- Details
- Hits: 448
Dall'Ucraina a Gaza: la crisi definitiva dell'imperialismo USA
di Alfred McCoy - TomDispatch
Gli imperi non crollano semplicemente come alberi abbattuti. Invece, si indeboliscono lentamente man mano che una serie di crisi ne prosciuga la forza e la fiducia, fino a quando non iniziano improvvisamente a disintegrarsi. È stato così per gli imperi britannico, francese e sovietico; così è ora per l'America imperiale.
La Gran Bretagna affrontò gravi crisi coloniali in India, Iran e Palestina prima di precipitare a capofitto nel Canale di Suez e nel collasso imperiale del 1956. Negli ultimi anni della Guerra Fredda, l'Unione Sovietica affrontò le sue sfide in Cecoslovacchia, Egitto ed Etiopia prima di schiantarsi contro un muro invalicabile nella guerra in Afghanistan.
Il giro di vittoria dell'America post-Guerra Fredda ha subito la sua crisi all'inizio di questo secolo con le disastrose invasioni dell'Afghanistan e dell'Iraq. Ora, all'orizzonte della storia si profilano altre tre crisi imperiali a Gaza, Taiwan e Ucraina, che potrebbero trasformare cumulativamente una lenta recessione imperiale in un declino troppo rapido, se non in un collasso.
Per cominciare, mettiamo in prospettiva l'idea stessa di crisi imperiale. La storia di ogni impero, antico o moderno, ha sempre comportato una successione di crisi - di solito superate con abilità nei primi anni dell'impero, per poi essere gestite in modo sempre più disastroso nell'era del declino. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando gli Stati Uniti divennero l'impero più potente della storia, i leader di Washington gestirono con abilità crisi del genere in Grecia, Berlino, Italia e Francia, e in modo meno abile ma non disastroso nella guerra di Corea che non finì mai ufficialmente.
- Details
- Hits: 560
Bavaglio social, perché nessuno muove un dito? (e cosa si potrebbe fare, invece)
di Laurent Ferrante
È passato oltre un mese dal comunicato di Meta che annuncia la messa al bando dei contenuti politici dalle sue piattaforme ma nessuno sembra intenzionato a fare nulla. Eppure, l’impatto sulla distribuzione e la circolazione delle informazioni sarà gigantesco.
Se per gli utenti è certamente complicato organizzare un’azione di difesa coordinata per tutelare la propria libertà di parola dagli abusi delle big tech, lo stesso non può dirsi dei grandi attori dell’informazione e della politica, che dispongono di strutture e risorse economiche più che sufficienti ad avviare una qualche iniziativa. Se non per un astratto senso di giustizia universale, quantomeno per tutelare i propri interessi. E invece nulla. Una manciata di articoli di cronaca e poco più. Non una diffida, non un comunicato di categoria, non un’interrogazione parlamentare.
Viene il dubbio che questi attori non abbiano ben compreso la sorte che Meta ha riservato loro. Ma soprattutto, fatto sconcertante, viene il dubbio che giornali e politici – pur avendone scritto, i primi, e pur avendone votato il testo, i secondi – non abbiano studiato il https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32022R2065" target="_blank" rel="noopener">Digital Services Act (DSA), approvato ormai due anni fa dall’Unione Europea.
- Details
- Hits: 368
Mattarella, gli studenti e l’inganno del ‘doppio legame’
di Vincenzo Morvillo
Stando a quanto affermano Mattarella e la sinistra, liberal o radical poco importa – leggere in proposito le parole di Nicola Fratoianni è istruttivo, mentre Acerbo e Santoro tacciono furbescamente – i ragazzi che hanno contestato alla Federico II di Napoli l’intervento di Maurizio Molinari, direttore con l’elmetto del quotidiano Repubblichino (schierato con le più ignobili ragioni della guerra in Ucraina e con le feroci logiche del genocidio in atto sulla Striscia di Gaza) quei ragazzi sarebbero “intolleranti e violenti”.
Perché la libertà di espressione non si conculca!
Perfetto. Siamo d’accordo.
Ora però ci sorge un dubbio. Qualche giorno fa quegli stessi “autorevoli” esponenti istituzionali si erano indignati per le manganellate della polizia contro i ragazzi di una scuola di Pisa, che protestavano liberamente per la stessa ragione: il genocidio in atto in Palestina, “dal fiume al mare”.
Il Presidente e la sinistra allo spritz parlarono, anche in quell’occasione, di violenza repressiva, di fallimento e di necessità di garantire la libera circolazione delle idee.
Mi domando dunque quale sia il perimetro concettuale entro il quale quel libero esercizio di espressione venga garantito.
- Details
- Hits: 505
Clima, una risposta pubblica, varie ed eventuali
di Il Chimico Scettico
Magari quelcuno riconosce l'immagine, già comparsa qua sopra. Quel post ha provocato un commento pubblico di Ugo Bardi. Dopo diversi giorni, ho pensato che forse una mia risposta pubblica sarebbe stata opportuna.
- Details
- Hits: 310
La clinica dopo Basaglia
di Pietro Barbetta
L’istituzione negata è un libro del 1968, anno che ognuno ricorda come svolta nel panorama del secondo dopoguerra; il libro esce di nuovo oggi, per la collana La nave di Teseo, di Baldini+Castoldi, a cinquantasei anni di distanza dalla prima e a cent’anni dalla nascita di Franco Basaglia, che lo ha curato e che è, nel mondo, il protagonista di un cambiamento epocale. Dopo Basaglia, la clinica nel campo della mente non è più la stessa.
Basaglia non è stato un medico qualunque, era politicamente schierato, aveva un’enorme sensibilità umana e una grande preparazione filosofica. Tra i suoi autori ci sono Edmund Husserl, Max Scheler, Maurice Merleau-Ponty e Jean-Paul Sartre. Franca Ongaro, che lo aveva sposato nel 1953, non ne era solo la moglie, era una scrittrice, aveva una formazione politica, è stata Senatrice della Repubblica e ha scritto – con Basaglia e da sé – opere di grande valore. Ricordo di lei un bellissimo saggio – in un numero di Panorama mese del 1983 – su come la psicoanalisi in Messico avesse convertito un gruppo di padri benedettini in psicoanalisti: “Così parlò Edipo a Cuernavaca”.
- Details
- Hits: 466
Cattivi maestri e maestri del dove tira il vento
Considerazioni inattuali per un caso attuale (di cui non parlo)*
di Gaspare Nevola
C’è un abisso tra un amante deluso e chi è incapace di amare
(Koestler)
S’alza il sipario
Prof.ssa Tizia: Le sue parole mi suscitano sconcerto…
Prof. Caio: Mi scusi, ma è mio mestiere e dovere è cercare di capire le cose e offrire spiegazioni, come lei ben sa. Mi sconcerta il suo sconcerto, cara collega…
(Frammento di un confronto mancato. L’ennesimo nel discorso pubblico dei nostri tempi. Ah… Ma su cosa? La risposta al lettore, o nel vento…).
1. Del mito, o delle “grandi narrazioni”
Per una collettività e la sua cultura politica, il mito (mythos) è una “narrazione”: classicamente, una “grande narrazione”[1] che esprime una “visione del mondo” (nel senso weberiano), o anche un’”ideologia” (nel senso di Karl Mannheim, più che di Marx). Il mito è uno strumento culturale, cognitivo e valoriale che opera per conferire, come è antropologicamente necessario, un “senso” al mondo, alla vita collettiva di una comunità e dei suoi membri. Il mito non è solo “racconto” ma anche “costruzione del racconto” o dei racconti, “processo del raccontare”: vale a dire, un meccanismo antropologico-culturale che forgia narrazioni, e per loro tramite delinea significati, identità e valori collettivi. Il mito, insomma, è anche mytho-moteur[2], intrinsecamente mitopoietico. In quanto tale, il mito produce “sue verità”, verità che sfuggono al paradigma “vero/falso”[3]. Il mito, inoltre, attinge al passato, “attualizza” il passato, lo porta nel presente e orienta il futuro, indicando direzioni per l’azione umana collettiva[4].
- Details
- Hits: 430
Il caso del caso Moro. Parte 3: La trattativa
di Davide Carrozza
Sulla scia dei miei due articoli precedenti (qui e qui) sul “caso del caso Moro”, ripresi da Sinistra in Rete e Minuti di Storia, volevo tornare su un argomento poco dibattuto e appena sfiorato dagli stessi: Moro, poteva essere salvato? Quanto siamo stati vicini alla sua liberazione? Dal momento che tutti i commenti agli stessi articoli (non gli articoli stessi) lascerebbero intravedere una mia presa di posizione lapidaria sui misteri della vicenda Moro, chiarisco che essere anti complottista non significa di per sè credere che sul rapimento, prigionia e omicidio dell’On. Moro sia tutto un libro aperto e niente debba essere più risolto.
Se c’è un aspetto infatti poco dibattuto sia dalla storiografia, che dalle commissioni parlamentari, che dai numerosi procedimenti giudiziari riguarda quella trattativa sotto traccia, che attraverso numerosi canali riuscì a mettere in comunicazione neppure tanto indiretta, ma segretissima, le Brigate rosse e lo stato durante i 55 giorni. Anziché elucubrare su quello che fu e sarebbe potuto essere proverò a ricostruire quella trattativa con una cronistoria il più possibile precisa, proverò quindi a dipanare gli eventi senza aggiungere commenti od opinioni di parte per provare a rispondere a domande che, a 47 anni di distanza, a mio avviso hanno ancora tutto il senso del mondo: C’è mai stata la speranza di salvare Moro in quei giorni maledetti? Se si, quanto concreta? Quanto siamo stati vicini alla sua liberazione? Chi avremmo dovuto ringraziare? Domande metafisiche da sliding doors potrebbero sorgere: cosa sarebbe accaduto poi alla storia del nostro paese? Avrebbe preso un altro corso? Proviamo a riordinare le idee e a ricostruire tutto a bocce ferme, per poi tirare le somme alla fine.
- Details
- Hits: 394
La "campagna mediterranea" della Meloni
di Pasquale Cicalese*
Continua la "campagna mediterranea" della Meloni. Dopo Tunisia, Libia, Algeria, è ora la volta dell'Egitto. Sfrutta il marchio Ue, portandosi la von der Leyen e mettendo in pasto all'opinione pubblica la faccenda dei migranti, ma il suo scopo è un altro.
L'Italia ha perso il Mediterraneo nel 2011, con la scomparsa di Gheddafi, voluta da Obama, Sarkozy e Napolitano, con Berlusconi, minacciato, costretto a mandare i caccia. Morì quel che definì "un suo amico".
Poi ci fu il golpe di Monti e i governi piddini o gialloverdi, tutti incentrati verso il centronord dell'Europa. Intanto la Cina, come scrissi in Piano contro mercato, delocalizzava nel sud del Mediterraneo il 15% della propria produzione industriale a basso valore aggiunto, specializzandosi, in una corsa frenetica con gli Usa e con Taiwan, nell'high tech. Creava porti, zone franche, ricostruiva quartieri, costruiva autostrade, moschee e quant'altro. Stessa cosa nell'Africa nera.
Qualche anno dopo fu la Russia a seguire il percorso della Cina, in un ottica politico-militare. La Francia fu cacciata fuori.
- Details
- Hits: 628
Il suicidio d’Europa con vista sul Dnepr
di Jack Orlando
Benedetta Sabene, Ucraina. Controstoria del conflitto oltre i miti occidentali, Meltemi, Milano 2023, pp.284 18€
Il giorno che il presidente Zelensky dichiarò a una giornalista italiana che in Europa c’era troppo filo-putinismo e che i suoi servizi di intelligence erano intenti a preparare delle liste di persone “da mettere a tacere” (più o meno testuale)1, l’inviata non trovò nulla da eccepire.
Né hanno avuto da ridire altri capi di stato rispetto al fatto che dei servizi di intelligence di un paese terzo stessero stilando delle liste di proscrizione, con quali criteri poi non è dato sapere, sui propri cittadini.
Qualcuno, guarda caso in Italia, non sapendo parlare né star zitto l’ha perfino trovata una buona idea e ci ha tenuto a dirlo a tutti;2 e d’altronde era proprio un giornale italiano che all’indomani del febbraio ’22 ci aveva tenuto a pubblicare per primo la sua lista nera.3
Ora, potremmo anche dar per buona l’ipotesi che sia un gigionesco guizzo creativo del presidente ucraino, reminescenza della sua precedente vita da comico poco divertente, o un altro dei suoi eccessi rasenti la mitomania.
- Details
- Hits: 434
I fatti di Napoli e la falsa coscienza di Repubblica
di Paolo Desogus*
Le reazioni scomposte e piagnucolose di Repubblica, dopo le contestazioni di Napoli al direttore Molinari, descrivono in modo chiaro e inequivocabile la discesa negativa del giornale, da tempo ridotto a fogliaccio di propaganda, a rubrica di invettive e schiamazzi (come quelli quotidiani di Cappellini e oggi persino di Augias) contro chi si azzarda ad avere un pensiero differente, soprattutto sulla guerra in Ucraina e su quella in Palestina.
La regressione di Repubblica descrive però anche il tracollo morale e culturale di quella borghesia "illuminata e progressiva" che è cresciuta insieme a questo quotidiano. Mi riferisco a quella parte di paese scolarizzata e cosmopolita che occupa posizioni nel mondo della scuola, dell'università o che comunque svolge mestieri intellettuali e che per molto tempo si è posta come modello della buona sinistra. Questa parte di paese ha vissuto il suo momento più fortunato negli anni del berlusconismo, ovvero negli anni in cui si è proposta come rifugio dalle volgarità dell'italietta che rifletteva se stessa nei programmi televisivi di Canale5.
- Details
- Hits: 460
Le tentazioni guerrafondaie dei leader europei. Contro la Russia, ma con o senza gli Stati Uniti?
di Sergio Cararo
Scrive un editoriale di Le Monde: “In verità, la possibilità di una guerra tra Europa e Russia tormenta le menti delle persone. La Svezia, il Regno Unito, la Finlandia, la Polonia e gli Stati baltici stanno discutendo di questa prospettiva. Non senza una buona ragione. Perché la Francia dovrebbe ignorarlo? Perché aver paura delle parole e non dare per scontata l’alleanza con l’Ucraina? Volens nolens, siamo in conflitto con la Russia da due anni ormai”.
“Siamo vicini e fermi al fianco dell’Ucraina”, ha dichiarato il cancelliere tedesco Scholz nel vertice di ieri a Berlino del cosiddetto “Triangolo di Weimar” insieme con il presidente francese Macron e il primo ministro polacco Donald Tusk.
“Faremo di tutto affinché la Russia non vinca la guerra“, ha detto Macron mentre Tusk ha respinto le “voci” di disaccordo, dicendo che hanno parlato con una sola voce.
“Di recente erano sorte tensioni, soprattutto con la Francia. Macron ha suscitato rabbia a Berlino quando non ha escluso il dispiegamento di truppe di terra occidentali in Ucraina e ha insultato altri paesi definendoli “codardi”. Ma anche la Polonia sta aumentando la pressione, ad esempio perché sta sostenendo una maggiore spesa per la difesa nel quadro della Nato” scrive oggi il quotidiano tedesco Handesblatt.
- Details
- Hits: 589
Elezioni europee. Non ricadere, ancora una volta, nella trappola dell’elettoralismo
a cura della segreteria nazionale MpRC
La confusione politica di aggregati elettorali estemporanei e l’arroccamento identitario sono le due opposte sfaccettature di una sinistra frammentata e in grave difficoltà, che perde contatto con i luoghi del conflitto di classe e investe le sue energie in un elettoralismo che diventa un circolo vizioso di insuccessi e perdita di credibilità.
Si avvicina la data delle elezioni europee, il passaggio è importante perché l’Unione europea (Ue), da molti anni in qua, ha un ruolo sempre più preponderante e sempre più impositivo su buona parte delle politiche nazionali.
Intendiamoci, non è vero che gli Stati nazionali non possono più avere voce in capitolo; abbiamo visto che, su alcuni passaggi, Stati con un minore peso sul piano economico e di popolazione hanno bloccato decisioni importanti e non ne hanno avuto conseguenze poi così gravi.
Certamente l’Ue ha tutto il potere che appare perché le classi dominanti e i loro rappresentanti politici accettano, o meglio condividono, le scelte che, sui vari terreni, economico, sociale, militare ecc. la Commissione (cioè il “governo” della Ue) e la Bce assumono, anche se a volte queste scelte favoriscono di più alcuni Stati rispetto ad altri – ovviamente si parla di Francia e Germania –, ma complessivamente le scelte che assume l’Ue tutelano e garantiscono le classi dominanti di tutti i paesi europei a danno dei lavoratori e dei ceti popolari (e anche dei ceti medi).
Riguardo allo spazio di autonomia che gli Stati possono avere, se vogliono, nell’Ue citiamo un esempio significativo: il governo Sanchez ha fatto delle leggi sul mercato del lavoro che vanno in senso opposto alla liberalizzazione selvaggia che, su questo tema, l’Ue ha promosso praticamente da sempre, a cominciare dalla Bolkestein.
- Details
- Hits: 489
La "forza della debolezza" e il piano inclinato di Israele
di Giacomo Gabellini
A dispetto delle previsioni secondo cui l’imminenza del Ramadan incrementava le possibilità che rappresentanti israeliani e leader di Hamas concordassero quantomeno una tregua, i combattimenti nella Striscia di Gaza proseguono regolarmente. Simultaneamente, il tentativo dell’amministrazione Biden di indebolire la posizione di Netanyahu attraverso l’“incoronazione” di Benny Gantz, ex capo di Stato Maggiore dell’Israeli Defense Force e membro d’opposizione del gabinetto di guerra israeliano, si è risolto in un colossale fallimento. Individuato da Washington come una figura “moderata” da appoggiare per scalzare l’attuale primo ministro israeliano dal suo ruolo, Ganz si è rivelato perfettamente allineato a Netanyahu riguardo alla linea d’azione da portare avanti nella Striscia di Gaza.
Segno che Israele intende proseguire per la sua strada, nonostante il prezzo sempre più elevato che il Paese è chiamato a sostenere. Le inchieste condotte dai quotidiani «Haaretz», «Yedioth Ahronoth» e «The Times of Israel» hanno messo in luce l’entità assai ragguardevole – di molto superiore a quella ricavabile dai dati forniti dal governo – delle perdite, in termini di morti e feriti gravi, riportate dall’Israeli Defense Force. Di converso, stando a quanto riportato dall’analista Yitzhak Brik sulla base di informazioni ricevute da soldati e ufficiali di Tsahal impegnati nei combattimenti nella Striscia di Gaza, «il numero effettivo di miliziani di Hamas eliminati dalle nostre forze sul campo di battaglia è di molto inferiore rispetto ai dati ufficiali comunicati dal governo […]. L’Israeli Defense Force non dispone attualmente di soluzioni rapide per condurre una lotta efficace contro Hamas […]. La distruzione dei tunnel richiederà molti anni e un prezzo molto elevato in termini di vite israeliane».
- Details
- Hits: 479
Sul fascismo e le sue metamorfosi
di Alberto Burgio
Vorrei dar seguito ai miei due interventi di «scatola nera» che hanno suscitato reazioni diverse, tutte feconde di ulteriori riflessioni. Credo che la sede opportuna di questa nuova riflessione sia «spigoli» perché vorrei a questo punto ragionare prendendo maggior distanza dagli accadimenti di questi mesi e anche di questi ultimissimi decenni.
Oggi vorrei tornare sulla questione del fascismo – del suo connotato essenziale, quindi dei suoi rapporti con la modernità, il capitalismo, il dominio borghese, lo Stato di diritto, la democrazia. Non mi dispiacerebbe concentrarmi in un successivo intervento sul problema del razzismo, riservando particolare attenzione alla tragedia specificamente moderna e specificamente europea dell’antisemitismo, riemersa con tragica attualità in connessione con il nuovo capitolo dell’infinita guerra israelo-palestinese (A.B.).
* * *
Due questioni
Nell’ultimo articolo pubblicato in «scatola nera» ho scritto che, dopo i 30-40 anni di reazione alle conquiste realizzate dal movimento operaio nel trentennio post-bellico, siamo in una fase di «neo-fascistizzazione» di buona parte dei paesi occidentali; e ho suggerito che la fase attuale è probabilmente la «verità» della precedente: non un semplice, transitorio, incidente di percorso. In questo senso la regressione verso regimi autoritari, «populistici» (pongo tra virgolette per l’ambiguità del termine), sostanzialmente post- o neo-fascisti in parte dell’Europa non dev’essere ottimisticamente intesa come un inciampo più o meno accidentale ed episodico, ma come un compimento, come l’istituirsi di un assetto stabile destinato a consolidarsi nel prossimo futuro.
- Details
- Hits: 397
Guerra e rivoluzione. Elogio dei socialismi imperfetti. Carlo Formenti
di Marco Pondrelli
L’opera di Carlo Formenti cominciata con il primo volume ‘guerra e rivoluzione. Le macerie dell’Impero‘ si conclude con questo secondo libro, che unisce alla pars destruens che caratterizzava il precedente testo la pars costruens. Il sottotitolo ‘elogio dei socialismi imperfetti’ è significativo della posizione dell’Autore, che si discosta dalle narrazioni che gettano alle ortiche tutto quello che il movimento comunista è riuscito a costruire dal Novecento.
Il socialismo con caratteristiche cinesi è quindi centrale, Formenti riprende le lucide analisi di Arrighi, che non vedeva nel capitalismo l’unica possibilità di sviluppo. La crescita cinese non può essere slegata dalla sua storia e dalla sua tradizione, scrive l’Autore ‘la Cina può essere compresa solo considerando la sua storia attuale in continuità con la sua storia millenaria, e il tipo di socialismo che tale storia ha generato è una chiara dimostrazione del fatto che il capitalismo descritto da Marx non è il destino che tutti i Paesi del mondo devono subire prima di incamminarsi verso altre forme di civiltà’ [pag. 60]. Usando una metafora non molto elegante si può dire che Formenti ‘metta i piedi nel piatto’ quando affronta di petto la questione se la Cina sia un Paese socialista o capitalista.
- Details
- Hits: 393
Italia atlantosionfascista in piena demenza senile armata
di Fulvio Grimaldi
In onda domenica ore 21.30. Repliche lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, gioovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00.
Byoblu-Italia armata, “Che idea ti sei fatto”, Miriam Gualandi intervista Davide Colantoni e Fulvio Grimaldi
Stavolta vi sparo dal lanciarazzi multiplo, tipo batteria Katiusha. Tanta roba, visto che tante cose succedono che uno deve fare salti mortali con doppio avvitamento per starci dietro. Così ecco, insieme alla nuova puntata di Mondocane un programma curato da Miriam Gualandi e che ci pone davanti all’orrore di cosa stiamo inventando tra un Crosetto, lobbista degli armieri e, dunque, ministro dell’Offesa e del primato nazionale, europeo e mondiale dei conflitti d’interesse, e una Meloni che, lingua in bocca con l’altro Arlecchino ucraino, gli promette giovani italiani da far dissanguare in Ucraina contro i russi. Sullo sfondo gli armamenti e l’Italia della demenza senile armata che continua a contribuire all’unico vero olocausto del nostro tempo, quello di Gaza, con riverberi in Cisgiordania. Dove Jack lo squartatore, munito delle 7 braccia della Menorah, colpisce indignato chi, specialmente bimbetto ingordo, o mamma risparmiosa sul latte, non si acconcia a morire di fame.
- Details
- Hits: 411
Ucraina: la discarica dei residuati bellici d'Occidente
di Piccole Note
Come "buttare" equipaggiamenti obsoleti e costringere le nazioni europee a spendere - per lo più negli Usa - per acquistarne di nuovi. Il tutto sulla pelle dell'Ucraina
“Uno dei miti più ricorrenti nella stampa occidentale e [nei discorsi dei] leader della NATO è che l’equipaggiamento che stanno inviando all’Ucraina li aiuterà a proseguire la guerra contro la Russia. In realtà, la maggior parte delle attrezzature fornite all’Ucraina sono poco più che spazzatura”. Così Brandon Weichert sul National Interest.
L’analisi di Weichert è impietosa, a iniziare dai carri armati di fattura sovietica forniti all’inizio delle ostilità dai Paesi dell’Est, sui quali i russi hanno imperversato facilmente.
I carri armati Nato
Quindi, veniamo ai cosiddetti carri armati francesi, in realtà veicoli blindati dalla corazzatura leggera. Così Weichert : “L’AMC-10RC. L’AMC-10RC sono una rimanenza dei primi anni ’80. L’ultimo importante aggiornamento di questo carro è stato fatto nel 2000.
- Details
- Hits: 351
I BRICS spingono per la de-dollarizzazione
di Fabrizio Verde
Nel passato mese di agosto il Presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che il processo di de-dollarizzazione dei legami economici tra i Paesi BRICS è irreversibile.
“Il processo oggettivo e irreversibile di de-dollarizzazione dei nostri legami economici sta acquistando slancio, si stanno compiendo sforzi per elaborare meccanismi efficaci di regolamento reciproco e di controllo valutario e finanziario”, queste le parole pronunciate dal leader russo in occasione di un forum economico in Russia tenutosi alla vigilia del vertice BRICS in Sudafrica che avrebbe poi sancito l’allargamento del blocco all’attuale formato BRICS+ con l’ingresso di Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Quindi i paesi BRICS si stanno posizionando strategicamente per un nuovo sistema economico internazionale in cui mirano a diventare completamente autonomi rispetto agli Stati Uniti. L’accumulo di oro da parte dei paesi BRICS, la diminuzione della quota di dollari statunitensi detenuta dalle banche centrali e i progetti per creare un’alternativa al sistema di pagamento Swift, indicano i preparativi per un cambiamento nelle dinamiche del potere economico globale.
- Details
- Hits: 382
É ora di rompere i “vincoli esterni”
di Redazione Contropiano
I primi scricchioli si vedono già. Ma è davvero inutile aspettarsi che il prevedibile aumento della conflittualità all’interno del governo possa produrre un qualsiasi “cambiamento” degno di nota.
Al massimo, come in tutte le legislature precedenti, potrebbe avvenire un rimescolamento che lascia le cose come stanno; una diversa maggioranza, insomma, ma non una diversa stagione politica.
Come sempre, un cambiamento reale richiede che si faccia avanti e si affermi un soggetto diverso, una presenza di massa – nelle piazze, nei luoghi di lavoro e di studio e di vita – in grado di mettere in discussione la “narrazione” dominante e riattivare un corpo sociale da troppo tempo sotto anestetici.
Il governo Meloni – come i precedenti – è un governo di crisi, guerra e declino. Una rovina per le classi popolari e per le prospettive stesse del Paese.
Questo governo rivendica per esempio di aver “aumentato l’occupazione”, ma se questo non si traduce in crescita della ricchezza prodotta e dei consumi di massa – sostanzialmente fermi al palo – significa che si tratta di “lavoretti”, in settori ad alta intensità di manodopera, con bassi salari e senza garanzie.
Si tratta insomma di crescita del lavoro povero, servile, di pura sopravvivenza. Spesso anche sotto questo livello.
- Details
- Hits: 514
Stellantis, l’auto elettrica e i cinesi
di Vincenzo Comito
Il governo vorrebbe che l’Italia tornasse a produrre un milione di veicoli e apre all’ingresso di partner cinesi, che finora ha ostacolato. Un’operazione difficile, considerando gli investimenti già annunciati di Byd in Ungheria, la scarsa appetibilità del mercato elettrico italiano, la nebulosa dei piani di Stellantis
Il settore dell’auto, data la sua persistente importanza per la gran parte delle economie del nostro continente e considerando le grandi trasformazioni in atto, si è negli ultimi tempi conquistato un posto importante nella cronaca economica dell’Unione Europea e anche del nostro paese, in particolare per quanto riguarda i rapporti con la Cina, per la questione dell’auto elettrica e per le difficoltà dell’Italia sul tema; tali questioni sono tra di loro interconnesse.
Alcuni dati di base
Può essere utile ricordare preliminarmente alcuni dati di base relativi al settore.
Quella dell’auto è una delle tante attività economiche nelle quali il primato produttivo, tecnologico e di mercato si è andato spostando sempre più verso l’Asia e verso la Cina in particolare. Così nel 2023, rispetto a una produzione totale di veicoli a livello mondiale pari a circa 82 milioni di unità, in Asia ne sono uscite dalle fabbriche per un volume vicino al 60% del totale e nella sola Cina si è superato un terzo del totale. Anche per quanto riguarda le esportazioni, nel 2023 la Cina si è collocata al primo posto nel mondo, con 5.1 milioni di unità vendute all’estero, seguita peraltro nella classifica da un altro paese asiatico: il Giappone.
Ancora più rilevante il predominio cinese nel comparto delle vetture elettriche. Su una produzione totale di circa 9,5 milioni di unità nel 2023, con un aumento del 33% sull’anno precedente, la quota della Cina si è collocata vicino al 60%.
- Details
- Hits: 366
Gli Stati Uniti non riescono a gestire Israele
di Alastair Crooke - Strategic Culture
Alon Pinkas, ex diplomatico israeliano di alto livello, ben collegato a Washington, ci dice che una Casa Bianca frustrata ne ha finalmente "abbastanza". La rottura con Netanyahu è completa: Il Primo Ministro non si comporta come dovrebbe fare "un alleato degli Stati Uniti"; critica aspramente le politiche mediorientali di Biden, e ora gli Stati Uniti hanno capito questo fatto.
Biden non può permettersi che un ulteriore effetto-Israele metta a rischio la sua campagna elettorale e quindi - come chiarisce il suo discorso sullo Stato dell'Unione - raddoppierà i quadri politici mal interpretati sia per Israele che per l'Ucraina.
Cosa intende fare Biden in merito all'atto di sfida di Netanyahu contro il "Santo Graal" delle raccomandazioni politiche statunitensi? Beh, ha invitato a Washington Benny Gantz, un membro del gabinetto di guerra israeliano, e lo ha avvolto in un'agenda "riservata a un primo ministro, o a qualcuno che si pensa possa o debba diventare premier". A quanto pare, i funzionari hanno pensato che, avviando una visita al di fuori dei consueti protocolli diplomatici, avrebbero potuto "scatenare una dinamica che potrebbe portare a un'elezione in Israele", osserva Pinkas, con il risultato di una leadership più favorevole alle idee statunitensi.
È stato chiaramente inteso come un primo passo verso un cambio di regime "soft power".
E il motivo principale della dichiarazione di guerra a Netanyahu? Gaza. A quanto pare, Biden non ha apprezzato l'affronto ricevuto alle primarie del Michigan, quando il voto di protesta per Gaza ha superato i 100.000 "voti non impegnati". I sondaggi - soprattutto tra i giovani - stanno lanciando segnali di allarme per novembre (in gran parte a causa di Gaza). I leader nazionali democratici cominciano a preoccuparsi.
- Details
- Hits: 282
La fine del mondo
di Marco Calamari
Virtuale
Sarà un bug informatico usato come arma a provocare la fine del mondo? Per adesso sappiamo che poteva succedere nel mondo virtuale, e che stavolta è andata bene. Ma domani?
CVE-2024–22252–3–4–5.
Quando scritto qui sopra da Cassandra è incomprensibile al 99,9% delle persone normali, e probabilmente anche ai suoi 24 intelligentissimi lettori.
Tradotto in italiano, con una buona traduzione, di quelle che spiegano il significato più profondo, suonerebbe così:
“Abbiamo evitato che qualcuno potesse provocare la fine del mondo delle macchine virtuali”.
Ma ancora per molti non sarà chiaro, o almeno non ne sarà chiara l’importanza. Riproviamo.
“La maggior parte dei server al mondo potevano essere bloccati o distrutti da un singolo atto di guerra informatica, ma questa volta ce ne siamo accorti e l’abbiamo impedito”.
Chiaro, no? E veniamo al fatto.
CVE-2024–22252–3–4–5 è il nome assegnato ad una serie di falle informatiche che consentono di penetrare l’ipervisore dei sistemi VMware ESX, permettendo di accedere al server fisico sottostante, e di fare qualsiasi cosa, incluso bloccare o “distruggere” il server fisico, e con esso tutte le macchine virtuali che vi girano sopra.
Non molti sanno che la maggior parte dei server che costituiscono il tessuto della Rete odierna non sono “ferro”, macchine fisiche, ma “macchine virtuali” che funzionano tutte insieme su un unico server specializzato. Diciamo tipicamente 10–100 macchine che condividono un unico computer.
- Details
- Hits: 613
Cosa si nasconde dietro la pazzia (calcolata) di Macron
di Giuseppe Masala
Ieri è stato il grande giorno delle comunicazioni al popolo francese di Emmanuel Macron sulla crisi ucraina. Non si è trattato del solito importante discorso dai toni retorici e roboanti tipici degli eventi bellici, ma di una più “confidenziale” intervista condotta da due giornalisti, ovviamente nel rispetto della parità di genere. Lo sottolineo perché purtroppo nell'occidente dell'ipocrisia farisaica woke gli elementi formalistici legati alla inclusività sono più importanti – evidentemente - della sostanza del rischio di far scoppiare una guerra termonucleare sul suolo europeo.
Venendo alla sostanza delle dichiarazioni di Macron, non mi pare azzardato definirle storiche. Molti commentatori, sfortunatamente, stanno già sminuendo quanto è stato dichiarato, provando ad ascrivere il discorso di Macron al campo dei bluff. No, signori, mi permetto di dire che Macron non sta bluffando, ma fa un discorso serio e razionale (sebbene non esplicitato in tutte le sue parti). Cosa questa che ha capito benissimo Tajani, il nostro ministro degli Esteri che non ha atteso neppure la fine dell'intervista per tuonare da Roma l'indisponibilità italiana a inviare truppe in Ucraina e dunque, di fatto, a entrare in guerra con la Russia.
- Details
- Hits: 406
"Slava Ukraini". Deturpato l'omaggio a Luana d'Orazio: perché Jorit fa così paura?
di Agata Iacono
Perché fa così paura Jorit? Perché questa campagna di odio e persecuzione nei confronti dell'artista napoletano?
A Roma è stata vandalizzata la sua gigantografia dedicata a Luana D'Orazio, la ragazza di 22 anni morta sul lavoro, anzi di lavoro, a Prato, per l'assenza di elementari norme di protezione. Un ennesimo omicidio sul lavoro che sintetizza il dramma dei morti di lavoro in Italia: pochi giorni fa, ad esempio, a Terlizzi è precipitato nel vano ascensore un capocantiere di 79 anni. Sono stati 585.356 gli infortuni sul lavoro nel 2023 (dati Inail), 1.041 dei quali con esito mortale. Nel solo 2024 sono già più di 145 i morti di lavoro.
Come riporta VoxKomm, il ritratto gigantesco di Luana fatto da Jorit è stato deturpato e hanno anche scritto sul suo corpo "Slava Ucraini". Pochi giorni fa un altro murales era stato danneggiato a Ischia e avevano lasciato sul posto una bandiera dell'Ucraina.
Ma perché, ripetiamo, Jorit fa così paura? Molte risposte le trovate in questa bellissima intervista di Clara Statello pubblicata da l'AntiDiplomatico.
- Details
- Hits: 401
La scelta occidentale della guerra contro la Russia
di Fabrizio Poggi
Stanno preparando la guerra e stanno approntando le condizioni interne per portarci in guerra. Ormai non è più, purtroppo, un modo di dire e lo dimostrano sia le sparate esterne su “aggressione russa”, “guerra nucleare russa”, “necessità di armare l’Ucraina per difendere il mondo libero dalla Russia”, sia le crociate democristian-fasciste per “serrare il fronte interno” contro le “interferenze russe”, e l’ostracismo contro chi venga accusato di essere «al servizio del Cremlino e della sua propaganda».
Dunque, all’esterno. Dopo lo “scandalo” dell’audio dei militari tedeschi a proposito dei missili “Taurus” contro il ponte di Crimea, la ministra della guerra tedesca, Annalena Baerbock non trova di meglio che sostenere la proposta del suo omologo britannico, David Cameron sulla “partita di giro” che dovrebbe salvare la faccia a Berlino: i tedeschi vendono i “Taurus” a Londra e questa fornisce a Kiev i “Storm Shadow”. Et voila.
Questo per le armi. Per quanto riguarda i veri e propri contingenti militari da inviare direttamente sul suolo ucraino, da un lato qualcuno sussurra, ma molto piano, che sia impossibile, altri non ci vedono nulla di «inimmaginabile» (ministro degli esteri polacco, Rodislaw Sikorski: il malefico consorte della famigerata Anna Applebaum), altri ancora affermano che una guerra con la Russia farebbe bene alle finanze interne (non specificando “di chi”).
Page 10 of 552