Print
Hits: 2434
Print Friendly, PDF & Email
manifesto

Il diagramma di flusso della libertà

Andrea Fumagalli

Il volume collettivo «Gli algoritmi del capitale» affronta il nodo del rapporto degli esseri umani con le macchine all’interno della produzione di ricchezza e della comunicazione on-line. Una discussione a più voci a partire dal «manifesto per una politica accelerazionista»

11-cultura-835422Il rap­porto tra mac­chine e capi­ta­li­smo è stret­ta­mente con­nesso e impre­scin­di­bile. Il capi­ta­li­smo come sistema di pro­du­zione (accu­mu­la­zione) e di orga­niz­za­zione del lavoro (comando) nasce con la nascita della mac­china moderna. L’evoluzione del capi­ta­li­smo si può descri­vere come pro­cesso di evo­lu­zione della strut­tura mac­chi­nica. Gil­les Deleuze nel 1990, in un’intervista con Toni Negri, affer­mava: «Ad ogni tipo di società (…) si può far cor­ri­spon­dere un tipo di mac­china: le mac­chine sem­plici o dina­mi­che per le società di sovra­nità, le mac­chine ener­ge­ti­che per quelle disci­pli­nari, le ciber­ne­ti­che e i com­pu­ter per le società di con­trollo. Ma le mac­chine non spie­gano nulla, si devono invece ana­liz­zare i con­ca­te­na­menti col­let­tivi di cui le mac­chine non sono che un aspetto». «Le mac­chine non spie­gano nulla», diceva Deleuze. A ragione, dal momento che l’evoluzione del capi­ta­li­smo è det­tato dalla dia­let­tica del rap­porto sociale tra mac­china (capi­tale) e lavoro, un rap­porto, come ci ricor­dava il Tronti di Ope­rai e capi­tale in cui il capi­tale (a dif­fe­renza del lavoro) non può pre­scin­dere dal lavoro vivo umano. Ma forse, anche a torto, se ana­liz­ziamo la recente evo­lu­zione del «mac­chi­nico», neo­lo­gi­smo che, svi­lup­pato dal Gil­bert Simon­don e dallo stesso Deleuze, ci è utile per discu­tere cri­ti­ca­mente la pos­si­bile (auspi­ca­bile?) meta­mor­fosi del dive­nire umano delle mac­chine.

 

 

La varia­bile del tempo

Que­sto è il tema di fondo che innerva la rac­colta di saggi, curata da Mat­teo Pasqui­nelli, Gli Algo­ritmi del Capi­tale, (Ombre Corte, pp. 190, Euro 18,00). Si tratta di un con­tri­buto molto impor­tante e utile per­ché, nel solco della meto­do­lo­gia d’analisi che viene dall’operaismo, si cerca di inda­gare quella che pos­siamo defi­nire in ter­mini mar­xiani la nuova «com­po­si­zione orga­nica del capi­tale». Il tema della tra­sfor­ma­zione delle mac­chine nel pas­sag­gio dal capi­ta­li­smo for­di­sta a quello bio­co­gni­tivo è stato negli ultimi anni messo un po’ da parte a van­tag­gio della dove­rosa ana­lisi del dive­nire della com­po­si­zione tec­nica del lavoro. Non si vuole con ciò affer­mare che non sia stato affron­tato, tutt’altro. Il sag­gio di Mat­teo Pasqui­nelli «Capi­ta­li­smo mac­chi­nico e plu­sva­lore di rete. Note sull’economia poli­tica della mac­china di Turing» né è la con­ferma. Con estrema chia­rezza, Pasqui­nelli rico­strui­sce il filo rosso che dalla mac­china indu­striale, perno della pro­du­zione mate­riale, porta alla mac­china di Turing, emblema della mac­china vir­tuale, perno della valo­riz­za­zione del gene­ral intel­lect.

Il tema delle tra­sfor­ma­zione della mac­chine nel mac­chi­nico non può essere ana­liz­zato se non in rela­zione al tempo e al lavoro vivo ad esso connesso.

La varia­bile tempo e soprat­tutto la costante acce­le­ra­zione del tempo è una delle chiave di volta dell’organizzazione capi­ta­li­stica della pro­du­zione. Mac­china e tempo sono sem­pre stret­ta­mente con­nessi e il pro­gresso tec­no­lo­gico non è altro che la ten­denza alla ridu­zione del tempo di pro­du­zione. Ma se tale obiet­tivo ai tempi del cro­no­me­tro della fab­brica si poteva coniu­gare con una pos­si­bile ridu­zione anche del tempo di lavoro (come la sto­ria del Nove­cento ci inse­gna), sep­pur a sca­pito dell’equilibrio ambien­tale, oggi l’accelerazione indotta dai tempi del com­pu­ter non solo non può evi­tare la cata­strofe ambien­tale ma può anche indurre quella sociale.

Il tema dell’acce­le­ra­zio­ni­smo viene affron­tata nella prima parte del volume, con la pre­sen­ta­zione per la prima volta in ita­liano del Mani­fe­sto per una poli­tica acce­le­ra­zio­ni­sta di Alex Wil­liams e Nick Srni­cek (Mpa). La tesi è sug­ge­stiva. Par­tendo dalla con­si­de­ra­zione che il capi­ta­li­smo non è altro che il pro­cesso di acce­le­ra­zione dell’automazione (con­cetto ben diverso da velo­cità, come sot­to­li­nea Toni Negri nel suo con­tri­buto: il primo indica una ten­denza dina­mica, la seconda una varia­bile sta­tica), oggi carat­te­riz­zata dalla tec­no­lo­gie digi­tali, cer­care di inse­guirlo è inu­tile e inol­tre perdente.

 

Pia­ni­fi­ca­tori postcapitalisti

Il motivo sta che que­sta acce­le­ra­zione si basa oggi, a dif­fe­renza del pas­sato, sulla com­pres­sione e comando della potenza del lavoro cogni­tivo. Il pro­cesso di ten­den­ziale insta­bi­lità e quindi auto­di­stru­zione dello stesso capi­ta­li­smo non si fron­teg­gia ponendo bar­riere alla sua folle corsa, bensì ope­rando per «libe­rare le forze pro­dut­tive latenti». A tal fine, è neces­sa­rio per la sini­stra «svi­lup­pare un’egemonia sia nella sfera delle idee che nella sfera delle piat­ta­forme mate­riali» al fine di creare le pre­messe per «una pia­ni­fi­ca­zione post-capitalista». (Si noti bene, come ci ricorda nel suo con­tri­buto Dier-Whiteford, che tale ten­ta­tivo aveva già avuto luogo ai tempi dell’Unione Sovie­tica e del Cile di Allende, ma ancora in un con­te­sto tay­lo­ri­sta). «Per far que­sto, la sini­stra deve appro­fit­tare di ogni pro­gresso tec­no­lo­gico e scien­ti­fico reso pos­si­bile dalla società capi­ta­li­sta». Tre sono gli stru­menti con­creti: «costruire un’infrastruttura intel­let­tuale», «pro­muo­vere una riforma dei mezzi di comu­ni­ca­zione su larga scala» e infine, «rico­struire varie forme di potere di classe».

Toni Negri e Franco Berardi «Bifo» discu­tono dell’acce­le­ra­zio­ni­smo par­tendo da due punti diversi, sep­pur com­ple­men­tari. Negri — pur apprez­zando l’innovatività del mani­fe­sto nel rico­no­scere il supe­ra­mento irre­ver­si­bile del for­di­smo, la neces­sità di agire all’interno di una com­po­si­zione tecno-politica del capi­tale e l’esigenza di indi­vi­duare nuove moda­lità di orga­niz­za­zione del lavoro cogni­tivo — vi nota un eccesso di deter­mi­ni­smo tec­no­lo­gico che «sot­to­va­luta (…) la dimen­sione coo­pe­ra­tiva della pro­du­zione (e tanto più la pro­du­zione di sog­get­ti­vità), (…) le tra­sfor­ma­zioni antro­po­lo­gi­che della forza-lavoro». Su que­sta linea, in modo molto più netto, si pone Bifo: «(Il mpa) sot­to­va­luta com­ple­ta­mente gli osta­coli e i limiti che osta­co­lano e dirot­tano il pro­cesso di sog­get­ti­va­zione» sino a dar corpo a una nuova forma di «imma­nen­ti­smo tec­no­lo­gico»: «la posi­zione acce­le­ra­zio­ni­sta (…) è una mani­fe­sta­zione estrema della con­ce­zione imma­nen­ti­sta», in quanto «il loro mate­ria­li­smo radi­cale implica la natura imma­nente della pos­si­bi­lità, ma que­sta imma­nenza del pos­si­bile non implica una neces­sità logica». Qui, l’inguaribile otti­mi­smo di Negri si scon­tra con il pes­si­mi­smo cosmico di Bifo.

 

Non solo social media

Sul tema Mat­teo Pasqui­nelli cerca di svi­lup­pare una media­zione che apre alle altre due parti di cui si com­pone il libro, recu­pe­rando il con­cetto mar­xiano di astra­zione. Lavoro e capi­tale si com­bi­nano con­ti­nua­mente ad un livello cre­scente di astra­zione, reso pos­si­bile dalla tra­sfor­ma­zione della mac­china in algo­ritmi lin­gui­stici. Ed è pro­prio il lin­guag­gio che innerva sia il lavoro vivo che il lavoro morto a rap­pre­sen­tare la chiave di volta nel pas­sag­gio dal for­di­smo al capi­ta­li­smo del gene­ral intel­lect. Non si tratta solo di lin­guag­gio umano, ma di lin­guag­gio arti­fi­ciale, in grado di defi­nire la base del pro­cesso di accu­mu­la­zione e quindi di valo­riz­za­zione. La sfida poli­tica diventa così la neces­sità di riap­pro­priarsi del lin­guag­gio. Detto in altri ter­mini, riap­pro­priarsi del «comune» (al sin­go­lare) pro­dotto dalla coo­pe­ra­zione sociale a tutti i livelli del pro­cesso eco­no­mico. Su que­sto tema si sof­fer­mano Mer­ce­des Bunz e Ste­fano Har­vey riguardo il lavoro, men­tre Tiziana Ter­ra­nova affronta invece il ruolo svolto dai social media. Nella terza parte del volume, signi­fi­ca­ti­va­mente inti­to­lata «L’autonomia del comune», Carlo Ver­cel­lone si inter­roga sulla neces­sità di ride­fi­nire un nuovo wel­fare ade­guato a que­ste tra­sfor­ma­zione e Chri­stian Marazzi ana­lizza il ruolo del lin­guag­gio nei mer­cati finan­ziari e la pos­si­bi­lità di fon­dare una «moneta del comune».

Web Analytics