Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

jacobin

Rappresaglia contro l’Unrwa

di Seraj Assi

I paesi occidentali hanno sospeso i finanziamenti all'Agenzia dell'Onu che si occupa di rifugiati in Palestina. È una scelta che suona come una vendetta dopo il recente pronunciamento della Corte internazionale di giustizia

Appena un giorno dopo che la Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di fermare l’uccisione di civili a Gaza – ritenendo plausibile l’accusa secondo cui il paese potrebbe violare la Convenzione sul genocidio – i paesi occidentali, guidati dagli Stati uniti, hanno sospeso i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, meglio conosciuta come Unrwa.

È stata una mossa sorprendentemente vendicativa, uno sfrontato atto di punizione collettiva nel contesto della carestia a Gaza, dove più di due milioni di persone dipendono dall’Unrwa per la sopravvivenza di base. L’Unrwa gestisce rifugi per oltre un milione di persone, fornendo cibo e assistenza sanitaria di base ai palestinesi sfollati. Circa tremila membri dello staff, la maggior parte dei quali rifugiati palestinesi, continuano a operare a Gaza sotto gli incessanti bombardamenti israeliani (Almeno 156 lavoratori dell’Unrwa sono stati uccisi da Israele negli ultimi tre mesi, e Israele ha anche bombardato innumerevoli rifugi e scuole dell’Unrwa, uccidendo migliaia di civili sfollati).

Print Friendly, PDF & Email

comidad

Israele è una proiezione della cleptocrazia statunitense

di comidad

Fanpage è una testata giornalistica online che può essere considerata la Radio Maria della religione del politicamente corretto. Nella scorsa settimana Fanpage si è occupato del modo in cui le comunità ebraiche hanno affrontato mediaticamente la questione del confronto tra la Giornata della Memoria dell’Olocausto con quanto sta avvenendo a Gaza per opera delle bombe sganciate da Israele e pagate dal contribuente americano. Fanpage ci fa sapere che criticare quei massacri commessi da Israele a Gaza non è antisemitismo, quindi non si fa peccato contro il politicamente corretto; cosa che ci permetterà finalmente di dormire la notte. Ma forse quando si parla di Israele, “quella” Giornata della Memoria c’entra poco o nulla, mentre sarebbe il caso di coltivare la memoria di tutti i soldi statunitensi che mantengono artificiosamente gonfia una bolla sionista che da sola si affloscerebbe all’istante.

Per tutto il suo mandato Barack Obama è stato considerato uno dei presidenti statunitensi più critici nei confronti di Israele, perciò nel 2016, quando stava proprio lì per lasciare la Casa Bianca, il poverino pensò bene di redimersi e decise di riscattarsi da quella brutta fama.

Print Friendly, PDF & Email

nicomaccentelli

Strangelove a Fort Alamo

di Nico Maccentelli

In questi giorni mi viene in mente il ritornello del soundtrack finale di Strangelove di Stanley Kubrick, quando il capitano cowboy si lancia dal B52 a cavallo della bomba atomica.

Mai titolo fu più calzante di questo lp sui film di guerra americani: “Hollywood goes to war” e Kubrick lo sapeva bene. Lo sappiamo pure noi che su un film di fiction abbiamo subìto l’attacco dei war boys american and ucrainian per Il Testimone (1), un film di fiction. Solo il grande ufficio stampa del sogno americano che è la guerra dei “buoni” è depositario della narrazione unica: da “Patton”, “Il grande uno rosso” a “Salvate il soldato Ryan”, passnado per “Rambo” nei suoi molteplici sequel.

Il resto è censura o, una volta storicizzata una vicenda, roba da cinema d’essai. Ma torniamo al ritornello che mi ronza in testa, perché un motivo, e non è solo musicale, c’è: ed è la Seconda Guerra Civile Americana alle porte, con il Texas che sfida lo Stato Federale e 25 stati in mano ai repubblicani che lo appoggiano. E già Nord Carolina, Oklahoma e Florida sono in procinto di inviare la propria guardia nazionale in appoggio a quella texana (2).

Print Friendly, PDF & Email

aldous

L'obsolescenza programmata dell'uomo

di Giuseppe Sapienza

All'inizio del dopoguerra, un gruppo di grandi produttori di lampadine si unì per formare il cartello Phoebus, con l'obiettivo di standardizzare e controllare la produzione e la distribuzione delle lampadine a incandescenza. Il cartello stabilì un accordo per ridurre la durata media delle lampadine a incandescenza da circa 2.500 ore a sole 1.000 ore.

Progettando le lampadine in modo che si guastassero più rapidamente, i produttori potevano garantire un maggiore turnover delle vendite.

Alfred P. Sloan Jr., un dirigente della General Motors, propose di introdurre modifiche annuali al design per incoraggiare i proprietari di veicoli ad acquistare nuovi ricambi ogni anno. Nonostante si fosse ispirato al settore delle biciclette, e avesse coniato il termine di "obsolescenza dinamica", l’origine del termine ‘obsolescenza programmata’ veniva attribuita a Sloan, con intenti detrattivi. Nel 1932 l'economista Bernard London propose il concetto di obsolescenza programmata come una potenziale soluzione alle difficoltà economiche durante la Grande Depressione.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Il “piano segreto” di Israele per il dopoguerra

di Giacomo Gabellini

Secondo il quotidiano israeliano «Maariv», Israele avrebbe elaborato con grande discrezione un piano per il dopoguerra. Il piano prevede per un verso l’istituzione di un governo militare israeliano provvisorio nella Striscia di Gaza, incaricato di rapportarsi con la popolazione locale e preposto sia alla gestione dell’ordine pubblico, sia alla distribuzione del materiale umanitario. Per l’altro, la nascita di una coalizione di Stati composta dai firmatari degli Accordi di Abramo più l’Arabia Saudita, che dovrebbe occuparsi di rifondare l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) inserendovi funzionari sia privi di qualsiasi connessione con Hamas, sia estranei alla “cerchia” dell’anziano e screditatissimo leader dell’Anp Abu Mazen.

Questo nuovo organismo, indicato come Nuova Autorità Palestinese, assumerebbe la responsabilità politica della Striscia di Gaza soltanto una volta ultimato il processo di stabilizzazione affidato al governo militare israeliano, destinato a dissolversi all’atto del trasferimento dei poteri. Fermo restando che Tel Aviv si riserva il diritto di continuare ad agire unilateralmente per ragioni di sicurezza ogni qualvolta se ne presenti la necessità (o, forse, l’opportunità), nell’ambito di operazioni assimilabili a quelle condotte nel 2008 (Piombo Fuso) e nel 2014 (Margine Protettivo). I famigerati tagli periodici dell’erba, come li qualifica il gergo militare israeliano.

Print Friendly, PDF & Email

kelebek3

Contadini

di Miguel Martinez

E’ da un po’ che mi manca il tempo per scrivere: un buon segno, vuol dire che sto facendo molte cose interessanti.

Ieri sera comunque abbiamo parlato tra amici e complici della grande rivolta contadina che è scoppiata in queste settimane in Europa.

Piccola scena commovente: i contadini francesi che sequestrano il cibo importato ai camion che lo stanno portando ai supermercati perché costa ancora di meno di quello francese, e lo distribuiscono ai Restos du coeur per sfamare i senza tetto.

La premessa: alla base di tutta la nostra vita c’è la produzione agricola.

Che è rappresentata da due vicini di casa.

Il primo è Giovanni da Montespertoli, che ieri sera ci faceva assaggiare il vino, il formaggio e la soprassata che lui cresce, cura e vende al mercato contadino alla Gavinana.

Il secondo è il suo vicino di campo: un imprenditore del rame con base a Milano.

Print Friendly, PDF & Email

ilchimicoscettico

Il nuovo piano pandemico ricalca "la migliore gestione"

di Il Chimico Scettico

La logica è sempre quella: di nuovo si ribalta sui cittadini responsabilità che sarebbero di governi che si susseguono uno dopo l’altro lasciando la sanità sempre meno in grado di far fronte alle richieste quotidiane. Figuriamoci di fonte alla prossima emergenza pandemica.

Meloni ha ribadito nei fatti, se ce ne fosse ancora bisogno, che la politica odierna – quantomeno quella esercitata da un ceto dirigente pavido e confuso – può solo abbracciare i diktat neoliberisti, per i quali le emergenze sono occasioni di profitto e di riorganizzazione autoritaria dello spazio pubblico. Gli investimenti sulla sanità non sono solo inadeguati, largamente inferiori a quanto necessario, ma si accompagnano a una progressiva svendita dell’intero sistema di servizi. Il privato si lecca i baffi e, sulla scia dell’esempio a stelle e strisce, allunga le mani sulla medicina pubblica, preparando in tema di salute quello che l’autonomia differenziata sta realizzando sul versante dei rapporti tra sud e nord nel nostro Paese.

Le diseguaglianze sono così destinate a crescere, e una sanità lasciata alle brame degli agenti di profitto potrà solo divaricare ulteriormente le condizioni di vita che separano ricchi (pochi) e poveri (sempre di più).

Print Friendly, PDF & Email

berlin89

Il sogno americano: la Germania fuori dall'Euro

di Vincenzo Maddaloni

“Alternativa per la Germania” (AfD) starebbe valutando la possibilità di proporre un referendum sull'uscita della Germania dall'Euro (Dexit). Dopo la Brexit, l’ipotetica uscita dei tedeschi dall’Eurozona comporterebbe il ritorno ai compartimenti economici ermetici in pratica alla balcanizzazione dell'Europa

Come sottolinea Joel Kotkin sulla rivista Forbes, da decenni “i paesi del Nord (Germania, Norvegia, Svezia, Danimarca, Olanda, Finlandia e Regno Unito) hanno compensato i tassi di fertilità molto bassi e il calo della domanda interna con l’arrivo degli immigrati e la creazione di economie orientate all’esportazione altamente produttive”. Seguendo così la dottrina dello Schuldenbremse (freno al debito) che la Germania ha introdotto nella sua Costituzione nel 2009 con l’obiettivo imprescindibile che “ogni generazione paghi le sue spese e non consumi le tasse che i suoi figli pagheranno sotto forma di debito”.

La Germania avrebbe ottenuto successivi surplus economici negli ultimi cinque anni perché i tassi di interesse pari a zero o negativi applicati dalla BCE richiedevano meno soldi per pagare il debito pubblico e le permettevano di accumulare riserve per affrontare la crisi sociale COVID-19 con un massiccio impulso agli investimenti stimato in 20 miliardi di euro per rilanciare l’economia.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

"È chi non denuncia i crimini di Israele che favorisce l'antisemitismo"

di Elena Basile

Mi ero ripromessa di non personalizzare il dibattito, come avvenuto in passato, con Paolo Mieli e altre note voci del microcosmo mediatico, in quanto la difesa delle posizioni politiche ed etiche non deve essere contaminata da polemiche avvilenti. Ma non posso non rispondere all’editoriale di Mieli sul Corriere della Sera del 22 gennaio. Sono convinta che non otterrò risposte alle obiezioni razionali che pongo alle sue argomentazioni, ma spero che i lettori trarranno beneficio dallo smascheramento di alcune operazioni culturali di moda oggi.

Il potere fragile nelle dittature risponde al dissenso con la violenza, quello forte e radicato delle democrazie si limita a oscurare il pensiero non in linea con la narrazione dominante. È quanto di comune accordo i media mainstream fanno nei confronti della sottoscritta. Capisco che Mieli abbia un particolare affetto e rispetto per la storia di Israele. È in buona compagnia. Molti altri sono i giornalisti in auge che, talvolta per rispetto reverenziale verso una lobby potente e talvolta per convinzione, illustrano al lettore le ragioni di Tel Aviv.

Print Friendly, PDF & Email

comuneinfo

La sadica vendetta dei complici

di Rafael Poch

 

Italia, Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Canada, Olanda, Francia, Svizzera, Australia, Giappone, Finlandia e Romania. Cos’è questa se non una vendetta del genocidio e dei suoi complici? La domanda di Rafael Poch non lascia spazio ad alcuna esitazione. Il pretesto della “denuncia” israeliana verso 12 persone tra i 13mila dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi che il 7 ottobre avrebbero partecipato alle violenze seguite all’apertura della breccia nelle recinzioni della Striscia di Gaza (e dunque – chissà a quale titolo? – alle stragi) in altre circostanze susciterebbe ilarità.

* * * *


Gaza FREEstyle. SOS GAZA: mandiamo alcune foto dei luoghi dove stiamo distribuendo aiuti umanitari ed aiutando le persone come possiamo. Da Gaza, ci è arrivata la richiesta di mandare fondi per comprare forni a legna e tende. Ci stiamo attrezzando. Se volete donare https://gofund.me/871465b2 E grazie di cuore per la fiducia e i messaggi che ci mandate. Spesso, aiutano noi e i palestinesi ad andare avanti. Grazie. ACS – Associazione di Cooperazione e Solidarietà

Print Friendly, PDF & Email

piccolenote

Gaza. Le trattative di Parigi: spiragli e ostacoli

di Piccole Note

Hamas si dice disponibile ad "esaminare" lo schema di tregua. Spaccature nel governo israeliano. Attacco alla base Usa: scongiurato, per ora, un attacco all'Iran

Alti funzionari del Qatar, dell’Egitto, di Israele e degli Stati Uniti, rappresentati questi ultimi dal pragmatico capo della Cia William Burns, riuniti a Parigi, hanno assemblato uno schema di accordo per arrivare a una tregua a Gaza in cambio della liberazione degli ostaggi. Lo schema ora è al vaglio di Hamas e sui media circola un tenue ottimismo, anche se non per l’immediato.

 

La tregua a Gaza

Il nodo gordiano resta la natura della tregua. Per Hamas è condizione ineludibile che sia duratura, mentre la politica israeliana resta divisa tra gli irriducibili della guerra a oltranza, disposti a concedere solo una pausa temporanea, e quanti sono aperti a un cessate il fuoco duraturo pur di riportare indietro gli ostaggi.

Print Friendly, PDF & Email

acropolis

Israele non può nascondersi dalla Corte internazionale di giustizia

di Jeffrey D. Sachs

La Palestina sopravviverà all’attuale terribile prova, profondamente ferita ma con un forte sostegno mondiale. Il futuro di Israele, invece, è in bilico, perché potrebbe presto ritrovarsi bandito dalla comunità delle nazioni in quanto violatore del diritto internazionale. Israele ha urgentemente bisogno di leader che facciano prevalere il diritto internazionale sulla forza militare, l’umiltà sull’arroganza e la pacificazione sulla brutalità. E Israele — non meno degli Stati Uniti — deve comprendere l’inutilità autodistruttiva del dispiegamento della forza militare per negare giustizia e diritti politici al popolo palestinese

È facile essere cinici nei confronti dello Stato di diritto internazionale. Non appena la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha stabilito che Israele sta plausibilmente commettendo un genocidio contro il popolo palestinese, il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato: “Continuiamo a credere che le accuse di genocidio siano infondate e notiamo che la Corte non ha fatto una constatazione di genocidio né ha chiesto un cessate il fuoco nella sua sentenza…”. I leader israeliani hanno dichiarato che il caso è “oltraggioso” e “antisemita”.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Israele e l'apertura del Fronte Nord

di Giuseppe Masala

La narrativa del mainstream occidentale in merito alla crisi innescata con l'invasione di Gaza da parte israeliana è semplice e di facile presa: dopo gli attentati terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023 (data immediatamente contrabbandata dagli spin doctors israeliani come l'11 Settembre del paese) Israele aveva acquisito il diritto di intentare una grande invasione di terra a Gaza che è un'area governata da Hamas. L'operazione di terra inevitabilmente si è immediatamente trasformata in una carneficina di civili palestinesi: ma anche questo elemento non ha fermato il governo di Netanyahu che è rimasto totalmente indifferente alle enormi pressioni internazionali che sono anche sfociate in una denuncia, da parte del Sud Africa, alla Corte Internazionale di Giustizia, massimo organo giurisdizionale dell'ONU che proprio in questi giorni ha deliberato che Israele sarà messo sotto processo addirittura per possibile genocidio del popolo palestinese.

Siamo stati facili profeti, il disastro diplomatico (che avrà costi enormi per Israele) ma anche la non facile operazione militare costata ingenti perdite umane e materiali non è stata vantaggiosa e anzi, non pare azzardato sostenere, che ha un trade-off assolutamente in perdita per Tel Aviv.

Print Friendly, PDF & Email

rifonda

L’ampliamento dei Brics ulteriore passo in avanti nella ridefinizione degli assetti geopolitici e geoeconomici internazionali

di Andrea Vento*

 

La complessa questione della dedollarizzazione

Il Sistema Monetario Internazionale (Smi) uscito dagli Accordi di Bretton Woods ha riservato al dollaro statunitense la duplice funzione di moneta nazionale e di valuta di riferimento nelle transazioni internazionali, concedendo alla Federal Reserve il privilegio di poter indirizzare le politiche monetarie dell’intero campo capitalistico tramite l’orientamento delle manovre sul tasso di riferimento.

 

L’utilizzo del dollaro come arma politica

A partire dal febbraio 2022, con l’escalation del conflitto in Ucraina, è tuttavia emersa nella sua piena dimensione anche una terza dirompente funzione, peraltro già utilizzata in passato con portata più limitata ai danni di 22 paesi: quella sanzionatoria. Le draconiane misure coercitive imposte dal 23 febbraio 2022 unilateralmente alla Russia, in 12 tranche successive, hanno infatti determinato “la trasformazione del dollaro in arma”, espressione giustappunto coniata nell’anno in questione.

Print Friendly, PDF & Email

jacobin

Karl d’Arabia

di Marcello Musto

In tarda età, Marx trascorse un po’ di tempo ad Algeri. Gli scritti e le annotazioni di quel periodo confermano il suo sostegno alle lotte contro l’oppressione coloniale

Nell’inverno del 1882, durante l’ultimo anno della sua vita, Karl Marx ebbe una grave bronchite e il suo medico gli consigliò un periodo di riposo in un luogo caldo. Gibilterra fu esclusa perché Marx aveva bisogno del passaporto per entrare nel territorio e, in quanto apolide, non ne era in possesso. L’impero tedesco di Otto Von Bismarck era coperto dalla neve e gli era proibito in ogni caso. L’Italia era fuori discussione poiché, come afferma Friedrich Engels, «la prima condizione per quanto riguarda i convalescenti è che non vi siano seccature da parte della polizia».

Engels e Paul Lafargue, genero di Marx, convinsero il paziente a recarsi ad Algeri. All’epoca, la capitale dell’Algeria francese godeva della reputazione di buona destinazione per sfuggire ai rigori dell’inverno europeo. Come ricordò in seguito la figlia di Marx, Eleanor Marx, ciò che realmente lo spinse a intraprendere questo viaggio insolito fu il suo obiettivo numero uno: completare Il Capitale.

Print Friendly, PDF & Email

piccolenote

Ucraina. Gli Usa e la guerra decennale

di Piccole Note

Dalla "riconquista dei territori perduti" si è passati alla, ennesima, "guerra infinita". La tragedia del popolo ucraino

“I piani di guerra degli Stati Uniti per l’Ucraina non prevedono più la riconquista del territorio perduto”. Questo il titolo di un articolo del Washington Post che spiega come gli Usa stiano rimodulando la strategia per l’Ucraina. Infranta tragicamente l’utopia coltivata finora della riconquista del Donbass, si tratta di portare avanti una guerra di logoramento e di impedire ai russi di avanzare.

 

La guerra infinita in Ucraina

Così il WP: “Il piano degli Stati Uniti è parte di uno sforzo multilaterale da parte di quasi tre dozzine di paesi che sostengono l’Ucraina per garantirne la sicurezza a lungo termine e il sostegno economico […] come dimostrazione di una risolutezza duratura nei confronti del presidente russo Vladimir Putin”. Ognuno di questi Stati “sta preparando un documento che delinea i propri impegni specifici per il prossimo decennio. La settimana scorsa la Gran Bretagna ha reso pubblico il suo accordo decennale con l’Ucraina”, un impegno simbolicamente suggellato dalla visita di Rishi Sunak a Kiev. E presto, spiega il WP, sarà la volta della Francia, anch’essa prossima a suggellare tale impegno con la visita a Kiev di Macron.

Print Friendly, PDF & Email

quodlibet

Teatro e politica

di Giorgio Agamben

È quanto meno singolare che non ci si interroghi sul fatto, non meno imprevisto che inquietante, che il ruolo di leader politico sia nel nostro tempo sempre più spesso assunto da attori: è il caso di Zelensky in Ucraina, ma lo stesso era avvenuto in Italia con Grillo (eminenza grigia del Movimento 5 stelle) e ancor prima negli Stati Uniti con Reagan. È certo possibile vedere in questo fenomeno una prova del tramonto della figura del politico di professione e dell’influsso crescente dei media e della propaganda su ogni aspetto della vita sociale; è però evidente in ogni caso che quanto sta avvenendo implica una trasformazione del rapporto fra politica e verità su cui occorre riflettere. Che la politica avesse a che fare con la menzogna è, infatti, scontato; ma questo significava semplicemente che il politico, per raggiungere degli scopi che riteneva dal suo punto di vista veri, poteva senza troppi scrupoli dire il falso.

Quel che sta avvenendo sotto i nostri occhi è qualcosa di diverso: non vi è più un uso della menzogna per i propri fini politici, ma, al contrario, la menzogna è diventata in se stessa il fine della politica. La politica è, cioè, puramente e semplicemente l’articolazione sociale del falso.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Anche se ora ve ne fregate voi quella notte, voi c'eravate

Domenico d’Amico di Radio Gamma intervista Fulvio Grimaldi

Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti

Dopo essersi schierata con coloro che ci hanno somministrato un mondo dove, grazie a Covid e guerre, i ricchi hanno raddoppiato la loro ricchezza e 5 miliardi sono piombati nella povertà assoluta, il nostro establishment, di qualunque colore sia, ha vinto anch’esso la sua guerra al popolo. Qui da noi l’1% ricco ha una ricchezza 84 volte quella del 20% povero, con 5,6 milioni in povertà assoluta. In compenso abbiamo un sacco di soldi, cavati dagli ospedali e dalle scuole, con in quali ci armiamo e partiamo.

Avevamo dunque tutti i titoli per mandare in Medioriente un Chiacchiere e Distintivo, fatto passare per ministro degli Esteri, a dichiararci dalla parte dei terroristi che dicono di combattere il “terrorismo” di chi non si vuole fare uccidere dai terroristi..

Dichiarata guerra al paese (lo Yemen liberato dagli Houthi) che prova a fermare i terroristi di cui sopra, ci siamo meritati la cittadinanza onoraria nella cittadella del terrorismo.

Print Friendly, PDF & Email

infoaut2

Costante trumpista: la guerra civile latente negli Stati Uniti

di redazione

In molti avevano creduto che dopo i fatti di Capitol Hill il trumpismo come fenomeno politico sarebbe stato archiviato, presentandosi al limite nelle forme di un estremismo suprematista tanto più radicale quanto residuale

Invece negli anni di governo di Joe Biden, nonostante i molti guai giudiziari, Trump ha consolidato nuovamente la propria base di consenso e a oggi ha già in tasca la nomitation come candidato presidenziale repubblicano. Abbiamo analizzato il trumpismo da più punti di vista, ma sempre con una certezza: non si trattava di un fenomeno né transitorio, né tanto meno contingente.

Può apparire paradossale, ma il trumpismo è addirittura per certi versi un movimento ancora in fase di espansione: molti sono gli intellettuali e i personaggi pubblici della sinistra radicale statunitense che in questi anni sono stati attirati dal buco nero, che si sono arruolati nella cosiddetta “destra dissidente”, spesso non solo per un tornaconto economico e personale, ma come ci spiega “In These Times” per quella che appare come una vera e propria crisi ideologica. Molti sono stati sedotti dalla narrativa working class del trumpismo, ancora presente, altri si sono progressivamente avvicinati a figure della destra radicale a partire dalla critica alla sinistra liberale.

Print Friendly, PDF & Email

ilchimicoscettico

Da non crederci, Speranza ci riprova con il suo libro

di Il Chimico Scettico

nxdskawjuv

Print Friendly, PDF & Email

euronomade

Il vero dominio non è mai astratto

di Sandro Mezzadra

Nel dibattito su Marx, a livello internazionale, almeno due novità si sono affermate negli ultimi anni. Il progredire della nuova edizione critica delle opere (la MEGA2) ha in primo luogo trasformato in profondità il corpus dei testi marxiani, portando alla luce migliaia di pagine di manoscritti e scomponendo testi come i Grundrisse, le Teorie del plusvalore, il secondo e il terzo libro del Capitale. Il confronto con Marx ne risulta certo arricchito, anche se a tratti è difficile evitare un’impressione di vertigine di fronte a un’opera che appare quasi in dissolvenza. In secondo luogo, in particolare nel mondo anglofono e in Germania, ha guadagnato influenza la cosiddetta “Nuova lettura di Marx”, anticipata negli anni Sessanta e Settanta dai lavori di Hans-Georg Backhaus e Helmut Reichelt e sviluppata poi tra gli altri da Michael Heinrich – di cui è da poco uscito in italiano il libro più importante, La scienza del valore, Pgreco, a cura di R. Bellofiore e S. Breda. Proprio la “forma valore” sarebbe in questa prospettiva – per molti versi in continuità con gli sviluppi della Scuola di Francoforte – il centro logico della marxiana critica dell’economia politica, mentre la lotta di classe e lo sfruttamento ne sono respinti ai margini.

Print Friendly, PDF & Email

lacausalitadelmoto

Mai più è ora

di Alessio Galluppi

Diffondiamo questo comunicato da “Info d News Palestina” in merito della decisione del governo di vietare le manifestazioni contro il genocidio commesso da Israele previste per il 27 gennaio – 25 gennaio 2024 – t.me/infonewspalestina

Già scrivevano che “l’intera impalcatura dell’establishment democratico e dei governi dell’Occidente non ricorda i morti dell’Olocausto, bensì usa la tragedia degli Ebrei per mirarsi nello specchio e riflettere la propria immagine dell’Occidente e mettere a confronto nazismo e liberalismo inventore della civiltà…”. Quella civiltà che si è eretta su 500 anni di saccheggi, eccidi, schiavitù e razzismo contro i popoli di colore.

Il 19 gennaio 2024, l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha rilasciato la seguente nota:

“È un errore gravissimo mettere sullo stesso piano la Shoà e altre, pur terrificanti, vicende di oggi”.

Mentre l’ANPI, un ente fondato con lo scopo di “restituire al Paese una piena libertà e favorire un regime di democrazia per impedire in futuro il ritorno di qualsiasi forma di tirannia e assolutismo,” e di “valorizzare in campo nazionale e internazionale il contributo effettivo portato alla causa della libertà dall’azione dei partigiani” (Statuto del 1945), parlava vagamente di “vicende di oggi”, noi testimoniavamo la seguente situazione in Palestina che entrava nel 105º giorno di genocidio per mano del regime sionista:

Print Friendly, PDF & Email

fattoquotidiano

Gli Usa (e i loro servi) ce l’hanno con Unrwa per una ragione: documenta il genocidio di Israele

di Paolo Ferrero

Il 26 gennaio, il Commissario generale dell’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti ai palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, ha aperto un’indagine su alcuni dipendenti sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre in Israele e li ha licenziati. Tutto questo sulla sola segnalazione da parte delle autorità israeliane che non hanno a oggi prodotto alcun dossier con prove documentali.

Lazzarini sperava di poter proteggere la capacità dell’agenzia di poter fornire assistenza umanitaria ma sottovalutava la volontà di vendetta che covava nei confronti della sua agenzia. A distanza di un’ora dalla comunicazione ufficiale il Dipartimento di Stato degli Usa aveva già deciso di sospendere i finanziamenti all’Unrwa. Nei giorni successivi, nonostante il licenziamento dei dipendenti segnalati dal governo israeliano e l’immediata attivazione di una commissione d’inchiesta, sono arrivate le sospensioni dei finanziamenti di: Australia, Canada, Italia, Germania, Finlandia, Paesi Bassi, Svizzera, Gran Bretagna e Scozia.

Con questi tagli l’Unrwa non sarà più in condizioni di lavorare e già dal mese di febbraio non sarà in grado di proseguire l’attività di assistenza umanitaria che garantisce cibo, acqua e prima assistenza a centinaia di migliaia di persone nella striscia di Gaza.

Print Friendly, PDF & Email

piccolenote

La Corte dell'Aia si pronuncia su Gaza. Un compromesso alto

di Piccole Note

Israele ha tempo un mese per dimostrare alla Corte il rispetto della Convenzione sul genocidio

Il mondo in questi giorni era sospeso alla decisione della Corte dell’Aia, chiamata dal Sudafrica a pronunciarsi sulla guerra di Gaza per decidere se si tratta di un vero e proprio genocidio.

Anzitutto, la Corte di Giustizia Internazionale doveva decidere se il caso ricadeva sotto la sua giurisdizione e se l’istanza del Sudafrica potesse essere recepita. In una prima valutazione, a quanto pare non definitiva, tali questioni preliminari sono state risolte in senso positivo.

In secondo luogo, ha ammesso che le sollecitazioni dell’istanza dovevano avere risposta immediata, ammettendo quindi che almeno alcune delle denunce avevano un fondamento. Da qui la richiesta vincolante da parte della Corte a Israele di dimostrare che le dichiarazioni pubbliche riguardanti la guerra, ma soprattutto le sue azioni, militari e di altra natura (ad esempio riguardo gli aiuti), non travalichino i limiti che separano un conflitto militare da un genocidio.

Israele ha tempo un mese per dimostrare alla Corte il rispetto della Convenzione sul genocidio. Di seguito riportiamo, nel dettaglio, il provvedimento della Corte, nel quale, quando si riferisce al “gruppo”, ovviamente intende i palestinesi di Gaza.

Print Friendly, PDF & Email

coniarerivolta

Esplodono le disuguaglianze: parola della Banca d’Italia

di coniarerivolta

Nelle scorse settimane è girata su vari quotidiani la notizia che il 5% più ricco delle famiglie detiene il 46% della ricchezza totale in Italia. Per i più avvezzi a questi dati tutto ciò non è certo nulla di nuovo, anzi, come avevamo già fatto notare, la disuguaglianza è una scelta politica che caratterizza fortemente le società capitalistiche in cui viviamo. Non è certo una novità la presenza di disuguaglianze in Italia, un problema completamente ignorato o sistematicamente aggravato dalle politiche classiste del governo e di tutti i governi degli ultimi anni, che al più mettono, nel migliore dei casi, qualche pezza troppo piccola per un buco troppo grande. Ne sono una dimostrazione i dati allarmanti dell’ISTAT che mostrano come il 9,4% della popolazione residente in Italia viva in una condizione di povertà assoluta.[1]Dati che preoccupano considerando che solo quindici anni fa il fenomeno riguardava appena il 3% della popolazione.

La novità qui è un’altra. I dati sulla disuguaglianza riportati dai titoloni dei giornali sono una serie di nuovi dati resi pubblici dalla Banca d’Italia, all’interno di un più ampio progetto europeo.

Print Friendly, PDF & Email

altrenotizie

Iraq e Siria, sfratto a Washington?

di Michele Paris

Uno degli effetti della guerra di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza è la destabilizzazione dell’equilibrio strategico, già di per sé precario, che in Medio Oriente garantisce la superiorità e l’influenza degli Stati Uniti sulle vicende della regione. Uno dei fronti su cui agisce questo processo, che sta già penalizzando Washington, è quello iracheno-siriano, dove i militari americani sono quasi quotidianamente presi di mira dai bombardamenti delle milizie sciite filo-iraniane che appoggiano la Resistenza palestinese nella striscia.

Con il sostegno incondizionato al genocidio in corso, l’amministrazione Biden sta andando incontro all’inevitabile epilogo dell’impegno militare USA in Siria e in Iraq. La presenza americana, già di per sé illegale quanto meno per il primo di questi due paesi, è infatti oggetto di discussioni interne alla Casa Bianca, come hanno confermato notizie circolate questa settimana anche sui media ufficiali.

Pur non essendoci evidentemente una scadenza precisa, il momento dell’uscita di scena degli Stati Uniti da Siria e Iraq potrebbe essere dunque vicina. La testata americana Foreign Policy ha scritto che il Pentagono starebbe studiando tempi e modalità per il ritiro del proprio contingente militare dalla Siria, stimato attorno alle 900 unità.

Print Friendly, PDF & Email

sollevazione2

Regionalismo: situazione grave, ma non seria

di Leonardo Mazzei

Quest’anno Pasqua è “bassa” e il Carnevale incombe. Ma prima del 28 gennaio, domenica di Settuagesima che ne segna l’inizio ufficiale, il Senato della Repubblica ha voluto anticipare le danze. Lo ha fatto con qualche curioso paradosso, come si addice al periodo. Da un lato l’inno di Mameli e le bandiere tricolori ostentate dal fronte anti-sovranista. Dall’altro lato, quello dei grandi “patrioti” meloniani, l’approvazione di una legge che l’Italia la fa a pezzi, con tanto di bandiera di San Marco a sventolare nei banchi della maggioranza, giusto per ribadire il concetto. Mancavano i coriandoli di carta, ma in compenso c’erano quelli di un’Italia che si vorrebbe triturare. Davvero il teatrino della politica non poteva far di meglio!

Cos’è successo di così importante martedì 23 gennaio 2024 (un Martedì Grasso anticipato, si direbbe), da far parlare Luca Zaia di una giornata storica? E’ successo che la Lega ha incassato il primo sì, poi seguirà quello della Camera, all’agognato regionalismo differenziato, definizione politicamente corretta di un regionalismo così incasinato da non avere uguali sull’intero urbe terracqueo.

E’ una cosa grave? Sì. E’ una cosa seria? No.

Print Friendly, PDF & Email

roars

Il mito dell’inclusione nella scuola dei test INVALSI

di Redazione ROARS

Può esistere l’inclusione in un sistema la cui qualità è regolata dalla standardizzazione dei test INVALSI? Si sta parlando di inclusione, in questi giorni, grazie a un editoriale del professor Ernesto Galli Della Loggia, intitolato “Il mito dell’inclusione nella scuola italiana”: l’idea neanche troppo strisciante che separare i più abili dai meno abili possa in fondo essere una buona soluzione. Un tuffo del passato di oltre 50 anni che si chiama classe differenziale, con studenti divisi in base alle abilità e alle capacità: stranieri con stranieri, eccellenti con eccellenti. Una provocazione che ha suscitato una levata di scudi pronta e diffusa. Noi, però, non ci aggiungeremo all’elenco delle voci critiche. Quello che faremo è suggerire al professor Galli della Loggia di scrivere un editoriale elogiativo sul potenziale uso dei test INVALSI e soprattutto della nuova schedatura dei fragili. In cui potrebbe osservare che, fino a oggi, “nelle aule italiane convive regolarmente, accanto ad allievi certificati normali, una quota non trascurabile di studenti certificati fragili dall’INVALSI”. Centinaia di migliaia di ragazzi che, se anche conseguono il diploma, non raggiungeranno nemmeno lontanamente i livelli di competenza che ci si dovrebbe aspettare dopo tredici anni di scuola. Chiudendo anche questo secondo editoriale con un lapidario: “il risultato lo conosciamo”. Chissà che allora non si cominci a discutere seriamente di valutazione standardizzata e di schedatura algoritmica di massa.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Il coraggio del Sud Africa e le menzogne dell'Occidente

di Elena Basile

Una delle poche buone notizie che abbiamo avuto in questi mesi di oscurantismo politico ed etico è costituita dall’azione intrapresa dal Sudafrica per rianimare una istituzione dell’Onu, la Corte Internazionale di Giustizia, affinché giudici indipendenti valutino l’azione criminale del governo di Netanyahu a Gaza e denuncino, se del caso, l’intento genocida. Il Sudafrica è consapevole che l’eroica storia di liberazione dal regime di apartheid è stata possibile grazie alla solidarietà internazionale. Combattere l’apartheid in ogni sua forma è nei cromosomi del popolo sudafricano. Capetown non dimentica l’appoggio dato da Tel Aviv al regime sudafricano con cui ha condiviso la tecnologia, anche nucleare.

Abbiamo ascoltato le arringhe degli avvocati sudafricani con l’incredulità di chi ogni giorno vede il diritto, l’etica e la verità seppelliti dallo spazio politico-mediatico occidentale e ha perso la speranza in una politica in grado di perseguire la composizione degli interessi per il bene comune. Il ministro degli Esteri Tajani, scimmiottando Blinken, si è sostituito ai giudici della Corte, ne ha usurpato titolo e ruolo, per assicurare che Israele è innocente. Ha poi rivolto un appello a Tel Aviv affinché faccia attenzione e non massacri troppi civili. Questo è lo spettacolo surreale a cui abbiamo fatto l’abitudine.

Print Friendly, PDF & Email

comedonchisciotte.org

Il giorno della resa dei conti per Israele

di John J. Mearsheimer - mearsheimer.substack.com

La Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha emesso ieri (26 gennaio 2024) la sua ordinanza sul caso del Sudafrica contro Israele relativo a un possibile genocidio a Gaza.

Prevedibilmente, la copertura dell’ordinanza da parte dei media mainstream in Occidente mira a presentare la storia nel modo più favorevole a Israele, cioè minimizzare od omettere quegli elementi della storia che mettono Israele in cattiva luce e sottolineare che la CIG non ha ordinato a Israele di cessare tutte le operazioni militari a Gaza.

Quasi nessuno si aspettava che la Corte Internazionale di Giustizia decretasse che Israele avrebbe dovuto cessare tutte le operazioni militari a Gaza, dal momento che è in guerra con Hamas e la Corte non può ordinare ad Hamas di cessare le sue operazioni militari contro Israele. Tuttavia, la Corte Internazionale di Giustizia ha detto a Israele che deve concentrare la sua offensiva su Hamas e non sulla popolazione civile. Dopo tutto, l’accusa di genocidio riguarda ciò che Israele sta facendo alla popolazione civile di Gaza, non ad Hamas.