congratulato per il successo elettorale e si è detto "impaziente" di vedere la formazione di "un nuovo governo con un forte mandato per proseguire le riforme". Le elezioni, sul piano politico, riportano dunque la situazione esattamente come quella precedente con il governo Syriza-Anel.  Il problema è che in mezzo c'è stato l'ulteriore memorandum-capestro, peggiorativo, imposto dalla Troika alla Grecia, c'è stato il referendum con il suo esito disatteso e c'è una popolazione disincanta, disillusa e massacrata da altri otto mesi di austerity.

Web Analytics