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la citta futura

Le ragioni della Russia

di Aristide Bellacicco

Un esame delle ragioni del conflitto alla luce non dello “scontro fra potenze” ma della volontà di potenza statunitense

È necessario che nella questione Ucraina si operi una scelta di campo: non soltanto da parte marxista ma da parte di tutti coloro che sono ancora in grado di confrontarsi col mondo e con la situazione internazionale sulla base di un atteggiamento razionale che tenga conto della natura storica degli avvenimenti in atto.

La fine della seconda guerra mondiale ha decretato il ruolo egemonico degli Stati Uniti d’America e, insieme, un assetto geopolitico che è stato definito “guerra fredda” nei suoi effetti militari e politici e, sul piano ideologico, ha dato luogo alla contrapposizione fra “democrazie occidentali” e “totalitarismi”.

Paradossalmente, ma non tanto, questa visione ha legittimato nel secolo scorso, e segnatamente dopo la fine dell’Unione Sovietica –vale a dire del principale paese classificato come “totalitario”- la libertà degli Stati Uniti di proporsi e agire come poliziotto del “mondo libero” intervenendo militarmente ovunque l’abbiano ritenuto opportuno in base ai propri interessi: Jugoslavia, Iraq (due volte), Afghanistan ecc.

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fuoricollana

Le conseguenze sociali dell’economia di guerra in Europa

di Sergio Cesaratto

Il realismo politico offre utili chiavi di lettura all’economia politica internazionale, mai come oggi messa a repentaglio dall’escalation in Ucraina. L’UE e l’Italia rischiano di essere i vasi di coccio nell’inaudita crisi economica che si profila

Con un certo orgoglio ricordo di aver per alcuni anni accennato, nell’ambito dei miei corsi di economia, al realismo politico nelle relazioni internazionali e nella International Political Economy. L’ho fatto in contesti accademici in cui prevaleva (e prevale) un europeismo acritico basato sul pensiero liberale, per cui il mondo si divide in buoni e cattivi. Il libro che adottavo (Sorensen 2008), edito dalla Bocconi, aveva alcune pagine dedicate all’allargamento della Nato ad Est presentando, doverosamente, le tesi opposte. Veniva in particolare citata un’importante lettera indirizzata nel 1997 al Presidente Clinton da parte di 50 eminenti personalità che si opponevano a tale allargamento (McCgwire 1998). Da quegli anni i segnali della crescente aggressività occidentale e della montante rabbia russa sono evidenti. Avevo avvicinato il Realismo politico su suggerimento di un libro nel quale il grande Danilo Zolo esprimeva il suo scetticismo nei riguardi delle guerre umanitarie.

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perunsocialismodelXXI

Hans Modrow. L'altro lato del muro

di Carlo Formenti

Hans Modrow (oggi novantaquattrenne) è stato membro della Camera del Popolo della DDR dal 58 al 90 per il SED (di cui fu membro del Comitato Centrale dal 67 all'89). E' stato l'ultimo Primo Ministro della DDR. Dopo l'unificazione della Germania è stato eletto al Bundestag e al Parlamento Europeo. E' presidente del Consiglio degli Anziani della Linke. Su queste pagine ho già pubblicato una sua lettera aperta alla Linke, in cui critica la linea del partito ritenendola responsabile dei disastrosi risultati delle ultime elezioni. Qui di seguito anticipo uno stralcio da un capitolo del nuovo libro a cui sto lavorando in cui mi occupo del suo testo “Costruttori di ponti. Le relazioni fra DDR e Cina Popolare” appena uscito per i tipi di Meltemi.

* * * *

Per la stragrande maggioranza – per non dire la totalità – dei cittadini occidentali la DDR è stata un orribile campo di concentramento in cui milioni di tedeschi sono rimasti imprigionati dopo la fine della Seconda guerra mondiale, un incubo totalitario che il film di Florian Henckel von Donnersmarck Le vite degli altri, santificato da un Oscar, ha descritto con toni claustrofobici.

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vincenzocosta

Lo scontro di civiltà dentro l’Occidente

di Vincenzo Costa

Io credo che vi sia davvero uno scontro di civiltà, ma questo scontro di civiltà non è tra l’Occidente e gli altri, ma all’interno dell’Occidente.

È uno scontro tra un Occidente attardato, vecchio, settario, nostalgico del colonialismo, che crede di essere il possessore della verità, e un Occidente aperto agli altri. Tra un Occidente che pensa che gli altri debbano rinunciare alle proprie identità e diventare come noi e un Occidente che ama l’alterità culturale, russa, cinese, indiana, e che vede in essa una fonte di vita, culture da cui imparare, con cui dialogare e con cui costruire insieme un mondo migliore.

Lo scontro di civiltà è tra un Occidente che mira alla propria sicurezza, a scapito della sicurezza degli altri, e un altro Occidente che, invece, sa che la sicurezza della Russia, della Cina, dell’India È LA NOSTRA SICUREZZA. Perché se gli altri si sentono minacciati si armeranno, faranno guerre preventive per impedire di essere attaccati. Se si sentono minacciati anche il loro sviluppo interno sarà bloccato.

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carmilla

Gli echi del rivoluzionario dagli occhi di tataro

di Jack Orlando

Avevamo già incontrato Lenin di recente, su queste pagine (qui), attraverso le pagine di Guido Carpi e della sua biografia del sensei bolscevico.

Ci ritroviamo di nuovo qui a percorrere i sentieri di Vladimir Il’ič Ul’janov, quasi sempre in un frustrante e recalcitrante esilio; lo si era congedato all’alba del 1905, prima dello scossone rivoluzionario, fermi con lo sguardo su uno dei sommi cardini della sua opera: il militante, il rivoluzionario di professione che opera da cinghia di trasmissione tra processo (di rottura) oggettivo e volontà (politica) soggettiva, figura deputata al rovesciamento dell’esistente.

Lo riprendiamo ora nella frattura del 1905, per accompagnarlo fino alle soglie di quel fatidico ‘17, in un decennio dove il vecchio mondo scivola nella catastrofe fino a frantumarsi nelle trincee, e dove per il rivoluzionario si rivelano in tutta la loro importanza la centralità del partito e la imprescindibile dialettica tra tattica e strategia, tempi duri per gente dura e menti radicali.

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conness precarie

Tra sindacato e globalizzazione: Amazon cambia pelle?

di Felice Mometti

Non sarà facile e nemmeno scontato. La vittoria di Amazon Labor Union (ALU), di un mese fa, nel grande magazzino JFK8 di Staten Island a New York ha segnato sicuramente un passaggio importante per l’organizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici nei centri logistici di Amazon negli Stati Uniti. Il messaggio è stato: Amazon e le grandi corporation si possono battere sui luoghi di lavoro e non solo. Un messaggio amplificato dalla cinquantina di negozi Starbucks che dal dicembre scorso a oggi hanno vinto le elezioni sindacali.

Se un mese fa Amazon aveva sottovalutato la presenza, il radicamento e il dinamismo di ALU a JFK8, adottando gli stessi comportamenti anti-sindacali sperimentati in questi anni contro i sindacati tradizionali, con le elezioni nel magazzino di smistamento LDJ5 – sempre a Staten Island – la strategia è cambiata. E il risultato è stato diverso. Su 1.633 lavoratori e lavoratrici aventi diritto di voto, 380 si sono espressi a favore del sindacato e 618 si sono dichiarati contrari. L’azione antisindacale e ricattatoria di Amazon si è concentrata nell’impedire l’uso di spazi interni, la possibilità di relazioni tra lavoratori, la diffusione di materiale del sindacato, l’uso dei social network all’interno della struttura.

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barbaraspinelli

Gli orrori neonazisti in Ucraina e la guerra senza fine della Nato

di Barbara Spinelli

Man mano che passano i giorni, i neonazisti che combattono a fianco delle truppe regolari ucraine, e in particolare quelli asserragliati nell’acciaieria Azovstal, sono chiamati con nomi più benevoli: vengono presentati come eroici partigiani, difensori ultimi dell’indipendenza ucraina. Zelensky che inizialmente voleva liberarsi dei neonazisti oggi dipende dalla loro resistenza e li elogia. La loro genealogia viene sistematicamente occultata e anche i giornalisti inviati tendono a sorvolare, ricordando raramente che nel Donbass questa maledetta guerra non è nata nel 2022 ma nel 2014, seminando in otto anni 14.000 morti. Oppure si dice che il battaglione Azov è una scheggia impazzita, certo pericolosa ma non diversa da roba tipo Forza Nuova in Italia.

Invece il battaglione Azov è tutt’altra cosa: è un reggimento inserito strutturalmente nella Guardia Nazionale ricostituita nel 2014 dopo i tumulti di Euromaidan e ha legami organici con i servizi (Sbu, succedaneo ucraino del sovietico Kgb). Così come sono tutt’altro che schegge le formazioni neonaziste o i partiti vicini al battaglione: Right Sector (Settore di Destra), Bratstvo, National Druzhina, la formazione C14, il partito Svoboda oggi in declino, e vari drappelli militarizzati.

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lantidiplomatico

L'Occidente moderno è la società più aggressiva della storia

di Andrea Zhok

Ogni tanto trovi ancora gente che continua a contrapporre l'Occidente - guidato dalla difesa dei diritti umani, dall'implementazione della democrazia, dal principio di autodeterminazione dei popoli, e dalla pratica del "dolce commercio" - al rimanente mondo non-occidentale: oscuro, autoritario, oppressivo e, diciamocelo, in fondo disumano (praticamente Mordor).

Ora, sappiamo tutti che la storia oramai non la studia davvero più nessuno e che essa è stata sostituita dall'opinione volante dell'ultimo tiggì. E tuttavia, anche per il nostro stesso bene, sarebbe il caso che noi occidentali capissimo una cosa.

L'Occidente moderno è la società più aggressiva della storia.

Nessuna civiltà nella storia è stata maggiormente votata all'espansionismo, alla conquista militare, e allo sfruttamento sistematico degli altri della civiltà occidentale moderna e in particolare della sua recente versione "liberale".

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fattoquotidiano

Ucraina: la posta in gioco non è la vittoria di uno dei contendenti, ma quella tra guerra e pace

di Fabio Marcelli

La guerra di informazione in corso attorno al conflitto ucraino assume tinte sempre più surreali e paradossali.

Tutti si concentrano sulle baggianate del ministro degli Esteri russo Lavrov sulla presunta ebraicità di Hitler, ma nessuno, quantomeno nel “libero” Occidente, sugli azzardati paragoni di Zelensky tra invasione russa e occupazione dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, che fu contrassegnata dallo sterminio di più di un milione e seicentomila ebrei da parte dei nazisti col fattivo supporto degli ausiliari ucraini guidati dall’eroe nazionale redivivo Bandera.

Ma secondo l’ascaro della Nato Enrico Letta l’intervista a Lavrov costituisce un’onta per l’Italia e potrebbe presumersi che i suoi collaboratori siano all’opera per silenziare ogni possibile opposizione alla guerra in corso e ogni possibile riferimento alla campana russa, impedendo così a noi tutti di capirci qualcosa in questa guerra senza precedenti di menzogne, dato che, come giustamente affermato dall’ex vicesegretario alla Difesa statunitense Freeman, “chi è esposto solo alle bugie occidentali, e non anche a quelle russe, non ha modo di capire la realtà”.

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pierluigifaganfacebook

E l'Europa?

di Pierluigi Fagan

Fotografia a più livelli della condizione europea. Macron, che ha ancora la presidenza europea fino a giugno, si è liberato del silenzio elettorale ed ha presentato diverse novità nel discorso di ieri sul futuro dell’Europa.

Poco tempo fa, segnalai l’uscita di Letta in favore di un allargamento delle convenzioni europee a paesi come la Georgia, l’Ucraina e la Moldova ed i balcanici occidentali, progetto già presentato da Michel poco tempo prima. Attualmente, l’adesione dell’Ucraina all’UE, superata la marmellata idealista buona per le conferenze stampa, dovrebbe fare i conti con procedure che semplicemente durano decenni. Altresì, pur essendoci la volontà espansiva di coinvolgere queste periferie per lo più orientali, non è affatto detto, anzi è certo il contrario, che questi candidati abbiamo semplicemente i requisiti minimi per equipararsi al plotone dei 27. Che fare? Ecco allora l’idea di associarli con uno statuto limitato, meno integrativo in senso ampio, ma idoneo per condividere alcuni interessi.

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sinistra

Cittadinanza a punti

di Fernanda Mazzoli

Ci sono fondati motivi di ritenere che il green pass non sia veramente destinato all’archiviazione in un piccolo museo degli orrori dedicato alla storia recente, né si può fare affidamento sulla benevolenza dei nostri governanti che hanno deciso, dal primo maggio e ultimi in Europa, di allentare un pochino la pressione sui sudditi, sempre a condizione che questi non abusino della libertà vigilata cui sono sottoposti.

Non importa nemmeno che le tante varianti del Covid 19 abbiano smentito l’efficacia del Green pass quanto a controllo e limitazione dei contagi e neppure che esso abbia sostanzialmente fallito come soluzione finale per indurre alla vaccinazione i renitenti, i quali, in gran parte, hanno preferito subirne le pesanti discriminazioni piuttosto che il ricatto. Il green pass ha, comunque, raggiunto il suo scopo primario, che è quello di plasmare un nuovo habitus mentale capace di ridisegnare nuovi rapporti fra le persone e fra queste e le istituzioni e di preparare il terreno ad un passaggio il più possibile indolore dalla condizione di cittadino, frutto di secoli di lotte politiche, sociali e culturali, a quella di suddito di un neofeudalesimo postmoderno.

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huffpost

"Gli Usa temono un asse Russia-Cina e un mondo multipolare”

Luciana Borsatti intervista Alberto Bradanini

Parla l’ex ambasciatore, autore di “Cina. L’irresistibile ascesa”

“Pur non concordando sulla decisione di Putin di invadere l’Ucraina, poiché qualsiasi conflitto anche lontano genera insidiose turbolenze, la dirigenza cinese condivide nella sostanza il giudizio di Mosca: che la genesi del conflitto vada attribuita alla strategia americana di destrutturare la Russia con una guerra per procura (combattuta dagli ucraini con armi e finanziamenti Nato-Usa), provocarne un cambiamento di regime e se possibile causarne persino la frantumazione, rendendola facile preda degli avvoltoi di Wall Street”. A dirlo in una conversazione con chi scrive è Alberto Bradanini, Ambasciatore a Pechino dal 2013 al 2015, dopo esservi stato consigliere commerciale e console generale a Hong Kong. L’ex diplomatico, che ora presiede il Centro Studi sulla Cina Contemporanea, ha appena pubblicato “Cina. L’irresistibile ascesa” (Sandro Teti Editore), che fa seguito a “Oltre la Grande Muraglia. Uno sguardo sulla Cina che non ti aspetti” (Università Bocconi, 2018) e “Cina, lo sguardi di Nenni e le sfide di oggi” (Anteo, 2021).

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lantidiplomatico

Il grande conflitto per il regolamento del mondo (Asia)

di Pierluigi Fagan

Le forme associate di vita umana che possiamo chiamare “società” se lette al loro interno, “stati” se dal lato esterno, hanno sempre avuto scambi tra loro a tre raggi: breve, medio, lungo. Sebbene la retorica della globalizzazione abbia dato una superficiale impressione che le distanze e quindi la geografia, non contassero più, la realtà misurata (che a volte o spesso è diversa da quella percepita se non si approfondisce l’analisi e si prendono acriticamente per buone le “narrazioni”) dice diversamente.

Tranne pochissime eccezioni, ogni stato dei poco meno di 200 che abitano il mondo, in termini di classifica dei primi tre partner per export o import, segnano quasi sempre stati partner vicini, confinanti. Non c’è solo una “ragione della distanza” di mera geografia, ci sono anche ragioni storico-culturali che tuttavia ribadiscono che la diversità tra simili è minore che con i dissimili e poiché lo scambio è tra umani, tale ragione conta.

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marcodellaluna

Poker d'atomi

di Marco Della Luna

Tutta la comunicazione sull’Ucraina è fuorviante perché inculca nell’opinione pubblica un metodo irrealistico e ingannevole di inquadrare il tema, ossia giudicando le mosse geostrategiche secondo categorie di legittimità morale e giuridica, di tutela della sovranità nazionale, della democrazia, delle libertà, mentre le decisioni di politica e strategia internazionale e domestica non vengono prese, ed è infantile pensare che vengano prese o possano venir prese, a tutela della morale o del diritto. Gli USA e i loro satelliti (Italia in testa) non lo fanno, anzi hanno regolarmente infranto il diritto internazionale (Iraq, Libia, Afghanistan). Esse vengono prese in base a calcoli di forze e convenienze, sebbene ovviamente chi le prende le ammanti di moralità e legittimità per ottenere consenso e per delegittimare l’avversario. Lo spiegava già mezzo millennio fa Niccolò Machiavelli dicendo che il principe, cioè il politico che vuole governare, per essere competitivo non deve porsi limiti morali o legali, però deve accreditarsi come buono e legittimo per ottenere appoggi e fiducia.

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fattoquotidiano

Draghi appiattito sulle scelte Usa

L'unica strada per la pace che vedo è far cadere il governo

di Paolo Ferrero

Mario Draghi è negli Stati Uniti per incontrare il presidente Biden e per ricevere il “Distinguished Leadership Award” da parte dell’Atlantic Council. Questo riconoscimento celebra “le persone con i risultati più alti che incarnano l’essenza dei pilastri delle relazioni transatlantiche” e ogni anno “salutano un gruppo esemplare di individui che hanno contribuito alla missione dell’Atlantic Council di plasmare insieme il futuro globale”.

Draghi riceverà questo premio insieme a due ucraini e al presidente dell’Eni. Direi che mai premio è stato più meritato.

Quest’anno infatti il riconoscimento, con ogni evidenza, premia i più fedeli alleati nella guerra globale scatenata dagli Stati Uniti in risposta alla guerra regionale cominciata da Putin. Se il riconoscimento all’Ucraina non ha bisogno di spiegazioni, più interessante è cogliere le ragioni del riconoscimento a Draghi. Il punto mi pare evidentissimo: tra i “grandi” paesi europei, l’Italia è l’unica completamente sdraiata sulla posizione statunitense.

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pressenza

C’è un limite a tutto e si chiama decenza

di Ugo Giannangeli

La propaganda a sostegno dell’Ucraina ha raggiunto livelli insopportabili e indecenti.

In questi giorni abbiamo in tour (sarebbe il caso di dire “tournee”) quattro donne, mogli e fidanzate di quattro importanti esponenti del reggimento Azov. Il Corriere della Sera del 29 aprile dedica a loro un’intera pagina. Toccato inevitabilmente nell’intervista il punto dolente dell’appartenenza del reggimento alla galassia neonazista, la moglie del comandante Prokopenko nega con fermezza l’appartenenza e dice del marito che è un nazionalista, non un nazista. L’intervistatrice, una donna solidale, si guarda bene dal fare la sola domanda necessaria a questo punto: come mai il reggimento fa aperto uso della simbologia della Germania nazista tra cui il Wolfsangel usato dai nazisti durante l’invasione dell’Urss? Ma non si può mettere in imbarazzo una giovane moglie in apprensione per la sorte del marito!

La signora Prokopenko adduce poi un argomento a suo parere risolutivo a dimostrazione della falsità dell’accusa di neonazismo al reggimento: ne fanno parte anche ebrei. La ventisettenne Kateryna evidentemente non ha letto l’interessante libro “ Relazioni pericolose.

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lantidiplomatico

Vaccini Covid e le prove scientifiche: messa a nudo in Parlamento la tragica gestione Speranza

di Agata Iacono

Nel silenzio assordante dei media, asserviti ormai da più di due anni al pensiero unico, si è svolto un convegno veramente eccezionale alla Camera lo scorso venerdì, 6 di maggio.

Organizzato dall'onorevole Francesco Sapia (commissione Sanità) del partito Alternativa, e dal CMSi, Commissione Medico Scientifica indipendente, (che ha sempre chiesto, senza risposta, un confronto con il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute), il convegno rappresenta una pietra miliare della nuova fase del dibattito sul Covid, sull'efficacia dei vaccini, sul ‘green pass’, sugli effetti collaterali avversi, sulla gestione della Pandemia.

Il convegno, dal titolo "Vaccinazione nella prevenzione dell’infezione da Sars-CoV2, ai guariti e ai bambini: che cosa dicono oggi le prove scientifiche?“, inaugura infatti la terza fase, di fatto, del processo di analisi e sintesi nel dibattito internazionale sulla gestione della Pandemia, grazie alla concomitanza di tre variabili intervenienti "nuove".

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coniarerivolta

La fredda primavera del lavoro

di coniarerivolta

L’aprile che abbiamo vissuto non è di certo quello che sognavamo ad inizio anno, tra una guerra che non mostra segnali di arresto, una pandemia che ancora produce morte, e le bollette di gas e luce che continuano a galoppare. In questo quadro, tutt’altro che sereno, una notizia sembra riportare una ventata d’aria fresca per il mondo del lavoro: l’ISTAT ha appena calcolato che nel 2022 i salari nominali cresceranno dello 0.8% rispetto allo scorso anno. Per quanto sia una crescita flebile, verrebbe da tirare una boccata d’ossigeno, in quanto questo dato sembrerebbe indicare che i lavoratori, nonostante tutto, stiano preservando i propri standard di vita.

Purtroppo, non è così. Infatti, la crescita media delle buste paga non sarà sufficiente a compensare la crescita dei prezzi. A riprova di ciò, la stessa ISTAT stima per il 2022 un aumento del costo della vita (la temutissima inflazione) del circa il 6%: tradotto, se i salari nominali crescono di un non nulla, i prezzi dei beni e dei servizi comprati dai lavoratori crescono sensibilmente, sei volte tanto, con una conseguente perdita di potere d’acquisto di circa il 5%.

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sfero

Il nazismo, figlio legittimo dell'imperialismo occidentale

di Andrea Zhok

Oggi in Russia e in molti altri paesi viene celebrata la commemorazione "Бессмертный полк" (Reggimento Immortale), rievocazione e festeggiamento della vittoria nella "Grande Guerra Patriottica" (così chiamano i russi il conflitto contro i nazisti nella seconda guerra mondiale tra il 1941 e il 1945).

Il 9 maggio 1945 è infatti la data della firma della resa tedesca (il "giorno della Vittoria").

Questa, come tutte le celebrazioni, ha anche una funzione politica e propagandistica, e non c'è dubbio che il governo russo ne faccia uso "pro domo sua".

Tuttavia, diversamente da altre, questa celebrazione è cresciuta di seguito popolare in Russia e in molti paesi dell'ex Unione Sovietica negli ultimi anni.

Ciò che sta avvenendo, e che l'attuale situazione in Ucraina alimenta in modo cospicuo, è una sovrapposizione - storicamente discutibile, ma emozionalmente potente - tra l'opposizione russa all'imperialismo nazista e la resistenza russa all'imperialismo occidentale (cioè americano).

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ilmagodioz

Guerra in Ucraina: le ragioni e le soluzioni secondo Noam Chomsky

recensione di Francesco Scatigno

Noam Chomsky: Perché l’Ucraina, Ponte alle Grazie, 2022

 

La guerra in Ucraina sembra essere nata dal nulla, viene raccontata dai media in tempo reale ma non è permesso spiegarne la complessità delle ragioni storiche. Noam Chomsky lo fa egregiamente in questo libro senza cercare giustificazioni o attenuanti per il crimine di guerra che rappresenta l’invasione intrapresa da Putin.

 

Perché l’Ucraina?

Perché l’Ucraina è un libro straordinario per diverse ragioni. Innanzitutto il libro è la raccolta di sette interviste a Noam Chomsky, quasi tutte realizzate tra il febbraio e la fine di marzo del 2022. Perché l’Ucraina è il punto di vista di un grande pensatore su temi attualissimi, realizzato in tempo reale. Dall’ultima intervista (24 marzo) alla pubblicazione (21 aprile) è passato meno di un mese.

In secondo luogo Noam Chomsky è uno dei massimi esperti sul ruolo dei media in occidente ed uno dei maggiori critici della politica estera statunitense. Il suo è un pensiero lucidissimo, nonostante i suoi 93 anni, ed utilissimo a comprendere il ruolo degli Stati Uniti nella guerra russo-ucraina. Chomsky si definisce anarchico.

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ilcomunista

Liquidare la Russia e isolare la Cina

di Lucio Caracciolo (12.04.2021)

Anche questo articolo di Lucio Caracciolo, uscito nell'aprile 2021, dieci mesi prima delle vicende belliche in Ucraina, come anche aveva anticipato Manlio Dinucci nel suo Rand Corp: come abbattere la Russia - Manlio Dinucci, ci riporta a dover valutare bene le argomentazioni tanto care alla propaganda bellicista occidentale.

Una su tutte quella relativa alla causa scatenante e nello stesso tempo incontrovertibile che inchioda e zittisce brutalmente chiunque osi anche solo minimamente mettere in discussione la possibilità di una pace possibile:

"c'è un aggressore e c'è un aggredito".

Se anche si accetti questa categorica affermazione, ma cercando di argomentare qualche distinguo valido e conseguente, si viene tacciati per "filorussi" anzi peggio "filoputin", in una logica intransigente giocata su "buoni e cattivi" a prescindere da tutto.

Noi non sappiamo quale evoluzione prenderà la vicenda bellica ma non dobbiamo in nessun modo sottovalutare i rischi estremi che questa potrebbe avere in futuro per tutti noi. (il collettivo)

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jacobin

Il problema è Twitter, non Elon Musk

di Ryan Zickgraf

Il dibattito sui social media e i loro padroni ha un limite sostanziale: dà per scontato che queste piattaforme siano destinate a rimanere per sempre l'epicentro della comunicazione tra persone

A sentire le lezioni del brusio liberal, l’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk non è solo una cattiva notizia: è una catastrofe. «L’acquisizione di Musk potrebbe rappresentare un passo significativo verso il crollo della democrazia», dice un tweet. Elizabeth Warren sostiene che l’accordo sarebbe «pericoloso per la nostra democrazia«».«Col senno del poi potremmo dire che Twitter ha messo l’ultimo chiodo nella bara alla possibilità di affrontare il cambiamento climatico», afferma un altro tweet. Un altro ancora si lamenta del fatto che stare su Twitter prima di Musk era come festeggiare in una sala da ballo di Berlino «al crepuscolo della Germania di Weimar».

Ricapitolando: la democrazia è morta, il cambiamento climatico è inarrestabile, l’inferno è vuoto e tutti i diavoli stanno arrivando su Twitter perché l’ha comprato l’uomo più ricco del mondo. Ma il vero patto col diavolo è quello che abbiamo siglato quando abbiamo migrato il nostro discorso pubblico sulle piattaforme dei social media.

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storiasegreta

La protezione del vaccino è pari a zero, secondo i dati ufficiali ISS

di Storia Segreta

Ha fatto scalpore il provvedimento di giovedì 28 aprile del Tribunale di Padova (giudice Dott. Roberto Beghini) in cui, accogliendo il ricorso di un’operatrice sanitaria, si è affermato che la garanzia offerta del vaccino è “pari a zero”.

Da dove ha tratto il giudice questa convinzione?

Semplice, dai dati ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità.

L’ISS infatti si è arreso. Dopo aver cercato per mesi di nascondere la verità, più o meno ispirato da input governativi, cosa che questo blog ha puntualmente stigmatizzato (qui, qui, qui, qui e qui), non ha più trovato espendienti tecnici per ‘trattare’ i dati al fine di far emergere una supposta utilità dei vaccini.

Oggi, anche dai ufficiali, l’utilità dei vaccini per evitare il contagio del Covid è, nella migliore delle ipotesi, pari a zero. Nella peggiore, come probabilmente vedremo nei prossimi mesi, sarà negativa.

Dalla tabella e dal grafico, che riporta visivamente gli stessi numeri, si può constatare che la percentuale dei vaccinati che si ammalano è la stessa della percentuale dei vaccinati tra la popolazione.

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sinistra

Odessa, 2 maggio 2014

di Salvatore Bravo

L’Ucraina è definibile “una situazione balcanica”, in quanto è una nazione che ha all’interno una serie di “nazioni minori”: russi, rumeni, polacchi ecc. Le tensioni tra le minoranze e gli ucraini di lingua ucraina sono aumentate con l’ingerenza occidentale e russa. L’ingerenza statunitense mediante la NATO ha condotto l’Ucraina ad essere paese satellite dell’occidente, non più stato autonomo o cuscinetto tra due sistemi e culture, ma è divenuto strumento di lotta geopolitica tra potenze. Per ottenere l’indebolimento dello stato, ci si infiltra all’interno, lo si colonizza e si soffia sul fuoco di tensioni antiche. Il rischio è la sconfitta di tutti gli attori in campo, poiché la razionalità strumentale comune a tutti i protagonisti è sempre astratta, si pone obiettivi, mette in campo mezzi, ma elimina dal proprio immaginario razionale le variabili non controllabili e non prevedibili. L’onnipotenza deve sempre scendere a patti con la realtà geopolitica e il suo disordine incontrollabile. Il rischio è la sconfitta finale delle superpotenze e degli alleati che ambiscono al controllo delle materie prime ucraine.

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comidad

Un'Europa non meno guerrafondaia degli USA

di comidad

Se una guerra nucleare fosse scoppiata cinquanta o sessanta anni fa, essa avrebbe avuto il crisma e la solennità di uno scontro ideologico, mentre nell’attuale contrapposizione nella crisi ucraina non si riscontra niente del genere, semmai una miseria di motivazioni. Ci sono stati goffi tentativi di inquadrare l’attuale situazione di conflitto tra sedicente “Occidente” e Russia nell’ambito di una dicotomia tra globalismo da un lato e società tradizionaliste/identitarie dall’altra. Questa interpretazione si regge esclusivamente sul rovesciamento della propaganda occidentale, in quanto la Russia da trenta anni sta operando un sistematico tentativo di integrazione nell’economia globale e nelle sue istituzioni di riferimento. L’adesione della Russia al Fondo Monetario Internazionale data al 1992 e quindi potrebbe essere liquidata come un tradimento da parte dell’occidentalista Eltsin. L’adesione alla World Trade Organization però è del 2012, perciò sarebbe farina del sacco di Putin; ammesso, e non concesso, che sia lui l’unico decisore.

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sollevazione2

Prima che sia troppo tardi!

di Liberiamo l’Italia

Dopo oltre due mesi di combattimenti, è sempre più chiaro quanto avevamo affermato fin dall’inizio: quella in corso non è una guerra tra due paesi, bensì il risultato di un’aggressione politica, militare ed economica condotta dall’intero blocco Usa-Nato-Ue contro la Russia.

Insieme a sanzioni economiche sempre più pesanti, l’incessante fornitura di armi, istruttori e contractors, nonché il supporto logistico e di intelligence che questo blocco fornisce all’Ucraina, ha lo scopo di prolungare il più possibile il conflitto per indebolire la Russia e favorire un colpo di stato a Mosca.

Non pensiamo che questi obiettivi verranno conseguiti, ma con l’escalation guidata da Washington ben difficilmente la guerra potrà essere breve e limitata.

Con la criminalizzazione della Russia, con la propaganda sui “crimini di guerra”, con lo scatenamento di una razzista campagna di russofobia, il blocco Usa-Nato-Ue vuole impedire qualsiasi trattativa, qualunque soluzione politica che non sia la semplice capitolazione di Putin.

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codicerosso

Lavoro, salario minimo, tempo rubato e informazione

Intervista a Simone Fana

Ormai il triste e famoso e “There is no alternative” della Thatcher è stato accettato e condiviso sia dalle forze neo liberiste sia da quelle di centro sinistra che dovevano fermare questo processo senza uscita; il capitale ormai è inconscio collettivo introiettato ed è “più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo” (M. Fisher).

Il capitalismo si riflette e si alimenta attraverso mille linee e mille piani della nostra società: la ristrutturazione selvaggia del lavoro, il ruolo del capitalismo finanziario in grado d’innescare crisi economiche e guerre reali ovunque, il mondo tecnologico e digitale che sta ormai conquistando soggetti politici e immaginari collettivi, la catastrofe ambientale, il sistema scolastico e sanitario a pezzi, la burocrazia infinita, la perdita di memoria collettiva e di futuro condiviso. In questa crisi senza fine e indefinibile, moltiplicata dalla pandemia ancora in corso e dalla guerra in Ucraina, dove domina soltanto la narrazione neoliberista e occidentale con ristrutturazioni e soluzioni dettate soltanto dall’agenda del capitale, non riesce a nascere una forza politica reale, partito, movimento o sindacato, che possa quanto meno modificare e trasformare i rapporti di forza attuali.

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teleborsa

L'incubo di Faust

di Guido Salerno Aletta

Non sarà altra moneta creata dal nulla che fermerà la nuova crisi

L'Occidente è di fronte alla fine dell'illusione iniziata con la Greenspan Put, poi denominata Qe: quella di superare le crisi determinate dagli squilibri economici e finanziari incontenibili con la immissione massiccia di nuova moneta da parte delle Banche centrali, in primo luogo di dollari, ma ormai da un decennio anche di euro.

Abbassare i tassi di interesse aiuta chi ha debiti ed è in difficoltà per onorarli, ma così lo si incoraggia a contrarne altri: per evitare un piccolo fallimento, si lastrica la strada ad uno ancora più grande.

Acquistare titoli del debito pubblico o altri asset garantiti già in circolazione, a fronte della creazione di nuova moneta, consente al mercato che li ha ceduti alle banche centrali di finanziare altri investimenti, di sottoscrivere la emissione di altri titoli, di creare altro credito. Tutto funzionerebbe se questa nuova moneta fosse utilizzata per sanare gli squilibri sottostanti, quelli che hanno determinato le crisi, e non a riprodurli sempre più gravi.

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La guerra è un rasoio

di Francesco Piccioni

La guerra è un rasoio affilatissimo. Separa la Storia, con un prima e con un dopo, ponendo fine a una fase – i trenta anni della “seconda globalizzazione”, in questo caso – e aprendo un “periodo costituente” che dipenderà dagli esiti, sul campo, nelle economie e nei negoziati.

Taglia gli schieramenti senza alcun riguardo per il quadro di “valori” che si credeva condiviso. Recide relazioni personali e vecchie amicizie. Spacca movimenti e collettivi. Attraversa le classi sociali orizzontalmente (tra “alto” e “basso”, tra chi ci guadagna e chi ci perde) e verticalmente (tra presunti progressisti e autentici conservatori).

Straccia gli ideali fasulli, i castelli di parole scelte con cura nel politically correct, per nascondere più che per rivelare. La guerra è un fatto, il più brutale e inaggirabile dei fatti.

La guerra è un rasoio. E’ bipolare, non ammette terzietà. Costringe a stare da una parte o dall’altra. L’unica scelta che rimane, agli esseri umani pensanti, è se stare dentro il campo disegnato da chi muove guerra e chiama a schierarsi senza farsi domande, oppure stare contro la guerra e chi la muove.

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Azovstal: il mistero dei bus spariti

di Piccole Note

Evacuazione con giallo quella avvenuta nelle acciaierie di Mariupol, dal momento che dei 14 bus partiti dalle Azovstal assediate dai russi, solo tre sono arrivati alla destinazione stabilita, mentre dei restanti undici non si sa nulla. A riferirlo sono le autorità ucraine, mentre i russi tacciono,

Tale silenzio è bizzarro, dal momento che avrebbe risolto il giallo in fretta e senza dare spazio a ulteriori polemiche. E però, stranamente, la scomparsa di questi undici bus, pur segnalata, non ha fatto granché notizia nonostante sia una vera enormità.

Proviamo, dunque, a dipanare la matassa riprendendo quanto avevamo scritto in una nota precedente, nella quale riferivamo che diversi indizi indicavano che era in corso una trattativa segreta per far esfiltrare i militari Nato nascosti, in incognito, nelle viscere delle acciaierie.

Rimandando alla nota pregressa per il dettagli su tali indizi, ci sembra che la sparizione di questi undici bus confermi la trattativa e indichi che l’accordo Nato – Russia è andato a buon fine, consentendo al personale militare occidentale (e forse di altri Paesi) di lasciare indenni le acciaierie.