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kriticaeconomica

Il Recovery Fund è davvero la soluzione? Ecco criticità e tecnicismi

di Alessandro Guerriero

Nelle ultime settimane il dibattito economico e politico si è focalizzato sul Recovery Fund (o più correttamente Next Generation EU), lasciando però molte parti in ombra. Il Next Generation EU è il piano della Commissione Europea per la resilienza dei paesi UE colpiti dal Covid-19. È stato approvato dal Consiglio Europeo straordinario il 21 luglio di quest’estate e successivamente confermato dal Parlamento Europeo.

Il Next Generation EU è un quindi un’estensione del bilancio della Commissione europea, che si aggiunge al quadro finanziario pluriennale (QFP). Le risorse del Recovery Fund sono 750 miliardi di euro, divise in 390 di sovvenzioni a fondo perduto e 360 di prestiti.

La differenza tra prestiti e sovvenzioni a fondo perduto esiste, ma è più labile di quel che si pensa. La Commissione europea è stata incaricata di poter contrarre, per conto dell’Unione e tramite la BEI (Banca Europea per gli Investimenti), prestiti sui mercati dei capitali per 750 miliardi di euro al fine di finanziare il piano di aiuti.

Partendo dai 360 miliardi di prestiti, la Commissione dopo averli raccolti sui mercati finanziari li destinerà ai paesi richiedenti dell’Unione. Proprio perché sono prestiti, essi dovranno essere restituiti. Le restituzioni partiranno dal 2028 fino a completarsi obbligatoriamente nel 2058.

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cambiailmondo

Pandemia: L’esperimento europeo e atlantico verso la debacle

di Gabriele Giorgi

Tra prima ondata e seconda ondata e relativa gestione, mi sono fatto questa idea. Grazie soprattutto alle testimonianze che arrivano da altri paesi europei.

Nella prima fase noi, l’Italia, abbiamo fatto la chiusura cercando di emulare Cina e Corea. Che allora erano gli unici esempi si riferimento. Dovevamo farlo perché eravamo i primi in occidente ad essere aggrediti con “virulenza” e dunque quelli messi peggio. La scelta era, per forza di cose nostra, una scelta nazionale, obbligata.

La cosa ha funzionato abbastanza bene.

La Cina, l’estremo oriente in generale, inclusi Giappone, Vietnam, ecc., ma anche (a conferma che non tutto l’occidente è uguale) l’Australia e la Nuova Zelanda, ha tenuto duro sul quel modello di contenimento anche dopo la fine della prima ondata, intervenendo duramente in ogni occasione di recrudescenza della diffusione del virus. Per loro anche la scelta era ed è obbligata, poiché sono o isole o isolate dal contesto territoriale della grande comunità occidentale. E forse anche perché hanno un concetto di modernità differente da quello, totalmente ideologico, delle raffinate classi dirigenti di tramontana.

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militant

Tu ci chiudi? Tu ci paghi!

di Militant

Neanche cinque mesi dall’apertura della fase di “convivenza” con il Covid-19 che ci risvegliamo tutti – come cantava il re del reggae – sotto l’ennesimo “coprifuoco”. Cinque mesi di sostanziale amnesia rispetto alla gestione disastrosa della crisi Covid-19. Cinque mesi di sostanziale rimozione di quella “seconda ondata” che, se ci riflettiamo un attimo, sotto lockdown era il mantra quotidiano su tutti i giornali, secondo solo al “quando arriverà il vaccino?”. Adesso le fredde statistiche, più che le considerazioni ragionate, hanno preso per i capelli quanti gridavano “vittoria” – riaprendo le discoteche ma vietando i cortei – e fatto scomparire – fateci caso – tutto quell’indistinto magma negazionista e social-confuso che abbiamo visto, nostro malgrado ma con grande interesse di psichiatri e antropologi in erba, sfilare in città.

Eppure il piano inclinato in cui ci siamo ritrovati senza neanche rendercene conto sembra acquistare progressivamente sempre più pendenza. La tendenza generale appare chiara e anche le prime frizioni tra Governo e Regioni, se la progressione al contagio rimarrà costante, cederanno inevitabilmente il passo alla chiusura progressiva (come ha tentato di fare De Luca in Campania e come sta facendo Emiliano in Puglia), tentando di rimediare all’irrimediabile dopo che in tutti questi mesi le uniche manovre in grado di arginare il contagio non sono state messe in atto.

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keynesblog

La manovra economica del governo che pare espansiva e invece non lo è

di Gustavo Piga

Il nostro Paese ha ed avrà ancora di più nei prossimi mesi un bisogno immenso di crescita economica. Non solo per mantenersi stabile socialmente ma anche finanziariamente: una crescita solida è senza dubbio l’unico modo credibile per garantire infatti anche la discesa del rapporto debito pubblico su PIL.

Il Recovery Fund doveva raggiungere proprio questo fine, dare garanzia di stabilità sociale e finanziaria, tramite il finanziamento di maggiori investimenti pubblici. Ma qualcosa sembra non stia funzionando perfettamente, almeno se consultiamo il documento fondamentale per capirne di più, la Nota di Aggiornamento al DEF recentemente pubblicata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Questa include infatti tre informazioni chiave: la posizione per il 2021-2023 del Governo stabilita con il DEF in aprile, gli effetti aggiuntivi della manovra per il 2021 sul triennio e, infine, il contributo per gli anni 2021-23 dei fondi europei del Recovery. L’analisi complessiva di queste tre dimensioni ci dice della posizione fiscale del Governo e di come questa impatta sull’economia.

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sebastianoisaia

Contaminazioni…

di Sebastiano Isaia

Quello che oggi vediamo saltare in diretta televisiva è solo l’anello più debole della catena sociale, e annuncia quello che potrebbe verificarsi tra qualche giorno o tra qualche settimana se la crisi sociale in corso dovesse acuirsi ulteriormente in termini economici, sanitari, psicologici, “esistenziali”, in una sola parola: sociali. In questi giorni si stanno facendo sentire i soggetti economici e sociali che vivono perlopiù di ristorazione, di servizi alla persona, di traffici più o meno legali (dal punto di vista dello Stato e dei governanti, s’intende), di lavori più o meno “neri” e “abusivi” (gli esperti parlano eufemisticamente di “economia informale”); ma si tratta solo dell’avanguardia della disperazione, della punta di un gigantesco iceberg che galleggia su un mare di preoccupazioni, di frustrazioni e di bisogni insoddisfatti che forse preannuncia l’arrivo di una tempesta sociale d’altri tempi. Che poi sono esattamente i nostri tempi. Certo, forse; niente è certo in questi cupi tempi, salvo la vigenza di un dominio sociale che getta con cieca e ottusa determinazione gli individui nel tritacarne delle compatibilità economiche, con quel che necessariamente ne segue in ogni aspetto della nostra vita quotidiana.

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linterferenza

Gli Stati Uniti non hanno alleati, solo ostaggi

di Caitlin Johnstone

Il nuovo presidente eletto della Bolivia, Luis Arce, ha dichiarato all’agenzia di stampa internazionale spagnola EFE che intende ripristinare le relazioni della nazione con Cuba, Venezuela e Iran. Questo ribalta le politiche del regime di colpo di stato sostenuto dagli Stati Uniti, che aveva immediatamente iniziato a chiudere le ambasciate, cacciando i medici e interrompendo i rapporti con quelle nazioni dopo aver preso illegalmente il potere l’anno scorso.

Arce ha parlato anche di calde relazioni con la Russia e la Cina.

“Noi ristabiliremo tutti i rapporti”, ha detto all’EFE. Questo governo ha agito in modo molto ideologico, privando il popolo boliviano dell’accesso alla medicina cubana, alla medicina russa, ai progressi in Cina. Per una questione puramente ideologica, ha esposto la popolazione in modo inutile e dannoso”.

Arce ha espresso la volontà di “aprire la porta a tutti i Paesi, l’unico requisito è che ci rispettino e rispettino la nostra sovranità, niente di più. Tutti i Paesi, indipendentemente dalle dimensioni, che vogliono un rapporto con la Bolivia, l’unico requisito è che ci rispettiamo l’un l’altro da pari a pari. Se è così, non abbiamo problemi”. 

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ilblogdim.consolo

Cile: il dado è tratto

di Marco Consolo

“Hasta que la dignidad se haga costumbre..”

“Non c’è male che duri 100 anni”. E’ festa grande nelle strade del Cile, da Arica a Punta Arenas. Il popolo cileno volta pagina e approva in un plebiscito di redigere una nuova Costituzione che mandi in soffitta quella di Pinochet.

Il responso delle urne è chiaro: il 78,27 % della popolazione ha votato a favore del cambio costituzionale.

Con quasi la stessa percentuale, ha vinto anche la seconda opzione: quella di dare vita ad una Convenzione Costituzionale con l’elezione diretta dei 155 costituenti (con parità tra donne e uomini e la presenza di rappresentanti dei Mapuche e degli altri popoli originari), che dovranno redigere la nuova Carta Magna. Per eleggerli, si dovrà però attendere aprile del 2021.

Lo zoccolo duro della destra pinochetista cavernicola porta a casa una secca sconfitta, con il 21,7 % dei suffragi e molti veleni interni che non gioveranno alla coesione del governo.

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lafionda

Decreto ‘ristori’ o decreto ‘avanzi’?

di Pietro Salemi

Dopo mesi passati a programmare un risposta efficace alla seconda ondata, dopo mesi impiegati a varare protocolli, linee guida e regole di condotta anti-contagio per tutte le attività economiche, eccoci nuovamente catapultati indietro nel tempo, a marzo. Direttamente in “prigione” senza passare dal via.

Molto si è discusso degli errori, delle incongruenze o talvolta delle vere e proprie mancanze nella predisposizione delle rete di sicurezza (sanitaria ed economica) che il Governo avrebbe dovuto costruire per salvaguardare il Paese intero dal rischio di una seconda e devastante ondata di contagi.

Intendiamoci, era chiaro sin dall’inizio della vicenda che si dovesse trovare un delicato equilibrio nel difficile trade-off tra salute ed economia. Un bilanciamento ragionevole poteva, ad esempio, essere il “congelamento” delle attività chiamate al sacrificio per contenere i contagi: ossia salvaguardare le posizioni economiche penalizzate per evitare fallimenti a catena e, conseguentemente, disoccupazione dilagante. Il punto è che, ad oggi, siamo al contempo ad un passo da un nuovo lock down totale e dal tracollo dell’economia.

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contropiano2

Recrudescenza pandemica e crisi sistemica. Un passo verso la barbarie o il Socialismo

di Rete dei Comunisti

I recenti scontri di Napoli segnano un passaggio significativo nella percezione di massa della nuova ondata pandemica che sta sconvolgendo l’Europa e il nostro paese.

La rabbia espressa nelle piazze del capoluogo partenopeo è solo la punta dell’iceberg di un malessere molto diffuso, che troverà nelle metropoli e soprattutto nei territori del Sud elementi di amplificazione sociale precipui del modello di sviluppo del nostro paese, che ci ritorna osservando cronologicamente la cartina dell’epidemia stessa.

Dopo l’epicentro lombardo (che continua), il virus si è spostato nelle zone di vacanza, dove il governo Conte ha permesso all’industria turistica di aprire tutto durante la fase estiva.

Eufemisticamente, il virus ha seguito “i soldi” ed ora è omogeneamente diffuso in tutta la penisola.

L’ultimo DPCM ha scatenato finalmente la piazza, aprendo potenzialmente la strada ad una fase di conflittualità che non si era data nei primi mesi di pandemia, se non sporadicamente e in forme individuali o di piccoli gruppi.

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effimera

Le proteste napoletane hanno dato vita a un legame sociale

di Diana Francese e Lorenzo Villani

La proteste che sono avvenute nei giorni scorsi a Napoli e che tutt’ora si stanno espletando hanno aperto numerose discussioni spaccando gran parte dell’opinione pubblica in dissimili fazioni. Si tratta nella maggior parte dei casi di dibattiti aderenti a una sfera soggettiva come quelli pro o contro la violenza perpetrata nelle strade. Continuare a parlare di ciò a due giorni dalla prima serata di protesta, dopo averla quantomeno metabolizzata, significa continuare a voler piangere sul latte versato. Utilizzare categorie morali lasciandosi prendere dalle emozioni non aiuta a far luce sul perché questa protesta, iniziata pacificamente, si è tramutata in una sterminata polveriera. La pandemia globale che si è abbattuta in maniera feroce sull’Italia ha modificato inequivocabilmente lo stile di vita di ognuno di noi in questi mesi, divenendo di fatto un vero e proprio “fatto sociale totale”, come direbbe il grande antropologo Marcel Mauss.

Un fatto sociale totale è infatti un fenomeno esterno all’individuo che però ha un potere di coercizione talmente alto che quest’ultimo non può esserne completamente indifferente.

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operaviva

L’importante non è l’ascesa, ma l’atterraggio

di Afshin Kaveh

A proposito di «Radical Choc» di Raffaele Alberto Ventura

Postosi a margine di una ideale «Trilogia del collasso», in un teorico epilogo di un comparto d’analisi critica della modernizzazione – il quale aveva visto inizio tra le pagine della Teoria della classe disagiata (2017) e continuazione tra quelle di La guerra di tutti (2019), entrambi editi dalla minimum fax – Raffaele Alberto Ventura trae il dado senza ritrarre o peggio nascondere la mano con cui lo aveva lanciato, cedendo le sue conclusioni nel suo ultimo libro, Radical choc. Ascesa e caduta dei competenti (Einaudi, 2020). Capitolo conclusivo, quest’ultimo, che non si pone nel riquadro di un soliloquio discorsivo, o nel susseguirsi di semplici parole, seppur trascritte con zelo, ma che anzi si proietta nella concretezza degli ultimi accadimenti, direttamente nella realtà che viviamo, che abitiamo, che siamo. È a partire da questo presupposto che il libro di Ventura vede luce ed è già imprescindibile per comprendere lo stato attuale delle cose e il contesto che affrontiamo.

Per tanto tempo ci si è trovati in una realtà che diramava se stessa portando acriticamente molte persone a far «notare che viviamo nell’epoca più felice della storia umana», una linearità in cui mai come oggi la popolazione che la vive è « stata così ricca, i bisogni materiali così largamente soddisfatti e l’aspettativa di vita così lunga».

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linkiesta

La svolta epocale della Cina che ridisegna la sua economia puntando sul mercato interno

di Alberto Bellotto

Dopo decenni da leader nella manifattura a basso costo, Pechino vuole ridurre il peso dell’export e produrre prodotti ad alto valore aggiunto spendibili nel commercio interno. Per farlo però deve attivare un processo di forte innovazione e dimostrarsi in grado di assorbire la nuova produzione. Un progetto che avrebbe delle conseguenze a livello globale

La fabbrica del mondo si prepara a chiudere i battenti. Negli ultimi 40 anni la Cina ha costruito il suo successo economico sulla capacità di attirare capitali e costruire la più grande struttura manifatturiera a basso costo del mondo votata all’export. Oggi però quel meccanismo si è inceppato. Anzi, Pechino è pronta a mandarlo in soffitta per ridisegnare la sua economia.

Nell’anno della pandemia il presidente Xi Jinping ha ripetuto più volte che il mondo è un posto sempre più turbolento e che la Cina deve mettersi al riparo dagli scossoni. Non è un caso che sia tornato sul tema a metà ottobre durante la visita a Shenzhen. Proprio nella culla della rivoluzione economica voluta da Deng Xiaoping, il presidente cinese ha auspicato che la città diventi ancora una volta il volano del nuovo sviluppo cinese.

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contropiano2

Al bivio tra socialismo o barbarie, di nuovo e davvero

di Dante Barontini

Le società collassano quando non sanno affrontare i problemi sistemici quando si presentano in forma acuta. Sono “sistemici”, naturalmente, quelli che riguardano l’architettura sociale, i suoi pilastri, ossia ciò che tutti – anche chi è contro quel sistema – considera “la normalità”.

Come si dice sempre più spesso – e una giovane straordinaria come Jane Fonda ha provato a spiegarlo inutilmente a un preistorico Fabio Fazio – “la normalità era il problema” ovvero era quel modo di produrre e vivere (ancora in piedi ma in crisi) ad aver prodotto la situazione attuale.

Difficile da capire? Proviamo con un esempio. Un fumatore ritiene “normale” coltivare la sua preferenza, e ad un certo punto, quando i polmoni funzionano male, va da medico. Il quale, se è onesto, gli consiglierà come prima cosa di smettere di fumare. “Tornare alla normalità”, in quel caso, sarebbe correre verso la morte…

E questa è la condizione generale dell’Occidente capitalistico, cui il coronavirus ha fornito l’occasione per vedere che il sistema in cui continuiamo a vivere come liberi schiavi non funziona più e sta producendo la propria stessa fine.

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antoniomazzeo

Assumere più personale sanitario? No, meglio le forze armate contro il Covid-19

di Antonio Mazzeo

In un post del 22 ottobre 2020, il medico ed ex europarlamentare Vittorio Agnoletto, uno degli esperti più accreditati nel campo delle politiche sanitarie pubbliche, ci fa sapere di una riunione organizzata a Roma tra alcuni Ministeri e le Regioni per valutare l’opportunità di lanciare un bando della Protezione Civile per l’assunzione di 2.000 persone per potenziare l’esecuzione dei tamponi. Giustamente Agnoletto rileva e lamenta come “nessuno abbia ragionato su queste assunzioni e su quelle di medici e infermieri assolutamente necessarie (ed in numero ben maggiore di 2.000) qualche mese fa per preparasi all’autunno”.

Probabilmente le innumerevoli omissioni e inefficienze a cui abbiamo assistito in questi mesi e che hanno seriamente minato gli interventi di prevenzione e contenimento della seconda ondata della pandemia da Covid-19 non sono casuali, ma al contrario potrebbero rispondere alla volontà di accelerare il processo di ristrutturazione autoritaria della sfera pubblica e di ipermilitarizzazione della società e del sistema sanitario nazionale.

Mentre nella capitale si discute ancora se, come e quando bandire un concorso per ampliare il numero del personale sanitario preposto ai tamponi, il Ministero della Salute ha formalizzato un accordo con il Ministero della Difesa per attivare sin dalla prossima settimana su tutto il territorio nazionale “200 Drive-through” con 1.400 militari interforze per effettuare 30.000 tamponi al giorno.

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manifesto

Nel laboratorio della complessità

di Claudio Vercelli

Claudio Pavone. Per Bollati Boringhieri, la raccolta di studi «Gli uomini e la storia». Trentacinque anni di riflessioni sulle vicende italiane nell’antologia curata da David Bidussa. Si tratta di cinque saggi, pubblicati tra il 1964 e il 2000, che vanno dalla «crisi della democrazia risorgimentale» al rapporto tra fascismo e dittature

Ci sono trentacinque anni di riflessioni sulla storia italiana nell’antologia degli studi di Claudio Pavone che, per la curatela di David Bidussa, ci viene oggi offerta con il titolo Gli uomini e la storia. Partecipazione e disinteresse nella storia d’Italia (Bollati Boringhieri, pp. 240, euro 18). Si tratta di cinque saggi, pubblicati tra il 1964 e il 2000, sulla «crisi della democrazia risorgimentale» negli anni postrisorgimentali, sul tema strategico della «continuità dello Stato» nel mutamento di regimi politici (ed istituzionali), sull’argomento della «zona grigia», sulla concettualizzazione novecentesca del rapporto tra fascismo e dittature e sul legame dialettico, e a volte estremamente contraddittorio, tra «elaborazione della memoria e conservazione delle cose». Sono articolazioni profonde del discorso storico, e della stessa discussione storiografica, che l’autore medesimo ha attivamente contribuito a formulare nel corso del tempo.

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operaviva

Chi sono i criminali? Salute e reddito subito

di Giovanna Ferrara

Una epidemia virale non è un asteroide che piomba sulla terra. La malattia non è un evento evitabile di una esistenza. Come le istituzioni si organizzano per gestire le epidemie e la malattia è invece un terreno discrezionale, che dipende dalle scelte che fa un esecutivo e più esecutivi, piu governi, regionale, statale, europeo. Il modello che deve rispondere dell’attuale situazione è un modello che si è formato per delle precise scelte politiche. Inquinamento, pareggio di bilancio, tagli al welfare, depauperazione delle risorse del sud del mondo, da qualunque parte la si veda, da qualunque parti si cominci a ragionare c’è un solo imputato: la politica delle istituzioni.

Chi fa il pericolosissimo gioco di scaricare sulla piazza responsabilità, di parlare di irresponsabili, di parlare di folle di camorristi, sta clamorosamente sbagliando obiettivo: chi protesta è chi non si può permettere le cure perché senno muore di fame, è chi non si può permettere di scegliere tra diritto alla salute e diritto alla sussistenza. I criminali sono quelli che costringono a questa scelta, i delinquenti sono quelli che con una organizzazione della sanità privata hanno concorso a fare 35 mila vittime di Covid fino a giugno e da fonti autorevoli il bollettino sembra che potrà essere di 500 morti al giorno da novembre senza misure restrittive.

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micromega

Quando il singolo studente è in quarantena

di Carlo Scognamiglio

C’è un mantra che tutti i più recenti documenti ministeriali (restituiti poi in forma di monito dai dirigenti scolastici), ripetono meccanicamente dall’inizio di questa pandemia: l’attività didattica online non può essere una mera trasposizione di quanto si svolge in presenza. Si tratta di un’ovvietà, ma è particolarmente interessante, perché la forza con cui è ribadita risulta inversamente proporzionale al suo rispetto nella vita quotidiana della scuola. La dimensione comunicativa, laboratoriale e la strutturale natura relazionale del processo educativo in presenza, non possono essere riprodotti, se non in modo caricaturale, nella didattica online.

Simmetricamente, la didattica a distanza può promuovere attitudini e processi cognitivi diversi: certamente una maggiore responsabilizzazione dello studente nell’organizzazione del lavoro, una dimensione laboratoriale prevalentemente (ma non esclusivamente) digitalizzata, una maggiore autonomia di giudizio – facilitata anche dall’alleggerimento della dimensione corporea – rispetto all’ingombrante personalità del docente.

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comuneinfo

Cina, l’epidemia è sotto controllo

di Ugo Bardi

In Cina, non risultano decessi da Covid-19 da circa metà marzo. Il totale delle vittime è circa 4.600 su quasi un miliardo e mezzo di persone. La provincia di Hubei ha avuto circa venti volte meno decessi della Lombardia. Come è possibile? Hanno mentito sui dati? Di certo sono confrontabili con i dati di altri paesi asiatici vicini: anche in quelli la mortalità è stata minima o inesistente…

Vi ricordate di quando a gennaio i Cinesi (o quelli che sembravano cinesi) venivano insultati per la strada da gente che credeva che fossero degli appestati? Le cose sono cambiate un bel po’ e oggi sono i cinesi a credere che siamo noi italiani gli appestati.

In Cina, non risultano decessi da Covid-19 da circa metà marzo. In quanto a casi positivi, dopo quella data ci sono stati solo occasionali “focolai” di poche decine di casi, quasi tutti di importazione (2). L’economia cinese è ripartita e adesso funziona a pieno regime.

Da quello che si legge sui media internazionali e da quello che mi dicono i colleghi che vivono e lavorano in Cina, al momento il paese è completamente aperto. Tutte le attività commerciali e industriali sono in funzione.

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lantidiplomatico

Studio ISS. Solo il 3,5% (166 pazienti su 4738) sono morti esclusivamente di Covid in Italia

di redazione

Quanti sono in Italia i morti di Covid-19 che non avevano nessun’altra patologia concomitante? Uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, su un campione di 36.806 pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia, ha determinato che sono 168 pazienti su 4738.

Come scrive l’ISS nello studio “complessivamente, 168 pazienti (3,5% del campione) presentavano 0 patologie, 631 (13,3%) presentavano 1 patologia, 928 (19,6%) presentavano 2 patologie e 3011 (63,6%) presentavano 3 o più patologie. Prima del ricovero in ospedale, il 22% dei pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi seguiva una terapia con ACE-inibitori e il 14% una terapia con Sartani (bloccanti del recettore per l'angiotensina). Nelle donne (n=1780) il numero medio di patologie osservate è di 3,6 (mediana 3, Deviazione Standard 2,0); negli uomini (n=2958) il numero medio di patologie osservate è di 3,4 (mediana 3, Deviazione Standard 2,0)”.

Qual è invece l’età media dei pazienti deceduti e positivi al Covid? “L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni (mediana 82, range 0-109, Range InterQuartile - IQR 74-88). Le donne sono 15.719 (42,7%).

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malacoda

Stato di rianimazione

di Malacoda

Continua ad avvitarsi la crisi generale – sanitaria, economica, istituzionale. La rivolta di Napoli, gli ospedali chiusi, il rinnovo dei contratti di logistica e metalmeccanici, le carceri. Siamo appena all’inizio. E comincia a sentirsi il puzzo dello spettro del semi-lockdown, che sarà peggio del primo.

 

Perché mezzo lockdown è peggio di uno

I giornali lo danno ormai per certo: massimo 7-10 giorni. Va notato che ogni previsione, nelle ultime settimane, è stata “rivista” in anticipo dai fatti. Ma cosa sarà il semi-lockdown? Sarà sempre la vecchia quarantena di massa, come la primavera scorsa, con la differenza che si continuerà ad andare a lavorare.

In questa distopia permanente, la realtà continua a superare la fantasia più perversa degli autori di fantascienza: non solo un virus che riduce l’umanità agli arresti domiciliari, ora andiamo incontro a una società nella quale si esce dalla propria cella domestica solo per andare a farsi sfruttare.

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sinistra

Insinuazioni rivoluzionarie dal Sahel nella memoria di Sankara

di Mauro Armanino

Niamey, 15 ottobre 020. Sankara non è morto’. Questo il titolo del film-documentario/fiction, realizzato da Lucie Vivier e presentato in modo molto virtuale e clandestino durante il confinamento che ha colpito anche il Burkina Faso. Il passato giovedì 15 ottobre, in un centro culturale informale costruito sulla strada e dedicato a Thomas Sankara, l’ingresso era libero. Qualche bambino addormentato prima della fine, giovani e pochi adulti, hanno celebrato così l’anniversario numero 33 dell’assassinio del capitano Sankara. Il suo volto stampato sulla locandina, un paio di magliette con le citazioni più note dei suoi discorsi e soprattutto la follia della memoria, cancellata e riscritta ogni giorno, del suo tragico transito nel ‘Paese degli Uomini Integri’. Questo è il senso, infatti, del Paese che i coloni avevano, per convenienza geografica, chiamato ‘Alto Volta’. Il fiume Volta, probabilmente battezzato così da commercianti d’oro portoghesi che significa ‘svoltare, girare’, costituito da numerosi meandri, nasce nel Burkina. Il fiume è formato dal Volta Bianco e dal Volta Nero che si congiungono nel vicino Ghana. La vera ‘svolta’ è venuta però da Sankara che ha trasformato la geografia in politica: il Burkina Faso ha sostituito l’Alto Volta.

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lacausadellecose

Sui fatti di Napoli di venerdì notte 23 ottobre

di Michele Castaldo

C’è stato chi sui fatti di Napoli di venerdì notte 23 ottobre ha alluso enfaticamente a una rivolta. Si tratta certamente di una esagerazione, ma il dito indica la luna e se c’è chi guarda il dito noi cerchiamo di cogliere la tendenza indicata dal dito, con alcune precise indicazioni.

Scrive Severgnini sul Corriere della sera di domenica 25 ottobre: «Brutte scene, che possono disgustare, ma non devono preoccupare più di tanto». Francamente siamo abituati a molto peggio nei periodi di pace sociale, solo che certi ambienti dell’establishment non sono avvezzi all’osservazione e dunque non vedono. Ma l’osservazione è giusta: i fatti in sé non devono preoccupare più di tanto. Ma siccome il Severgnini non è l’ultimo arrivato, come tutti quelli interni ai nobili salotti, lui non si limita ai fatti del momento, ma al fatto che «la preoccupazione, adesso, è un’altra. È che l’insofferenza dilaghi, e assuma forme imprevedibili. La seconda ondata del Covid non era inattesa; ma è stata, psicologicamente, pesante quanto la prima. Forse di più». Altrimenti detto: Severgnini non guarda più il dito ma a quello che indica, ovvero la possibilità che l’insofferenza dilaghi. Dunque sono pacchianamente assurdi i titoloni dei media su una protesta di fascisti, camorristi, spacciatori di droghe e similari. Se così fosse vorrebbe dire che come potere costituito avete prodotto merda e questa oggi vi si rivolta contro.

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osservatorioglobalizzazione

La grande strategia di Xi dopo la pandemia: tutte le strade portano a Pechino?

di Simone Galli

Se prima dell’avvento del Covid-19 la forma affermativa poteva tralasciare ridotti spazi ai dubbi, oggi, nel pieno della pandemia, l’interrogativo, se non obbligatorio, diviene almeno lecito.

Davanti all’incalzare della peggiore crisi dalla Grande Depressione, oggi la vera sfida di Pechino di allungare in occidente i suoi tentacoli con il titanico progetto Belt and Road Initiative (BRI) potrebbe infatti cedere il passo a impreviste priorità.

Quando in aprile l’aggiornamento del World Economic Outlook sullo stato di salute dell’economia del pianeta fotografava una contrazione del Pil globale nel 2020 del 3%, con perdite complessive pari quasi a 9 mila miliardi di dollari fra il 2020 e il 2021[1], Xi Jinping leggeva nella Nuova Via della Seta la risposta alla crisi globale.

Il presidente cinese, intervenendo il 18 giugno in video conferenza all’incontro sulla cooperazione internazionale della Nuova Via della Seta, insiste sulla collaborazione di Pechino con i suoi partner per sviluppare la BRI in un esempio di cooperazione per affrontare le sfide attraverso l’unità. “La BRI sarà anche un modello per proteggere la sicurezza e il benessere delle persone, un modello per ripristinare l’attività economica e sociale e un modello di crescita per sbloccare il potenziale di sviluppo[2], ha detto Xi.

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pensieriprov

Di nuovo rinchiusi (o quasi, per ora)

di Sandro Arcais

No, nessuno può affermare, dati alla mano, che oggi la situazione è solamente simile a quella di questa primavera:

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blackblog

Coprifuoco: il messaggio criptato

di Sandrine Aumercier, Clément Homs, Anselm Jappe e Gabriel Zacarias

Postscript a De virus illustribus. Crise du coronavirus et épuisement structurel du capitalisme, Editions Crise & Critique, septembre 2020

Il 14 ottobre 2020, Emmanuel Macron è stato intervistato in televisione per spiegare ai francesi il coprifuoco che verrà decretato in otto metropoli (oltre alla regione dell'Île-de-France) nel tentativo di frenare il diffondersi del virus. «L'obiettivo», ha spiegato il Presidente della Repubblica, «è di poter continuare ad avere una vita economica, a funzionare, a lavorare, a far sì che le scuole, i licei, le università siano aperte e funzionanti, in modo che i nostri cittadini possano lavorare in modo del tutto normale» (Per inciso: «del tutto normalmente», ma non senza il tele-lavoro, non senza il distanziamento sociale, non senza il gel igienizzante, non senza la mascherina, non senza la paura di rimanere senza un reddito, non senza la preoccupazione o il timore di contrarre il virus o di trasmetterlo a qualcuno, ecc.). Ad aver prevalso è stata la tesi secondo cui «sono gli incontri privati, gli anniversari, i momenti di convivialità» a diffondere il contagio: e in effetti, si tratta dei momenti di relax.

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mariogangarossa

Gli individui e gli strati sociali colpiti dalla crisi si ribellano

di Mario Gangarossa

Cosa c'è di singolare in questo loro ribellarsi?

Lo fanno con violenza.

E in che altro modo potrebbero rivoltarsi in una società in cui i rapporti sociali sono caratterizzati dalla prevaricazione del più forte (economicamente) sul più debole?

Lo fanno in maniera caotica, disordinata, irrazionale.

C'è forse qualcuno, o qualcosa, capace di mettere ordine "materialmente" nella loro "spontaneità"?

Di dirigere e indirizzare la rivolta?

Ognuno lotta a suo modo. E ogni strato sociale si ribella spinto dalla necessità e col livello di coscienza "storicamente" acquisito nel corso delle sue passate esperienze (quando queste ci sono state).

Col fardello dei propri limiti e delle proprie illusioni.

Coi propri generali alla testa e le salmerie al seguito.

La realtà funziona così.

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lafionda

L’inverno del nostro scontento

di Geminello Preterossi

Siamo di fronte a un fallimento epocale. Dell’Europa e dell’Occidente, certo. Ma anche, e significativamente, dell’Italia. Il nostro è stato il primo Paese in Europa a essere colpito con intensità dalla pandemia, a marzo. Allora fu invocato l’alibi della sorpresa, con qualche ragione, seppur parziale (ricordo che lo stato di emergenza fu dichiarato a fine gennaio, e per un mese ci si trastullò). Oggi è impossibile trovare scusanti. Il covid-19 è un virus stagionale. Com’era prevedibile, con i primi freddi (santa estate!…) e l’affollamento dei mezzi pubblici per la riapertura delle scuole, la circolazione del virus si è progressivamente intensificata (anche se la situazione non è, ancora, quella della primavera). Il coronavirus crea un’emergenza di natura sanitaria, e più precisamente dal punto di vista dell’organizzazione della sanità, mettendola sotto pressione. Lo si sapeva: la prima urgenza era potenziare i posti di terapia intensiva e in generale i reparti covid. Ciò non è accaduto, o almeno non a sufficienza. Tremila posti di terapia intensiva non sono ancora disponibili. Stiano attenti, governo e maggioranza, a rivendicare risultati che non rispondono alla realtà: non è vero che le terapie intensive reali sono state raddoppiate rispetto alla primavera scorsa: oggi sono poco più di 6000, con la possibilità di attivarne altre 3000, cosa che però ad oggi non è ancora accaduta.

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lordinenuovo

Eurosovranità o democrazia? Perchè uscire dall'euro è necessario

recensione di Fabio Nobile

“Nella sostanza quello che condivido a fondo con Moro è che i pericoli reazionari che provengono dalle classi dominanti non sono tanto legati al riemergere della nazione ma alla capacità del capitale e della borghesia transnazionale di utilizzare con grande disinvoltura la nazione insieme allo spirito cosmopolita finalizzandolo al dominio di classe, togliendo  alle classi subalterne qualsiasi capacità di resistenza e di difesa che nel corso del novecento in particolare in Europa erano riuscite a conquistarsi.”

Questo è quanto scrissi nella prima recensione che feci sul libro “La gabbia dell’euro. Perché è di sinistra e internazionalista”. Nel nuovo libro “Eurosovranità o democrazia? Perché uscire dall’euro è necessario” (Meltemi editore, euro 12) Moro approfondisce questo punto di vista sia in relazione alla pandemia sia analizzando in profondità il concetto di sovranità e scandagliando il senso del Trattato di Aquisgrana sottoscritto da Francia e Germania nel gennaio del 2019.

Ma andiamo con ordine.

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kriticaeconomica

La vecchia economia funzionava solo per pochi. Tenercela sarebbe una sconfitta

di Luca Poggi

Lo shock causato dalla pandemia ha avuto una conseguenza immediata, il regime di distanziamento sociale, e una indotta, la crisi economica. A soffrirne di più sono state, in entrambi i casi, le fasce più svantaggiate della popolazione. Se è già stato ampiamente notato, a titolo esemplificativo, che la quarantena è più dolce in una villa che in un monolocale, ci sentiamo di dover aggiungere la grande incertezza che aleggia tra i titolari di piccole attività commerciali, i lavoratori a basso salario e i disoccupati, i primi su cui storicamente si scaricano gli effetti delle recessioni.

Non sono mancate le manifestazioni di dissenso, nei confronti della gestione politica del virus e più in generale verso un sistema economico che divide le risorse iniquamente nella prosperità quanto nella crisi. Tuttavia, l’incapacità da parte di tali movimenti di trasformarsi in un cambiamento reale fa sì che l’ardore e la speranza lascino presto spazio alla disillusione. Poiché, come si è detto, il problema risiede nella struttura economica piuttosto che nelle istituzioni, queste ultime sempre più a corto di strumenti di intervento, è anche difficile capire da chi pretendere un miglioramento delle proprie condizioni.

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osservatorioglobalizzazione

L’anti-umanesimo del virus

di Brian Cepparulo

Come avevamo ipotizzato in tempi non sospetti, il mantra nulla sarà più come prima appare sempre più come un obiettivo, piuttosto che una previsione. È L’obiettivo del nuovo management politico, trasversale gli schieramenti, e che prevede l’istaurarsi di un nuovo paradigma bio-securitario, tecnico e scientista, che potremmo sintetizzare in un termine: l’anti-umanesimo.

Infatti avevo già sottolineato altrove, come questa presunta guerra al virus, il nemico invisibile e onnipresente, altro non sia che una guerra contro gli uomini, cioè contro noi stessi. La prassi bellica si concreta nello scontro alla nostra stessa natura umana, la quale è intrinsecamente relazionale, per non dire politica nel senso Aristotelico di zoon politikon. I greci lo sapevano bene che la vera dimensione degli uomini era quella sociale, che si concretava nella polis e nelle sue leggi, dove la dimensione comunitaria sovrastava quella individuale. Gli psicologi sanno altrettanto bene quanto contino le relazioni per il nostro benessere mentale.