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lantidiplomatico

Israele e l'apertura del Fronte Nord

di Giuseppe Masala

La narrativa del mainstream occidentale in merito alla crisi innescata con l'invasione di Gaza da parte israeliana è semplice e di facile presa: dopo gli attentati terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023 (data immediatamente contrabbandata dagli spin doctors israeliani come l'11 Settembre del paese) Israele aveva acquisito il diritto di intentare una grande invasione di terra a Gaza che è un'area governata da Hamas. L'operazione di terra inevitabilmente si è immediatamente trasformata in una carneficina di civili palestinesi: ma anche questo elemento non ha fermato il governo di Netanyahu che è rimasto totalmente indifferente alle enormi pressioni internazionali che sono anche sfociate in una denuncia, da parte del Sud Africa, alla Corte Internazionale di Giustizia, massimo organo giurisdizionale dell'ONU che proprio in questi giorni ha deliberato che Israele sarà messo sotto processo addirittura per possibile genocidio del popolo palestinese.

Siamo stati facili profeti, il disastro diplomatico (che avrà costi enormi per Israele) ma anche la non facile operazione militare costata ingenti perdite umane e materiali non è stata vantaggiosa e anzi, non pare azzardato sostenere, che ha un trade-off assolutamente in perdita per Tel Aviv.

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rifonda

L’ampliamento dei Brics ulteriore passo in avanti nella ridefinizione degli assetti geopolitici e geoeconomici internazionali

di Andrea Vento*

 

La complessa questione della dedollarizzazione

Il Sistema Monetario Internazionale (Smi) uscito dagli Accordi di Bretton Woods ha riservato al dollaro statunitense la duplice funzione di moneta nazionale e di valuta di riferimento nelle transazioni internazionali, concedendo alla Federal Reserve il privilegio di poter indirizzare le politiche monetarie dell’intero campo capitalistico tramite l’orientamento delle manovre sul tasso di riferimento.

 

L’utilizzo del dollaro come arma politica

A partire dal febbraio 2022, con l’escalation del conflitto in Ucraina, è tuttavia emersa nella sua piena dimensione anche una terza dirompente funzione, peraltro già utilizzata in passato con portata più limitata ai danni di 22 paesi: quella sanzionatoria. Le draconiane misure coercitive imposte dal 23 febbraio 2022 unilateralmente alla Russia, in 12 tranche successive, hanno infatti determinato “la trasformazione del dollaro in arma”, espressione giustappunto coniata nell’anno in questione.

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jacobin

Karl d’Arabia

di Marcello Musto

In tarda età, Marx trascorse un po’ di tempo ad Algeri. Gli scritti e le annotazioni di quel periodo confermano il suo sostegno alle lotte contro l’oppressione coloniale

Nell’inverno del 1882, durante l’ultimo anno della sua vita, Karl Marx ebbe una grave bronchite e il suo medico gli consigliò un periodo di riposo in un luogo caldo. Gibilterra fu esclusa perché Marx aveva bisogno del passaporto per entrare nel territorio e, in quanto apolide, non ne era in possesso. L’impero tedesco di Otto Von Bismarck era coperto dalla neve e gli era proibito in ogni caso. L’Italia era fuori discussione poiché, come afferma Friedrich Engels, «la prima condizione per quanto riguarda i convalescenti è che non vi siano seccature da parte della polizia».

Engels e Paul Lafargue, genero di Marx, convinsero il paziente a recarsi ad Algeri. All’epoca, la capitale dell’Algeria francese godeva della reputazione di buona destinazione per sfuggire ai rigori dell’inverno europeo. Come ricordò in seguito la figlia di Marx, Eleanor Marx, ciò che realmente lo spinse a intraprendere questo viaggio insolito fu il suo obiettivo numero uno: completare Il Capitale.

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piccolenote

Ucraina. Gli Usa e la guerra decennale

di Piccole Note

Dalla "riconquista dei territori perduti" si è passati alla, ennesima, "guerra infinita". La tragedia del popolo ucraino

“I piani di guerra degli Stati Uniti per l’Ucraina non prevedono più la riconquista del territorio perduto”. Questo il titolo di un articolo del Washington Post che spiega come gli Usa stiano rimodulando la strategia per l’Ucraina. Infranta tragicamente l’utopia coltivata finora della riconquista del Donbass, si tratta di portare avanti una guerra di logoramento e di impedire ai russi di avanzare.

 

La guerra infinita in Ucraina

Così il WP: “Il piano degli Stati Uniti è parte di uno sforzo multilaterale da parte di quasi tre dozzine di paesi che sostengono l’Ucraina per garantirne la sicurezza a lungo termine e il sostegno economico […] come dimostrazione di una risolutezza duratura nei confronti del presidente russo Vladimir Putin”. Ognuno di questi Stati “sta preparando un documento che delinea i propri impegni specifici per il prossimo decennio. La settimana scorsa la Gran Bretagna ha reso pubblico il suo accordo decennale con l’Ucraina”, un impegno simbolicamente suggellato dalla visita di Rishi Sunak a Kiev. E presto, spiega il WP, sarà la volta della Francia, anch’essa prossima a suggellare tale impegno con la visita a Kiev di Macron.

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quodlibet

Teatro e politica

di Giorgio Agamben

È quanto meno singolare che non ci si interroghi sul fatto, non meno imprevisto che inquietante, che il ruolo di leader politico sia nel nostro tempo sempre più spesso assunto da attori: è il caso di Zelensky in Ucraina, ma lo stesso era avvenuto in Italia con Grillo (eminenza grigia del Movimento 5 stelle) e ancor prima negli Stati Uniti con Reagan. È certo possibile vedere in questo fenomeno una prova del tramonto della figura del politico di professione e dell’influsso crescente dei media e della propaganda su ogni aspetto della vita sociale; è però evidente in ogni caso che quanto sta avvenendo implica una trasformazione del rapporto fra politica e verità su cui occorre riflettere. Che la politica avesse a che fare con la menzogna è, infatti, scontato; ma questo significava semplicemente che il politico, per raggiungere degli scopi che riteneva dal suo punto di vista veri, poteva senza troppi scrupoli dire il falso.

Quel che sta avvenendo sotto i nostri occhi è qualcosa di diverso: non vi è più un uso della menzogna per i propri fini politici, ma, al contrario, la menzogna è diventata in se stessa il fine della politica. La politica è, cioè, puramente e semplicemente l’articolazione sociale del falso.

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sinistra

Anche se ora ve ne fregate voi quella notte, voi c'eravate

Domenico d’Amico di Radio Gamma intervista Fulvio Grimaldi

Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti

Dopo essersi schierata con coloro che ci hanno somministrato un mondo dove, grazie a Covid e guerre, i ricchi hanno raddoppiato la loro ricchezza e 5 miliardi sono piombati nella povertà assoluta, il nostro establishment, di qualunque colore sia, ha vinto anch’esso la sua guerra al popolo. Qui da noi l’1% ricco ha una ricchezza 84 volte quella del 20% povero, con 5,6 milioni in povertà assoluta. In compenso abbiamo un sacco di soldi, cavati dagli ospedali e dalle scuole, con in quali ci armiamo e partiamo.

Avevamo dunque tutti i titoli per mandare in Medioriente un Chiacchiere e Distintivo, fatto passare per ministro degli Esteri, a dichiararci dalla parte dei terroristi che dicono di combattere il “terrorismo” di chi non si vuole fare uccidere dai terroristi..

Dichiarata guerra al paese (lo Yemen liberato dagli Houthi) che prova a fermare i terroristi di cui sopra, ci siamo meritati la cittadinanza onoraria nella cittadella del terrorismo.

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infoaut2

Costante trumpista: la guerra civile latente negli Stati Uniti

di redazione

In molti avevano creduto che dopo i fatti di Capitol Hill il trumpismo come fenomeno politico sarebbe stato archiviato, presentandosi al limite nelle forme di un estremismo suprematista tanto più radicale quanto residuale

Invece negli anni di governo di Joe Biden, nonostante i molti guai giudiziari, Trump ha consolidato nuovamente la propria base di consenso e a oggi ha già in tasca la nomitation come candidato presidenziale repubblicano. Abbiamo analizzato il trumpismo da più punti di vista, ma sempre con una certezza: non si trattava di un fenomeno né transitorio, né tanto meno contingente.

Può apparire paradossale, ma il trumpismo è addirittura per certi versi un movimento ancora in fase di espansione: molti sono gli intellettuali e i personaggi pubblici della sinistra radicale statunitense che in questi anni sono stati attirati dal buco nero, che si sono arruolati nella cosiddetta “destra dissidente”, spesso non solo per un tornaconto economico e personale, ma come ci spiega “In These Times” per quella che appare come una vera e propria crisi ideologica. Molti sono stati sedotti dalla narrativa working class del trumpismo, ancora presente, altri si sono progressivamente avvicinati a figure della destra radicale a partire dalla critica alla sinistra liberale.

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ilchimicoscettico

Da non crederci, Speranza ci riprova con il suo libro

di Il Chimico Scettico

nxdskawjuv

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euronomade

Il vero dominio non è mai astratto

di Sandro Mezzadra

Nel dibattito su Marx, a livello internazionale, almeno due novità si sono affermate negli ultimi anni. Il progredire della nuova edizione critica delle opere (la MEGA2) ha in primo luogo trasformato in profondità il corpus dei testi marxiani, portando alla luce migliaia di pagine di manoscritti e scomponendo testi come i Grundrisse, le Teorie del plusvalore, il secondo e il terzo libro del Capitale. Il confronto con Marx ne risulta certo arricchito, anche se a tratti è difficile evitare un’impressione di vertigine di fronte a un’opera che appare quasi in dissolvenza. In secondo luogo, in particolare nel mondo anglofono e in Germania, ha guadagnato influenza la cosiddetta “Nuova lettura di Marx”, anticipata negli anni Sessanta e Settanta dai lavori di Hans-Georg Backhaus e Helmut Reichelt e sviluppata poi tra gli altri da Michael Heinrich – di cui è da poco uscito in italiano il libro più importante, La scienza del valore, Pgreco, a cura di R. Bellofiore e S. Breda. Proprio la “forma valore” sarebbe in questa prospettiva – per molti versi in continuità con gli sviluppi della Scuola di Francoforte – il centro logico della marxiana critica dell’economia politica, mentre la lotta di classe e lo sfruttamento ne sono respinti ai margini.

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lacausalitadelmoto

Mai più è ora

di Alessio Galluppi

Diffondiamo questo comunicato da “Info d News Palestina” in merito della decisione del governo di vietare le manifestazioni contro il genocidio commesso da Israele previste per il 27 gennaio – 25 gennaio 2024 – t.me/infonewspalestina

Già scrivevano che “l’intera impalcatura dell’establishment democratico e dei governi dell’Occidente non ricorda i morti dell’Olocausto, bensì usa la tragedia degli Ebrei per mirarsi nello specchio e riflettere la propria immagine dell’Occidente e mettere a confronto nazismo e liberalismo inventore della civiltà…”. Quella civiltà che si è eretta su 500 anni di saccheggi, eccidi, schiavitù e razzismo contro i popoli di colore.

Il 19 gennaio 2024, l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha rilasciato la seguente nota:

“È un errore gravissimo mettere sullo stesso piano la Shoà e altre, pur terrificanti, vicende di oggi”.

Mentre l’ANPI, un ente fondato con lo scopo di “restituire al Paese una piena libertà e favorire un regime di democrazia per impedire in futuro il ritorno di qualsiasi forma di tirannia e assolutismo,” e di “valorizzare in campo nazionale e internazionale il contributo effettivo portato alla causa della libertà dall’azione dei partigiani” (Statuto del 1945), parlava vagamente di “vicende di oggi”, noi testimoniavamo la seguente situazione in Palestina che entrava nel 105º giorno di genocidio per mano del regime sionista:

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fattoquotidiano

Gli Usa (e i loro servi) ce l’hanno con Unrwa per una ragione: documenta il genocidio di Israele

di Paolo Ferrero

Il 26 gennaio, il Commissario generale dell’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti ai palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, ha aperto un’indagine su alcuni dipendenti sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre in Israele e li ha licenziati. Tutto questo sulla sola segnalazione da parte delle autorità israeliane che non hanno a oggi prodotto alcun dossier con prove documentali.

Lazzarini sperava di poter proteggere la capacità dell’agenzia di poter fornire assistenza umanitaria ma sottovalutava la volontà di vendetta che covava nei confronti della sua agenzia. A distanza di un’ora dalla comunicazione ufficiale il Dipartimento di Stato degli Usa aveva già deciso di sospendere i finanziamenti all’Unrwa. Nei giorni successivi, nonostante il licenziamento dei dipendenti segnalati dal governo israeliano e l’immediata attivazione di una commissione d’inchiesta, sono arrivate le sospensioni dei finanziamenti di: Australia, Canada, Italia, Germania, Finlandia, Paesi Bassi, Svizzera, Gran Bretagna e Scozia.

Con questi tagli l’Unrwa non sarà più in condizioni di lavorare e già dal mese di febbraio non sarà in grado di proseguire l’attività di assistenza umanitaria che garantisce cibo, acqua e prima assistenza a centinaia di migliaia di persone nella striscia di Gaza.

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piccolenote

La Corte dell'Aia si pronuncia su Gaza. Un compromesso alto

di Piccole Note

Israele ha tempo un mese per dimostrare alla Corte il rispetto della Convenzione sul genocidio

Il mondo in questi giorni era sospeso alla decisione della Corte dell’Aia, chiamata dal Sudafrica a pronunciarsi sulla guerra di Gaza per decidere se si tratta di un vero e proprio genocidio.

Anzitutto, la Corte di Giustizia Internazionale doveva decidere se il caso ricadeva sotto la sua giurisdizione e se l’istanza del Sudafrica potesse essere recepita. In una prima valutazione, a quanto pare non definitiva, tali questioni preliminari sono state risolte in senso positivo.

In secondo luogo, ha ammesso che le sollecitazioni dell’istanza dovevano avere risposta immediata, ammettendo quindi che almeno alcune delle denunce avevano un fondamento. Da qui la richiesta vincolante da parte della Corte a Israele di dimostrare che le dichiarazioni pubbliche riguardanti la guerra, ma soprattutto le sue azioni, militari e di altra natura (ad esempio riguardo gli aiuti), non travalichino i limiti che separano un conflitto militare da un genocidio.

Israele ha tempo un mese per dimostrare alla Corte il rispetto della Convenzione sul genocidio. Di seguito riportiamo, nel dettaglio, il provvedimento della Corte, nel quale, quando si riferisce al “gruppo”, ovviamente intende i palestinesi di Gaza.

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coniarerivolta

Esplodono le disuguaglianze: parola della Banca d’Italia

di coniarerivolta

Nelle scorse settimane è girata su vari quotidiani la notizia che il 5% più ricco delle famiglie detiene il 46% della ricchezza totale in Italia. Per i più avvezzi a questi dati tutto ciò non è certo nulla di nuovo, anzi, come avevamo già fatto notare, la disuguaglianza è una scelta politica che caratterizza fortemente le società capitalistiche in cui viviamo. Non è certo una novità la presenza di disuguaglianze in Italia, un problema completamente ignorato o sistematicamente aggravato dalle politiche classiste del governo e di tutti i governi degli ultimi anni, che al più mettono, nel migliore dei casi, qualche pezza troppo piccola per un buco troppo grande. Ne sono una dimostrazione i dati allarmanti dell’ISTAT che mostrano come il 9,4% della popolazione residente in Italia viva in una condizione di povertà assoluta.[1]Dati che preoccupano considerando che solo quindici anni fa il fenomeno riguardava appena il 3% della popolazione.

La novità qui è un’altra. I dati sulla disuguaglianza riportati dai titoloni dei giornali sono una serie di nuovi dati resi pubblici dalla Banca d’Italia, all’interno di un più ampio progetto europeo.

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altrenotizie

Iraq e Siria, sfratto a Washington?

di Michele Paris

Uno degli effetti della guerra di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza è la destabilizzazione dell’equilibrio strategico, già di per sé precario, che in Medio Oriente garantisce la superiorità e l’influenza degli Stati Uniti sulle vicende della regione. Uno dei fronti su cui agisce questo processo, che sta già penalizzando Washington, è quello iracheno-siriano, dove i militari americani sono quasi quotidianamente presi di mira dai bombardamenti delle milizie sciite filo-iraniane che appoggiano la Resistenza palestinese nella striscia.

Con il sostegno incondizionato al genocidio in corso, l’amministrazione Biden sta andando incontro all’inevitabile epilogo dell’impegno militare USA in Siria e in Iraq. La presenza americana, già di per sé illegale quanto meno per il primo di questi due paesi, è infatti oggetto di discussioni interne alla Casa Bianca, come hanno confermato notizie circolate questa settimana anche sui media ufficiali.

Pur non essendoci evidentemente una scadenza precisa, il momento dell’uscita di scena degli Stati Uniti da Siria e Iraq potrebbe essere dunque vicina. La testata americana Foreign Policy ha scritto che il Pentagono starebbe studiando tempi e modalità per il ritiro del proprio contingente militare dalla Siria, stimato attorno alle 900 unità.

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sollevazione2

Regionalismo: situazione grave, ma non seria

di Leonardo Mazzei

Quest’anno Pasqua è “bassa” e il Carnevale incombe. Ma prima del 28 gennaio, domenica di Settuagesima che ne segna l’inizio ufficiale, il Senato della Repubblica ha voluto anticipare le danze. Lo ha fatto con qualche curioso paradosso, come si addice al periodo. Da un lato l’inno di Mameli e le bandiere tricolori ostentate dal fronte anti-sovranista. Dall’altro lato, quello dei grandi “patrioti” meloniani, l’approvazione di una legge che l’Italia la fa a pezzi, con tanto di bandiera di San Marco a sventolare nei banchi della maggioranza, giusto per ribadire il concetto. Mancavano i coriandoli di carta, ma in compenso c’erano quelli di un’Italia che si vorrebbe triturare. Davvero il teatrino della politica non poteva far di meglio!

Cos’è successo di così importante martedì 23 gennaio 2024 (un Martedì Grasso anticipato, si direbbe), da far parlare Luca Zaia di una giornata storica? E’ successo che la Lega ha incassato il primo sì, poi seguirà quello della Camera, all’agognato regionalismo differenziato, definizione politicamente corretta di un regionalismo così incasinato da non avere uguali sull’intero urbe terracqueo.

E’ una cosa grave? Sì. E’ una cosa seria? No.

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roars

Il mito dell’inclusione nella scuola dei test INVALSI

di Redazione ROARS

Può esistere l’inclusione in un sistema la cui qualità è regolata dalla standardizzazione dei test INVALSI? Si sta parlando di inclusione, in questi giorni, grazie a un editoriale del professor Ernesto Galli Della Loggia, intitolato “Il mito dell’inclusione nella scuola italiana”: l’idea neanche troppo strisciante che separare i più abili dai meno abili possa in fondo essere una buona soluzione. Un tuffo del passato di oltre 50 anni che si chiama classe differenziale, con studenti divisi in base alle abilità e alle capacità: stranieri con stranieri, eccellenti con eccellenti. Una provocazione che ha suscitato una levata di scudi pronta e diffusa. Noi, però, non ci aggiungeremo all’elenco delle voci critiche. Quello che faremo è suggerire al professor Galli della Loggia di scrivere un editoriale elogiativo sul potenziale uso dei test INVALSI e soprattutto della nuova schedatura dei fragili. In cui potrebbe osservare che, fino a oggi, “nelle aule italiane convive regolarmente, accanto ad allievi certificati normali, una quota non trascurabile di studenti certificati fragili dall’INVALSI”. Centinaia di migliaia di ragazzi che, se anche conseguono il diploma, non raggiungeranno nemmeno lontanamente i livelli di competenza che ci si dovrebbe aspettare dopo tredici anni di scuola. Chiudendo anche questo secondo editoriale con un lapidario: “il risultato lo conosciamo”. Chissà che allora non si cominci a discutere seriamente di valutazione standardizzata e di schedatura algoritmica di massa.

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lantidiplomatico

Il coraggio del Sud Africa e le menzogne dell'Occidente

di Elena Basile

Una delle poche buone notizie che abbiamo avuto in questi mesi di oscurantismo politico ed etico è costituita dall’azione intrapresa dal Sudafrica per rianimare una istituzione dell’Onu, la Corte Internazionale di Giustizia, affinché giudici indipendenti valutino l’azione criminale del governo di Netanyahu a Gaza e denuncino, se del caso, l’intento genocida. Il Sudafrica è consapevole che l’eroica storia di liberazione dal regime di apartheid è stata possibile grazie alla solidarietà internazionale. Combattere l’apartheid in ogni sua forma è nei cromosomi del popolo sudafricano. Capetown non dimentica l’appoggio dato da Tel Aviv al regime sudafricano con cui ha condiviso la tecnologia, anche nucleare.

Abbiamo ascoltato le arringhe degli avvocati sudafricani con l’incredulità di chi ogni giorno vede il diritto, l’etica e la verità seppelliti dallo spazio politico-mediatico occidentale e ha perso la speranza in una politica in grado di perseguire la composizione degli interessi per il bene comune. Il ministro degli Esteri Tajani, scimmiottando Blinken, si è sostituito ai giudici della Corte, ne ha usurpato titolo e ruolo, per assicurare che Israele è innocente. Ha poi rivolto un appello a Tel Aviv affinché faccia attenzione e non massacri troppi civili. Questo è lo spettacolo surreale a cui abbiamo fatto l’abitudine.

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comedonchisciotte.org

Il giorno della resa dei conti per Israele

di John J. Mearsheimer - mearsheimer.substack.com

La Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha emesso ieri (26 gennaio 2024) la sua ordinanza sul caso del Sudafrica contro Israele relativo a un possibile genocidio a Gaza.

Prevedibilmente, la copertura dell’ordinanza da parte dei media mainstream in Occidente mira a presentare la storia nel modo più favorevole a Israele, cioè minimizzare od omettere quegli elementi della storia che mettono Israele in cattiva luce e sottolineare che la CIG non ha ordinato a Israele di cessare tutte le operazioni militari a Gaza.

Quasi nessuno si aspettava che la Corte Internazionale di Giustizia decretasse che Israele avrebbe dovuto cessare tutte le operazioni militari a Gaza, dal momento che è in guerra con Hamas e la Corte non può ordinare ad Hamas di cessare le sue operazioni militari contro Israele. Tuttavia, la Corte Internazionale di Giustizia ha detto a Israele che deve concentrare la sua offensiva su Hamas e non sulla popolazione civile. Dopo tutto, l’accusa di genocidio riguarda ciò che Israele sta facendo alla popolazione civile di Gaza, non ad Hamas.

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lantidiplomatico

“Le sette parti della notte”, Paccosi porta in scena Agamben: “Viviamo una dimensione senza alba”

Giulia Bertotto intervista Riccardo Paccosi

Vi sono sette parti della notte: il vespro, il crepuscolo, il conticinio, l’intempesto, il gallicinio, il mattutino e il diluculo.
Isidoro, Etimologie

Riccardo Paccosi, attore e regista teatrale, ci racconta del suo nuovo spettacolo “Le sette parti della notte”, nel quale si esibisce con un testo del filosofo Giorgio Agamben. Sulla scena un linguaggio poetico-filosofico e la toccante arpa del compositore e musicista Andrea Seki, su un canovaccio dinamico che alterna canzoni, versi poetici e frammenti della storia del rock. Abbiamo intervistato Riccardo Paccosi.

* * * *

Riccardo, come nasce questa ispirazione teatrale?

Questo spettacolo si pone in continuità con il mio percorso artistico degli ultimi anni, a partire cioè dall’emergenza pandemica nella quale mi sono ritrovato in una situazione doppiamente critica: da una parte, come tanti altri colleghi, impossibilitato a svolgere il mio lavoro, con ogni forma di reddito bloccata in quanto lavoratore autonomo, e dall’altra in totale distonia con la narrazione dominante che decantava le virtù di questa nuova normalità nell’isolamento, da reclusi, senza abbracciarsi o danzare più.

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contropiano2

La Nuova Guerra Fredda e il rischio di annientamento nucleare

di Charles Derber - Suren Moodliar*

La crisi dei missili cubani del 1963 è impressa nella memoria di chiunque abbia vissuto abbastanza a lungo da sperimentare il terrore che ha scatenato. Per la prima volta, i nostri leader avevano ordinato e avevano successo nel creare un sistema militare che poteva distruggerci tutti, senza alcun modo possibile di sopravvivere al conflitto inevitabile.

Le ragioni per la ricerca di armi nucleari sono diverse da quelle descritte pubblicamente e hanno poco a che fare con la dissuasione di attacchi da parte di altri paesi. Invece, il programma nucleare riflette una folle volontà di perseguire il profitto e il potere globali con la forza, anche a rischio dell’estinzione di ogni forma di vita sul pianeta. Questo sistema folle persiste ancora oggi ed è ancor più pericoloso di quanto non lo fosse durante la Guerra Fredda.

Al tempo della crisi dei missili cubani, le armi nucleari rappresentavano una minaccia di estinzione che avrebbe probabilmente distrutto tutta la vita sul pianeta.

Oggi, le prospettive di una guerra nucleare generale sono fuori dai titoli e in gran parte fuori dalla nostra mente, anche con l’escalation pericolosa di questa minaccia focalizzata sull’invasione russa dell’Ucraina nel 2022.

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lindipendente

Corte dell’Aja: prove sufficienti per valutare accusa di genocidio contro Israele

di Stefano Baudino

Esprimendosi con una sentenza provvisoria sull’accusa di genocidio contro Israele per il massacro in atto a Gaza, la Corte internazionale di Giustizia – che ha annunciato l’ammissibilità della causa, intentata dal Sudafrica – ha confermato che esistono “prove sufficienti” per valutare l’accusa di genocidio nei confronti di Tel Aviv. La Corte ha ordinato allo Stato ebraico di adottare tutte le misure in suo potere per “prevenire il genocidio” contro il popolo palestinese, nonché per garantire la conservazione delle prove del presunto genocidio. La giudice Joan Donoghue, che ha letto la pronuncia, ha anche confermato che la sentenza di oggi crea “obblighi legali internazionali per Israele”. Citando una dichiarazione dell’alto funzionario delle Nazioni Unite Martin Griffiths, secondo cui “Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione”, la giudice ha affermato che la corte riconosce il diritto dei palestinesi a essere protetti da atti di genocidio e che alcuni atti commessi da Israele nell’enclave “sembrano essere in grado di rientrare nelle disposizioni della convenzione sul genocidio“. Respinta, dunque, la richiesta di archiviare il caso da parte di Israele, che anzi sarà chiamato ad adottare “provvedimenti immediati per consentire aiuti umanitari e beni di prima necessità alla Striscia di Gaza” e a riferire alla Corte entro un mese sulle misure che sta attuando per prevenire atti di genocidio.

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lafionda

Frantumazione della Repubblica

di Umberto Vincenti

Quel che stupisce di più, nelle parole profuse dai sostenitori dell’autonomia differenziata, è la loro annebbiante fumosità: si prospettano maggiori competenze, meno centralismo, efficienza, responsabilizzazione degli amministratori, razionalizzazione della spesa. Nessuno, dico nessuno, che ci spieghi, con semplicità, il cuore della questione: perché il ddl Calderoli non farà ulteriormente retrocedere le Regioni meridionali, anzi tutto il contrario. Nessuno, ancora, che ci spieghi, con semplicità, perché questo ddl non aggraverà ulteriormente gli Italiani di tasse e burocrazia. Nessuno che ci spieghi, con semplicità, perché il ddl rafforzerà l’unità del Paese. Potrei andare avanti con le domande. Ma i politici eluderanno le risposte: nella sostanza mentiranno. Mentiranno quelli al governo; e mentiranno quelli all’opposizione perché ometteranno di ricordare che la riforma del titolo V della Costituzione l’hanno voluta e approvata loro quando erano al governo nel 2001.

A fronte di tutto questo, l’altro ieri i parlamentari veneti della Lega hanno sventolato, nel Parlamento italiano, la bandiera di San Marco: ecco il segnale che, con questo ddl, l’Italia sarà più unita; e il Veneto di Zaia, ancora più unito all’Italia.

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contropiano2

Aereo russo con prigionieri ucraini abbattuto. Un boomerang per Kiev

di Francesco Dall'Aglio

Che la faccenda dell’abbattimento dell’Il-76 fosse molto complicata da gestire per l’Ucraina è stato chiaro fin da subito, quando i primi comunicati entusiasti sono stati fatti sparire e sostituiti da altri molto più cauti, mentre le autorità facevano sapere che stavano investigando sull’accaduto.

Per tutto il pomeriggio il dispositivo propagandistico di Twitter ha tentato di limitare i danni lanciando varie supposizioni più o meno strampalate e tutte tese o ad accusare la Russia o a negare che sul volo ci fossero prigionieri in attesa di liberazione (tra le migliori: i 65 erano militari russi e non prigionieri ucraini; solo tre guardie? E come mai i prigionieri non hanno preso il controllo dell’aereo?; non c’era nessuno a bordo tranne l’equipaggio; il volo proveniva dall’Iran; il volo era un trasporto eccezionale per rifornire urgentemente di missili le batterie di S-300 russe che avevano finito i colpi) ma al momento una versione ufficiale, da parte ucraina, manca.

Per ora dobbiamo accontentarci del comunicato del Ministero della Difesa, dal quale risulta evidente che a Kiev (o a Washington o Londra) non si sono ancora messi d’accordo su una versione definitiva.

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manifesto

Yemen e Occidente, un Mare rosso di vergogna

di Emiliano Brancaccio

«Bisogna garantire la libertà della navigazione e la sicurezza dei commerci nel Mar Rosso». Così il ministro degli esteri Tajani spiega la volontà del governo Meloni di partecipare all’intervento militare anglo-americano per proteggere i mercantili dagli attacchi degli Houthi.

Le parole di Tajani non giungono nuove. Di fatto, rappresentano un copia e incolla dei comunicati delle diplomazie statunitensi e britanniche per giustificare i bombardamenti contro gli Houthi. Di analogo tenore sono anche le dichiarazioni dei responsabili della politica estera tedesca e francese, a perorare un’ampia partecipazione europea all’azione militare guidata dagli americani.

L’apertura dell’ennesimo fronte bellico viene insomma motivata ricorrendo al vecchio ideale della globalizzazione: se l’Iran e i suoi alleati usano la forza per bloccare la fondamentale via commerciale che passa per Suez, è giusto che l’alleanza occidentale intervenga militarmente per preservare il libero scambio tra ovest ed est del mondo. Nel parlamento britannico c’è chi ha persino affermato che aprire il nuovo teatro di guerra nel Mar Rosso è necessario per tutelare il libero commercio internazionale, il quale a sua volta è ritenuto indispensabile per assicurare la pace perpetua nel mondo.

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lantidiplomatico

Operazione Spade di Ferro. Le ragioni del “riorientamento” israeliano

di Giacomo Gabellini

Lo scorso 15 gennaio, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha annunciato che la fase bellica a maggiore intensità prevista dall’Operazione Spade di Ferro era ormai prossima a concludersi, sia nelle aree settentrionali della Striscia di Gaza che presso Khan Younis. Contestualmente, migliaia di truppe inquadrate nell’Israeli Defense Force sono state ritirate dalla Striscia, per ragioni che il «Wall Street Journal» rintraccia nella crescente esigenza del governo di Tel Aviv di venire incontro alle richieste statunitensi per quanto concerne l’adozione di un approccio maggiormente “chirurgico” al conflitto.

L’esecutivo israeliano necessita di preservare l’appoggio sostanzialmente incondizionato garantito finora dagli Stati Uniti, sia per assicurarsi la continuità delle forniture militari senza le quali l’Operazione Spade di Ferro verrebbe interrotta da un giorno all’altro, sia in un’ottica di “regolamento dei conti” con l’Asse della Resistenza. Verso cui Netanyahu e i suoi collaboratori stanno puntando in maniera piuttosto evidente, come si evince dai quattro raid arei perpetrati in Siria e Libano culminati con l’assassinio dell’alto ufficiale dei Pasdaran Razi Mousavi; dell’esponente di punta di Hamas Saleh al-Arouri, di Wissam Tawil, vertice di uno dei corpi d’élite inquadrati in Hezbollah; di cinque ufficiali delle forze al-Quds iraniane.

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aldous

Transizioni

di Alberto Giovanni Biuso

Un recente libro di Lucia Tozzi (L’invenzione di Milano. Culto della comunicazione e politiche urbane, Cronopio, Napoli 2023) analizza Milano, i suoi sviluppi urbanistici e politici, mostrando come questa città sia in Italia un laboratorio che coniuga «le più aggressive politiche economiche di concentrazione della ricchezza a un ethos del riconoscimento dei diritti civili e della diversità culturale». Un laboratorio che dunque mostra la dissoluzione della ‘sinistra’ nel liberismo e la tipica tendenza di quest’ultimo a presentarsi come alfiere dei diritti nel momento stesso in cui li cancella anche attraverso il lusso, la globalizzazione, la gentrificazione, cioè l’espulsione degli abitatori di antichi quartieri per far posto ai nuovi ricchi, cosa che a Milano - città dove abito - sta accadendo sistematicamente ed è sostenuta da tutte le amministrazioni, che si autodefiniscano di ‘destra’ o ‘di sinistra’, come quella attuale.

Si tratta di un tassello significativo della tendenza propria delle oligarchie liberiste e delle multinazionali a imporre prima nelle menti e poi nelle cose una «transizione» che tocca sino in fondo le esistenze delle persone. E anche in questo caso lo fa incurante delle palesi contraddizioni che tale tendenza comporta.

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mondocane

Giorni della memoria, giorni dei ricordi

di Fulvio Grimaldi

Il 27 gennaio, Giorno della Memoria a Ivrea, il 28 Giorno dei Ricordi a Biella.

Chi si ricorda che i non ebrei non possono comprare o affittare terreni in Israele? Chi si ricorda che i palestinesi non possono spostarsi da una loro città all’altra senza aver ottenuto un visto da Israele? Chi si ricorda che Israele assegna l’85% dell’acqua della Palestina agli ebrei e solo il 15% ai palestinesi e che a 400 coloni israeliani a Hebron è dato l’85% dell’acqua e a 120.000 palestinesi il 15% (Israele-Palestina: 7,5 milioni palestinesi, 7 milioni immigrati ebrei). Chi si ricorda che Israele se ne è infischiato di oltre 80 risoluzioni delle Nazioni Unite contro i crimini che va commettendo? Chi si ricorda che ci sono più rifugiati palestinesi che quelli di qualsiasi altra popolazione del mondo?

Chi si ricorda che tra il 1967 e il 2002 Israele ha espropriato il 79% dei territori occupati in Gaza e Cisgiordania? Chi si ricorda che, dal 1967 a oggi, Israele ha incarcerato e spesso torturato oltre 700.000 palestinesi? Chi si ricorda che in tre mesi Israele ha ucciso più giornalisti di quanti siano morti nelle due guerre mondiali e in Vietnam? Chi si ricorda che Israele ha ucciso in tre mesi più persone e più donne e bambini, in rapporto alla popolazione e ai chilometri quadrati, di quelli uccisi in qualsiasi altra guerra?

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comidad

Non è possibile autonomia differenziata senza illegalità istituzionalizzata

di comidad

Ci sono testi di legge talmente sconclusionati da non essere assolutamente in grado di prospettare un assetto istituzionale preciso, per cui il loro vero senso va cercato oltre la lettera, cioè nei margini di abuso, e nei relativi alibi, che si aprono nello spazio tra le righe. Lo abbiamo sperimentato nel caso della famosa Legge 107, la “Buona Scuola” di Renzi; come nel caso del “superpreside”, il cui potere reale non consiste nelle procedure ma nella possibilità di fare mobbing nell’assoluta garanzia di impunità, per cui al dipendente non rimane che l’alternativa di essere vittima oppure complice. Il superpreside ricattatore, che può fare il despota nel suo feudo, risulta poi a sua volta ricattabile dal dirigente provinciale, quello che una volta si chiamava provveditore. La cosiddetta “autonomia scolastica” del ministro Berlinguer avviava la “aziendalizzazione”, cioè una gestione privatistica degli istituti scolastici e poneva le condizioni per l’ipertrofia dirigenziale che tracima nei margini di illegalità/impunità offerti dal sedicente “ordinamento”; ma la “Buona Scuola” ha rotto gli argini al dilagare dei deliri di onnipotenza e all’ebbrezza dell’impunità. La vecchia Scuola pubblica non era immune dalla corruzione, e infatti venivano derubati persino i supplenti; il punto sta nel cambio completo di ragione sociale, che non è più l’istruzione, bensì i business della formazione dei docenti, dell’alternanza Scuola-lavoro e dei gadget digitali.

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lantidiplomatico

Derisa e umiliata: come l'Europa si appresta a divenire mera merce di scambio

di Giuseppe Masala

Ho avuto modo di leggere molte reazioni positive al mio articolo sulla fine della Nato a causa della probabile uscita degli Stati Uniti d'America dall'alleanza. Ovviamente non sono mancate le reazioni negative, peraltro ben argomentate e perciò a queste ultime vorrei rispondere.

L'idea dell'uscita degli USA dall'Alleanza Atlantica circola ormai da anni, suffragata da dichiarazioni assolutamente chiare provenienti da Trump in persona: la Nato è uno strumento inadeguato e costosissimo per gli USA e conseguentemente non più necessario. Senza contare il fatto che i paesi europei hanno approfittato dello strumento – questa è l'idea del tycoon newyorkese – per risparmiare sulle spese militari indirizzando le risorse per fare concorrenza nei mercati mondiali proprio alle aziende americane.

Una situazione che si è dimostrata insostenibile, causando a Washington un deficit di partite correnti e di bilancio mercantile enorme che sta mettendo a rischio il sistema finanziario a stelle e strisce e anche l'egemonia del dollaro nel mercato delle valute.

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paroleecose2

Contro la scuola e l’ università neoliberali

Cinque punti per un dissenso leopardiano

di Emanuele Zinato

1) Le Università propongono agli istituti scolastici dei “pacchetti per l’orientamento”: frequenti, tra gli altri, i corsi Che leader sei? e i laboratori sulle Soft Skills. I docenti delle scuole apprendono dalle circolari dei loro Dirigenti che l’istituzione universitaria dove si sono formati sulle “vecchie” discipline ora eroga competenze sulle nuove “dinamiche di leadership e di followership in un team”. Vengono così invitati a simulare in appositi “laboratori esperienziali di gruppo”, come si “orientano” le studentesse e gli studenti a “diventare dei leader”. Le stesse Università, in base al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 agosto 2023, hanno varato in fretta l’ “alta formazione” per i futuri docenti, il cui costo è a carico dei corsisti: circa duemila euro per acquistare un “pacchetto” di crediti, con lezioni atomizzate e in parte on line, in cui uno spazio non marginale sarà dato alle questioni di leadership e di skills. La giustificazione che serpeggia fra i docenti universitari meno cinici è che “se non li facciamo noi, questi corsi li faranno le università telematiche private”. I più disinibiti (i cosiddetti “docenti Alfa”) cercano di delegare queste incombenze che vanno espletate comunque perché, nella logica del monitoraggio e degli indicatori, sono computate dal “Ranking reputazionale”, il dispositivo che valuta, algoritmo su algoritmo, accanto alla produttività dei ricercatori, le terze missioni e il livello di gradimento dell’Ateneo presso i propri stakeholders.